Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 873 del 17/01/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 873 Anno 2014
Presidente: PICCIALLI LUIGI
Relatore: MATERA LINA

SENTENZA
sul ricorso 2074-2008 proposto da:
COOP EDIL ESPERANZA SRL 00374700797, IN PERSONA DEL
PRESIDENTE P.T., elettivamente domiciliata in ROMA,
VIA MUZIO CLEMENTI 18, presso lo studio dell’avvocato
GROLLINO FlORENZO, rappresentata e difesa
dall’avvocato SGANGA LEONARDO;
– ricorrente nonch contro

ARACRI ANTONIO C.F.RCRNTN69T29F537B, AVOLIO GIOVANNA
C.F.VLAGNN74D45F5370,
C.F.BLLFNC46R01G722R,

BELLALBA
CANNIZZARO

FRANCESCO
AMELIA

ROBERTA

Data pubblicazione: 17/01/2014

C.F.CNNMRB71R69F537U,
C.F.CRDFPP66M18G722L,
C.F.CLFFNC5ORO6G722S,
C.F.CRDRTN61H13G7220,

CARIDA’

FILIPPO

COLAFATO
CORDI’

FRANCESCO
FRANCESCO

ORESTE

FACCIOLO

ANTONIO
FRANCESCO

C.F.FCCFNC58C21G722B, GALEANO MARIA CARMELA GIUSEPPINA
C.F.GLNMCR64R48G722E,

MONTELEONE

C.F.MNTNTN58M26G722P,

NOCCIOLO

GIUSEPPE

C.F.NCCGPP36C17G722N,

PISANO

EMANUELE

C.F.PSNMNL64E28G722H,

PIZZONIA

FRANCESCO

RUSSO

LUIGI

MARIA

C.F.RSSLMR62P08G722X, QUEST’ULTIMO NELLA QUALITA’ DI
PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DI AMM.NE E LEGA_ RAPP.TE
avg. Q,I.R_ 026S-433-01- 53‘
DELLA
SOCIETA’
EURO
CONSULTINGelettivamente
domiciliati in ROMA, VIA G.B. MORGAGNI 19, presso lo
studio dell’avvocato EPIFANIO ANTONIETTA,
rappresentati e difesi dall’avvocato GRILLO MARTINO
VALERIO per proc. notarile del 19/5/2011 rep. n.
118.641;
– resistenti –

avverso la sentenza n. 726/2006 della CORTE D’APPELLO
di CATANZARO, depositata il 27/11/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 27/11/2013 dal Consigliere Dott. LINA
MATERA;
udito l’Avvocato Pino Eliseo Staropoli con delega
depositata in udienza dell’Avv. Grillo Martino Valerio

C.F.PZZFNC59A10G722D,

ANTONIO

difensore

dei

resistenti

che

ha

chiesto

l’inammissibilità del ricorso con conseguenza sulle
spese del giudizio;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. SERGIO DEL CORE che ha concluso per

l’accoglimento del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso ritualmente notificato al Condominio Quadrifoglio
e ai soci della Cooperativa, la società Cooperativa Edilizia
Esperanza a r.l. chiedeva di essere reintegrata nel possesso dei locali

soffitta del fabbricato sociale edificato in Pizzo, contrada Mazzotta.
La ricorrente deduceva che nel dicembre del 1996 i soci della
Cooperativa avevano ottenuto il trasferimento, con atto notarile,
degli alloggi e dei boxes; che i locali soffitta, invece, erano stati
rifiniti al rustico e, in attesa del completamento dei lavori -per i
quali il Comune di Pizzo aveva rilasciato la concessione edilizia n.
78\2000- e della successiva assegnazione ai soci, si era provveduto
ad escludere l’accesso a tali locali con un muro; che nel novembre
del 2000 tale muro era stato abbattuto ed erano state praticate due
aperture con l’apposizione di due porte, di modo che il Condominio e
i soci (ad eccezione di Cavallaio Gregorio, Generoso Federico e La
Porta Augusto, che il 7-5-2001 avevano stipulato l’atto notarile di
trasferimento delle porzioni di locali soffitta da loro scelti) avevano
occupato illegittimamente i locali in questione.
Con provvedimento del 6-9-2001 il Tribunale di Vibo Valentia
rigettava il ricorso.
Avverso la predetta decisione proponevano appello principale
la Società Cooperativa Esperanza a r l. e appello incidentale Aracri
Antonio, Avorio Giovanna, Bellalba Francesco, Caridà Filippo

