Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8732 del 15/04/2011

Cassazione civile sez. III, 15/04/2011, (ud. 02/03/2011, dep. 15/04/2011), n.8732

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIFONE Francesco – Presidente –

Dott. FILADORO Camillo – rel. Consigliere –

Dott. FINOCCHIARO Mario – Consigliere –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

SHELLING S.R.L. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante

pro tempore Sig. F.A., elettivamente domiciliata in

ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata

e difesa dall’avvocato MASSA GIANPAOLO con studio in 10128 TORINO,

VIA LAMARMORA 43 giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

C.A. (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 2203/2004 della CORTE D’APPELLO di TORINO –

SEZIONE 1^ CIVILE, emessa il 10/12/2004, depositata il 30/12/2004,

R.G.N. 204/04;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

02/03/2011 dal Consigliere Dott. CAMILLO FILADORO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

VELARDI Maurizio che ha concluso per inammissibilità – rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza 10-30 dicembre 2004 la Corte d’appello di Milano, in parziale riforma della decisione del locale Tribunale dell’11 giugno 2003, condannava C.A., titolare della omonima ditta di trasporti, al pagamento della minor somma di Euro 3.150,39 oltre rivalutazione ed interessi, a titolo di risarcimento dei danni per perdita di parte del carico di alluminio, di proprietà della mittente s.r.l. Shelling, sottratto – da ignoti dall’autotreno parcheggiato nel deposito del C. nella notte tra il (OMISSIS).

Rilevavano i giudici di appello che secondo la giurisprudenza di questa Corte il furto della merce trasportata non integra di per sè il caso fortuito; che esime il vettore della responsabilità contrattuale ex art. 1693 c.c..

La circostanza che l’autotreno carico fosse stato lasciato in previsione della partenza all’interno del magazzino della ditta di autotrasporti non era sufficiente ad escludere qualsiasi responsabilità del C..

Infatti, era mancato qualsiasi accertamento in ordine ad altri profili, che erano rimasti del tutto in ombra: quali le modalità con le quali i ladri si erano impossessati dell’autotreno già carico, quale diligenza fosse stata adottata nel custodire le chiavi originali dell’autotreno, quali mezzi fossero stati predisposti per impedire l’abusiva messa in moto dell’automezzo, se il cane asseritamente lasciato all’interno del deposito – fosse stato neutralizzato nella notte del furto.

La incertezza su tutti questi elementi di fatto non consentiva di ritenere che il C., sul quale incombeva l’onere di tale prova, avesse fornito la dimostrazione di aver fatto tutto il possibile per evitare la commissione del furto.

Quanto all’ammontare del risarcimento da liquidare alla società Shelling, la Corte territoriale rilevava che era del tutto irrilevante stabilire se ricorressero tutti i presupposti, soggettivi ed oggettivi, per l’applicabilità della normativa sulla cd. tariffe a forcella.

Infatti, doveva trovare comunque applicazione il limite di responsabilità stabilito dal D.L. n. 82 del 1993, art. 7, convertito in L. n. 152 del 1993, che, ha sostituito la L. n. 450 del 1985, art. 1, secondo il quale l’ammontare del risarcimento per perdita o avaria delle cose da trasportare, non può superare le 500 L. per chilogrammo quando – in alternativa alla ipotesi della applicazione del sistema delle tariffe a forcella – le merci inviate da un mittente ad uno stesso destinatario abbiano un peso superiore alle cinque tonnellate.

Nel caso di specie, il carico complessivo delle merci trasportate era superiore ai 10.000 chilogrammi di alluminio.

Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione la Shelling con tre distinti motivi.

L’intimato non ha svolto difese in questa sede.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo si deduce la violazione e/o falsa e erronea applicazione della L. 22 agosto 1985, n. 450, art. 1, così come sostituito dal D.L. 29 marzo 1993 n. 82, art. 7, convertito in legge n. 162 del 1993, in combinato disposto con il titolo 3^ della L. 6 giugno 1974, n. 298 ed in particolare con l’art. 59, con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3.

