Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8700 del 11/05/2020

Cassazione civile sez. trib., 11/05/2020, (ud. 08/10/2019, dep. 11/05/2020), n.8700

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla Liana – Presidente –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. PENTA Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 24255/2013 proposto da:

La Musa Ceramiche s.r.l., in precedenza “La Musa ceramiche di

Brucculeri Giulia Anna” (C.F.: (OMISSIS)), in persona del suo

amministratore unico e legale rappresentante pro tempore Giulia

Brucculeri, rappresentata e difesa, giusta procura speciale stesa in

calce al ricorso, dall’Avv. Prof. Alessandro Dagnino del Foro di

Palermo (C.F.: (OMISSIS)) ed elettivamente domiciliata presso lo

studio del predetto difensore in Roma, alla piazza Benedetto Cairoli

n. 2;

– ricorrente –

contro

RISCOSSIONE SICILIA S.p.a., già SERIT SICILIA S.p.a., quale Agente

della Riscossione per la Provincia di Palermo (C.F.: (OMISSIS);

P.IVA: (OMISSIS)), con sede legale in Palermo alla via E. Morselli

n. 8, in persona del Presidente del Consiglio di amministrazione

della società Avv. Lucia Di Salvo, giusta la nomina da parte

dell’Assemblea dei soci del 20 maggio 2013, rappresentata e difesa

dall’Avv. Prof. Giovanni Di Salvo (C.F: (OMISSIS)), come da procura

speciale in calce al controricorso;

– controricorrente – ricorrente incidentale –

– avverso la sentenza n. 44/25/2013 emessa dalla CTR Sicilia in data

07/03/2013 e non notificata;

udita la relazione della causa svolta all’udienza pubblica

dell’8/10/2019 dal Consigliere Dott. Andrea Penta;

udite le conclusioni rassegnate dal Pubblico Ministero Dott.

Giacalone Giovanni nel senso dell’accoglimento per quanto di ragione

del ricorso principale e della declaratoria di assorbimento di

quello incidentale.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Con ricorso notificato alla “Serit Sicilia s.p.a.” il 15.11.2010 la “La Musa Ceramiche s.r.l.” impugnava il preavviso di fermo di beni mobili registrati n. (OMISSIS) ad essa notificato il 15.9.2010, con cui era stata invitata a pagare, entro venti giorni dalla ricezione, la complessiva somma di Euro 652.026,07 (comprensiva di interessi di mora, aggi, spese di notifica e spese di iscrizione), con l’avvertimento che, trascorso inutilmente detto termine, sarebbe stata attivata la procedura di fermo amministrativo di un’automobile alla stessa intestata.

Si costituiva tardivamente in giudizio la “SERIT SICILIA s p.a.”, chiedendo il rigetto del ricorso e la condanna della società ricorrente alle spese di giudizio.

Con sentenza n. 326/03/11 del 7-29.6.2011 l’adita Commissione Tributaria Provinciale di Palermo dichiarava il proprio difetto di giurisdizione relativamente ai crediti di natura non tributaria indicati nel preavviso impugnato e rigettava il incorso, compensando integralmente fra le parti le spese di lite.

Avverso questa sentenza la società contribuente proponeva appello con ricorso notificato il 13.2.2012, chiedendo l’accoglimento del suo originario ricorso, previa sospensione cautelare dell’efficacia esecutiva dei provvedimenti impugnati.

La società di riscossione si costituiva, depositando controdeduzioni con cui chiedeva il rigetto dell’appello e la condanna della società contribuente alle spese di entrambi i gradi del giudizio ed impugnava in via incidentale il capo della sentenza relativo al regolamento delle spese del primo grado. Con sentenza del 7.3.2013 la CTR Sicilia rigettava entrambi gli appelli sulla base delle seguenti considerazioni:

a) alla luce del modello approvato dal Ministero delle Finanze con decreto del 28.6.1999, la relata di notifica doveva essere apposto, sul frontespizio dell’atto;

b) gli estratti di ruolo del concessionario della riscossione riproducevano sostanzialmente il contenuto delle cartelle di pagamento, laddove le relazioni di notifica erano foto riprodotte, sicchè della loro conformità ai rispettivi originali non vi era motivo di dubitare;

c) l’art. 139 c.p.c., comma 4, prescrive l’invio della raccomandata informativa solo nell’ipotesi di notificazione al portiere o al vicino, laddove nel caso di specie la stessa era avvenuta nelle mani del figlio convivente del legale rappresentante della società (per una cartella) e di un impiegato addetto alla ricezione degli atti (per le altre due);

d) per le cartelle emesse dopo l’1.7.2009 la sottoscrizione poteva essere sostituita dalla indicazione del responsabile del procedimento, mentre per quelle successive l’autografia della firma non era prevista dalla legge come un elemento essenziale dell’atto;

e) trattandosi di atti a contenuto tipico, la motivazione delle cartelle era disciplinata dalla legge e, comunque, l’eventuale insufficienza si poteva far valere solo impugnando tempestivamente le stesse;

