Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8706 del 29/03/2021

Cassazione civile sez. II, 29/03/2021, (ud. 09/10/2020, dep. 29/03/2021), n.8706

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25598/2019 proposto da:

A.S., ammesso al patrocinio a spese dello Stato ed

elettivamente domiciliato in Roma, Via Del Casale Strozzi, 31,

presso lo studio dell’avvocato Laura Barberio, e rappresentato e

difeso dall’avvocato Francesco Tartini;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), ope legis domiciliato in Roma, Via

Dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso il decreto del Tribunale di Venezia, depositata il

01/08/2019;

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

09/10/2020 dal Consigliere Dott. Annamaria Casadonte.

 

Fatto

RILEVATO

che:

– A.S., cittadino (OMISSIS), ha impugnato per cassazione il decreto del Tribunale di Venezia di rigetto della protezione internazionale e di quella, subordinata di riconoscimento della protezione umanitaria;

– assume il ricorrente di essere fuggito dal suo Paese a causa delle minacce degli esponenti del partito politico (OMISSIS) che già avevano ucciso il padre, titolare di un supermercato, per essersi rifiutato di consegnare il danaro che questo partito era solito estorcere, dietro minaccia di morte, a chi svolgeva attività economiche; dichiara altresì che prima di lasciare il suo Paese si era trasferito a (OMISSIS), dove era rimasto fino a che il fratello del suo datore di lavoro gli aveva riferito che alcune persone lo stavano cercando e stavano assumendo informazioni sul suo conto;

– il tribunale, anche a seguito di audizione, ha ritenuto il suo racconto non credibile ed ha escluso la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato nonchè la ravvisabilità delle condizioni per quella sussidiaria così come quelle per l’umanitaria;

– la cassazione del decreto è chiesta con ricorso affidato a sette motivi, illustrati anche da memoria, cui resiste con controricorso il Ministero dell’interno.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3,D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 8, comma 3, art. 27, comma 1-bis, per censurare la erronea valutazione delle dichiarazioni del ricorrente e l’omessa collaborazione nell’accertamento dei fatti narrati;

– con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio ed oggetto di discussione tra le parti in relazione alla ritenuta non credibilità della vicenda personale;

– con il terzo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione dell’art. 132 c.p.c., per motivazione apparente in ordine alla ritenuta non credibilità del richiedente e conseguente nullità del provvedimento;

– con i tre motivi appena enunciati parte ricorrente censura la valutazione di non credibilità cui è pervenuta la corte territoriale sulle dichiarazioni rese dal richiedente con specifico riferimento al profilo riguardante il distretto di provenienza, la dinamica del duplice omicidio del fratello e del padre, il timore di subire un danno grave in conseguenza di un trattamento inumano e degradante e l’asserita non conoscenza del partito politico (OMISSIS) ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b);

– in particolare, il tribunale ha ritenuto, alla luce delle dichiarazioni rese dal richiedente asilo e delle fonti informative consultate e specificamente richiamate, che egli provenga da Gujrat (Punjab) e non da Karaci, dove ha riferito di essersi trasferito nel 1998; in merito alla circostanza di questo trasferimento, asseritamente motivato dall’esigenza di sfuggire alle minacce del (OMISSIS) atteso che la sua famiglia era stata pesantemente colpita, ha osservato il tribunale come sia inverosimile, attesa la maggior gravità delle minacce di terrorismo politico che caratterizzano la città di Karaci con la conseguente ingiustificata, e quindi inverosimile, esposizione a maggior rischio personale;

– il tribunale ha, altresì, argomentato la non credibilità del racconto con riferimento alla mancata allegazione di circostanze dettagliate sul duplice assassinio del padre e del fratello, incompatibile con la circostanza che il richiedente asilo si trovava nell’internet point di fronte al negozio del padre e che vi era stata una sparatoria con quattro sicari a viso scoperto del (OMISSIS), senza ulteriori dettagli su quanto accaduto nell’immediatezza del fatto (cfr. pag. 7 del decreto);

– i motivi appaiono, in definitiva, infondati perchè la valutazione della corte territoriale è stata puntuale e svolta alla stregua delle indicate fonti informative, con riferimento sia all’area di Gujrat che a quella di Karaci, ed argomentata rispetto alla relativa situazione socio-politica ed al ruolo del terrorismo politico, in applicazione, quindi, dei criteri legislativamente fissati del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, commi 3 e 5, ed in base ad essi la vicenda è stata ritenuta intrinsecamente non plausibile ed incoerente;

– in altri termini, non ricorrono la denunciate violazioni di legge e le censure finiscono per attingere l’esito della valutazione della vicenda riferita dal richiedente, conclusione insindacabile da parte di questa Corte (cfr. Cass. 3340/2019; id. 21142/2019) al di fuori dei limiti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 che, diversamente da quanto si rinviene nelle censure in esame, presuppone l’indicazione della specifica circostanza di fatto decisiva omessa nell’esame della domanda;

– con il quarto motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 9, per l’omesso esame della situazione interna del distretto di Sindh e della sua capitale Karachi;

– con il quinto motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame della situazione interna del distretto di Sindh quale fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti in relazione ai presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria;

– il quarto ed il quinto motivo possono essere esaminati congiuntamente, in quanto riguardanti la domanda di protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), sono inammissibili perchè il tribunale ha giustificato il mancato riferimento alle fonti informative riguardanti l’area di Karachi ed il distretto di Sindh, con il rilievo fondato su un giudizio di fatto rimesso al giudice del merito (cfr. Cass. 3340/2019) che il richiedente non provenga da quel distretto;

– con il sesto motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’erronea applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, n. 9;

– con il settimo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame della situazione interna del distretto di Sindh in relazione al mancato riconoscimento della protezione umanitaria;

– il sesto ed il settimo motivo possono essere esaminati congiuntamente perchè riferiti entrambi alla protezione umanitaria e sono inammissibili;

– essi, infatti, non attingono la motivazione su cui si fonda la statuizione di inesistenza di una situazione di vulnerabilità per seri motivi umanitari che, a prescindere dal riferimento al paese di transito, è comunque basata sulla mancata allegazione di una credibile condizione di vulnerabilità che possa essere comparativamnete apprezzata con riguardo alla sua situazione attuale;

– in conclusione, l’esito sfavorevole di tutti i motivi giustifica il rigetto del ricorso;

– in applicazione del principio della soccombenza parte ricorrente va condannata alla rifusione delle spese di lite a favore del Ministero controricorrente;

– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite a favore di parte controricorrente e liquidate in Euro 2100,00 per compensi oltre spese prenotate a debito ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 9 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 29 marzo 2021

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