Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8730 del 15/04/2011

Cassazione civile sez. III, 15/04/2011, (ud. 15/02/2011, dep. 15/04/2011), n.8730

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. LANZILLO Raffaella – rel. Consigliere –

Dott. CARLUCCIO Giuseppa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

MEDIA 2001 S.R.L. (OMISSIS), TVR VOXSON S.P.A. (OMISSIS)

entrambe in persona dell’Amministratore Unico e legale rappresentante

Sig. D.S.G., elettivamente domiciliati in ROMA, LARGO

LEOPOLDO FREGOLI 8, presso lo studio dell’avvocato SALONIA ROSARIO,

che li rappresenta e difende 443 unitamente all’avvocato COZZOLINO

FABIO MASSIMO giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

NEW HAMPSHIRE CONSULTORES E SERVICOS LDA in persona del suo

amministratore Sig. R.J.B., elettivamente domiciliata in

ROMA, PIAZZALE CLODIO 22, presso lo studio dell’avvocato MARCONI

FRANCESCO, che la rappresenta e difende gusta procura alle liti

legalizzata dal Consolato d’Italia in FUNCHAL del 13/4/2 310;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4621/2009 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

emessa il 15/7/2009, depositata il 23/11/2009, R.G.N. 5293/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/02/2011 dal Consigliere Dott. RAFFAELLA LANZILLO;

udito l’Avvocato FABIO MASSIMO COZZOLINO; udito l’Avvocato FRANCESCO

MARCONI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

APICE Umberto che ha concluso per l’accoglimento del 4 motivo,

rigetto per il resto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La New Hampshire Consultores e Servicos L.D.A. ha proposto al Tribunale di Roma domanda di condanna delle società TVR Voxson s.p.a. e Media 2001 s.r.l., per l’abusiva diffusione dall’ (OMISSIS), tramite il Canale (OMISSIS), della serie televisiva americana “(OMISSIS)), composta di 112 filmati, di cui l’attrice aveva acquistato i diritti di utilizzazione economica esclusiva sull’intero territorio nazionale.

Le convenute hanno resistito alla domanda, che il Tribunale ha accolto, liquidando equitativamente i danni in Euro 289.215,86, da corrispondere con l’interesse annuale del 4% a decorrere dall’8 ottobre 2000; oltre al rimborso delle spese processuali.

Proposto appello principale da Media e Voxson, e incidentale da New Hampshire, limitatamente all’esistenza e all’entità dei danni, con sentenza n. 4621, depositata il 23 novembre 2009, la Corte di appello di Roma ha confermato la sentenza di primo grado, compensando le spese di appello.

Con atto notificato il 2 aprile 2010 Media 2001 e TVR Voxson propongono quattro motivi di ricorso per cassazione.

Resiste New Hampshire con controricorso.

Le parti hanno depositato memorie.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Va premesso in fatto che l’attrice in primo grado, New Hampshire, ha dedotto di avere acquistato tutti i diritti di utilizzazione economica televisiva dell’opera La Grande vallata, sull’intero territorio nazionale, da Mako Enterprises, con contratto 29.9.2000, e che quest’ultima li aveva a sua volta acquistati dall’impresa produttrice, Four Star International Inc., con atto 13. 10.1993.

La convenuta Media 2001, per contro, fondava 11 suo titolo su di un contratto di cessione da certa Akarad A.V.V., che a sua volta aveva acquistato in perpetuo i diritti di utilizzazione dell’opera con contratto 22 settembre 1995, da Inco Ltd. (o viceversa: v. infra, p. 1.1.), società non si sa come collegate con la produttrice o con una qualche successiva acquirente dell’opera.

La Corte di appello ha pertanto ritenuto accertati il buon diritto dell’attrice ed il carattere abusivo dell’utilizzazione da parte di Media 2001 (e di TVR Voxson, tramite la quale Media ha diffuso l’opera sul piccolo schermo), ed ha condannato le convenute al risarcimento dei danni.

2.- Con il primo motivo, denunciando violazione dell’art. 2043 cod. civ., ed omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, le ricorrenti assumono che la sentenza impugnata – pur avendo imputato loro la responsabilità a titolo di illecito civile – ha omesso di accertare a loro carico l’elemento soggettivo della colpa, sulla base dell’apodittico rilievo che l’esercente di rete televisiva deve in ogni caso conoscere la provenienza dei diritti sulle opere che acquista da terzi.

