Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8722 del 10/04/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 8722 Anno 2013
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: SAMBITO MARIA GIOVANNA C.

SENTENZA

sul ricorso 28933-2010 proposto da:
DAMILANO AUTOMOBILI SRL in persona del legale
rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso
dall’Avvocato IMPERATO LORENZO, elettivamente
domiciliato in TORINO C.SO G. MATTEOTTI 36 (avviso
postale) giusta delega in atti;
– ricorrente –

2013
contro

700

AGENZIA DELLE ENTRATE;
– intimato –

Nonché da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro

Data pubblicazione: 10/04/2013

F

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ape legis;
– controricorrente incidentale contro

– intimato –

avverso la sentenza n. 29/2010 della COMM.TRIB.REG.
di TORINO, depositata il 28/05/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 27/02/2013 dal Consigliere Dott. MARIA
GIOVANNA C. SAMBITO;
udito per il ricorrente l’Avvocato IMPERATO che ha
chiesto l’accoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato DE BONIS che
ha chiesto il rigetto del ricorso principale,
accoglimento incidentale;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. IMMACOLATA ZENO che ha concluso per il
rigetto del ricorso principale, accoglimento
incidentale.

DAMILANO AUTOMOBILI SRL;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con distinti avvisi di accertamento, l’Agenzia delle
Entrate di Monza, basandosi su un pvc della Guardia di Finanza,

dell’Iva negli anni 2002 e 2003, ed irrogava le relative sanzioni,
in relazione all’attività di acquisto di autoveicoli di provenienza
estera e successiva rivendita, le cui modalità realizzavano un
meccanismo contabile di fatturazioni soggettivamente inesistenti
nel quadro di una “frode carosello”. I ricorsi della Società
contribuente, dopo esser stati riuniti, venivano accolti dalla CTP
di Cuneo, ma la decisione veniva, in parte, riformata dalla CTR
del Piemonte, che, con sentenza n. 20/15/10, depositata il
28.5.2010, affermava che le fornitrici avevano natura di
“cartiere”, che il prezzo di trasferimento dei veicoli era
incongruo, né smentito dalla prodotta perizia, e che l’evasione
dell’imposta era addebitabile alla contribuente, quanto meno a
titolo di colpa. I giudici d’appello disponevano, poi, la riduzione
delle sanzioni, in ragione della metà del minimo, in applicazione
dell’art. 7, co 4, del d.lgs. n. 472 del 1997.
Per la cassazione della sentenza, ricorrono, in via
principale la Società contribuente con cinque motivi, illustrati da
memoria, ed, in via incidentale, l’Agenzia delle Entrate con tre
motivi.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Col primo motivo, la ricorrente principale deduce vizio

i

contestava alla S.r.l. Damilano Automobili l’indebita detrazione

di motivazione, ex art 360, 1° co, n. 5 cpc, in quanto la CTR: a)
aveva contraddittoriamente ritenuto provata la sua responsabilità
nonostante avesse ritenuto, in punto di sanzioni, che era

sufficientemente spiegato le ragioni per le quali dall’astratta
esistenza del meccanismo evasivo dell’Iva aveva desunto la sua
consapevolezza circa la frode stessa; c) aveva qualificato
“cartiere” le ditte fornitrici in modo incongruo ed apodittico; d)
aveva ritenuto rilevante il prezzo di trasferimento delle
autovetture, senza valutare adeguatamente le considerazioni
esposte nella prodotta perizia, e senza considerare che, in caso di
vendita sottocosto, non si determinava alcun apprezzabile
vantaggio economico; e) aveva incomprensibilmente affermato
che il pagamento delle vetture era anticipato, senza descrivere gli
elementi di prova che deponevano in tal senso.
2. Col secondo motivo, la ricorrente deduce nuovamente il
difetto di motivazione per non avere la CTR valutato i numerosi
fatti, circostanze e prove dedotti a sostegno della correttezza del
proprio operato. Se avesse analizzato la ricca documentazione
prodotta in giudizio, prosegue la ricorrente, la Commissione
regionale, invece di appiattirsi alla tesi propugnata dal Fisco,
sarebbe pervenuta ad un giudizio differente sia in relazione ai
prezzi di trasferimento degli autoveicoli che sulla natura di
cartiere delle fornitrici.
3. Col terzo mezzo, si deduce la violazione e falsa

