Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8731 del 30/03/2021

Cassazione civile sez. trib., 30/03/2021, (ud. 20/10/2020, dep. 30/03/2021), n.8731

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLITANO Lucio – Presidente –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. FRAULINI Paolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 08778/2015 R.G. proposto da:

Cibele Uno s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via Crescenzio n. 2, presso lo

studio dell’avv. Guglielmo Fransoni, che la rappresenta e difende

con gli avv.ti Pasquale Russo e Francesco Padovani, giusta procura

in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende ope

legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 5696/4/14 della Commissione tributaria

regionale del Lazio, depositata in data 24 settembre 2014;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20 ottobre

2020 dal Consigliere Paolo Fraulini.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. La Commissione tributaria regionale del Lazio ha confermato la sentenza di primo grado che aveva respinto il ricorso proposto dalla Cibele Uno s.r.l. avverso la cartella di pagamento n. (OMISSIS) con la quale venivano iscritte a ruolo, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis, e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, le sanzioni relative al tardivo versamento degli importi dovuti a titolo di acconto e saldo dell’IRAP relativa all’anno di imposta 2005.

2. Ha rilevato il giudice di appello che il D.L. n. 106 del 2005, art. 1, applicabile alla fattispecie, prevedeva espressamente che, in pendenza del contenzioso comunitario sulla debenza dell’Irap, i contribuenti erano comunque tenuti al versamento dell’imposta entro le scadenze previste: tanto determinava l’assenza di alcuna incertezza sia sulla debenza dell’imposta che sulle relative modalità di versamento; la citata previsione di legge, da considerarsi rientrante nella discrezionalità legislativa non era quindi sospettabile di incostituzionalità, con conseguente rigetto della relativa questione sollevata dalla contribuente. La CTR ha poi giudicato inammissibile, in quanto nuovo, il motivo di appello con cui la contribuente censurava la ritenuta insussistenza di incertezza normativa che legittimava il ricorso alla procedura del ravvedimento operoso, giudicandolo comunque infondato nel merito.

3. Per la cassazione della citata sentenza la Cibele Uno s.r.l. ha proposto ricorso affidato a quattro motivi; l’Agenzia delle Entrate ha depositato un atto di costituzione con il quale si è riservata di partecipare all’udienza di discussione.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Il ricorso lamenta:

a. Primo motivo: “Violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 13, comma 1, lett. b), e del D.Lgs. n. 462 del 1997, art. 2, comma 2 (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3),” deducendo l’erroneità della sentenza laddove ha escluso la possibilità di applicazione della normativa citata come lesa ed escluso la rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione di costituzionalità del D.Lgs. n. 106 del 2005, art. 1, comma 3, nella parte in cui esso esclude che il ravvedimento operoso tributario previsto dalla normativa denunciata come lesa possa applicarsi all’Irap, provvedendo espressamente a riporre la questione in questa fase.

b. Secondo motivo: “Violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 8, del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6, e della L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 3, (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3),” deducendo l’erroneità della sentenza laddove ha dichiarato l’inammissibilità del motivo di gravame relativo alla ritenuta incertezza normativa in tema di Irap, adducendo il potere-dovere del giudice tributario di disapplicare anche d’ufficio le norme ritenute illegittime, del tutto a prescindere dalla domanda di parte.

c. Terzo motivo: “Violazione e/o falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 3, prima parte del primo periodo, (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3),” deducendo l’erroneità della sentenza laddove ha escluso l’applicabilità alla fattispecie dell’esimente di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 3, sussistendo all’epoca dei fatti evidenti e plurime ragioni di obiettiva incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione della disciplina dell’Irap, come fatto palese dalla pendenza innanzi alla Corte GUE di un giudizio di legittimità relativo all’Irap e del parere sfavorevole reso dai due Avvocati generali della CGUE sulla compatibilità dell’imposta con la VI Direttiva Iva, nonchè dal contrasto di giurisprudenza tributaria interno sul tema.

d. Quarto motivo: “Violazione e/o falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 3, seconda parte del primo periodo, (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3),” deducendo l’erroneità della sentenza laddove ha interpretato la disciplina speciale introdotta dal legislatore quale autonoma ipotesi di esclusione dell’obiettiva incertezza normativa.

