Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8728 del 30/03/2021

Cassazione civile sez. trib., 30/03/2021, (ud. 20/10/2020, dep. 30/03/2021), n.8728

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. MELE Maria Elena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5023-2016 proposto da:

AZIENDA TERRITORIALE PER L’EDILIZIA RESIDENZIALE DELLA PROVINCIA DI

TREVISO, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI VILLA SACCHETTI

9, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE MARINI, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato CARLO AMATO;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI TREVISO, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZALE DELLE

BELLE ARTI 2, presso lo studio dell’avvocato GABRIELE PIROCCHI,

rappresentato e difeso dagli avvocati GIAMPAOLO DE PIAZZI, ANTONELLO

CONIGLIONE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1699/2015 della COMM.TRIB.REG. di VENEZIA,

depositata il 10/11/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

20/10/2020 dal Consigliere Dott. ANTONIO MONDINI.

 

Fatto

PREMESSO

che:

1.in controversia relativa a tre avvisi di accertamento per maggior ICI degli anni 2005, 2006 e 2007, emessi dal Comune di Treviso nei confronti dell’Azienda Territoriale per l’Edilizia Residenziale della Provincia di Treviso (ATER), con riguardo ad immobili concessi dall’ATER in locazione a terzi, la commissione provinciale di Treviso, di fronte alla quale gli avvisi erano stati impugnati per plurimi motivi, tra cui quello volto a contestare il disconoscimento dell’aliquota agevolata prevista dal D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 6, comma 4, e D.L. 8 agosto 1996, n. 437, art. 4, comma 1, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 ottobre 1996, n. 556, sospendeva il giudizio in attesa della decisione della Consulta sulla legittimità costituzionale di queste disposizioni. La Corte Costituzionale si pronunciava con ordinanza n. 214 del 18 luglio 2011, pubblicata in Gazzetta ufficiale il 20 luglio 2011. Il 5 marzo 2012, l’Ater depositava “memoria” con cui esprimeva critiche a detta ordinanza, ribadiva gli argomenti addotti a sostegno dell’impugnazione degli avvisi, non faceva istanza (di fissazione di udienza) di riassunzione. Il presidente della commissione provinciale confermava il provvedimento di sospensione. Il 14 luglio 2012, il comune di Treviso presentava istanza di estinzione del giudizio perchè non tempestivamente riassunto. La commissione provinciale fissava udienza per la trattazione della causa, rigettava l’istanza di estinzione e decideva nel merito accogliendo ricorso dell’ATER. La commissione tributaria regionale del Veneto, in accoglimento dell’appello del Comune, con sentenza n. 1699 depositata il 10 novembre 2015, sul rilievo che la “memoria” depositata dall’ATER il 5 marzo 2012 non conteneva “alcuna esplicita domanda di riattivazione del processo, nè un qualsiasi altro elemento dal quale evincere che la parte contribuente voleva la riassunzione del processo”, dichiarava l’estinzione del giudizio di primo grado per mancata riassunzione nei termini fissati dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 43, comma 1;

2.l’ATER ricorre per la cassazione della suddetta sentenza della commissione tributaria regionale lamentando, con un primo motivo, violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 43, comma 1, e art. 121 c.p.c. e del principio di conservazione degli atti giuridici per avere la commissione “escluso che la memoria dimessa in primo grado potesse essere considerata a tutti gli effetti una comparsa di riassunzione” e per avere reso tale memoria priva di effetto, e con un secondo motivo, violazione o falsa applicazione dell’art. 153 c.p.c., comma 2, e art. 294 c.p.c., commi 1 e 3, per avere la commissione mancato di rilevare che, “in presenza di un provvedimento giudiziale (quale quello di conferma della sospensione, emesso dal Presidente del collegio di primo grado) di contenuto non conforme alla richiesta della parte e del tutto avulso dalla stessa richiesta”, sarebbe spettato ad essa ricorrente di essere rimessa in termini;

3. il comune di Treviso resiste con controricorso;

4. le parti hanno depositato memorie.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. i due motivi di ricorso sono strettamente connessi. La ricorrente, attraverso il riferimento al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 43 e art. 121 c.p.c. e al principio di conservazione degli atti giuridici – principio che trova espressione nell’art. 1367 c.c., dettato in tema di contratti ma suscettivo di applicazione anche all’istanza di cui all’art. 43 cit. quale atto con cui la parte manifesta la volontà e l’intento di far sì che il processo riprenda -, intende, in sostanza, censurare l’interpretazione, fornita dalla commissione, della “memoria” del 5 marzo 2012 (riprodotta nel ricorso per cassazione). Il secondo motivo presuppone la fondatezza della censura veicolata dal primo. Tale prima censura, al contrario, è infondata. Parimenti, di conseguenza, la censura proposta con il secondo motivo. E’ un dato oggettivo che la memoria contiene considerazioni in ordine all’ordinanza della Corte Costituzionale n. 214/2011 (conclusiva del giudizio di legittimità in relazione al quale la causa era stata sospesa) e ribadisce gli argomenti addotti nel ricorso originario contro gli avvisi impugnati. Non contiene alcuna istanza di trattazione della causa. La mancanza di una esplicita richiesta di fissazione dell’udienza e l’impossibilità di desumerla da quanto nenia memoria è espresso, fanno sì che la memoria in questione sia del tutto inidonea al raggiungimento dello scopo – la riattivazione del processo – che secondo la ricorrente la commissione avrebbe errato nel non ritenere che l’atto avesse raggiunto. Non ricorrono i presupposti applicativi del principio in base al quale l’atto giuridico deve essere inteso nel senso in cui possa avere qualche effetto, anzichè in quello secondo cui non ne avrebbe alcuno (art. 1367 c.c.), posto che la memoria non è di dubbia interpretazione e che il principio è malamente invocato dalla ricorrente nel tentativo di dare alla memoria un contenuto e una funzione di cui è priva.

2. il ricorso deve essere rigettato;

3. le spese seguono la soccombenza;

4. ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater la ricorrente è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello stabilito per l’impugnazione, se dovuto.

PQM

rigetta il ricorso;

condanna l’Azienda Territoriale per l’Edilizia Residenziale della Provincia di Treviso a rifondere al Comune di Treviso le spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 13.000,00, oltre spese forfetarie e accessori di legge;

ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater la ricorrente è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 20 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 marzo 2021

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