Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8709 del 04/04/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 04/04/2017, (ud. 14/12/2016, dep.04/04/2017),  n. 8709

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. CURCIO Laura – Consigliere –

Dott. MANNA Antonio – Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 12185-2013 proposto da:

T.R., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIALE DELLA PIRAMIDE CESTIA 31, presso lo studio dell’avvocato

LEONILDA MARI, che la rappresenta e difende giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

SADEL S.R.L., C.F. (OMISSIS);

– intimata –

Nonchè da:

SADEL S.R.L. C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ANTONIO GRAMSCI 14,

presso lo studio dell’avvocato FEDERICO HERNANDEZ, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato FRANCESCO HERNANDE,

giusta delega atti;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

T.R. C.F. (OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza n. 407/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 04/02/2013, r.g.n. 7729/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/12/2016 dal Consigliere Dott. NICOLA DE MARINIS;

udito l’Avvocato LEONILDA MARI;

udito l’Avvocato FILIPPO HERNANDEZ per delega Avvocato FEDERICO

HERNANDEZ;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELENTANO Carmelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso

principale, rigetto del ricorso incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 4 febbraio 2013, la Corte d’Appello di Roma, in parziale riforma della decisione resa dal Tribunale di Roma, nel resto confermata, riduceva negli importi la condanna pronunciata in accoglimento della domanda proposta da T.R. nei confronti della Sadel S.r.l. avente ad oggetto il pagamento delle differenze retributive maturate in relazione al riconosciuto superiore inquadramento spettante nell’ambito del rapporto di lavoro subordinato intercorso tra le parti ed implicante lo svolgimento di mansioni dapprima di commessa addetta alla vendita e, poi, a decorrere dall’1.11.1997 di direttrice, a titolo di adeguamento dei minimi contrattuali, di straordinario e TFR.

La decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto rilevanti ai fini del computo delle differenze le somme percepite fuori busta dalla lavoratrice ed alla medesima dovute le maggiorazioni per lavoro straordinario risultanti dall’accertamento contabile disposto in luogo della determinazione equitativa cui era addivenuto il giudice di primo grado, computate in modo conforme alle caratteristiche fattuali del rapporto ed alla sua regolamentazione contrattuale individuale e collettiva e non contestate nell’importo risultante.

Per la cassazione di tale decisione ricorre la T., affidando l’impugnazione a sei motivi, poi illustrati con memoria, cui resiste, con controricorso la Società, che a sua volta propone ricorso incidentale, articolato su due motivi, in relazione al quale la T. è rimasta intimata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, la ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione dell’art. 1418 c.c., della L. n. 153 del 1969, art. 12 dell’art. 46 TUIR e degli artt. 112, 416 e 418 c.p.c. in una con l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, deduce l’erroneità della statuizione della Corte relativa alla detraibilità dal conteggio degli importi rivendicati dalla ricorrente delle somme percepite fuori busta, per averle già detratte in quanto erogate, secondo gli accordi tra le parti, a titolo di indennità di cassa e maneggio denaro e. pertanto, non incidenti sull’ammontare del credito azionato.

Con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., artt. 2099, 2108, 2120 e 2697 c.c., artt. 416, 418 e 421 c.p.c in relazione agli artt. 59, 63, 64, 69, 113, 128, 129, e 142 del CCNL di categoria, in una con il vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, imputa alla Corte territoriale la mancata considerazione dell’incidenza delle somme percepite fuori busta sulle voci retributive indirette o differite (paga oraria, mensilità aggiuntive, ferie, festività, TFR), avendo, ancora una volta, omesso di considerare quanto dalla ricorrente dedotto in relazione al titolo dell’erogazione di quelle somme, addivenendo sul punto ad un’inversione dell’onere della prova laddove motiva quell’omessa considerazione con la mancata dimostrazione da parte della ricorrente del titolo medesimo.