f) il preavviso di fermo era stato idoneamente motivato anche attraverso l’elenco delle cartelle;

g) il preavviso conteneva la riproduzione del contenuto essenziale delle cartelle, non essendo, per l’effetto, necessario allegarle, trattandosi peraltro di atti già conosciuti dalla contribuente;

h) quanto alla eccepita carenza di potere in capo alla Serit Sicilia s.p.a., l’atto di affidamento del servizio di riscossione dei tributi nel territorio regionale (peraltro, avvenuto con norma di rango legislativo) non era stato abrogato nè impugnato;

i) l’appello incidentale concernente le spese non meritava accoglimento, giustificandosi la compensazione operata in primo grado sulla base della complessità e novità delle questioni oggetto del giudizio e della presenza di alcuni precedenti giurisprudenziali di segno contrario.

Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso La Musa Ceramiche s.r.l., sulla base di sei motivi. Riscossione Sicilia s.p.a. ha resistito con controricorso, proponendo, a sua volta, ricorso incidentale fondato su un unico motivo.

In prossimità della pubblica udienza entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo la ricorrente principale deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 139 e 148 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per aver la CTR ritenuto che l’apposizione delle relate delle notifiche sul frontespizio delle (anzichè in calce alle) cartelle di pagamento non determinasse la nullità delle notificazioni.

1.1. Il motivo è infondato.

In tema di notifica a mezzo posta della cartella esattoriale emessa per la riscossione di sanzioni amministrative, come già affermato da questa Corte, trova applicazione il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, per il quale la notificazione può essere eseguita (come sembra essere avvenuto nel caso di specie) anche mediante invio, da parte dell’esattore, di lettera raccomandata con avviso di ricevimento, nel qual caso si ha per avvenuta alla data indicata nell’avviso di ricevimento sottoscritto dal ricevente e dal consegnatario, senza necessità di redigere un’apposita relata di notifica, come risulta confermato per implicito dal citato art. 26, penultimo comma, secondo il quale l’esattore è obbligato a conservare per cinque anni la matrice o la copia della cartella con la relazione dell’avvenuta notificazione o l’avviso di ricevimento, in ragione della forma di notificazione prescelta, al fine di esibirla su richiesta del contribuente o dell’Amministrazione (Cass., sent. n. 14327 del 2009; conf. Sez. 5, Sentenza n. 6395 del 19/03/2014).

D’altra parte, anche nell’ipotesi di notifica a mezzo posta, l’esattore è tenuto unicamente, in caso di contestazione, a produrre la ricevuta di ritorno della raccomandata (nella quale è indicato il numero della cartella notificata) sottoscritta dal destinatario e l’estratto di ruolo che è la riproduzione della parte del ruolo che si riferisce alla pretesa impositiva fatta valere con la cartella notificata al contribuente, tenuto conto che la cartella esattoriale non è altro che la stampa del ruolo in unico originale notificata alla parte (cfr. Cass. n. 15784 del 24/5/2017; Cass. n. 3452 del 21/1/2016, Cass. 2790 del 21/1/2016; Cass. n. 15001 del 28/04/2016; Cass. n. 12888 del 23.6.2015; Cass. n. 24235 del 27/11/2015).

Del resto, in tema di notifica delle cartelle esattoriali di pagamento, il D.P.R. 29 settembre 2003, n. 602, art. 25, comma 2 – inserito dal D.L. 4 luglio 2006, n. 223, art. 37, comma 27, – prevede che la cartella sia redatta in conformità al modello approvato con decreto del Ministero delle finanze, precisando che essa deve contenere l’intimazione ad adempiere l’obbligo risultante dal ruolo entro il termine di sessanta giorni dalla notificazione, con l’avvertimento che, in mancanza, si procederà ad esecuzione forzata. In attuazione del disposto di tale norma, con decreto 28 giugno 1999 del direttore generale del Dipartimento delle entrate del Ministero delle finanze è stato approvato detto modello, il quale contempla la relata di notifica come parte della cartella da separare all’atto della consegna della stessa al destinatario: al contribuente viene consegnato in busta chiusa l’originale della cartella e non una copia della stessa. Pertanto, la relata di notifica, posta all’esterno della busta, viene compilata, dalla “finestra” in cui è contenuta, a ricalco sull’originale da consegnare e poi staccata per la consegna all’agente per la riscossione. In tale matrice deve ravvisarsi, nelle ipotesi in esame, la prova della notifica. Per tali ragioni non possono trovare applicazione, con riguardo alla notifica delle cartelle di pagamento, le norme del codice di rito che regolano la notifica degli atti, ed in particolare l’art. 148 c.p.c., comma 1, che prevede che la certificazione da parte dell’ufficiale giudiziario della eseguita notificazione avvenga mediante relazione apposta in calce all’originale e alla copia dell’atto.

