Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8706 del 11/05/2020

Cassazione civile sez. trib., 11/05/2020, (ud. 19/11/2019, dep. 11/05/2020), n.8706

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. SAIEVA Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22046/2012 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro-tempore,

rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato,

presso i cui uffici è domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, n.

12;

– ricorrente –

contro

MADONNA NUOVA S.r.l., in liquidazione, rappresentata e difesa

dall’avv. Giovanni Fiannacca e dall’avv. Nicola Todaro entrambi del

foro di Messina, nonchè dall’avv. Eugenio Briguglio e dall’avv.

Gianluca Boccalatte entrambi del foro di Milano elettivamente

domiciliata in Roma, Via Germanico, n. 146, presso lo studio

dell’avv. Ernesto Mocci;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Sicilia Sezione Staccata di Messina n. 33/26/11 pronunciata il

9.3.2010 e depositata il 4.7.2011.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19.11.2019 dal Consigliere Giuseppe Saieva.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. La Madonna Nuova s.r.l. impugnava con distinti ricorsi dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Messina gli avvisi di accertamento con cui l’Agenzia delle Entrate aveva provveduto a recuperare a tassazione i ricavi realizzati negli anni 2000, 2001 e 2002 avendo accertato ai fini IRPEG, il reddito imponibile di Lire 1.867.9011000, in luogo della perdita dichiarata di Lire 1.059.000.

2. La Commissione tributaria adita rigettava i ricorsi previa riunione confermando l’accertamento dell’Ufficio.

3. Avverso tale decisione la società contribuente proponeva appello dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, Sezione Staccata di Messina, che con sentenza n. 33/26/11 pronunciata il 9.3.2010 e depositata il 4.7.2011 in parziale riforma della sentenza gravata, disponeva la rideterminazione del reddito imponibile sulla base del riconoscimento dei costi effettivamente sostenuti, documentati e non contestati, per ogni anno di accertamento, applicando le sanzioni al minimo di legge.

4. Avverso tale decisione l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi, chiedendo l’annullamento della sentenza anzidetta.

5. La società contribuente resiste con controricorso e propone altresì ricorso incidentale, affidato a tre motivi.

6. Il ricorso è stato fissato per la camera di consiglio del 19.11.2019, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c., e art. 380 bis-1 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.1. Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia censura la sentenza impugnata per “violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”, evidenziando che la C.T.R. aveva proceduto a defalcare i costi sostenuti dalla società contribuente in assenza di specifica censura da parte della contribuente medesima.

1.2. Con il secondo motivo l’Agenzia deduce ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, “contraddittorietà ed insufficienza della motivazione circa un fatto controverso decisivo della controversia”, ritenendo immotivata la decisione dei giudici regionali di disporre per ogni anno di accertamento la rideterminazione del reddito imponibile ai fini IRPEG sulla base del riconoscimento dei costi effettivamente sostenuti, documentati e non contestati.

1.3. Con il terzo motivo deduce ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, “difetto assoluto di motivazione o motivazione solo apparente con riguardo alla riduzione delle sanzioni irrogate al minimo di legge”.

2. Il primo motivo del ricorso principale è fondato.

2.1. La C.T.R., infatti, decidendo di defalcare dalla ripresa fiscale operata dall’Ufficio i costi effettivamente sostenuti dalla società contribuente, è incorsa in violazione dell’art. 112 c.p.c., sotto il profilo dell’extrapetizione in quanto la circostanza che, a fronte dei ricavi complessivamente occultati, la società avesse già contabilizzato i costi sostenuti, evidenziata nell’avviso di accertamento, non ha formato oggetto di specifica richiesta da parte della contribuente che, dal canto suo, non aveva lamentato la mancata deduzione T.U.I.R., ex art. 75, comma 4, dei costi relativi ai presunti ricavi.

2.2. Il secondo ed il terzo motivo del ricorso principale che, per evidente connessione, possono essere trattati unitariamente, vanno accolti.

2.3. Invero, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, “ricorre il vizio di omessa motivazione della sentenza, denunciabile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, quando il Giudice di merito omette di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero indica tali elementi senza alcuna approfondita disamina logica e giuridica, rendendo in tal modo impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento” (cfr., tra le tante, Cass. n. 11473/2011).

2.4. Nel caso di specie, i giudici regionali – muovendo dal riconoscimento di una non corretta rappresentazione gestionale degli accadimenti aziendali ed in particolare dal rilievo che attraverso una scorretta gestione delle entrate e delle spese, unitamente agli incassi ed ai pagamenti posta in essere interamente ed indiscriminatamente dal socio-dominus C.G., il quale, anzichè far transitare legittimamente le varie operazioni finanziarie societarie attraverso un conto corrente bancario intestato alla predetta società, faceva confluire tutte le movimentazioni finanziarie sul proprio conto corrente bancario personale, sì da creare una sorta di commistione e confusione tra i due soggetti giuridici (la società ed il socio), – giungono ad una conclusione del tutto incompatibile con le premesse, affermando la necessità di rideterminare il reddito imponibile sulla base del riconoscimento dei costi effettivamente sostenuti, documentati e non contestati dall’Ufficio.