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chiamata a rispondere del fatto illecito altrui; b) non aveva

applicazione degli artt. 2697, 2727 e 2729 cc, in relazione all’art
360, 10 co, n. 3 cpc e degli art. 112, 115 e 116 cpc, oltre che
dell’art 111 Cost. in relazione all’art 360, 1° co, n. 4 cpc e 360

dall’Ufficio a sostegno del recupero fiscale sono privi dei
requisiti di gravità precisione e concordanza, tenuto conto che
l’impianto accusatorio si basa su pvc emessi nei confronti di altri
soggetti e che erano state offerte le prove per documentare il
reale valore degli autoveicoli acquistati e la sua buona fede. La
stessa CTR aveva, del resto, dato atto dell’esecuzione di controlli
sui fornitori “secondo l’ordinaria diligenza”, e che l’evasione
dell’imposta era stata commessa da altri, così sconfessando i
presupposti della ripresa.
4. Col quarto motivo, la contribuente denuncia la
violazione e falsa applicazione dell’art 19 del dPR n. 633 del
1972, in relazione all’art 17 della Direttiva CEE 77/388 e 168
Direttiva CEE 2006/112, quali elaborati dalla giurisprudenza
della Corte di Giustizia, in relazione all’art. 360, 1° co, n. 3 cpc.
La ricorrente fa rilevare che, secondo la giurisprudenza della
Corte di Giustizia, l’esigenza di assicurare la riscossione
dell’imposta e di evitare frodi non può essere attuata in modo
tale da mettere in discussione la neutralità dell’Iva, ed evidenzia
che i principi generali di certezza e proporzionalità del diritto
comunitario vietano all’Amministrazione finanziaria di
addossare le conseguenze del comportamento illecito altrui

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bis cpc. La ricorrente afferma che gli elementi addotti

all’operatore, che, come nella specie, era in buona fede, per
avere svolto le indagini sui fornitori, secondo l’ordinaria
diligenza. La ricorrente chiede la rimessione degli atti alla Corte

esegetica effettuata dalla CTR, che, pur avendo accertato che
l’evasione è stata commessa da terzi e riconosciuto il suo
comportamento diligente, ha negato il diritto alla detrazione
dell’IVA , privilegiando la tutela degli interessi erariali e
l’esigenza di recuperare in ogni caso l’imposta.
5. Col quinto motivo, si deduce, nuovamente, ex art 360,
l° co, n. 3 cpc, la violazione dell’art. 19 dPR n. 633 del 1972, in
relazione all’art 168 Direttiva CEE 2006/112, evidenziando che
anche, al caso di frode fiscale, è applicabile il principio sancito
dalla Corte di Giustizia, con la sentenza dell’8 maggio 2008 in
C-95/07 e C-96/07 (Ecotrade), secondo cui il diritto alla
detrazione dell’imposta sussiste nel caso in cui non siano stati
adempiuti obblighi formali e contabili, essendo illegittima la
prassi che, come nella specie, richieda il pagamento dell’Iva (per
parte attiva) non riconoscendo, allo stesso tempo, la relativa
detrazione (per parte passiva).
6. I motivi quarto e quinto che, per ragioni sistematiche e
per la loro connessione, vanno esaminati congiuntamente e con
priorità, sono infondati. 7. La giurisprudenza comunitaria -cui
occorre anzitutto riferirsi, trattandosi di tributo armonizzato a
livello europeo-, dopo aver affermato che: a) il diritto alla

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di Giustizia, perché si pronunci sulla correttezza dell’opzione

deduzione previsto agli artt. 17 e seguenti della sesta direttiva,
quale parte integrante del meccanismo dell’IVA, non può esser
soggetto, in linea di principio a limitazioni (v. C-354/03, C-