I giudici di appello non avevano preso in esame nella sua interezza il complesso meccanismo del sistema delle tariffe a forcella, che non era applicabile nel caso di specie, trattandosi di trasporto di rottami di alluminio, esenti dall’obbligo della tariffa a forcella (in forza della L. n. 298 del 1974, art. 59, lett. d)).

Il secondo motivo riguarda la omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, costituito dalla esenzione – per il trasporto di causa – dalla applicazione del regime delle “tariffe a forcella” con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 5.

Pur dopo aver dato atto che nel caso di specie, la merce trasportata aveva natura di “rifiuti”, la Corte territoriale aveva concluso per la applicabilità della limitazione di responsabilità stabilita per i trasporti cui si applica il sistema di tariffazione delle tariffe a forcella, solo in considerazione del fatto che il trasporto effettuato per un unico destinatario da unico mittente, riguardava merce di peso superiore alle cinque tonnellate.

Con il terzo motivo la società ricorrente deduce la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., per avere i giudici di appello valutato erroneamente le risultanze delle prove acquisite nel corso del giudizio.

Nonostante tutta la documentazione dimostrasse chiaramente che la merce trasportata riguardava rottami di alluminio, la Corte territoriale non ne aveva tratto le conseguenze necessarie in merito alla inapplicabilità del sistema di tariffazione e forcella e dunque alle limitazioni di responsabilità che da tale disciplina discendono. Tra l’altro, i giudici di appello non avevano considerato che il C. non aveva fornito alcuna prova della sua iscrizione all’albo degli autotrasportatori (indispensabile ai fini della applicazione della limitazione di responsabilità a carico del vettore).

Osserva il Collegio:

I tre motivi possono essere esaminati congiuntamente, in quanto connessi tra di loro. Essi sono inammissibili ancor prima che infondati.

Le uniche questioni proposte dalla ricorrente riguardano la entità del risarcimento dovuto per la perdita parziale della merce affidata al C. per il trasporto.

Non vi è alcuna contestazione – da parte dell’intimato che non si è neppure costituito in questa fase del giudizio – in ordine alla responsabilità del vettore.

Del resto, secondo la giurisprudenza di questa Corte, la presunzione di responsabilità del vettore per la perdita delle cose trasportate, posta dall’art. 1693 cod. civ., può essere superata soltanto mediante la prova che la perdita sia dipesa da caso fortuito, ricomprendendosi in quest’ultimo la forza maggiore ed il fatto del terzo, i quali escludono la menzionata responsabilità solo quando, secondo il criterio dell’ordinaria diligenza, rapportato alle modalità dell’accaduto ed alle condizioni di tempo e di luogo, si tratti di evento imprevedibile o al quale il vettore sia nell’impossibilità di opporsi.

Ad integrare l’esimente del fortuito di cui all’art. 1693 c.c. nel contratto di trasporto non è sufficiente che tale tipo di evento appaia solo improbabile, ma occorre invece che esso sìa imprevedibile (cfr. Cass., nn. 14397/99, 7293/96, 10262/92, 12120/90, 3537/82) in base ad una prudente valutazione da effettuarsi, in caso di velore professionale, con la diligenza qualificata di cui all’art. 1176 c.c., comma 2, ed assolutamente inevitabile, tenendo conto di tutte circostanze del caso concreto (cfr. Cass., nn. 8750/96, 7293/96, 7532/86) e delle possibili misure idonee ad elidere o attenuare il rischio della perdita del carico.

Sta di fatto che la Corte territoriale ha ritenuto che fossero applicabili le limitazioni in tema di responsabilità del vettore per perdita o avaria del carico perchè il carico relativo ad unico mittente e destinatario aveva un peso superiore a quello di cinque tonnellate e perchè il carico di alluminio proveniva da un unico mittente ed era destinato ad un solo destinatario.