Il terzo motivo, con il quale la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 432 c.c. e dell’art. 112 c.p.c., è inteso a censurare il convincimento del giudice in ordine all’illegittimità della liquidazione equitativa delle differenze retributive vantate dalla ricorrente e dalla stessa provate nell’an.

Con il quarto motivo, rubricato con riferimento alla violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 416, 418 e 437 c.p.c., si imputa alla Corte territoriale il non aver rilevato, pur a fronte di espressa eccezione della ricorrente, l’inammissibilità dei rilievi formulati dalla Società non nella necessaria forma della domanda riconvenzionale.

Con il quinto motivo, recante la denuncia della violazione e falsa applicazione degli artt. 1418, 2099 e 2697 c.c. e degli artt. 112 e 115 c.p.c. nonchè del vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, si imputa alla Corte territoriale di non aver ricondotto le difese proposte dalla Società all’affermazione della ricorrenza tra le parti di un patto di conglobamento delle spettanze relative al superiore inquadramento ed alle ulteriori voci retributive indirette o differite da ritenersi, alla stregua dell’orientamento di questa Corte, del tutto invalido.

Il sesto motivo, intitolato alla violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., degli artt. 112, 115 e 116 c.p.c. e dell’art. 60 del CCNL di categoria in una con l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, è inteso ad evidenziare l’erroneità della liquidazione del dovuto operata dalla Corte territoriale anche sulla base della propria ordinanza del 9.11.2011 con la quale incaricava la Società della riformulazione del conteggio delle spettanze in relazione al computo effettuato per difetto delle ore straordinarie eseguite dalla ricorrente e dell’inesatta applicazione delle maggiorazioni previste dall’art. 60 del CCNL, con specifico riferimento all’aliquota del 20% prevista per le ore eccedenti le 48 settimanali.

Dal canto suo la Società ricorrente incidentale, con il primo motivo, nel denunciare la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. in una con il vizio di omessa motivazione in ordine ad un punto decisivo della controversia, censura il convincimento espresso dalla Corte territoriale in ordine alla raggiunta prova dello svolgimento del lavoro straordinario nell’estensione dichiarata dalla ricorrente nell’atto introduttivo del giudizio, da ritenersi, al contrario, inidonea a tale scopo, per l’inattendibilità del teste dalle cui dichiarazioni è stata desunta la circostanza e, comunque, smentita per tabulas in base alle risultanza dei fogli presenza compilati dalla stessa ricorrente.

Il secondo motivo, con il quale la Società ricorrente incidentale denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 416, 115, 116 c.p.c. e art. 2697 c.c. in una con il vizio di contraddittoria e/o omessa motivazione, è inteso ad evidenziare il contrasto insito nella motivazione dell’impugnata sentenza laddove, mentre si dichiara la conformità ai criteri indicati dalla Corte territoriale nella propria ordinanza e la corrispondenza in fatto e diritto alle caratteristiche del rapporto del conteggio predisposto dalla Società, si dispone in favore della ricorrente la liquidazione di una somma superiore a quella esposta nel conteggio medesimo.

Prendendo le mosse dall’esame dell’impugnazione della ricorrente principale, va preliminarmente osservato come i sei motivi su cui la stessa si articola, che, per la loro connessione, di cui si dà conto in prosieguo. vengono qui trattati congiuntamente, riguardati nel loro complesso, si risolvono nella contestazione della decisione assunta dalla Corte territoriale, una volta ritenuta l’illegittimità della determinazione equitativa del quantum della domanda cui era addivenuto il primo giudice, di procedere alla verifica dell’effettiva consistenza delle eventuali differenze retributive spettanti alla ricorrente, sulla base di un approfondimento contabile rimesso alla Società datrice, nei limiti del quesito di cui all’ordinanza all’uopo emanata dalla Corte medesima che le imponeva di tener conto delle somme corrisposte “fuori busta- e dell’esito dell’istruttoria svolta in prime cure con riferimento alla durata oraria della prestazione lavorativa che aveva dato per accertato lo svolgimento in via continuativa di prestazioni di lavoro straordinario.