18, e C-110/98 Gabalfrisa, punto 43); b) gli Stati membri
possono adottare le misure necessarie ad assicurare l’esatta
riscossione dell’imposta e ad evitare le frodi, in quanto la lotta
contro evasioni, elusioni ed eventuali abusi costituisce un
obiettivo riconosciuto ed incoraggiato dalla direttiva 2006/112
(v. C-285/11, Bonik EOOD, punto 35 e sentenze ivi citate); ha
ritenuto di dar rilevo alla buona fede del cessionario in funzione
dei principi della tutela dell’affidamento e della certezza del
diritto, affermando che in presenza di una frode sull’IVA
realizzata con una catena di successive cessioni, il cessionario ha
il diritto di detrarre l’IVA ove “non sappia o non possa sapere”
(sent. Optigen Ltd, cit punto 53 e segg.) di essere coinvolto in un
meccanismo fraudolento, ed a contrario il giudice nazionale
deve negare il beneficio del diritto alla deduzione all’operatore
che “sapesse o avrebbe dovuto sapere di partecipare con il
proprio acquisto ad una operazione che si iscriveva in una frode
all’IVA” (sent. C-439/04 Axel Kittel). 8. Tali principi sono stati
riaffermati nella recente sentenza della Corte di Giustizia
21.6.2012 (C-80/11 e C-142/11, punti 45-49), in cui viene
ribadito che il soggetto passivo che “sapeva o avrebbe dovuto
sapere che, col proprio acquisto, partecipava ad un’operazione

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355/03 e -484/03, Optigen Ltd, C-62/93, BP Soupergaz, punto

che si iscriveva in un’evasione dell’IVA dev’essere considerato
ai fini della direttiva 2006/112, partecipante a tale evasione” non
essendo, per contro, “compatibile con il regime del diritto alla

diniego di tale diritto un soggetto passivo che non sapeva o non
avrebbe potuto sapere che l’operazione interessata si iscriveva in
un’evasione commessa dal fornitore” (cfr. pure sentenza
6.12.2012, in C-285/11; C- 642/111, punto 48). 9. La sentenza in
C-95/07 e C-96/07 (Ecotrade), a base del quinto motivo, non è
invocata a proposito, in quanto contrariamente a quanto deduce
la ricorrente, con essa si afferma, per quanto qui rileva, che gli
artt. 18, n. 1, lett. d), e 22 della sesta direttiva 77/388, come
modificata dalla direttiva 2000/17, ostano ad una prassi di
rettifica delle dichiarazioni e di accertamento dell’IVA, che
sanzioni l’inosservanza di obblighi formali con il diniego del
diritto a detrazione, in caso di applicazione del regime
dell’inversione contabile, caso affatto diverso rispetto a quello
qui dibattuto, in cui viene in rilievo la buona fede della
contribuente, alla quale è addebitata la partecipazione ad una
frode sull’IVA.
10. Questa Corte ha, poi, precisato (Cass. n. 10414 del
2011; 15741 del 2012) che nel caso in cui si contestino, come
nella specie, detrazioni d’imposta indebite, e, cioè, formalmente
giustificate da documentazione contabile e finanziaria, ma in
effetti corrispondenti ad acquisti effettuati o partecipando

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detrazione previsto dalla suddetta direttiva, sanzionare col

direttamente ad un’organizzazione d’imprese creata allo scopo di
evadere il tributo col sistema della c.d. “frode carosello” o,
avvantaggiandosi consapevolmente dei risultati di siffatta

elementi di fatto della frode attinenti il cedente, ovvero la sua
natura di “cartiera”, sia la partecipazione ad essa del
contribuente, ovvero la sua consapevolezza. 11. Tale prova può
essere data anche mediante presunzioni, dotate di gravità,
precisione e concordanza, consistenti in elementi obiettivi tali da
porre sull’avviso qualsiasi imprenditore onesto e mediamente
esperto sull’inesistenza sostanziale del contraente. Qualora tale
prova venga fornita, grava sul contribuente l’onere di dimostrare
il contrario.
12. Tali principi risultano rispettati nell’impugnata
sentenza, che ha accolto l’appello dell’Ufficio ritenendo
sussistenti gli elementi sopra specificati al punto 10: la frase,
secondo cui “l’argomento della ‘buona fede’ sollevato dalla
resistente non appare risolutivo” non ha il valore semantico che
le attribuisce la ricorrente, estrapolandola dal contesto, avendo,
al contrario, i giudici d’appello concluso per l’indetraibilità
dell’imposta ritenendo “fuori dubbio il comportamento colposo
della stessa” e, dunque, l’assenza della buona fede. Del resto, la
ricorrente imputa, in concreto, alla sentenza di aver applicato i
principi in tema di frodi iva in un caso che ne era esente, e ciò a
causa dell’affermata erroneità nella ricostruzione dei fatti

