Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8722 del 15/04/2011

Cassazione civile sez. III, 15/04/2011, (ud. 15/02/2011, dep. 15/04/2011), n.8722

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – rel. Consigliere –

Dott. LANZILLO Raffaella – Consigliere –

Dott. CARLUCCIO Giuseppa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

G.M. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA I. GOIRAN 23, presso lo studio dell’avvocato SARDO UGO,

rappresentata e difesa dall’avvocato FRANCESCA ZACCARO giusta delega

in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

REGIONE CALABRIA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 249/2010 del TRIBUNALE di LAMEZIA TERME,

emessa il 15/1/2010, depositata il 30/03/2010, R.G.N. 3204/2006;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

DESTRO Carlo che ha chiesto di dichiarare ammissibile e accogliere il

proposto regolamento di competenza e per l’effetto dichiarare che la

competenza si appartiene al Tribunale di Lamezia Terme, con i

provvedimenti consequenziali anche in ordine alla prosecuzione del

giudizio.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

G.M. conveniva, davanti al tribunale di Lamezia Terme, la Regione Calabria chiedendone la condanna al risarcimento dei danni subiti in conseguenza dello straripamento del fiume (OMISSIS) e del torrente (OMISSIS), che aveva comportato il riversarsi di un enorme quantitativo di detriti e di acqua nel giardino circostante il caseggiato di sua proprietà per “carenza di manutenzione e di gestione del territorio ed “assoluta mancanza di ogni opera di manutenzione, sia ordinaria che straordinaria, nella gestione dei corsi d’acqua e del i patrimonio comunque sottoposto al controllo dell’Ente proprietario convenuto”.

Si costituiva la Regione Calabria che eccepiva, in rito, il difetto di giurisdizione del giudice ordinario -in sede di precisazione delle conclusioni riferito alla competenza – e, nel merito, contestava la fondatezza della domanda.

Con ordinanza del 14.5.2007, il Giudice , a scioglimento della riserva, sul difetto di giurisdizione eccepito – ma in realtà con riferimento al difetto di competenza del giudice ordinario rispetto al tribunale regionale delle acque – affermava “…. Spetta, invece, al tribunale ordinario la cognizione delle controversie -nelle quali pare rientrare quella in esame – che si ricollegano solo indirettamente ed occasionalmente alle vicende relative al governo delle acque, come quella in cui si deduca la violazione di comuni regole di prudenza e di diligenza, che … non richiedono valutazioni ed apprezzamenti tecnici …”.

Con sentenza, poi, del 30.3.2010, dichiarava il difetto di competenza del tribunale ordinario in favore del tribunale regionale delle acque pubbliche.

G.M. ha proposto ricorso per regolamento di competenza.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Va dichiarata la competenza del tribunale regionale delle acque di Napoli competente per il distretto di Catanzaro.

In primo luogo deve escludersi che l’ordinanza in data 14.5.2007, con la quale il giudice, a scioglimento della riserva, aveva affermato la competenza del tribunale ordinario, possa costituire sentenza non definitiva sulla competenza; e ciò per non avere lo stesso giudice, prima di decidere sulla questione di competenza, invitato le parti a precisare le conclusioni.

Infatti, nelle cause attribuite alla competenza del tribunale in composizione monocratica – come nella specie -, il giudice unico, che assomma in sè le funzioni di istruzione e di decisione, quando ritenga di emettere una decisione definitiva sulla competenza, è tenuto – ai sensi degli artt. 187 e 281 bis c.p.c. – ad invitare le parti a precisare le conclusioni, in tal modo scandendo la separazione fra la fase istruttoria e quella di decisione.

Non può, infatti, a tal fine, ritenersi che una qualsiasi decisione assunta in tema di competenza implichi per il giudice l’esaurimento della potestas iudicandi sul punto (S.U. ord. 12.5.2008 n. 11657;

cass. 20.3.2010 n. 6825; cass. 21.12.2010 n. 25883).

Ne consegue che il provvedimento, che abbia emesso in difetto di detto invito, assume natura meramente ordinatoria (S.U. ord. 10.12.2009 n. 25798).

Deve, infatti, ribadirsi che, in base alle norme che regolano il procedimento di decisione sulle questioni di giurisdizione e di competenza o su altre questioni pregiudiziali di rito, il giudice può disporre che tali questioni siano decise separatamente dal merito, ma tale modo di procedere postula, sempre, che le parti siano invitate a precisare le conclusioni (artt. 187 e 189 cod. proc. civ.) e che la causa venga, dunque, rimessa in decisione (e, qualora si tratti di causa da decidersi dal tribunale in composizione monocratica, nei modi alternativamente prescritti dagli artt. 281 quinquies o art. 281 sexies cod. proc. civ.) (v. anche Cass. ord. 21.7.2006 n. 16754 e successive, conformi).

