Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8719 del 11/05/2020

Cassazione civile sez. trib., 11/05/2020, (ud. 22/01/2020, dep. 11/05/2020), n.8719

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Angelo – rel. Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 23289/2016 R.G. proposto da:

Condominio “(OMISSIS)” di viale (OMISSIS), in persona

dell’amministratore quale legale rapp.te p.t., rappresentato e

difeso, in virtù di procura speciale in calce al ricorso, dall’Avv.

Giuseppe Mensitieri, elettivamente domiciliato in Roma alla via

Giuseppe Ferrari n. 11, scala B – int. 4, presso lo studio dell’Avv.

Massimo Tirone (pec: massimotirone.ordineavvocatiroma.org);

– ricorrente –

contro

Comune di Milano, in persona del Sindaco quale legale rapp.te p.t.,

rappresentato e difeso, in virtù di procura speciale in calce al

controricorso, dagli Avv.ti Antonello Mandarano, Ruggero Meroni ed

Irma Marinelli, dell’Avvocatura comunale di Milano, e dall’Avv.

Giuseppe Lepore del Foro di Roma, ed elett.te dom.to presso lo

studio di quest’ultimo in Roma alla via Polibio n. 15;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1280/2016 della Commissione Tributaria

Regionale della Lombardia, sede di Milano, depositata in data

8/3/2016, non notificata;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22

gennaio 2020 dal Dott. Angelo Napolitano;

udite le conclusioni del P.G. Dott. Giovanni Giacalone, che ha

chiesto il rigetto del ricorso;

dell’Avv. Giuseppe Mensitieri per il condominio e dell’Avv. Attilio

Accettola per delega dell’Avv. Lepore per il Comune di Milano.

Fatto

Nel corso di un accesso presso gli sportelli dell’agente della riscossione “Equitalia Nord s.p.a.”, l’amministratore del condominio “(OMISSIS)” di viale (OMISSIS) (d’ora in poi, anche solo “il condominio”) venne a conoscenza dell’esistenza di ingenti somme iscritte a ruolo dal Comune di Milano (d’ora in poi anche solo “Comune”) a suo carico a titolo di Tarsu (ruoli nn. 2001/016043, 2002/014541, 2003/013690 e 2005/000540, per complessivi Euro 20.758,63, oltre accessori).

Con istanza di annullamento in autotutela, notificato in data 14/2/2013, il condominio chiese al Comune l’annullamento dei predetti ruoli, in quanto i crediti in ciascuno di essi portati erano caduti in prescrizione (quinquennale) successivamente alla notifica delle singole cartelle di pagamento.

Il Comune di Milano, con atto pervenuto al condominio in data 3/4/2013, rigettò l’istanza, motivando il diniego di autotutela sull’assunto che ogni contestazione circa i crediti portati dalle cartelle di pagamento notificate dovesse essere mossa nei confronti dell’agente della riscossione.

Il condominio impugnò il diniego di autotutela dinanzi alla CTP di Milano.

Quest’ultima, nel contraddittorio con il Comune, accolse il ricorso.

Il Comune propose appello dinanzi alla CTR che, nel contraddittorio con il contribuente, riformò la sentenza di primo grado dichiarando inammissibile il ricorso introduttivo del condominio.

In particolare, la CTR statuì che ammettere che il condominio potesse impugnare il diniego di autotutela significherebbe consentire ad esso di contestare le cartelle di pagamento notificate dall’agente della riscossione, nonostante che per esse fosse decorso il termine di decadenza di sessanta giorni, ai fini dell’impugnazione.

Inoltre, erroneamente il condominio avrebbe instaurato il contraddittorio nei confronti del Comune, visto che il legittimato passivo era l’agente della riscossione.

Il condominio ha proposto ricorso per cassazione contro la sentenza della CTR, sulla base di quattro motivi.

Resiste il Comune di Milano con controricorso.

Alla pubblica udienza dei 22 gennaio 2020 la causa è stata trattenuta in decisione.

Diritto

1. Con il primo motivo, rubricato “Violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, il condominio censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che l’impugnazione del diniego di autotutela opposto dal Comune alla richiesta di sgravio dei ruoli per prescrizione dei crediti avesse, in realtà, ad oggetto le cartelle di pagamento per vizi delle stesse, con conseguente divisata inammissibilità dell’originario ricorso per tardività.

2. Con il secondo motivo, rubricato “Violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, il condominio censura la sentenza impugnata nella parte in cui la stessa ha ritenuto che l’originaria impugnazione del condominio fosse tardiva per aver avuto esso conoscenza degli estratti di ruolo oltre sessanta giorni prima della proposizione del ricorso introduttivo: l’oggetto dell’originario ricorso, ribadisce il condominio, è stato il diniego di autotutela opposto dall’ente locale alla richiesta di sgravio.

3. Con il terzo motivo, rubricato “Violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 10, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, il condominio si duole che la CTR abbia individuato come legittimato passivo rispetto all’azione da esso esercitata non l’ente impositore che ha emesso il diniego di sgravio in autotutela, ma l’agente della riscossione.

Il condominio ribadisce la legittimazione del Comune, sia per avere esso emesso l’atto impugnato, sia perchè con l’azione, formalmente impugnatoria del diniego, l’odierno ricorrente ha in sostanza chiesto l’accertamento giudiziale del compimento della prescrizione dei crediti portati dalle cartelle di pagamento a suo tempo notificate, con la conseguenza che, atteggiandosi la prescrizione come un fatto estintivo del credito sostanziale, la legittimazione passiva rispetto all’azione esercitata si radicava in capo al Comune.

