Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8728 del 15/04/2011

Cassazione civile sez. III, 15/04/2011, (ud. 10/02/2011, dep. 15/04/2011), n.8728

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETTI Giovanni Battista – Presidente –

Dott. UCCELLA Fulvio – Consigliere –

Dott. ARMANO Uliana – rel. Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. D’AMICO Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

P.C. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, P.LE CLODIO 32, presso lo studio dell’avvocato CIABATTINI

SGOTTO LIDIA, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

FINOTTO NATASCIA giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

G.A.M. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DEL CORSO 160, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRINI

RAFFAELLO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato DE

CAROLIS CESARE giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 8/2008 della CORTE D’APPELLO di MILANO, 4^

Sezione Civile, emessa il 27/11/2007, depositata il 08/01/2009;

R.G.N. 3695/2004.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/02/2011 dal Consigliere Dott. ULIANA ARMANO;

uditi gli Avvocati ANNA CORTELLEZZI (per delega Avvocato NATASCIA

FINOTTO);

udito l’Avvocato CESARE DE CAROLIS;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARESTIA Antonietta che ha con eluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

P.C., premesso di aver prestato alla propria cognata, sig. G.A.M., la somma di L. 50 milioni a mezzo di quattro assegni bancari, conveniva in giudizio la G. innanzi al Tribunale di Varese per chiederne la condanna alla restituzione.

Si costituiva in giudizio la convenuta allegando che la somma in questione le era stata versata a titolo di corrispettivo per la vendita al fratello, G.M., della quota di 1/4 dell’immobile di sua proprietà, sito a (OMISSIS) in via (OMISSIS).

Il Tribunale Milano accoglieva la domanda e condannava G.A. M. alla restituzione della somma in favore di P.C..

A seguito di appello proposto da G.A.M., la Corte di Appello di Milano, con sentenza depositata l’8-1-2008, modificava la decisione di primo grado e rigettava la domanda di restituzione proposta da P.C.,con condanna al pagamento delle spese del doppio grado.

P.C. presentava ricorso per cassazione sorretto da quattro motivi, illustrato da memoria ex art. 378 c.p.c..

Resisteva con controricorso G.A..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso veniva dotta la violazione e falsa applicazione, dell’art. 295, art. 345 comma 3, artt. 244 e 115 c.p.c., nonchè dell’art. 2697 c.c. e contraddittoria motivazione relativamente al capo di sentenza che aveva respinto l’istanza di sospensione del giudizio ed aveva dato ingresso alle emergenze processuali raccolte nel giudizio penale promosso nei confronti del signor G.M., per il reato di falsa testimonianza, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 e 5.

Deduceva la ricorrente che la Corte di Appello aveva violato la norma dell’art. 295 c.p.c. ed aveva assunto sul punto contraddittoria motivazione in quanto, pur avendo negato la necessità della sospensione in attesa delle definizione del giudizio penale, aveva in realtà utilizzato tutte le prove ivi raccolte per decidere la controversia.

Il motivo è infondato.

Infatti nel caso di specie, come affermato dalla Corte di Appello, non operava l’istituto della sospensione necessaria in presenza di una sostanziale autonomia dei due giudizi, per cui non vi era la possibilità di giudicati contrastanti e non era decisivo l’accertamento del reato di falsa testimonianza rispetto alla decisione della causa civile.

La decisione della controversia civile è basata sulla valutazione di una pluralità di elementi probatori fra i quali vi è la testimonianza resa da G.M..

Si ricorda che al giudice civile è riservata la valutazione dell’attendibilità del teste e della rilevanza probatoria del contenuto della deposizione testimoniale nell’ambito di tutti gli elementi probatori introdotti nel procedimento, attendibilità e rilevanza che sono concetti giuridici diversi dalla falsità.

Il Giudice di appello ha valutato le prove raccolte nel processo penale in quanto ciò rientrava fra i suoi poteri. Infatti il giudice civile, in presenza di una sentenza penale di condanna non definitiva, può trarre elementi di convincimento dalle risultanze del procedimento penale, in particolare utilizzando come fonti le prove raccolte e gli elementi di fatto acquisiti in tale giudizio, ma è necessario che il procedimento di formazione del proprio (libero convincimento sia esplicitato nella motivazione della sentenza, attraverso l’indicazione degli elementi di prova e delle circostanze sui quali esso si fonda. Sez. 3, Sentenza n. 10055 del 27/04/2010.

Non ricorre la dedotta contraddittorietà di motivazione in quanto il giudice civile ha valutato liberamente le risultanze istruttorie raccolte nel giudizio penale, rapportate al petitum ed alla causa pretendi del giudizio civile ed alle eccezioni in esso proposte, rendendo conto dell’autonomo procedimento logico giuridico che lo ha portato a decidere sulla rilevanza o meno delle prove raccolte nel processo penale.