P

Francesco, Calafato Francesco, Cordì Oreste Antonio, Facciolo
Francesco, Galeano Maria Carmela Giuseppina, Monteleone Antonio,
Nocciolo Giuseppe, Pisano Emanuele Salvatore e Pizzonia
Francesco.

Catanzaro rigettava l’appello principale e dichiarava inammissibile
quello incidentale, compensando interamente le spese del grado.
Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso la
Società Cooperativa Esperanza a r.1., sulla base di un unico motivo.
Gli intimati non hanno depositato controricorso, ma hanno
rilasciato procura notarile all’avv. Martino Valerio Grillo, per la
partecipazione alla discussione orale
MOTIVI DELLA DECISIONE
1) Con l’unico motivo la ricorrente denuncia vizi di
motivazione, in relazione all’affermazione secondo cui in capo alla
Cooperativa non sussisteva una situazione di possesso tutelabile, che
doveva invece riconoscersi in favore degli appellati, sulla base delle
delibere condominiali in atto. Deduce, in particolare, che le delibere
assembleari del 4-11-1998, 8-3-1999 e 30-9-1999, assunte in epoca
antecedente allo spoglio e attestanti le dimensioni dei locali soffitta
prenotati, da adibire a separate mansarde, rappresentano delle
semplici manifestazioni di volontà dei partecipanti di eseguire
eventuali lavori, per i quali, invece, è stata poi la Cooperativa ad

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Con sentenza in data 27-11-2006 la Corte di Appello di

ottenere il permesso per costruire n. 78\2000; e che, pertanto, tali
delibere, che non risultano avere avuto esecuzione, non costituiscono
presunzione di possesso, difettando le attività corrispondenti al
potere di fatto sulla cosa. Sostiene, inoltre, che erroneamente la

Carmine, presidente della Cooperativa, all’assemblea del 18-121999, la prova della conoscenza, da parte della Cooperativa, della
situazione di possesso tutelabile in capo agli appellati. Rileva,
infatti, che dalla lettura di tale delibera emerge che nessuna
situazione di possesso era posta in discussione; che il presidente
della Cooperativa ha partecipato alla discussione per rendere edotti i
condomini delle motivazioni del C.d.A. della Cooperativa sulla
realizzazione dei sottotetti, producendo la relazione presentata dalla
ditta appaltatrice e il riparto spese; che sul punto non è stata
raggiunta alcuna decisione. Deduce che, al contrario, da nessuna
espressione si ricava che il presidente fosse a conoscenza del fatto
che i condomini avessero acquistato il possesso dei locali soffitta né,
tanto meno, che il predetto, a conoscenza di ciò, abbia acconsentito.
Fa presente, al riguardo, che il semplice silenzio è di per sé un fatto
equivoco, che non può essere senz’altro interpretato come
manifestazione di consenso o di acquiescenza. Sostiene che dal
dipanarsi della vicenda risulta, invece, che sino al sofferto spoglio la
società cooperativa ha avuto il possesso dei locali sottotetto, che

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Corte di Appello ha desunto dalla partecipazione di Cavallaro

sono rimasti nella sua disponibilità e per i quali la ricorrente ha
predisposto gli atti necessari al completamento ed ottenuto la
concessione edilizia per realizzare l’intervento.
Il motivo è infondato.