Erroneo, pertanto, è nella specie, il richiamo alla giurisprudenza secondo la quale, al fine di stabilire se un provvedimento abbia natura di sentenza o di ordinanza, è decisiva, non già la forma adottata ma il suo contenuto (cosiddetto principio della prevalenza della sostanza sulla forma); con la conseguenza che quando il giudice, anche se con provvedimento avente veste formale di ordinanza, abbia, senza definire il giudizio, deciso una o più delle questioni di cui all’art. 279 c.p.c. – come tale anche quella relativa alla competenza -, a tale provvedimento va riconosciuta natura di sentenza non definitiva ai sensi dell’art. 279 c.p.c., comma 2, n. 4, (S.U. 24.2.2005 n. 3816 e succ. conformi).

E ciò perchè, comunque, anche in questo caso, è necessario il previo invito alle parti a formulare le conclusioni.

Non avendo, pertanto, per le ragioni già dette, il provvedimento emesso in data 14.5.2007 natura di sentenza non definitiva sulla competenza, ogni questione in ordine alla preclusione di un successivo esame, in mancanza di riserva di impugnazione, è privo di rilievo nella specie.

Va, quindi, affrontata nel merito la questione di competenza sollevata con il proposto regolamento.

Ai sensi del R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 140 “Appartengono in primo grado alla cognizione dei Tribunali delle acque pubbliche:

a) le controversie intorno alla demanialità delle acque;

b) le controversie circa i limiti dei corsi o bacini, loro alvei e sponde:

c) le controversie, aventi ad oggetto qualunque diritto relativo alle derivazioni e utilizzazioni di acqua pubblica:

d) le controversie di qualunque natura, riguardanti la occupazione totale o parziale, permanente o temporanea di fondi e le indennità previste dalla L. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 46, in conseguenza dell’esecuzione o manutenzione di opere idrauliche, di bonifica e derivazione utilizzazione delle acque.

Per quanto riguarda la determinazione peritale dell’indennità prima dell’emissione del decreto della espropriazione resta fermo il disposto dell’art. 33 della presente legge;

e) le controversie per risarcimenti di danni dipendenti da qualunque opera eseguita dalla pubblica amministrazione e da qualunque provvedimento emesso dall’autorità amministrativa a termini del R.D. 25 luglio 1904, n. 523, art. 2 modificato con la L. 13 luglio 1911, n. 774, art. 22″.

Ai sensi della norma indicata, la ripartizione della competenza fra il giudice ordinario ed il tribunale regionale delle acque pubbliche, nelle controversie aventi per oggetto il risarcimento dei danni derivanti da atti posti in essere dalla P.A., deve essere effettuata nel senso di attribuire alla competenza dei tribunali regionali delle acque le domande in relazione alle quali l’esistenza dei danni sia ricondotta all’esecuzione, alla manutenzione ed al funzionamento dell’opera idraulica, mentre debbono essere riservate alla cognizione del giudice, in sede ordinaria, le controversie aventi per oggetto pretese che si ricollegano solo indirettamente ed occasionalmente alle vicende relative al governo delle acque.

E ciò perchè la competenza del giudice specializzato si giustifica in presenza di comportamenti, commissivi od omissivi, che implichino apprezzamenti circa la deliberazione, la progettazione e l’attuazione di opere idrauliche, o comunque scelte della P.A. dirette alla tutela di interessi generali correlati al regime delle acque pubbliche.

Pertanto, quando venga dedotto che un’opera idraulica non sia stata tenuta in efficienza (o sia stata mal costruita), questa deduzione implica la valutazione di apprezzamenti o di scelte della P.A. in relazione alla suindicata tutela degli interessi generali collegati al regime delle acque pubbliche; con la conseguenza che la domanda di risarcimento dei danni fondata sulla mancata deliberazione ed attuazione delle necessarie opere di manutenzione deve essere devoluta alla cognizione del tribunale regionale delle acque pubbliche competente per territorio (S.U. 20.1.2006 n. 1066).

Ne deriva che qualora all’origine del danno oggetto della domanda risarcitoria venga prospettata la mancata realizzazione di opere di manutenzione, la natura dell’attività di manutenzione delle condotte idriche pubbliche non esclude la competenza del tribunale regionale delle acque pubbliche, anche se il comportamento è qualificabile come tenuto in violazione della comune prudenza e diligenza, atteso che anche tali comportamenti, commissivi od omissivi, implicano, in ogni caso, apprezzamenti circa le scelte della P.A. dirette alla tutela di interessi generali correlati al regime delle acque pubbliche.

Nella specie, il risarcimento dei danni causati è chiesto per l'”assoluta mancanza di ogni opera di manutenzione nella gestione dei corsi d’acqua”.

Il danno, quindi, deriva dal modo di essere dell’opera idraulica, o per come è stata costruita o per come è stata mantenuta, od anche non mantenuta, per effetto di comportamento omissivo ed inerte della p.a.).

La presenza della colpa – e cioè della violazione delle regole di prudenza e diligenza – non può costituire un criterio di riparto della competenza, poichè, versandosi in tema di risarcimento del danno, questo non può che essere colpevole (salvo che non si adducano ipotesi di responsabilità oggettiva; nel qual caso si prescinde da valutazioni sulla prudenza e diligenza).

Conclusivamente, va dichiarata la competenza del Tribunale Regionale delle acque pubbliche di Napoli competente per il distretto di Catanzaro.

P.Q.M.

La Corte dichiara la competenza del tribunale Regionale delle acque di Napoli.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 15 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 15 aprile 2011

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