Assumono che la Corte non poteva prescindere dall’accertamento specifico dell’elemento soggettivo (dolo o colpa), agli effetti del risarcimento dei danni, e che avrebbe dovuto indicare quali mezzi le odierne ricorrenti avrebbero avuto per acquisire la consapevolezza di ledere diritti altrui, e quali obblighi di informazione avrebbero omesso di rispettare, non essendovi un pubblico registro, nè altro sistema di pubblicità, relativo alla titolarità dei diritti di autore sulle opere televisive.

Assumono per contro di avere agito con diligenza, in quanto Media 2001 sì è fatta garantire dalla sua dante causa il pacifico godimento dei diritti sull’opera e ne ha controllato l’atto di provenienza, senza che la situazione evidenziasse alcuna ragione di sospetto; tanto che le era stato consegnato anche il Master della serie televisiva.

1.1.- Il motivo non è fondato.

A prescindere dalla scarsa chiarezza dell’espositiva in fatto, per cui a p. 4 e a p. 28 del Ricorso si dice che dante causa di Media 2001 era Akarad A.V.V., la quale aveva acquistato i diritti sull’opera da INCO Ltd. (con contratto 22.9.1995): a pag. 7 del medesimo ricorso, per contro, si dice che dante causa di Media 2001 era Inco Ltd, la quale aveva acquistato i diritti da Akarad (versione quest’ultima che trova riscontro in quella contenuta nel controricorso), non è chiaro quali accertamenti Media 2001 abbia effettivamente dimostrato di avere compiuto, circa la validità del titolo di acquisto della sua dante causa. Correttamente rileva la sentenza impugnata che l’esercente di rete televisiva è tenuto a conoscere la provenienza dei diritti di cui faccia uso e la regolarità degli atti di cessione tramite i quali tali diritti le sono pervenuti.

Il mero richiamo al contratto di acquisto, od al titolo del proprio dante causa, non costituisce prova sufficiente di avere esperito tutte le indagini richieste dall’ordinaria diligenza,- considerata la facilità degli abusi in questo settore, e considerata la possibilità di individuare agevolmente il produttore del filmato, la cui identità risulta dai titoli di testa, soprattutto nei casi in cui si riceva il Master originale dell’opera.

Proprio la mancanza in Italia (all’epoca dei fatti) di un efficace sistema di pubblicità legale avrebbe dovuto indurre Media 2001 ad esaminare l’intera catena dei passaggi di proprietà, dalla società produttrice alla sua dante causa, ove non le fosse stato possibile assumere diversamente le informazioni del caso.

Essa avrebbe potuto e dovuto consultare, soprattutto, l’apposito registro dei copyrights sui filmati televisivi, esistente negli USA, come ha eccepito la resistente, trattandosi di opera che è stata ivi prodotta.

La (pur sintetica) valutazione della Corte di appello circa la negligenza delle ricorrenti nel verificare la legittimità dell’acquisto dei diritti sul serial TV deve essere quindi condivisa.

2.- Con il secondo e il terzo motivo, denunciando violazione della Legge Dir. Aut., art. 158, artt. 1223, 1226, 2043, 2056, 2697 cod. civ., artt. 115 e 116 cod. proc. civ., le ricorrenti lamentano che la Corte di appello abbia ravvisato il danno nel fatto stesso che è stato compiuto l’illecito, senza che l’attrice abbia offerto la prova di avere risentito pregiudizio dall’indebita diffusione televisiva.

Richiamano il principio per cui, anche quando si proceda a liquidazione equitativa, l’esistenza dei danni deve essere dimostrata soprattutto quando si tratti di danni patrimoniali, richiamando i principi enunciati da Cass. civ. S.U. n. 581/2008 e Cass. civ. n. 15814/2008.

3.- I motivi non sono fondati.

Correttamente la Corte di appello ha ritenuto che nella specie l’esistenza del danno sia da ritenere in re ipsa, poichè l’illecita diffusione televisiva ha privato La titolare dei diritti sull’opera dell’utile che essa avrebbe potuto ritrarre dalla diffusione diretta, o dalla concessione dietro corrispettivo dei diritto di diffonderla.

Questa Corte ha enunciato il principio per cui, in tema di tutela del diritto d’autore, la violazione di un diritto di esclusiva integra di per sè la prova dell’esistenza del danno, restando a carico del titolare del diritto medesimo solo l’onere di dimostrare l’entità del danno medesimo (Cass. civ. Sez. 1^, 14 marzo 2001 n. 3672).