Con il secondo motivo di ricorso viene dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 345, comma 2 e art. 101 c.p.c., nonchè degli artt. 1415, 1417, 2722, 2724 e 2726 cod. civ. relativamente al capo di sentenza che aveva statuito sulla non corrispondenza del corrispettivo indicato nell’atto dal pubblico di compravendita 29.12.1995 e la dazione di denaro rappresentata dagli assegni rilasciati dalla ricorrente, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, dando ingresso ad una eccezione di simulazione non proposta dalla parte, violando l’art. 345 c.p.c..

Il motivo è infondato.

Infatti il giudice di appello ha evidenziato che solitamente il prezzo indicato dalle parti nella compravendita di un immobile è sempre inferiore quello effettivamente pagato per fini fiscali, ma non ha accertato la simulazione dell’atto di vendita intervenuto fra G.A. ed il fratello. Di conseguenza sono parimenti infondati i motivi relativi alle violazione del regime della prova in materia di simulazione.

Con il terso motivo viene dedotta la contraddittorietà della motivazione relativamente al capo della sentenza che ha statuito sulla non attendibilità del teste M.G..

Il motivo è infondato. Infatti la Corte di Appello ha valutato la testimonianza resa da G.M., ritenuta inattendibile, coordinandola con una pluralità di altri elementi probatori: la testimonianza ritenuta attendibile del teste P.,marito della G., le successive dichiarazioni rese da G.M. sulla vendita dell’immobile diverse da quanto dichiarato in primo grado, la vicinanza della data del rogito alla data di emissione degli assegni, l’entità del valore dell’immobile venduto accertato da una perizia, valore compatibile con la somma in realtà versata da G.M., l’entità del finanziamento effettuato da costui risultante dalla scritture contabili della Piantanida s.n.c. ,le risultanze del registro domestico tenuto dalla P..

Nonostante la complessità della motivazione, la ricorrente fonda le dedotta contraddittorietà sulla sola considerazione della Corte relativa alla circostanza che il prezzo di vendita dell’immobile fu indicato nel rogito finale in misura inferiore per fini fiscali, ritenendo che tale considerazione fosse una statuizione sulla simulazione detratto.

Al contrario di quanto dedotto, la motivazione non è affetta da contraddittorietà in quanto la valutazione sulla ritenuta attendibilità del teste G.M. deriva dal coordinamento delle deposizioni rese da tutti i soggetti coinvolti nella vicenda e dalle risultanze documentali.

L’indifferenza del teste M. ad essere esposto da azioni da parte della sorella è solo uno dei numerosi elementi valutati dalla Corte, tenendo conto che non vi è stato alcun accertamento di simulazione dell’atto di vendita.

Con il quarto motivo viene dedotta violazione e falsa applicazione degli artt. 2702, 2707 e 2712 cod. civ., nonchè omessa o insufficiente motivazione, relativamente al capo di sentenza che ha statuito sulla rilevanza, ai fini probatori, dei fogli di registro prodotti dalla parte convenuta in primo grado, in relazione all’art. 3603 c.p.c., n. 3 e 5.

Il motivo ed il relativo quesito che lo accompagna sono inammissibili per difetto di autosufficienza.

Infatti la ricorrente impugna le valutazioni della Corte di appello relative alla veridicità della copie del registro domestico prodotto in giudizio, contestando le caratteristiche estrinseche ed intrinseche del documento. 11 ricorrente che, in sede di legittimità, denunci il difetto di motivazione su un’istanza di ammissione di un mezzo istruttorio o sulla valutazione di un documento o di risultanze probatorie o processuali, ha l’onere di indicare specificamente le circostanze oggetto della prova o il contenuto del documento trascurato od erroneamente interpretato dai giudice di merito, provvedendo alla loro trascrizione, al fine di consentire al giudice di legittimità il controllo della decisività dei fatti da provare, e, quindi, delle prove stesse che per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, la S.C. deve essere in grado di compiere sulla base delle deduzioni contenute nell’atto, alle cui lacune non è consentito sopperire con indagini integrative.

Sez. 6, Ordinanza n. 17915 del 30/07/2010.

Nel caso di specie non è stato trascritto il documento in modo da consentire a questa Corte il controllo delle contestazioni sollevate.

Si osserva inoltre che, una volta disconosciuta la conformità della copia all’originale, in mancanza di esibizione dell’originale,la veridicità del documento può essere accertata dal giudice facendo ricorso a qualsiasi elemento di prova.

Il ricorso deve essere rigettato e le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali del grado, liquidate in complessivi Euro 2.700,00 di cui Euro 200,00 per spese, oltre accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 10 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 15 aprile 2011

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