Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8724 del 11/05/2020

Cassazione civile sez. trib., 11/05/2020, (ud. 23/01/2020, dep. 11/05/2020), n.8724

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. PENTA Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24662/2016 proposto da:

C.I.R. S.r.l. – Capri & Ischia Resorts, con sede in (OMISSIS)

(C.F.: (OMISSIS)), in persona degli amministratori, legali

rappresentanti pro tempore, Ing. P.M.F.

(C.F.: (OMISSIS)), e Ing. B.A. (C.F.: (OMISSIS)),

rappresentati e difesi dall’Avv. Tullio Elefante (C.F.: LFN TLL

66H04 F839C), con cui elettivamente domiciliano in Roma alla Via

Cardinal de Luca n. 10, giusta procura speciale a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate;

– intimata –

– avverso la sentenza n. 2681/03/2016 emessa dalla CTR Campania in

data 21/03/2016 e non notificata;

udita la relazione della causa svolta all’adunanza camerale del

23/1/2020 dal Consigliere Dott. Andrea Penta.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

In data 7.8.12, l’Agenzia del Territorio, Ufficio di Napoli, notificava alla s.r.l. CIR “Capri & Ischia Resorts” un avviso di accertamento con cui veniva modificato il classamento proposto con denuncia di variazione del 9.11.10, con una maggiorazione della rendita catastale proposta di Euro 71.812,00 ad Euro 90.854,00, relativamente ad un immobile a destinazione alberghiera di proprietà della predetta società sito in (OMISSIS).

Contro tale atto proponeva ricorso alla CTP di Napoli la società, eccependo: a) l’illegittimità del predetto avviso per omessa indicazione dei cespiti similari di riferimento; b) il difetto di motivazione per mancata specificazione dell’avviso; c) l’infondatezza della pubblica pretesa nel merito della rettifica operata e l’omissione di qualsivoglia istruttoria e/o sopralluogo volto alla determinazione dei valori oggettivi riferibili al cespite de quo.

Nel costituirsi in giudizio, l’Agenzia del Territorio affermava la correttezza della sua condotta.

Con sentenza n. 26998 del 4.11.14 l’adita C.T.R. rigettava il ricorso.

Avverso siffatta pronuncia proponeva appello la società con atto del 29.04.15, lamentando la genericità e l’illegittimità della motivazione e concludendo, pertanto, per l’integrale riforma della gravata pronuncia. Instauratosi il contraddittorio, l’Agenzia del Territorio resisteva al gravame, di cui richiedeva la reiezione per omessa dimostrazione della fondatezza delle proprie deduzioni.

Con sentenza del 21.3.2016 la CTR Campania rigettava l’appello sulla base delle seguenti considerazioni:

1) in tema, di accatastamento con procedura DOCFA “l’obbligo della motivazione del riclassamento deve ritenersi osservato anche mediante la mera indicazione dei dati oggettivi acclarati dall’U.T.E. e della classe conseguentemente attribuita all’immobile trattandosi di elementi idonei a consentire al contribuente, mediante il raffronto con quelli indicati nella propria dichiarazione, di intendere le ragioni della classificazione, così da essere in condizione di tutelarsi mediante ricorso alle commissioni tributarie, essendo sufficienti a consentire la difesa in sede giudiziaria l’indicazione di categoria, classe e rendita”;

2) versandosi in tema di variazione DOCFA, il previo sopralluogo non è obbligatorio ai sensi del D.M. n. 701 del 1994, ex art. 1;

3) costituiva un preciso onere per il ricorrente contro il classamento l’indicazione di cespiti similari od analoghi fruenti di diversa classe o categoria;

4) la CTP aveva ritenuto la correttezza della condotta dell’Amministrazione tributaria sulla scorta: 1) della panoramicità della struttura, che risultava pure mediaticamente pubblicizzata; 2) del rilievo che il collegamento difficoltoso tra struttura e rete stradale costituiva, più che un difetto, una qualità delle strutture turistiche site in zone pregevoli ed esclusive; 3) della considerazione che il valore del costo di costruzione al 1988-89 era del tutto indimostrato, siccome sfornito di supporto probatorio; 4) della genericità della valutazione dei locali tecnici, siccome solo affermata; 5) dell’ulteriore genericità del riferimento a strutture analoghe, siccome non specificatamente indicate.

Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso la C.I.R. s.r.l. – Capri & Ischia Resorts, sulla base di un solo motivo. L’Agenzia delle Entrate non ha svolto difese.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

1. Con l’unico motivo la ricorrente deduce la violazione dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per non aver la CTR considerato che era l’Ufficio ad essere gravato dell’onere di fornire la prova della propria pretesa impositiva.

