Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8709 del 29/03/2021

Cassazione civile sez. II, 29/03/2021, (ud. 09/10/2020, dep. 29/03/2021), n.8709

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26063/2019 proposto da:

B.A.U., rappresentato e difeso dall’avvocato Claudine

Pacitti, con studio in Cervaro (FR) via Collecedro n. 13;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS);

– intimato –

avverso il decreto del Tribunale di Venezia, depositata il

25/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

09/10/2020 dal Consigliere Dott. Annamaria Casadonte.

 

Fatto

RILEVATO

che:

– B.A.U., cittadino (OMISSIS), ha impugnato per cassazione il decreto del Tribunale di Venezia che ha respinto l’opposizione avverso il diniego della protezione internazionale e di quella umanitaria, statuito dalla competente Commissione territoriale;

– a sostegno delle domande egli ha allegato di aver dovuto lasciare il Pakistan per motivi politici in quanto iscritto al partito (OMISSIS), i cui membri venivano rapiti e ritrovati senza vita; ha precisato che detto partito si era rivolto alle autorità ma non aveva avuto risposta concreta; ha riferito, inoltre, che i suoi parenti erano rimasti uccisi mentre egli era riuscito a fuggire; specificava che nel (OMISSIS) in occasione dei preparativi di una giornata di protesta egli aveva affisso dei volantini e, mentre stava rincasando, veniva rapito da quattro persone che volevano sapere chi fossero gli altri membri del partito; egli veniva sequestrato e maltrattato per quattro giorni fino a che non riusciva a scappare attraverso il foro del muro ove era installato un ventilatore; ha dichiarato di essere scappato dal Pakistan recandosi in Iran dove restava per 2 mesi per poi andare in Turchia e in Grecia dove restava per 6 anni vendendo accessori cellulari e quindi in Macedonia, Serbia, Croazia, Austria, Germania, Francia e Spagna; poichè in quest’ultimo paese non c’era possibilità di avere i documenti per il regolare soggiorno, si recava in Italia; in caso di rientro nel suo paese temeva di essere ucciso;

– il tribunale veneziano condividendo la valutazione di scarsa credibilità della narrazione del richiedente asilo svolta dalla Commissione territoriale, ha escluso la sussistenza delle condizioni per il riconoscimento dello status di rifugiato così come quelle della protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b); ha altresì concluso, alla luce delle fonti informative aggiornate e specificamente indicate la sussistenza della condizione di violenza indiscriminata ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, citato art. 14, lett. c); il tribunale ha, infine, negato la protezione umanitaria in ragione dell’inesistenza di profili di vulnerabilità così come di adeguato livello di integrazione sociale;

– la cassazione del decreto impugnata è chiesta sulla base di un unico motivo; non ha svolto attività difensiva l’intimato Ministero dell’interno.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con il motivo di ricorso si denuncia l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nonchè la violazione e falsa applicazione di norme di diritto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3;

– assume il ricorrente che il tribunale avrebbe errato nel ritenere insussistenti i presupposti previsti dal D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2 e 14, così come nell’escludere il presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria;

– la censura è inammissibile perchè non indica, con riguardo al profilo di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, quale sarebbe il fatto decisivo non esaminato dal tribunale ed il cui esame avrebbe determinato una decisione diversa;

– allo stesso modo, con riguardo al profilo di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la censura è inammissibile perchè non confuta la motivazione, indicando con la necessaria specificità quale sarebbe il principio di diritto violato dal tribunale;

– il giudice veneziano ha statuito, come si è sopra indicato, sulla richiesta di rifugio e sulla quella di protezione sussidiaria individualizzata, sulla scorta della ritenuta non credibilità della vicenda narrata; sulla protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, ex lett. c), l’ha poi esclusa all’esito del riscontro di fonti informative aggiornate ed indicate e rispetto alle quali il ricorrente non ha indicato fonti alternative (cfr. Cass. 21932/2020) non valorizzate ed idonee a smentire la conclusione impugnata; infine, anche la decisione sulla protezione umanitaria non risulta specificamente censurata (cfr. pag. 11 del ricorso);

– l’inammissibilità del motivo comporta, dunque, l’inammissibilità del ricorso;

– nulla va disposto sulle spese di lite in ragione del mancato svolgimento di attività difensiva da parte dell’intimato;

– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 9 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 29 marzo 2021

 

 

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