4. Con il quarto motivo, rubricato “Violazione dell’art. 2948 c.c., comma 1, n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, il condominio chiede che la Corte, decidendo nel merito, sulla base della sua giurisprudenza che fissa in cinque anni il termine di prescrizione dei crediti per TARSU, accerti l’avvenuto compimento del termine prescrizionale dei crediti portati nelle cartelle di pagamento a suo tempo notificate dall’agente della riscossione. Alternativamente, nel caso in cui la Corte dovesse riconoscere che, invece, il termine di prescrizione dei crediti per TARSU è quello ordinario di dieci anni, il condominio chiede alla Corte di accertare la prescrizione dei crediti portati dalle cartelle notificate rispettivamente in data 10 dicembre 2001 e 7 agosto 2002.

In subordine, chiede di cassare con rinvio la sentenza impugnata.

5. I motivi, strettamente connessi, possono essere decisi congiuntamente.

Essi sono fondati.

La CTR è incorsa in un palese equivoco nell’affermare che il condominio, impugnando il diniego di sgravio in autotutela dei ruoli portanti i crediti TARSU prescritti, tenta di eludere il termine di decadenza per l’impugnazione delle cartelle di pagamento a suo tempo notificate e non contestate.

L’odierno ricorrente, infatti, con l’impugnazione del diniego di sgravio, non intende far valere vizi propri delle cartelle o del procedimento impositivo: al tempo in cui le cartelle furono notificate, infatti, la prescrizione dei crediti da esse portati non era certamente maturata.

Il condominio deduce che per l’inerzia dell’agente della riscossione nel recupero di tali crediti, prolungata per oltre cinque anni, sarebbe maturata la prescrizione; e tale deduzione è fondata.

La giurisprudenza di queste Corte, da tempo, interpreta estensivamente il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19 e tende a ricomprendere tra gli atti impugnabili dinanzi al giudice tributario anche il diniego di sgravio, quale atto comunque incidente su rapporti tributari tra amministrazione e contribuente, in grado di incidere negativamente su la posizione giuridica di quest’ultimo (cfr. Cass., n. 285/2010; Cass., n. 16100/2011).

Peraltro, essendo strutturato il processo tributario come processo impugnatorio, l’impugnazione del divieto di sgravio di ruoli portanti crediti prescritti è il modo tipico per innestare, in tale tipo di processo, la domanda di accertamento dell’avvenuto compimento della prescrizione dei crediti il cui recupero sia stato affidato all’agente della riscossione.

Quanto al termine di prescrizione dei crediti per TARSU, questa Corte lo ha fissato in cinque anni, applicando l’art. 2948 c.c., comma 1, n. 4 (Cass., n. 4283/20:10; Cass., n. 24679/2011).

E’ stato anche affermato che l’art. 2953 c.c., in tema di prescrizione decennale dell’actio iudicati, si applica solo ai crediti portati da sentenze di condanna passate in giudicato, con evidente impossibilità di sua applicazione ai crediti portati da cartelle inoppugnabili, non potendo equipararsi la loro irretrattabilità agli effetti del giudicato, discendenti solo da un provvedimento giurisdizionale contenzioso irrevocabile.

Infine, coglie nel segno il condominio quando deduce che, essendo l’atto da esso impugnato un diniego di sgravio dei ruoli, chiesto per l’avvenuta prescrizione dei crediti da essi portati (prima ancora che dalle cartelle di pagamento emesse sulla base di quei ruoli), legittimato passivo dell’azione di annullamento (e di accertamento della prescrizione) è solo l’ente impositore (nella specie, il Comune di Milano).

Nè potrebbe sostenersi che quest’ultimo si troverebbe in condizioni di minorata difesa, non disponendo della possibilità di produrre eventuali atti interruttivi della prescrizione, che sarebbero nella esclusiva disponibilità dell’agente della riscossione.

In disparte, infatti, la considerazione che il rapporto di affidamento esistente tra il Comune e il suo agente della riscossione configura quest’ultimo come una sorta di mandatario senza rappresentanza, al quale l’ente impositore potrebbe sempre richiedere gli atti da esso formati o detenuti necessari per difendersi in giudizio, il Comune avrebbe comunque potuto chiedere di chiamare in giudizio l’agente della riscossione, sulla base del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 23, comma 3, arinchè fosse accertata, anche nei suoi confronti, ed anche al fine di stigmatizzare una sua responsabilità in merito, l’inesistenza di atti interruttivi della prescrizione dei crediti affidati al suo recupero.

Dall’accoglimento del ricorso discende l’accertamento del compimento della prescrizione con riferimento ai crediti TARSU portati dai quattro ruoli e dalle pedisseque cartelle di pagamento indicati nel ricorso per cassazione, senza necessità di rinvio alla CTR in conseguenza della cassazione della sentenza impugnata.

6. Atteso l’andamento del giudizio, sussistono giusti motivi per compensare le spese del giudizio di appello.

Le spese del presente giudizio, invece, seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso e, per l’effetto, annulla il diniego di sgravio impugnato in prime cure e dichiara la prescrizione dei crediti TARSU portati nei quattro ruoli e nelle pedisseque cartelle di pagamento ìndicati nel ricorso per cassazione.

Compensa le spese del Giudizio di appello.

Condanna il Comune di Milano al pagamento, in favore del condominio ricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in Euro duemilasettecento per onorari, oltre al contributo unificato, al rimborso delle spese generali, iva e cpa come per legge.

Così deciso in Roma, il 22 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 11 maggio 2020

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