Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8710 del 29/03/2021

Cassazione civile sez. II, 29/03/2021, (ud. 09/10/2020, dep. 29/03/2021), n.8710

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25812/2019 proposto da:

A.A., ammesso al patrocinio a spese dello Stato e

rappresentato e difeso dall’avvocato Carlo Barotti, con studio in

Rovigo via Mazzini n. 8;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), ope legis domiciliato in Roma, Via

Dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso il decreto del Tribunale di Venezia, depositata il

29/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

09/10/2020 dal Consigliere Annamaria Casadonte.

 

Fatto

RILEVATO

che:

– A.A. ha impugnato per cassazione il decreto con cui il Tribunale di Venezia ha respinto l’opposizione avverso il diniego della protezione internazionale e della c.d. protezione umanitaria richiesta in via subordinata, deciso dalla competente Commissione Territoriale;

– a sostegno della domanda il ricorrente ha dedotto di avere lasciato la Nigeria per sfuggire alla setta degli (OMISSIS) di cui aveva fatto parte il padre, il quale morendo aveva espresso il desiderio che entrambi i figli entrassero a farvi parte; conseguentemente poichè i membri della setta avevano imposto a lui ed al fratello di aderirvi, erano entrambi fuggiti per evitare le conseguenze del loro rifiuto;

– il Tribunale di Venezia aveva ritenuto il racconto della vicenda personale intrinsecamente contraddittorio e, pertanto, aveva negato sia il riconoscimento dello status di rifugiato che la protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b);

– il tribunale aveva, altresì, escluso il riconoscimento della minaccia grave e individuale alla vita o alla persona di un civile derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale, ai sensi dell’art. 14, lett. c), per aver ritenuto, sulla scorta delle fonti informative qualificate, aggiornate e dettagliatamente indicate, che il richiedente, proveniente dall’Edo State, non era esposto al suddetto rischio in caso di rientro nel Paese di provenienza;

– il giudice veneziano aveva, infine, escluso la protezione umanitaria, sia in forza della ritenuta non credibilità sia in ragione della mancanza di una specifica vulnerabilità cui il richiedente sarebbe esposto in caso di rimpatrio forzoso;

– la cassazione del decreto impugnato è chiesta sulla base di due motivi cui resiste con controricorso il Ministero dell’interno.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e art. 14, lett. c), per avere il tribunale erroneamente escluso il riconoscimento del requisito per la protezione sussidiaria tenuto conto della situazione di violenza generalizzata nella zona di provenienza del richiedente asilo unita alle minacce da parte della setta degli (OMISSIS);

– la censura è infondata;

– il tribunale ha proceduto ad esaminare, ai fini del riconoscimento dei presupposti per la protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e lett. b), la credibilità intrinseca ed estrinseca delle dichiarazioni del ricorrente, con particolare riguardo alle caratteristiche ed alle modalità di adesione degli (OMISSIS) (cfr. pag. 6 del decreto) rispetto a quanto dal primo riferito, attesa la rilevanza della vicenda narrata rispetto alle due fattispecie di protezione c.d. individualizzanti (cfr. Cass. 3016/2019; id. 10286/2020) ed ha motivato il rigetto sulla scorta del giudizio di non credibilità;

– tuttavia, la censura articolata con il ricorso non specifica quale criterio fra quelli indicati dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, sarebbe stato violato e falsamente applicato dal giudice nello svolgere la verifica, per cui il richiamo alla previsione normativa non è sufficiente a giustificare la fondatezza della censura;

– la doglianza è, altresì, infondata in relazione alla protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), atteso che il tribunale, in questo caso a prescindere dal giudizio negativo sulla credibilità, ha attinto alle fonti informative, aggiornate e specificamente indicate (cfr. pagg. 7, 8 e 9 del decreto) e ha motivato la conclusione di non esposizione del richiedente asilo al rischio di danno grave derivante da violenza indiscriminata in situazione di conflitto armato sull’assunto che l’Edo State è classificato, dall’Easo COI 2018, fra le regioni della Nigeria in cui la violenza indiscriminata si manifesta ad un basso livello (cfr. pag. 9);

– detta conclusione non è adeguatamente confutata dal ricorrente che si limita a richiamare un rapporto Easo Coi del 2017, e quindi meno aggiornato di quello utilizzato dal tribunale;

– consegue che, anche sotto questo profilo, la censura è infondata;

– con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, per non avere il tribunale accolto la domanda di protezione umanitaria in considerazione dell’inserimento lavorativo e sociale del richiedente;

– il motivo è infondato;

– l’allegato inserimento lavorativo è stato considerato dal tribunale ma ritenuto insufficiente a attestare, in ragione della sua durata di tre mesi, ed in mancanza di altri elementi, un apprezzabile termine di comparazione anche in considerazione della vicenda personale addotta a giustificazione dell’espatrio;

– l’esito sfavorevole di entrambi i motivi giustifica il rigetto del ricorso e, in applicazione del principio della soccombenza, la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese di lite nella misura liquidata in dispositivo;

– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese di lite a favore del controricorrente e liquidate in Euro 2100,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 9 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 29 marzo 2021

 

 

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