1.1. Il motivo è inammissibile e, comunque, infondato.

Nelle controversie riguardanti la verifica della attendibilità del provvedimento di classamento, emesso dall’Amministrazione in rettifica di quello proposto dal contribuente a mezzo della procedura DOCFA di cui al D.M. Finanze 19 aprile 1994, n. 701, l’onere di provare nel contraddittorio con il contribuente gli elementi di fatto giustificativi della propria pretesa, nel quadro del parametro prescelto, spetta alla stessa Amministrazione, salva comunque la facoltà del contribuente di assumere su di sè l’onere di dimostrare l’infondatezza della pretesa di maggiore rendita catastale, avvalendosi dei criteri astratti utilizzabili per l’accertamento del classamento o del concreto raffronto con le unità immobiliari presenti nella stessa zona censuaria in cui è collocato l’immobile; ne consegue che il giudice del merito, dovendo verificare se la categoria e la classe attribuite all’immobile risultino adeguate secondo i dati presenti nella motivazione dell’atto, non può trarre tale prova positiva dall’insuccesso dell’onere probatorio assunto dal contribuente, in difetto dell’assolvimento dell’onere della prova posto a carico dell’Ufficio (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 15495 del 20/06/2013).

Tuttavia, nel caso di specie, la CTR non ha addossato a carico della contribuente l’onere di provare l’insussistenza dei fatti costitutivi della pretesa impositiva, tanto è vero che, in positivo, ha valorizzato la panoramicità della struttura risultante dalla pubblicità sul sito internet dell’hotel (così come riportata dall’Ufficio nella memoria depositata, e non smentita dalla contribuente; pagg. 3 della sentenza impugnata e 7 del ricorso per cassazione) ed il costo di costruzione elaborato dall’Ufficio sulla base di dati desunti da riviste specializzate nel settore alberghiero (pagg. 6 e 10 del ricorso).

Pertanto, esclusa la violazione del principio di ripartizione dell’onere probatorio, a ben vedere, con il motivo in esame, la ricorrente – lungi dal denunciare l’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata dalle norme di legge richiamate – allega un’erronea ricognizione, da parte del giudice a quo, della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa: operazione che non attiene all’esatta interpretazione della norma di legge, inerendo bensì alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, unicamente sotto l’aspetto del vizio di motivazione (cfr., ex plurimis, Sez. L, Sentenza n. 7394 del 26/03/2010, Rv. 612745; Sez. 5, Sentenza n. 26110 del 30/12/2015, Rv. 638171), neppure coinvolgendo, la prospettazione critica della ricorrente, l’eventuale falsa applicazione delle norme richiamate sotto il profilo dell’erronea sussunzione giuridica di un fatto in sè incontroverso, insistendo propriamente nella prospettazione di una diversa ricostruzione dei fatti di causa, rispetto a quanto operato dal giudice a quo. Infatti, è appena il caso di rilevare come la combinata valutazione delle circostanze di fatto indicate dalla corte territoriale a fondamento del ragionamento probatorio in concreto eseguito (secondo il meccanismo presuntivo di cui all’art. 2729 c.c.) non può in alcun modo considerarsi fondata su indici privi, ictu oculi, di quella minima capacità rappresentativa suscettibile di giustificare l’apprezzamento ricostruttivo che il giudice del merito ha ritenuto di porre a fondamento del ragionamento probatorio argomentato in sentenza. Nel caso di specie, al di là del formale richiamo, contenuto nell’epigrafe dei motivi d’impugnazione in esame, al vizio di violazione e falsa applicazione di legge, l’ubi consistam delle censure sollevate dall’odierna ricorrente deve piuttosto individuarsi nella negata congruità dell’interpretazione fornita dalla corte territoriale del contenuto rappresentativo degli elementi di prova complessivamente acquisiti, dei fatti di causa o delle circostanze ritenute rilevanti. Si tratta, come appare manifesto, di un’argomentazione critica con evidenza diretta a censurare una (tipica) erronea ricognizione della fattispecie concreta, di necessità mediata dalla contestata valutazione delle risultanze probatorie di causa; e pertanto di una tipica censura diretta a denunciare il vizio di motivazione in cui sarebbe incorso il provvedimento impugnato. Ciò posto, i motivi d’impugnazione così formulati devono ritenersi inammissibili, non essendo consentito alla parte censurare come violazione di norma di diritto, e non come vizio di motivazione, un errore in cui si assume che sia incorso il giudice di merito nella ricostruzione di un fatto giuridicamente rilevante, sul quale la sentenza doveva pronunciarsi (Sez. 3, Sentenza n. 10385 del 18/05/2005; Sez. 5, Sentenza n. 9185 del 21/04/2011), non potendo ritenersi neppure soddisfatti i requisiti minimi previsti dall’art. 360 c.p.c., n. 5, ai fini del controllo della legittimità della motivazione nella prospettiva dell’omesso esame di fatti decisivi controversi tra le parti.

2. In definitiva, il ricorso non merita accoglimento.

Nessuna pronuncia deve essere adottata sulle spese del presente giudizio, atteso che l’Agenzia delle Entrate non ha svolto difese.

Ricorrono i presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), per il raddoppio del versamento del contributo unificato.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Dichiara la parte ricorrente tenuta al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della V Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 23 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 11 maggio 2020

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