Ebbene posta in questi termini l’impugnazione si rivela infondata.

In effetti, la decisione della Corte di procedere alla rideterminazione del quantum risulta coerente con la domanda originariamente svolta dall’odierna ricorrente con l’atto introduttivo del giudizio avente ad oggetto il riconoscimento del superiore inquadramento conseguito in relazione alle differenti mansioni svolte nel corso del rapporto e del relativo trattamento economico corrispondente, con conseguente liquidazione delle differenze retributive risultanti, domanda che, sostanziandosi nella pretesa di un credito determinato e determinabile, presuppone l’accertamento del quantum effettivamente spettante e non una sua valutazione in via equitativa (ovvero una determinazione “a spanne”) come sarebbe ammissibile a fronte di una domanda di risarcimento del danno da inadempimento, cui non a caso la ricorrente fa riferimento nel terzo motivo.

Analoga coerenza con la domanda proposta è ravvisabile con riguardo alla ritenuta rilevanza, ai fini del computo della differenza tra quanto effettivamente percepito dalla ricorrente e quanto alla stessa dovuto alla stregua del diverso trattamento normativo e retributivo riconosciutole come spettante, delle somme corrisposte “fuori busta” sicchè legittimamente la Corte territoriale ha accolto l’eccezione di pagamento, ritualmente proposta in termini di mera allegazione di un fatto impeditivo e non di domanda riconvenzionale, come qui pretenderebbe la ricorrente, imputando le relative somme al coacervo degli emolumenti corrisposti alla ricorrente, a comporre il sottraendo dall’importo complessivo del trattamento dovuto, a prescindere da ipotetici patti di conglobamento, appunto in coerenza con la domanda originaria, in relazione alla quale legittimamente la Corte territoriale accolla alla lavoratrice l’onere di provare l’imputazione ad una specifica voce retributiva e giustificare così la pretesa mancata inclusione di quelle somme nel conteggio delle differenze rivendicate.

Per quanto riguarda poi i rilievi avanzati in questa sede con il sesto motivo in ordine alla correttezza del conteggio relativo alle maggiorazioni per lavoro straordinario è a dirsi come, anche a voler prescindere dai profili di inammissibilità connessi alla mancata specificazione nel ricorso della circostanza della tempestiva contestazione degli stessi già in sede di gravame, la genericità degli stessi non vale ad inficiare la motivata argomentazione della Corte territoriale per cui tale conteggio risulterebbe conforme ai criteri fissati nell’ordinanza della Corte medesima, rispondendo alla ricostruzione in fatto del rapporto ed ai parametri dell’incontroversa contrattazione di settore ad esso applicato e non risulterebbe specificamente censurato sotto il profilo contabile.

Parimenti non risultano meritevoli di accoglimento i due motivi del ricorso incidentale: il primo in quanto inammissibilmente volto a confutare nel merito il convincimento espresso dalla Corte territoriale circa il protrarsi dell’orario di lavoro oltre la sua normale durata, sulla base di una pretesa inidoneità delle dichiarazioni dei testi, tutti non costantemente presenti nel negozio, a fondare quella prova rigorosa richiesta relativamente alla prestazione di lavoro straordinario; il secondo in quanto il rilievo di contraddittorietà della motivazione per aver la Corte territoriale affermato la correttezza del conteggio effettuato dalla Società ed essersene poi discostata per attribuire alla lavoratrice una somma diversa da quella ivi risultante non trova adeguato riscontro nell’apodittica affermazione di cui al motivo formulato.

Tanto il ricorso principale quanto quello incidentale vanno dunque rigettati con compensazione delle spese in relazione alla reciproca soccombenza.

PQM

La Corte rigetta entrambi i ricorsi e compensa le spese del presente giudizio di legittimità tra le parti.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale e del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale e per il ricorso incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 14 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 4 aprile 2017

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