giudice di primo grado, sulla base delle emergenze documentali in
atti ha escluso la sussistenza in capo all’appellante di un possesso
tutelabile in relazione ai locali soffitta„ per difetto sia dell’elemento
del corpus che di quello dell ‘animo.. Essa ha rilevato, al contrario,
che dalle delibere condominiali in atti emergeva chiaramente la
sussistenza di una situazione di possesso in capo agli appellati, i
quali, al fine di garantire il proprio esclusivo utilizzo dei predetti
locali (corpus), avevano deciso di realizzare degli accorgimenti
tecnici idonei ad impedire l’accesso a terzi, con ciò manifestando il
proprio

animus rem sibi habendi;

volontà concretizzatasi con

l’apposizione di due porte a chiusura dell’accesso al sottotetto. Il
giudice del gravame ha aggiunto che di tale situazione era a
conoscenza la Cooperativa Esperanza, avendo il suo presidente, sig.
Cavallaio, partecipato all’assemblea condominiale del 18-12-1999,
senza dissentire dalla decisione dei condomini, diretta ad escludere
dall’utilizzazione dei locali qualunque terzo e, quindi, anche la
Cooperativa; laddove il predetto avrebbe ragionevolmente

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La Corte territoriale, condividendo il giudizio espresso dal

manifestato il proprio dissenso, qualora la Cooperativa avesse avuto
quanto meno il compossesso dei locali soffitta.
Le valutazioni espresse nella sentenza impugnata sia riguardo
all’inesistenza di una situazione di possesso tutelabile ex art. 1168

indiziario da attribuire al comportamento tenuto in assemblea dal
presidente della Cooperativa, costituiscono espressione di
apprezzamenti in fatto riservati al giudice di merito, che, in quanto
sorretti da argomentazioni immuni da vizi logici, si sottraggono al
sindacato di questa Corte.
E, in realtà, le censure mosse con il motivo in esame,
attraverso la formale denuncia di vizi di motivazione, si risolvono, in
buona sostanza, nella richiesta di un rinnovato esame delle
emergenze processuali, di cui la ricorrente suggerisce una lettura
diversa -e per essa più favorevole-, rispetto a quella compiuta dal
giudice di appello, nel tentativo di dimostrare che dalla
documentazione in atti non emergerebbe la prova dell’esistenza, in
capo ai soci, di una situazione di possesso; possesso che, al
contrario, avrebbe continuato ad essere esercitato dalla Cooperativa
istante.
Si rammenta, in proposito, che il vizio di omessa, insufficiente
o contraddittoria motivazione, denunciabile con ricorso per
cassazione ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c., si configura solo quando

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c.c. in favore dell’odierna ricorrente, sia riguardo al valore

nel ragionamento del giudice di merito sia riscontrabile il mancato o
insufficiente esame di punti decisivi della controversia, prospettati
dalle parti o rilevabili di ufficio, ovvero un insanabile contrasto tra
le argomentazioni adottate, tale da non consentire la identificazione

vizi non possono, peraltro, consistere nella difformità
dell’apprezzamento dei fatti e delle prove dato dal giudice del merito
rispetto a quello preteso dalla parte, perché spetta solo a quel
giudice individuare le fonti del proprio convincimento e a tale fine
valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza,
scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a
dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro
mezzo di prova ((tra le tante v. Cass. 14-10-2010 n. 21224; Cass. 53-2007 n. 5066; Cass. 21-4-2006 n. 9368; Cass. 20-4-2006 n. 9234;
Cass. 16-2-2006 n. 3436; Cass. 20-10- 2005 n. 20322).
2) Per le ragioni esposte il ricorso deve essere rigettato, con
conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese del
presente grado di giudizio, liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al
pagamento delle spese, che liquida in euro 3.200,00, di cui euro
200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.

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del procedimento logico giuridico posto a base della decisione. Detti

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 27- 1-2013
Il Pr

ent

11 Consigliere estensore

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