Ogni altro accertamento, hanno sottolineato i giudici di appello, diveniva irrilevante, considerato che erano sufficienti a contenere la responsabilità del vettore nei limiti sopra menzionati entrambe le condizioni previste in via alternativa per l’assoggettamento del trasporto sistema delle tariffe a forcella.

Era, pertanto, applicabile il limite di responsabilità di cui alla L. n. 450 del 1985, art. 1, non essendo d’altro canto provata la esistenza di dolo o colpa grave del vettore, la cui dimostrazione incombe, in questo caso, al mittente.

La mancanza di prova del caso fortuito, evidentemente, non implica affatto la dimostrazione della esistenza della colpa grave o del dolo a carico del vettore.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, “per l’inapplicabilità dei limiti risarcitori per la perdita o l’avaria di cose trasportate su strada con determinati tipi di trasporto previsti dalla L. 22 agosto 1985, n. 450, art. 1, come sostituito dal D.L. 20 marzo 1993, n. 82, art. 7 convertito in L. 27 maggio 1993, n. 162, non rileva che il vettore (o i suoi dipendenti o ausiliari, o il subvettore, nell’ipotesi di affidamento del servizio ad altro vettore) non abbia vinto la presunzione di colpa a suo carico stabilita dall’art. 1693 cod. civ., ma è necessario che il giudice del merito accerti in concreto – avuto riguardo a tutte le circostanze di tempo e di luogo, al valore delle cose trasportate e ad ogni altro utile elemento di giudizio per graduare la colpa – che l’evento è derivalo da colpa grave dei suddetti soggetti, ossia da un comportamento consapevole degli stessi che, pur senza la volontà di danneggiare altri, operino con straordinaria ed inescusabile imprudenza e negligenza, omettendo non solo la diligenza media del buon padre di famiglia, rapportata alla professionalità del servizio da svolgere, ma anche quel grado minimo di diligenza osservato da tutti (Cass. 13 ottobre 2009 n. 21679).

Quanto alla mancanza di prova della iscrizione all’albo nazionale degli autotrasportatori, si richiama la giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale “la limitazione della responsabilità risarcitoria dell’autotrasportatore ai sensi della L. 22 agosto 1985, n. 450, art. 1, in deroga all’art. 1696 cod. civ., costituisce una vera e propria eccezione” (Cass. 7 ottobre 1996 n. 8750) e presuppone la presenza di determinati presupposti (iscrizione del vettore nell’albo nazionale degli autotrasportatori, individuazione delle tariffe che regolano il trasporto, minore entità del danno così liquidato rispetto a quello effettivamente cagionato) che integrano circostanze di fatto che devono essere allegate e provate; dalla parte interessata nel giudizio di merito, ma quando – come appunto è avvenuto nel caso di specie – sia il Tribunale che la Corte d’appello abbiano ritenuto la sussistenza di tale requisito, è onere della controparte censurare tale accertamento anche sotto il profilo della mancata dimostrazione delle circostanze di fatto dedotte dal vettore.

La questione proposta con l’ultimo motivo di ricorso si rivela, pertanto, inammissibile, non avendo la ricorrente richiamato gli atti del giudizio di primo e secondo grado nei quali sarebbe stata rilevata tale questione.

Sotto altro profilo, i giudici di appello hanno escluso, che il trasporto affidato alla C. riguardasse “rifiuti” precisando che da tutta la documentazione prodotta emergeva chiaramente che si trattava di rottami di alluminio, quindi di cose non preziose, ma comunque non prive di un certo valore economico.

Attraverso la denuncia di vizi della motivazione e di violazione di norme di legge, in realtà la ricorrente propone una diversa interpretazione delle risultanze, inammissibile in questa sede.

Conclusivamente il ricorso deve essere rigettato. Nessuna pronuncia in ordine alle spese, non avendo l’intimato svolto difese.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 2 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 15 aprile 2011

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