Quanto a Cass. civ. Sez. 2, 12 giugno 2008 n. 15814, citata dalle ricorrenti, da un lato essa sì riferisce ad un caso di responsabilità per colpa professionale e non per violazione del diritto di autore; dall’altro lato anch’essa riferisce la necessità della prova del danno in concreto all’aspetto della sua quantificazione, ferma restando la possibilità di presumerne l’esistenza per .la stessa natura dell’illecito.

Perimenti estranea alla fattispecie in esame è Cass. civ. S.U. n. 581/2008, che concerne il danno da trasfusione di sangue infetto (fattispecie anch’essa considerata idonea a manifestare un’intrinseca potenzialità dannosa, salvo l’onere della prova dell’entità dei danni in concreto).

Nella specie, dovendosi condividere il giudizio della Corte di appello circa l’indubbia sussistenza del danno, correttamente la Corte ha proceduto alla relativa liquidazione in via equitativa, ai sensi dell’art. 1226 cod. civ., considerata la difficoltà di determinare il preciso ammontare del pregiudizio subito dall’attrice.

4.- Con il quarto motivo le ricorrenti denunciano omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione quanto ai principi utilizzati dalla sentenza impugnata per quantificare l’entità della somma spettante in risarcimento.

4.1.- La Corte di appello ha confermato la valutazione del Tribunale, il quale ha assunto come base per la liquidazione dei danni il prezzo pagato nel settembre 1995 dalla dante causa di Media 2001 per l’acquisto della serie televisiva (USD 280.000,00); ha ridotto l’importo al 75%, in considerazione del fatto che il contratto di cessione comprendeva anche dieci lungometraggi, oltre che l’opera La grande vallata, e, considerata la variazione del tasso di cambio lira- dollaro fra il 1995 e la data della trasmissione illecita (dall’ottobre 2000 in avanti), ha quantificato in L. 560 milioni (Euro 289.215,86), la somma dovuta in risarcimento.

4.2.- Le ricorrenti denunciano l’illogicità intrinseca nell’avere assunto come criterio di quantificazione dei danni subiti da New Hampshire (corrispondenti ai vantaggi indebitamente ritratti dalle ricorrenti) il corrispettivo pattuito per la cessione in perpetuo dei diritti di utilizzazione, dopo avere premesso ed accertato che l’indebita utilizzazione è stata solo temporanea, essendosi protratta per circa trecento mesi; nell’avere trascurato lo specifico motivo di appello da esse proposto, secondo cui il termine di riferimento avrebbe dovuto essere individuato nel corrispettivo di USD 126.320,00, pattuito nel contratto 13.10.1993 con cui la produttrice del filmato, Four Star International, ne ha ceduto i diritti di utilizzazione a Mako Enterprise (dante causa di New Hampshire) per un periodo di tempo limitato (vent’anni).

Rilevano che la motivazione della Corte di appello – secondo cui questo secondo contratto non sarebbe stato omogeneo al caso di specie, perchè comprendeva anche “lo sfruttamento dei diritti, notoriamente più remunerativi, delle riproduzioni nome video” – è incongruente ed illogica, considerato che la Corte avrebbe potuto scorporare il valore di tali diritti dal corrispettivo (così come ha fatto per il contratto Inco-Akarad, che pure comprendeva opere aggiuntive) e che, quand’anche ciò non avesse fatto, il corrispettivo della cessione temporanea dei dritti era comunque largamente inferiore a quello corrispondente alla cessione in perpetuo.

Le ricorrenti addebitano altresì alla sentenza impugnata di non avere tenuto conto, nella quantificazione dei danni, di altri dati significativi, quali il carattere risalente negli anni della registrazione dell’opera abusata; l’intensità della sua diffusione prima dell’ indebita utilizzazione, che aveva ridotto l’interesse del pubblico, quindi il valore dell’ulteriore sfruttamento economico;

l’ambito locale entro il quale è avvenuta la diffusione televisiva illecita ed i modesti indici di ascolto dell’emittente TVR Voxson, nel periodo di tempo e nella fascia oraria in cui l’opera è stata trasmessa, indici, che sono stati accertati dall’Auditel nello 0,048% del totale.

Concludono che gli utili conseguiti tramite l’illecita diffusione non sono in alcun modo proporzionati al prezzo pattuito per lo sfruttamento dell’opera in perpetuo e sull’intero territorio nazionale, a cui la Corte di appello li ha rapportati.

5.- Il motivo è fondato.