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organizzazione, incombe al fisco l’onere di provare sia gli

(oggetto dei primi due motivi). Tanto risulta chiaro dalla stessa
richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia, formulata
dalla ricorrente non allo scopo di ottenere da quella Corte

decisione, ma onde affermare l’illegittimità della sentenza
d’appello che, a suo dire, ha negato il diritto alla detrazione
“ancorché abbia accertato che l’evasione è stata commessa da
terzi e che lo stesso cessionario ha agito in buona fede, usando
l’ordinaria diligenza nello svolgere i controlli sui propri
fornitori”. 13. La richiesta di rinvio pregiudiziale va, comunque,
respinta in ragione dell’esistenza delle plurime pronunce in tema
di frodi sull’IVA, sopra menzionate, che lo rende inutile (o non
obbligato) (cfr. Corte di giustizia 6 ottobre 1982, in causa C283/81, Cilfit; Cass. n. 22103 del 2007, n. 11456 del 2011).
14 H vizio di motivazione dedotto coi motivi primo e
secondo, che vanno ora, congiuntamente, esaminati, non è
ravvisabile: il giudice del merito è pervenuto all’accoglimento
del gravame del Fisco, con motivazione sufficiente in relazione
sia alla natura di cartiere delle società fornitrici, che all’assenza
di buona fede della contribuente. 15. In ordine al primo punto, il
convincimento della CTR trova congrua ed adeguata
motivazione in ragione degli argomenti esposti, ed in ispecie,
della mancanza di sede operativa o di struttura aziendale per
alcune Società (Albatros 2000 S.r.l., Pontina Auto 2001 S.r.l.,
dotata solo di un amministratore, Globo S.r.l.), del modus

8

l’interpretazione di una norma comunitaria rilevante ai fini della

operandi quale accertato con altre sentenze -CTP di Torino e
GIP di Torino- per altra (Servizi Fin Car S.r.l.). A tanto, i giudici
d’appello hanno aggiunto che dette Società fornitrici erano state

evaso l’Iva, in relazione agli acquisti contestati; laddove la
circostanza che su una ditta (Ferri Carlo) non siano stati svolti
argomenti è del tutto irrilevante, non essendo le relative fatture
state incluse tra quelle non detraibili (cfr. dispositivo
dell’impugnata sentenza). 15. Anche in relazione alla ritenuta
insussistenza del requisito di buona fede la sentenza è esente
dalle censure che le sono state rivolte, avendo accertato che i
controlli formali svolti dalla contribuente sull’affidabilità delle
ditte fornitrici non erano idonei allo scopo, essendo la
contribuente una Società che da tempo operava nel settore ed
essendo il suo legale rappresentante, pure, amministratore di altra
società che svolgeva attività analoga e si avvaleva degli stessi
fornitori; premesse dalle quali i giudici d’appello hanno desunto
il comportamento colposo della contribuente, che non aveva
agito con la diligenza richiesta in relazione all’attività svolta, ed
hanno perciò concluso per l’assenza del diritto alla detrazione
“sia che la Società abbia direttamente partecipato e quindi sia
come tale responsabile dell’illecito o che ne abbia condiviso i
vantaggi in modo colposo”. 16. Gli argomenti spesi dalla CTR
per mitigare il trattamento sanzionatorio sono stati a torto
enfatizzati dalla ricorrente, dato che gli stessi non contraddicono

9

trovate prive di documentazione contabile ed avevano totalmente

;

il predetto accertamento, per l’assorbente ragione che l’uso del
potere di graduare la sanzione presuppone, comunque, la
colpevolezza della violazione contestata, e quindi l’assenza della