2.5. E’ evidente come la Commissione regionale sia incorsa nel denunciato vizio di contraddittorietà della motivazione, con un percorso argomentativo irrazionale, oltre che carente nella parte in cui manca di esprimere una compiuta valutazione circa i rilievi mossi dall’Ufficio ai fini della rideterminazione dei ricavi.

2.6. La C.T.R. ha poi ridotto le sanzioni irrogate al minimo di legge senza dare alcuna contezza delle ragioni per le quali – a fronte dei rilievi operati sulla gestione alquanto scorretta della contabilità aziendale avrebbe deciso di riservare un trattamento particolarmente benevolo all’odierna contribuente, omettendo di spiegare il percorso logico-giuridico posto a fondamento del proprio convincimento ed incorrendo in tal modo nel denunciato vizio di motivazione.

3. Con il ricorso incidentale la società contribuente deduce:

3.1 con il primo motivo: “violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 42 e 43, della L. n. 241 del 1990, art. 3, della L. n. 212 del 2000, art. 7, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3-4-5; omessa pronuncia circa punto decisivo della questione; omessa motivazione in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5”, lamentando che i giudici di appello nella sentenza impugnata, non avrebbero preso in considerazione l’eccezione pregiudiziale contenuta nel ricorso in relazione alla mancata indicazione, negli avvisi di accertamento de quibus, della norma o delle norme che si assumevano violate.

3.2. Detto motivo è inammissibile.

3.3. Come più volte ribadito da questa Corte, ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto; ciò non si verifica quando la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione, dovendo in tal caso ravvisarsi una implicita statuizione di rigetto quando la pretesa avanzata con il capo di domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia (Cass. n. 20311/11; n. 3756/13; n. 452/15 e, da ultimo, n. 24693/19.

3.4. Nel caso di specie, non è ravvisabile il dedotto vizio di omessa pronuncia, in quanto la sentenza impugnata, nell’escludere la fondatezza delle ragioni dell’appello, ha seguito un percorso logico incompatibile con l’argomento riproposto in questa sede dal contribuente a fondamento del ricorso per cassazione.

4. con il secondo motivo: violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 58, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5, per non avere la C.T.R. ammesso una perizia di parte avente ad oggetto la determinazione delle operazioni imprenditoriali portate a termine dalla Madonna Nuova S.r.l. in cui veniva fatto un esame dettagliato dei bilanci di esercizio annualmente redatti dal 2000 al 2008; produzione documentale consentita dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 58, ma non ammessa dalla C.T.R. per il divieto di allegazione di nuove prove in appello.

4.1. La censura è infondata.

4.2. Come affermato da questa Corte, infatti, la produzione di una perizia di parte, in secondo grado, è inammissibile, in quanto non può considerarsi un mero documento, di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 58, comma 2, atteso che, essendo volta ad allargare il thema probandum, rientra nel perimetro normativo del medesimo D.Lgs. cit., art. 57, talchè correttamente la C.T.R. ha disatteso l’istanza della società contribuente in ordine alla acquisizione della medesima (cfr. Cass. n. 9603/16).

5. con il terzo motivo: “violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, e dell’art. 2729 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3),” lamentando che l’Ufficio con un generico rinvio al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, aveva annullato tout court tutto il passivo societario rappresentato dalle anticipazioni del socio e dalle spese inerenti l’attività che transitavano dal conto corrente del socio.

5.1 Anche tale censura è inammissibile.

5.2. Il motivo con cui si denunzia il vizio della sentenza previsto dall’art. 360 c.p.c., n. 3, deve essere dedotto, a pena di inammissibilità, non solo mediante la puntuale indicazione delle norme assuntivamente violate, ma anche mediante specifiche e intelligibili argomentazioni intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie; diversamente impedendosi alla Corte di cassazione di verificare il fondamento della lamentata violazione. Risulta, quindi, inammissibile, la deduzione di errori di diritto individuati (come nella specie) per mezzo della sola preliminare indicazione della norma pretesamente violata, ma non dimostrati per mezzo di una circostanziata critica delle soluzioni adottate dal giudice del merito nel risolvere le questioni giuridiche poste dalla controversia, operata nell’ambito di una valutazione comparativa con le diverse soluzioni prospettate nel motivo e non attraverso la mera contrapposizione di queste ultime a quelle desumibili dalla motivazione della sentenza impugnata (Cass. n. 11501 del 2006; Cass. n. 828 del 2007; Cass. n. 5353 del 2007; Cass. n. 10295 del 2007; Cass. 2831 del 2009; Cass. n. 24298 del 2016 e da ultimo Cass. n. 21642 del 2019).

6. In conclusione, il ricorso principale va accolto, mentre quello incidentale va rigettato. La sentenza impugnata va cassata, con rinvio degli atti al giudice a quo, in diversa composizione, perchè provveda in conformità ai principi enunciati, oltre che alla liquidazione delle spese di giudizio. Non sussistono ratione temporis i presupposti per il versamento da parte della ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso principale e rigetta il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata e rinvia gli atti alla Commissione tributaria regionale della Sicilia, Sezione Staccata di Messina, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese di giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 19 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 11 maggio 2020

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