5.1.- Deve essere preliminarmente rigettata l’eccezione della resistente secondo cui la sentenza di primo grado sarebbe passata in giudicato, perchè le appellanti hanno cambiato tesi difensiva, quanto alla natura del contratto il cui prezzo chiedevano venisse assunto come termine di riferimento per la quantificazione dei danni.

L’atto di appello è inequivocabile nell’avere voluto denunciare sotto ogni aspetto l’inadeguatezza e l’illogicità dei criteri adottati dal Tribunale per la quantificazione dei danni. Tanto basta ad escludere che la sentenza di primo grado possa ritenersi passata in giudicato sul punto, restando irrilevante il fatto che le appellanti abbiano cambiato una singola deduzione difensiva.

5.2.- Ciò premesso, la motivazione della Corte di appello è effettivamente illogica, contraddittoria e inidonea a giustificare la decisione, per quanto concerne sia il rapporto fra la premessa in base alla quale è stato individuato il danno risarcibile ed i criteri concretamente adottati per procedere alla sua liquidazione;

sia la congruenza intrinseca a detti criteri.

La Corte ha enunciato il principio secondo cui il risarcimento dei danni patrimoniali conseguenti all’illecito sfruttamento del diritto di autore va quantificato in misura corrispondente ai vantaggi economici di cui l’utente abusivo si sia indebitamente appropriato, in danno del legittimo titolare del diritto.

Trattasi di criterio che deve essere in linea di principio condiviso – ove il danneggiato non possa dimostrare altre, più specifiche e rilevanti voci di danno, come nel caso in esame – ma che deve essere applicato con estrema accortezza, tenendo conto del pregiudizio effettivamente subito dalla danneggiata.

Non è detto infatti che il legittimo titolare del diritto di sfruttamento economico avrebbe avuto analoghe possibilità di sfruttare l’opera (senza alcuna spesa aggiuntiva), nei tempi, nei luoghi, secondo le modalità e con riferimento al target, ai quali ha avuto occasione di accedere l’utilizzatore abusivo. Sicchè è dubbio che sia sempre configurabile un danno emergente.

E’ più agevolmente ipotizzabile un lucro cessante, cioè la perdita del vantaggio economico che il titolare del diritto avrebbe potuto conseguire se avesse ceduto a titolo oneroso i diritti sull’opera, per il tempo e nei termini in cui sono stati abusivamente esercitati.

Ma anche in questo caso trattasi di criterio virtuale di valutazione, che potrebbe presentare un certo grado di arbitrarietà (non è detto che si sarebbe potuto reperire sul mercato un acquirente, a quelle condizioni ed in quei termini).

E’ prevalente, tuttavia, l’esigenza di evitare che l’utilizzatore abusivo si possa avvantaggiare del suo comportamento illecito, trattenendone gli utili in vece e luogo di chi avrebbe avuto il legittimo diritto di appropriarsene.

Da qui il principio – elaborato dalla dottrina e da tempo recepito dalla giurisprudenza – per cui i suddetti utili debbono essere devoluti a vantaggio del titolare del diritto: finalità che si persegue piegando l’istituto del risarcimento dei danni ad una funzione in parte sanzionatoria, diretta ad impedire che l’autore dell’illecito possa farne propri i vantaggi, più che ripristinatoria di effettive perdite patrimoniali; in parte ispirata ai principi in tema di indebito arricchimento, per cui l’utilizzatore abusivo è tenuto a restituire al titolare dei diritti sull’opera le utilità che ne abbia abusivamente tratto (cfr., per alcune applicazioni del principio, Cass. civ. Sez. 1^, 7 marzo 2003 n. 3390; Cass. civ. Sez. 3, 16 maggio 2008 n. 12433; Idem, 11 maggio 2010 n. 11353).

Trattasi tuttavia di principi che debbono essere applicati senza automatismi e con attento riferimento a tutte le peculiarità del caso, contrariamente a quanto risulta dalla motivazione della sentenza impugnata.

La Corte di appello, dopo avere dato atto che l’utilizzazione abusiva si è protratta per circa trecento giorni (meno di un anno) e che le appellanti e odierne ricorrenti trasmettevano solo in ambito locale, ha ritenuto corretta una quantificazione dei danni parametrata sul corrispettivo pagato per l’acquisto dei diritti di diffusione in perpetuo e sull’intero territorio nazionale (USD 280.000,00).

Ha fatto cioè riferimento ad una fattispecie non corrispondente a quella che riflette l’effettiva natura e l’effettiva estensione dell’abuso.

