Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8710 del 13/04/2010
Cassazione civile sez. III, 13/04/2010, (ud. 18/02/2010, dep. 13/04/2010), n.8710
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI NANNI Luigi Francesco – Presidente –
Dott. PETTI Giovanni Battista – rel. Consigliere –
Dott. URBAN Giancarlo – Consigliere –
Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –
Dott. D’AMICO Paolo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 14189/2006 proposto da:
P.F., L.B., L.A., elettivamente
domiciliati in ROMA, VIA TIBULLO 16, presso lo studio dell’avvocato
VELLETRI PATRIZIA, rappresentati e difesi dall’avvocato BRACCIALE
Franco giusta delega in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
AGRICOLA VESUVIO SRL in persona del suo amministratore, Sig.
G.S., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIOVANNI
ANTONELLI 49, presso lo studio dell’avvocato COMO Sergio, che la
rappresenta e difende giusta procura speciale del dott. Notaio
FRANCESCO DI GREGORIO in MESAGNE 10/2/2010, rep. 48174;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 794/2005 della CORTE D’APPELLO di LECCE,
Sezione Prima Civile, emessa il 10/11/2005, depositata il 20/12/2005,
R.G.N. 1021/2004;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del
18/02/2010 dal Consigliere Dott. GIOVANNI BATTISTA PETTI;
udito l’Avvocato FRANCO BRACCIALE;
udito l’Avvocato SERGIO COMO;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
GOLIA Aurelio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. La società Agricola Vesuvio s.r.l. con citazione del 2 aprile 1998 conveniva dinanzi al Tribunale di Brindisi la società in nome collettivo L’Amante Bruno, Antonio e C (già Papa e L’Amante B., ed A. s.n.c.) nonchè P.F., L.B. e A., soci ed amministratori della società, chiedendone la condanna in solido al pagamento di 15.304.016 oltre interessi e spese, per la fornitura di oltre 1031 quintali di uva provenienti dalla vendemmia 1989-1990 del vigneto di (OMISSIS) in contrada (OMISSIS).
2.1 convenuti si costituivano contestando il fondamento delle domande sostenendo di aver acquistato soltanto 214 quintali regolarmente pagati, mentre il resto dell’uva apparteneva alla Cooperativa agricola campana.
La causa era istruita con prova orale e con la deposizione di tal D.M..
3. Il Tribunale di Lecce con sentenza del 1 settembre 2003 accoglieva la domanda e condannava i convenuti in solido al pagamento del chiesto, oltre interessi legali e spese di lite.
4. Contro la decisione hanno proposto ricorso P.F., L.B. e L.A. in proprio e nella qualità di legali rappresentanti e soci amministratori della s.n.c. l’Amante Bruno, Antonio e C (avente causa dalla Papa e l’Amante B ed A a.n.c.) deducendo due motivi di censura e relativi quesiti.
Resiste la soc. Agricola Vesuvio con controricorso e memoria.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente deve rilevarsi la inammissibilità del controricorso per il tardivo deposito nella cancelleria (rectius direttamente nella udienza per la discussione) dei documenti attestanti la sua spedizione ed il ricevimento dell’atto da parte del ricorrente. La improcedibilità può essere rilevata di ufficio ai sensi dell’art. 370 c.p.c. (Cass. 10 gennaio 2001 n. 252 e SU 3 luglio 1091 n. 4869 tra le tante) e non è sanata dalla memoria successivamente proposta.
Il ricorso dei solidali non merita accoglimento per le seguenti considerazioni.
I motivi, per chiarezza espositiva,vengono in sintetica descrizione.
Nel PRIMO MOTIVO si deduce “violazione o falsa applicazione di norme di diritto, art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione agli articoli 1754 (definizione di mediatore) e 1761 (rappresentanza del mediatore) del codice civile.
Il quesito, formulato a ff. 11 del ricorso è il seguente: “se in presenza di un contratto di mediazione con conferimento dello incarico da parte di uno solo dei soggetti interessati all’affare, senza conferimento della rappresentanza – nella specie del compratore di un contratto di vendita – la sottoscrizione di un documento predisposto dal venditore, ricognitivo della quantità della cosa venduta, abbia valore confessorio, o non si tratti piuttosto di un semplice indizio da valutare in concorso con gli altri elementi acquisiti in giudizio, ai fini della decisione”.
In senso contrario si osserva come la sentenza della Corte di appello (ff. 5 e 6 della motivazione) abbia già dato una corretta risposta al quesito, peraltro formulato in modo incompleto e incoerente, considerando tutti gli elementi di prova documentale (quali la dichiarazione del 27 novembre sottoscritta dal D.M. nell’interesse della ditta Papa e C, o la fattura del 31 ottobre 1990, e gli altri documenti prodotti dalla Cooperativa Agricola, per ritenere accertato lo oggetto e la quantità della partita dell’uva vendemmiata e quindi il debito della parte acquirente. Il quesito è incompleto poichè propone una fattispecie diversa da quella accertata, con una valutazione fattuale non sindacabile in questa sede e non denunciabile nei termini di un error in iudicando per la violazione delle norme indicate in capo al motivo del ricorso.
NEL SECONDO MOTIVO si deduce l’error in iudicando per la violazione dello art. 2702 c.c., ed il relativo quesito (ff. 13 del ricorso è così formulato) “Dica la Corte se il documento sottoscritto dal mediatore sia riferibile alla parte e costituisca scrittura privata ovvero si tratta di un documento proveniente da un terzo, avente valore meramente indiziario”.
In senso contrario si osserva che il motivo appare nuovo rispetto alle conclusioni che sono state riprodotte in epigrafe alla sentenza di appello e nell’atto di appello, dove le parti appellanti deducevano il difetto della legittimazione passiva; inoltre il quesito ignora la ratio decidendi (ff. 5 della motivazione) chiaramente espressa dalla Corte di Appello che considera la scrittura come ricognitiva della vendita e della consegna già avvenuta per la vendemmia, pari a quintali 1031,40, e dunque come prova del fatto storico di una vendita in ordine alla quale non si esigeva la prova scritta. Il motivo risulta pertanto inammissibile oltre che manifestamente infondato.
Il ricorso dev’essere rigettato; nulla per le spese non essendo valida la costituzione della controparte.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; nulla per le spese.
Così deciso in Roma, il 18 febbraio 2010.
Depositato in Cancelleria il 13 aprile 2010