Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8721 del 11/05/2020

Cassazione civile sez. trib., 11/05/2020, (ud. 23/01/2020, dep. 11/05/2020), n.8721

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. PENTA Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27153/2015 proposto da:

Compagnia Appalti e Progettazione s.r.l. (C.F.: (OMISSIS)), in

persona del legale rappresentante Natili Pietro, con sede in Roma,

alla Via Ludovico di Breme n. 61, ed elettivamente domiciliata in

Roma, alla Via Giuseppe Zanardelli n. 23, presso lo studio degli

Avv.ti Tanzi Angelo (C.F.: (OMISSIS)) e Baldassarri Filippo Turrio

(C.F.: (OMISSIS)), che la rappresentano e difendono, giusta procura

speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate (C.F.: (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato

(C.F.: (OMISSIS)), presso cui è domiciliata in Roma, alla Via dei

Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2284/37/2015 emessa dalla CTR Lazio in data

16/04/2015 e non notificata;

udita la relazione della causa svolta all’adunanza camerale del

23/1/2020 dal Consigliere Dott. Penta Andrea.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Con il gravame proposto in data 22/10/2014, l’Agenzia delle Entrate Direzione provinciale II di Roma – impugnava la sentenza della C.T.P. di Roma dell’11/3/2014 che aveva accolto il ricorso proposto dalla società “Compagnia Appalti e Progettazione s.r.l.” avverso l’avviso di liquidazione n. (OMISSIS), relativo ad imposte ipotecaria e catastale per l’anno 2008 (per complessivi Euro 36.278,73), emesso a seguito di rettifica di valore di un atto di compravendita di due locali ad uso negozio (posti al piano terra e seminterrato di un complesso immobiliare sito in (OMISSIS), zona Laurentino/Tintoretto, di circa 50 mq. ciascuno), avvenuto al prezzo dichiarato di 160.000,00 Euro ed invece da valutarsi, secondo l’Ufficio, sulla base dei parametri O.M.I. in 600.000,00 Euro.

La contribuente, in primo grado, aveva eccepito l’illegittimità della rettifica per vizio di motivazione, sostenendo che la stessa si era basata esclusivamente sui parametri O.M.I., senza che fossero stati utilizzati altri criteri integrativi correlati ai prezzi emergenti da altri accertamenti, e che il prezzo dichiarato doveva ritenersi congruo.

Con la sentenza impugnata, la C.T.P. aveva accolto il ricorso, ritenendo fondata la censura del vizio di motivazione (con assorbimento delle altre censure), rilevando che la motivazione è parte essenziale del provvedimento e che non è possibile basarsi solamente sulle valutazioni statistiche dell’O.M.I., le quali vanno corredate da ulteriori elementi concreti e specifici che confermino la rettifica del valore del bene trasferito, mentre nel caso in esame la rettifica e la liquidazione richiamava i valori O.M.I. e faceva generico riferimento allo stato conservativo normale degli immobili, alla loro ubicazione ed allo stato locativo di uno di essi, senza evidenziare altre ragioni; l’Agenzia non aveva, inoltre, chiarito l’iter logico con il quale era stato rideterminato il valore degli immobili.

In appello l’Agenzia sosteneva l’illegittimità della sentenza impugnata per violazione del principio del ne bis in idem, perchè la sentenza era stata emessa dopo altra sentenza della C.T.P. n. 2275/10/14 del 12/02/2014 (nel frattempo passata in giudicato) relativa alla stessa controversia fiscale, su ricorso proposto dagli acquirenti della medesima compravendita, ed il giudizio era stato deciso con accertamento di valore dei beni in Euro 300.000,00 ormai divenuto definitivo. Evidenziava altresì il valore di presunzione (ancorchè semplice e non più legale) delle quotazioni della banca dati O.M.I., siccome predisposte su dati certi e valutazioni comparative, indicativi del valore venale in comune commercio. Concludeva chiedendo la riforma della sentenza impugnata, confermando la sentenza della C.T.P. n. 2275/10/14 per quanto atteneva alla rideterminazione in Euro 300.000,00 del valore dei beni oggetto di trasferimento.