Ha poi respinto la richiesta delle appellanti che si facesse riferimento al prezzo convenuto nel contratto fra Four Star e Mako (USD 126.320,00), che aveva ad oggetto l’utilizzazione temporanea, con la motivazione che quest’ultimo non sarebbe omogeneo al caso, poichè comprende anche i diritti home video sull’opera, che rivestono particolare valore ed hanno notevole incidenza sul prezzo.

Trattasi anche qui di motivazione intrinsecamente contraddittoria e che non da risposta alle censure delle appellanti: sia perchè il presunto elemento differenziatore è in realtà comune ai due contratti, poichè anche il contratto Inco/Akarad comprendeva i diritti su opere diverse dal serial (OMISSIS), tanto che il relativo valore è stato scorporato dal prezzo; sia perchè il prezzo particolarmente elevato dei diritti home-video rispetto a quello dell’utilizzazione televisiva rende ancor più evidente l’interesse delle ricorrenti a che si adottasse come termine di riferimento li contratto temporaneo, previo scorporo del valore dell’utilizzazione;

sia perchè, con o senza scorporo, il prezzo convenuto era comunque inferiore a quello convenuto per la cessione dei diritti in perpetuo.

In sintesi, la motivazione fornita a supporto del rigetto dell’appello è inidonea a giustificare la decisione.

5.3.- Parimenti fondate sono le doglianze delle ricorrenti, relative all’omessa motivazione circa ulteriori elementi che assumono particolare rilievo al fine di valutare l’effettiva remuneratività dell’illecita diffusione, quali la notorietà fra il pubblico dell’opera, a causa della data in cui è stata registrata e del numero e della qualità delle emittenti che già l’avevano trasmessa;

l’estensione meramente locale della diffusione; il modesto livello dell’audience rilevato per l’emittente gestita dalle ricorrenti, al quale sono collegati gli introiti pubblicitari, che rappresentano la più rilevante fonte di profitti.

L’eccezione della resistente, secondo cui le suddette argomentazioni si fondano su documenti prodotti solo in appello, è allo stato irrilevante.

In primo luogo essa presuppone che l’onere di fornire la prova delle suddette circostanze – che attengono alla quantificazione del danno – gravi sulle ricorrenti, anzichè sulla danneggiata, che è in linea di principio tenuta a fornire la prova della precisa entità dei danni, presupposto che può essere peraltro condiviso, trattandosi di circostanze che rappresentano altrettante eccezioni al principio per cui il danno si presume corrispondente all’entità del prezzo convenuto per la cessione dei diritti di utilizzazione, nelle contrattazioni simili.

In secondo luogo la Corte di appello non si è pronunciata in materia, ritenendo la questione assorbita dal rigetto della domanda sotto altri profili.

Dovrà il giudice di rinvio, se del caso, pronunciarsi sull’ammissibilità o meno dei documenti, ai sensi dell’art. 345 cod. proc. civ., comma 3.

6.- La sentenza impugnata deve essere cassata, nel capo investito dal quarto motivo di ricorso, con rinvio della causa alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, la quale dovrà riesaminare e decidere la controversia con congrua e logica motivazione, uniformandosi ai seguenti principi di diritto:

“Il risarcimento dei danni patrimoniali conseguenti all’illecito sfruttamento dei diritti di diffusione televisiva di un filmato può essere quantificato – ove il danneggiato non possa dimostrare altre, più specifiche e rilevanti voci di danno – in misura corrispondente ai vantaggi economici di cui l’utente abusivo si sia indebitamente appropriato, in danno del legittimo titolare dei diritto.

“Il giudice può assumere come termine di ferimento per la quantificazione dei suddetti vantaggi la somma di denaro che l’utilizzatore avrebbe dovuto pagare per acquistare i diritti di diffusione, per il tempo e secondo le modalità con cui li abbia effettivamente utilizzati.

“A tale scopo il giudice può avere riguardo al prezzo pattuito in altre contrattazioni aventi ad oggetto la cessione dei diritti di diffusione illecitamente esercitati, ma vi deve apportare i correttivi necessari per adeguare la somma spettante in risarcimento all’effettiva entità del danno, tenuto conto del tempo per cui si è protratto il comportamento illecito; dell’estensione territoriale nell’ambito della quale il filmato sia stato illecitamente diffuso;

dell’audience riferibile all’emittente abusiva, e di ogni altra circostanza rilevante allo scopo”.

7. – Il giudice di rinvio deciderà anche in ordine alle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte di cassazione accoglie il quarto motivo di ricorso e rigetta gli altri motivi.

Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, che deciderà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 15 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 15 aprile 2011

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