Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8733 del 13/04/2010

Cassazione civile sez. lav., 13/04/2010, (ud. 01/12/2009, dep. 13/04/2010), n.8733

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere –

Dott. STILE Paolo – Consigliere –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 30066/2008 proposto da:

ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO S.P.A., in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA,

PIAZZA GIUSEPPE VERDI N. 10, presso lo studio dell’Avvocato TURCO

Chiara, (c/o l’Ufficio della Funzione Affari Legali e Societari), che

lo rappresenta e difende giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

C.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GERMANICO

172, presso lo studio dell’avvocato PANICI PIERLUIGI, che lo

rappresenta e difende, giusta mandato a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4881/2007 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 06/12/2007 R.G.N. 7860/04;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

01/12/2009 dal Consigliere Dott. CURCURUTO FILIPPO;

udito l’Avvocato TURCO CHIARA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per l’accoglimento del

ricorso per quanto di ragione.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

L’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato s.p.a. (d’ora innanzi:

IPZ) ha impugnato la sentenza della Corte di Appello di Roma che, accogliendo parzialmente l’appello, ha riconosciuto alla parte ora intimata, già dipendente dell’IPSZ, il diritto ad una determinata somma a titolo di ricalcolo della 13.ma, della 14.ma e delle ferie, in conseguenza della inclusione nella base di calcolo dei compensi percepiti per il lavoro straordinario continuativamente prestato.

L’intimato resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

L’unico motivo di ricorso denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 1322 c.c. in relazione alla normativa collettiva applicabile alla fattispecie – ricalcolo dei cc.dd istituti collaterali. Preliminarmente e d’ufficio, deve rilevarsi che la parte ricorrente ha omesso di depositare i contratti collettivi sui quali si fonda il ricorso, essendosi limitata a riportare in ricorso il testo di alcuni articoli, o di parti di articolo, e ad allegare al ricorso medesimo solo parti dei contatti e non gli stessi per intero.

Questa modalità non è conforme alla previsione di cui all’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, (come modificato dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 7) applicabile al ricorso in esame che concerne una sentenza pubblicata dopo il 2 marzo 2006. L’art. 369 c.p.c., comma 2, infatti così si esprime; “insieme con il ricorso debbono essere depositati a pena di improcedibilità…..4) gli atti processuali i documenti e i contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda”. Come osservato in analoghe occasioni da questa Corte (V,. fra le tante, Cass. 2 luglio 2009, n. 15495) la norma impone alla parte un onere di produzione che ha per oggetto il contratto nel suo testo integrale. La disposizione infatti si riferisce ai “contratti o accodi collettivi”, senza fornire alcun elemento che possa consentire di effettuare una produzione parziale, limitata a singole clausole, singoli articoli, o parti di articoli del contratto. Essa inoltre va letta congiuntamente al disposto di cui all’all. 6 dell’art. 366 c.p.c. secondo cui il ricorso deve contenere “la specifica indicazione dei contratti o accordi collettivi sui il ricorso si fonda”.

La scelta legislativa è coerente con i principi generali dell’ordinamento che certo non consentono a chi invoca in giudizio un contratto di produrre al giudice solo una parte del documento.

L’coerente altresì con i canoni di ermeneutica contrattuale dettati dagli artt. 1362 e seg. c.c. in particolare con la regola denominata dal codice “interpretazione complessiva delle clausole”, secondo la quale “le clausole del contratto si interpretano le une per mezzo delle altre, attribuendo a ciascuna il senso che risulta dal complesso dell’atto” (art. 363 c.c.).

E’ evidente che l’applicazione di questa regola implica la necessità di avere dinanzi l’intero testo.

La scelta legislativa è poi coerente con i criteri di fondo dell’intervento legislativo in cui si inserisce (D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 e relativa legge delega) volto a potenziale la nomofilachia della Corte di cassazione.

E’ ben vero che sono state riprodotte in ricorso le disposizioni che regolano la materia per cui è causa, tuttavia proprio la mancanza del testo integrale non consente di escluder che in altre parti del contratto vi siano disposizioni indirettamente rilevanti per l’interpretazione esaustiva dell’argomento che interessa.

Invero, nel ricorso vertente sull’interpretazione della contrattazione collettiva la clausola viene necessariamente riportata, in quanto indispensabile per lo svolgimento stesso della censura, pur tuttavia il legislatore prescrive in ogni caso il deposito dell’accordo o del contratto collettivo, segno quindi che si impone al ricorrente di farne conoscere non solo la singola disposizione ma il testo complessivo.

Il ricorso va quindi dichiarato improcedibile.

Le spese del giudizio di legittimità, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza e vanno attribuite al difensore del controricorrente, distrattario.

P.Q.M.

Dichiara il ricorso improcedibile; condanna il ricorrente alle spese liquidate in Euro 10,00 oltre ad Euro 2000 per onorari, nonchè IVA, CPA e spese generali, con attribuzione al difensore.

Così deciso in Roma, il 1 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 13 aprile 2010

 

 

 

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