trasferimento degli autoveicoli tendono, inammissibilmente, a
sollecitare un nuovo esame del merito, così come le
contestazioni relative alle modalità di acquisto singole vetture
con pagamento anticipato. 18. D’altronde, la CTR ha dato conto
di aver valutato, pur non condividendone le conclusioni, la
perizia prodotta e la contribuente non ha trascritto, in violazione
del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, i passi
dei documenti che i giudici del merito non avrebbero
erroneamente esaminato e la cui valutazione avrebbe condotto a
risultato diverso; trascrizione che, beninteso, avrebbe dovuto
avvenire in seno al ricorso, non potendo trovare ingresso le
allegazioni effettuate in merito nella memoria presentata a norma
dell’art. 378 cpc (alla quale sono stati, pure, allegati documenti)
che ha esclusivamente la funzione di illustrare ed approfondire
gli atti iniziali del giudizio di cassazione.
19. Il terzo motivo, che presuppone la mancata prova, da
parte del fisco, degli elementi posti a base della ripresa, non è
dunque fondato, dovendo comunque rilevarsi che la violazione
della disciplina sull’onere della prova è configurabile quando il
giudice lo attribuisca ad una parte diversa da quella che ne è
gravata ex lege, e non anche quando, come nella specie, si

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buona fede. 17. I dati relativi alla congruità dei prezzi di

assuma che il giudice abbia errato nel ritenere che la parte
onerata abbia assolto al suo onere, poichè in questo caso vi è
soltanto un erroneo apprezzamento delle acquisizioni istruttorie,

360, 1° co, n. 5 cpc (cfr. Cass. n. 19064 del 2006).
20. Col primo motivo del ricorso incidentale, l’Agenzia
delle Entrate lamenta, ex art 360, 1° co, n. 5 cpc, la
contraddittorietà della motivazione della sentenza, laddove non
ha tratto dal meccanismo fraudolento accertato le dovute
conseguenze in tema di sanzioni. 21. Col secondo mezzo, si
lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 5, 6 e 9 del
d.lgs. n. 471 del 1997, per avere i giudici d’appello affermato
che la giurisprudenza della Corte di Giustizia riguarda, solo il
diritto degli stati membri a recuperare il tributo evaso, senza
considerare che accertato tale presupposto, va applicata la norma
interna, che sanziona, appunto, la violazione degli obblighi
fiscali in materia, sicchè escludere o limitare fortemente il
trattamento sanzionatorio si traduce nella errata applicazione
della norma sanzionatoria stessa. 22. Col terzo motivo, si
deduce, nuovamente il vizio di motivazione laddove si paventa
la possibilità per l’erario di lucrare un indebito arricchimento,
senza considerare la possibilità di conseguire l’IVA dalle
fornitrici è esclusa, in radice, dallo stesso meccanismo delle frodi
carosello e dalla natura di mere cartiere delle fornitrici stesse.
23. Il primo motivo va rigettato, alla stregua delle

11

sindacabile in sede di legittimità solo per il vizio di cui all’art.

considerazioni svolte sopra al punto 16, a proposito della
contrapposta, omologa, censura svolta dalla contribuente. 24.
Anche il secondo motivo è infondato. Questa Corte (Cass. n.

disposizione contenuta nel comma quarto dell’art. 7 del d.lgs n.
472 del 1997-che consente di ridurre la sanzione fino alla metà
del minimo, quando concorrono eccezionali circostanze che
rendono manifesta la sproporzione tra l’entità del tributo cui la
violazione si riferisce e la sanzione stessa- si applica, in
mancanza di specifiche eccezioni, ad ogni genere di sanzioni, e
dunque, anche al caso qui in rilievo della frode carosello, non
ostandovi disposizioni comunitarie. 25. Il terzo motivo è
inammissibile: la valutazione delle circostanze eccezionali che
rendono manifesta l’anzidetta sproporzione e consentono la
riduzione della sanzione costituisce un giudizio di fatto, riservato
al giudice di merito (Cass. n. 25376 del 2008). Frammentando
l’iter argomentativo della sentenza, col motivo si tende a
conseguire una valutazione diversa da quella cui la CTR è
pervenuta con motivazione, che globalmente si appalesa
congrua.
26. I ricorsi vanno entrambi rigettati. In considerazione
della reciproca soccombenza, le spese del presente giudizio di
legittimità vanno interamente compensate tra le parti.
PQM
La Corte rigetta il ricorso principale e quello incidentale e

12

5209 del 2011) ha condivisibilmente affermato che la

M
5. –

5

MATUP4A. TR.LaUrIMA

compensa le spese.

Così deciso in Roma, il 27 febbraio 2013.

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