2. Il ricorso va respinto.

3. Il primo, il terzo e il quarto motivo, che per la loro connessione possono essere congiuntamente esaminati, sono infondati. In tema di obiettiva incertezza della normativa tributaria, questa Corte ha affermato il condivisibile principio, che va ribadito, secondo cui essa ricorre nell’ipotesi di incertezza inevitabile sul contenuto, sull’oggetto e sui destinatari della disposizione tributaria, anche all’esito del procedimento di interpretazione della stessa da parte del giudice (Sez. 5, Ordinanza n. 18718 del 13/07/2018); più in particolare si è affermato che l’incertezza normativa oggettiva è caratterizzata dall’impossibilità di individuare con sicurezza e univocamente la norma giuridica nel cui ambito il caso di specie è sussumibile e può essere desunta da alcuni “indici”, quali: 1) la difficoltà di individuazione delle disposizioni normative; 2) la difficoltà di confezione della formula dichiarativa della norma giuridica; 3) la difficoltà di determinazione del significato della formula dichiarativa individuata; 4) la mancanza di informazioni amministrative o la loro contraddittorietà; 5) l’assenza di una prassi amministrativa o la contraddittorietà delle circolari; 6) la mancanza di precedenti giurisprudenziali; 7) l’esistenza di orientamenti giurisprudenziali contrastanti, specie se sia stata sollevata questione di legittimità costituzionale; 8) il contrasto tra prassi amministrativa e orientamento giurisprudenziale; 9) il contrasto tra opinioni dottrinali; 10) l’adozione di norme di interpretazione autentica o meramente esplicative di una disposizione implicita preesistente (Sez. 5, Ordinanza n. 15452 del 13/06/2018). Nel caso di specie, la norma sospettata di tale obiettiva incertezza è il D.L. 17 giugno 2005, n. 106, art. 1, convertito con modificazioni dalla L. 31 luglio 2005, n. 156, che, per ciò che qui interessa, testualmente recita: “1. Nella L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 10, comma 3, primo periodo, sono inserite, in fine, le seguenti parole: “; in ogni caso non determina obiettiva condizione di incertezza la pendenza di un giudizio in ordine alla legittimità della norma tributaria”.

2. …

3. In caso di violazione dell’obbligo di versamento a saldo dell’imposta regionale sulle attività produttive di cui al D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, relativo al periodo di imposta precedente a quello in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto, nonchè dell’obbligo di versamento in acconto o a saldo della medesima imposta, relativo al periodo d’imposta in corso alla predetta data non si applicano le disposizioni in materia di riduzione delle sanzioni previste dal D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 13, e successive modificazioni, nonchè dal D.lgs. 18 dicembre 1997, n. 462, art. 2, comma 2, e successive modificazioni.”. Il contenuto letterale della disposizione esclude che si sia in presenza di alcuno degli indici di obiettiva incertezza sopra richiamati. La norma è chiaramente individuabile e ha un contento precettivo chiaro e immediatamente individuabile: l’esclusione della possibilità di riduzione delle sanzioni tributarie all’ipotesi di omesso versamento dell’Irap. Va, peraltro, rilevato, che gli indici di incertezza dedotti dalla contribuente a sostegno della diversa opinione prospettata, non riguardano la citata disposizione, ma la più generale questione della legittimità dell’imposta Irap, all’epoca oggetto di ricorso alla Corte GUE e di contrasto giurisprudenziale tra alcuni giudici tributari di merito. Ma tale questione è, evidentemente, estranea alla fattispecie in esame, come correttamente opina anche la CTR, laddove la citata norma del D.L. n. 106 del 2005, è intervenuta proprio per sanzionare quei contribuenti che avevano ritenuto di omettere il versamento dell’imposta ipotizzando che essa non fosse dovuta per effetto del presumibile successo (presunzione poi rivelatasi errata) della sua impugnazione in sede comunitaria.

Deve ulteriormente convenirsi con la motivazione resa dalla CTR in tema di scrutinio della costituzionalità della norma in esame, atteso che, nel novero della discrezionalità legislativa rientra anche l’ipotesi di esclusione di disposizioni di generale favore per ipotesi tassativamente determinate, con il solo limite della identificabilità della ragionevolezza della disposizione.

Nella specie, la ratio legis della norma sospettata di incostituzionalità è chiaramente identificabile nella volontà del legislatore di sanzionare senza sconti quei contribuentì che, confidando nell’ipotetica declaratoria di illegittimità dell’Irap per via giurisprudenziale, avevano omesso il versamento dell’imposta. Una scelta che appartiene alla discrezionalità legislativa e che non si appalesa minimante lesiva del canone di eguaglianza sostanziale di cui all’art. 3 Cost., a nulla rilevando la diversa scelta legislativa per gli anni successivi a quello in esame, proprio perchè la modifica della politica legislativa fiscale non è evidentemente invocabile come tertium comparationis, stante la sua insindacabilità. Le medesime considerazioni sopra esposte inducono quindi la Corte a ritenere a propria volta manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 106 del 2005, art. 1, comma 3, riproposta dalla società ricorrente in questa sede.

4. Il secondo motivo è inammissibile, atteso che la CTR, dopo aver dichiarato l’inammissibilità del motivo in questione, lo ha tuttavia esaminato nel merito dichiarandolo infondato, sicchè il contenuto sostanziale prevale sul rilievo formale e deve ritenersi che la sentenza si sia pronunciata sul punto, come del resto palesa anche il ricorso, che in altra censura contesta l’approdo ermeneutico di merito.

5. L’irrituale costituzione dell’Agenzia delle Entrate esonera la Corte dal provvedere sulle spese del grado.

6. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto (Cass. S.U., n. 4315 del 20 febbraio 2020).

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 20 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 marzo 2021

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