Resisteva l’appellata contribuente, sostenendo la legittimità della sentenza impugnata, in quanto: 1) l’unico soggetto a conoscenza del parallelo ricorso era l’Ufficio, che non aveva chiesto la riunione dei due giudizi; 2) non sussisteva alcun obbligo della C.T.R. di sentirsi vincolata dall’esito dell’altro giudizio; 3) l’avviso di liquidazione presentava tutti i vizi lamentati: a) assoluta carenza di prova; b) difetto di motivazione e c) violazione di legge; 4) le valutazioni O.M.I. erano di parte, da sole inidonee a fini probatori, e l’Ufficio non aveva comunque indicato i criteri seguiti per stabilire un diverso valore.

Con sentenza del 16.4.2015 la CTR Lazio accoglieva parzialmente l’appello sulla base delle seguenti considerazioni:

1) se è vero che la sentenza della C.T.P. n. 2275/10/14 del 12/02/2014, che aveva determinato (su ricorso degli acquirenti) in 300.000,00 Euro il valore della compravendita, non poteva condizionare oltre modo il pronunciamento del giudice, era pur vero che una valutazione di tipo diverso si sarebbe giustificata solo se quella decisione fosse stata del tutto irragionevole e, quindi, avesse richiesto un ulteriore approfondimento;

2) dalla lettura di tale sentenza era possibile apprendere che essa era stata pronunciata sulla base di due fatti oggettivi: a) la valutazione effettuata dall’istituto bancario per l’erogazione di un mutuo (Euro 220.000,00) e b) la destinazione redditizia dei due locali, che potevano già essere adibiti ad attività artigianali o professionali presumibilmente proficue;

3) in particolare la prima circostanza appariva oggettivamente convincente, in quanto era difficile credere che l’azienda bancaria avesse sottostimato il valore degli immobili a proprio discapito ed in maniera contraria ai propri intuibili interessi;

4) tali circostanze consentivano di superare la debolezza intrinseca dell’originaria valutazione effettuata dall’Agenzia, fondata per lo più sulle stime O.M.I., integrandole con parametri più pertinenti e, soprattutto, realmente contestualizzati;

5) poichè l’Agenzia aveva sensibilmente ridotto la propria originaria pretesa, attestandosi al più ragionevole valore di Euro 300.000,00 e tale minore valore appariva plausibile e congruo in relazione alla zona, alle dimensioni ed alle potenzialità redditizie dei due locali, ed a fronte di tale indicazione la società appellata non aveva fornito particolari elementi di contrasto, non si ravvisavano ragionevoli motivi per disattenderla.

Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso Compagnia Appalti e Progettazione s.r.l., sulla base di due motivi. L’Agenzia delle Entrate si è costituita al solo fine di partecipare all’eventuale udienza di discussione della causa.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione o falsa applicazione degli artt. 113 e 115 c.p.c., D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 58 e art. 51 ss. TU sull’imposta di registro e la “nullità del procedimento”, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per aver la CTR preso in considerazione, nella valutazione complessiva, una sentenza emessa da altro giudice tra soggetti diversi ed un elemento di prova (un contratto di mutuo sottoscritto dal compratore) che non era mai entrato a far parte del presente giudizio e sul quale, pertanto, non era stato possibile esercitare il diritto di difesa.

1.1. Il motivo è infondato.

Il giudice civile, in assenza di divieti di legge, può formare il proprio convincimento anche in base a prove atipiche come quelle raccolte in un altro giudizio tra le stesse o tra altre parti, delle quali la sentenza ivi pronunciata costituisce documentazione, fornendo adeguata motivazione della relativa utilizzazione, senza che rilevi la divergenza delle regole, proprie di quel procedimento, relative all’ammissione e all’assunzione della prova (Sez. 3, Sentenza n. 840 del 20/01/2015; conf. Sez. 1, Ordinanza n. 25067 del 10/10/2018). Il tutto fermo restando che la valutazione del materiale probatorio non va limitata all’esame isolato dei singoli elementi, ma deve essere globale nel quadro di una indagine unitaria ed organica che, ove sia immune da vizi di motivazione, costituisce un apprezzamento di fatto incensurabile in sede di legittimità (Sez. L, Sentenza n. 4652 del 25/02/2011).

Tali principi a maggior valgono nel processo tributario, in cui esiste un maggiore spazio per le prove cosiddette atipiche, a tal punto che anche la perizia di parte può costituire fonte di convincimento del giudice, che può elevarla a fondamento della decisione a condizione che spieghi le ragioni per le quali la ritenga corretta e convincente (Sez. 5, Sentenza n. 2193 del 06/02/2015). In quest’ottica, nel processo tributario il giudice può legittimamente porre a base del proprio convincimento, in ordine alla sussistenza dei fatti costitutivi dell’obbligazione tributaria, le prove assunte in un diverso processo, quali prove atipiche idonee a fornire elementi di giudizio sufficienti, se ed in quanto non smentite dal raffronto critico – riservato al giudice di merito e non censurabile in sede di legittimità se non congruamente motivato – con le altre risultanze del processo (Sez. 5, Sentenza n. 19859 del 14/11/2012).

Alla stregua delle considerazioni che precedono, nessuna violazione di legge è configurabile e, del resto, la valutazione espressa dalla CTR, avvalendosi altresì del contratto di mutuo prodotto nell’altro giudizio, in ordine alle risultanze istruttorie è congrua sul piano logico e corretta dal punto di vista giuridico.

2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione o falsa applicazione degli artt. 51 ss. TU sull’imposta di registro e la “nullità del procedimento”, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per aver la CTR posto alla base del proprio convincimento le valutazioni dell’Osservatorio del Mercato Immobiliare.

2.1. Il motivo è inammissibile, atteso che non attinge la ratio decidendi sottesa alla pronuncia impugnata ed anzi ne altera la portata.

Invero, la CTR, proprio nel dare atto della “debolezza intrinseca dell’originaria valutazione effettuata dall’Agenzia, fondata per lo più sulle stime O.M.I.”, ha ritenuto che le ulteriori circostanze emerse nel corso del giudizio di secondo grado (la valutazione, risultante dalla sentenza della CTP n. 2275/10/14 del 12.2.2014, effettuata da un istituto bancario per l’erogazione di un mutuo in favore dell’acquirente e la destinazione redditizia dei due locali oggetto della compravendita, che potevano essere adibiti ad attività artigianali o professionali presumibilmente proficue) avessero consentito di superare la detta debolezza sul piano istruttorio, “integrandole – le stime O.M.I. – con parametri più pertinenti e soprattutto realmente contestualizzati”.

In tal guisa ragionando, la CTR ha correttamente applicato il principio secondo cui, nell’ipotesi di contestazione di maggiori ricavi derivanti dalla cessione di beni immobili, la reintroduzione, con effetto retroattivo, della presunzione semplice, ai sensi della L. n. 88 del 2009, art. 24, comma 5, (legge comunitaria 2008), che ha modificato il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39 e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, sopprimendo la presunzione legale (relativa) di corrispondenza del prezzo della compravendita al valore normale del bene, introdotta dal D.L. n. 223 del 2006, art. 35 del, conv. in L. n. 248 del 2006, non impedisce al giudice tributario di fondare il proprio convincimento su di un unico elemento, purchè dotato dei requisiti di precisione e di gravità, elemento che non può, tuttavia, essere costituito dai soli valori OMI, che devono essere corroborati da ulteriori indizi, onde non incorrere nel divieto di presumptio de presumpto (cfr., in tal senso, di recente Sez. 5, Ordinanza n. 2155 del 25/01/2019).

3. In definitiva, il ricorso non merita accoglimento.

Nessuna pronuncia deve essere adottata in tema di governo delle spese del presente giudizio, atteso che l’Agenzia delle Entrate si è costituita al solo fine di partecipare all’eventuale udienza di discussione della causa. Ricorrono i presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), per il raddoppio del versamento del contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Dichiara la parte ricorrente tenuta al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater.

Cosi deciso in Roma, nella camera di consiglio della V Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 23 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 11 maggio 2020

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