A ben vedere, non ha inciso sul panorama normativo descritto il provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate del 19.4.2002 (pag. 10 del ricorso), il quale si è limitato ad attribuire ai concessionari del servizio nazionale della riscossione la facoltà di modificare la parte del frontespizio riepilogativo del modello di cartella di pagamento riguardante la relazione di notifica.

1.2. D’altra parte, è vero che, in tema di notificazione, al fine della decorrenza del termine d’impugnazione, della sentenza delle commissioni tributarie, eseguita a norma dell’art. 137 c.p.c. a mezzo dell’ufficiale giudiziario, l’art. 148 c.p.c. dispone che la relazione di notificazione deve essere apposta in calce all’originale e alla copia dell’atto. La previsione è a presidio dell’attività di notificazione degli atti, ossia della regolare consegna di copia integrale degli stessi, in osservanza del principio della loro consegna in conformità all’originale. La localizzazione in calce all’atto notificato svolge, infatti, la funzione garantistica di richiamare l’attenzione dell’Ufficiale giudiziario alla regolare esecuzione dell’operazione di consegna della copia conforme all’originale, dal momento che la attestazione di eseguita consegna della copia dell’atto, che fa fede fino a querela di falso, implica l’attestazione di conformità della copia all’originale. Qualora la relazione di notificazione sia, invece, annotata sul frontespizio del documento, viene meno la garanzia della consegna dell’atto nella sua integralità e, pertanto, la notificazione deve dirsi nulla, ai sensi dell’art. 156 c.p.c., comma 2, in assenza dei requisiti indispensabili per il raggiungimento dello scopo (Sez. 5, Sentenza n. 6749 del 21/03/2007).

Ma è altrettanto vero che la notifica dell’avviso di accertamento, la cui relata sia stata apposta sul frontespizio di quest’ultimo anzichè in calce ad esso, non può dichiararsi nulla, qualora, come nel caso di specie, non siano oggetto di specifica contestazione la completezza e conformità dell’atto notificato contenente, in ogni foglio, il numero della pagina e l’indicazione del numero complessivo di esse, atteso che, in tale modo, viene garantita all’interessato l’integrità dell’atto notificato, con il conseguente prodursi degli effetti sananti del raggiungimento dello scopo (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 23175 del 14/11/2016).

D’altra parte, anche a voler considerare l’apposizione in calce all’atto della relata di notifica come un requisito formale indispensabile (art. 156 c.p.c., comma 2), la nullità non può mai essere pronunciata se l’atto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato (art. 156 c.p.c., comma 3).

2. Con il secondo motivo la ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 2717 e 2718 c.c., del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25, comma 2, e art. 26, comma 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), con conseguente omessa motivazione ed omesso esame circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), per aver la CTR ritenuto valida la produzione, da parte del concessionario, degli estratti di ruolo (anzichè delle copie delle cartelle) e delle copie (scansioni fotografiche) delle sole relazioni di notificazione.

2.1. Il motivo è infondato.

L’estratto di ruolo è la fedele riproduzione della parte del ruolo relativa alla o alle pretese creditorie azionate verso il debitore con la cartella esattoriale e deve contenere tutti gli elementi essenziali per identificare la persona del debitore, la causa e l’ammontare della pretesa creditoria, sicchè esso costituisce prova idonea dell’entità e della natura del credito portato dalla cartella esattoriale anche ai fini della verifica della natura tributaria o meno del credito azionato e, quindi, della verifica della giurisdizione del giudice adito (Sez. 3, Sentenza n. 11794 del 09/06/2016; conf. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 11028 del 09/05/2018).

Del resto, in tema di riscossione delle imposte, ove il concessionario notifichi la cartella esattoriale nelle forme ordinarie o comunque con messo notificatore, anzichè con raccomandata con avviso di ricevimento, per la prova della notificazione è sufficiente la produzione della relata, della matrice o dell’estratto di ruolo, non sussistendo un onere di produzione della cartella (Sez. 5, Sentenza n. 23039 del 11/11/2016). In particolare, nel caso di notifica a mezzo posta, l’esattore è tenuto unicamente, in caso di contestazione, a produrre la ricevuta di ritorno della raccomandata (nella quale è indicato il numero della cartella notificata) sottoscritta dal destinatario e l’estratto di ruolo che è la riproduzione della parte del ruolo che si riferisce alla pretesa impositiva fatta valere con la cartella notificata al contribuente, tenuto conto che la cartella esattoriale non è altro che la stampa del ruolo in unico originale notificata alla parte (cfr. Cass. n. 15784 del 24/5/2017; Cass. n. 3452 del 21/1/2016, Cass. 2790 del 21/1/2016; Cass. n. 15001 del 28/04/2016; Cass. n. 12888 del 23.6.2015; Cass. n. 24235 del 27/11/2015).

Il semplice ruolo assume valenza probatoria, senza che occorra che l’estratto sia munito dell’autenticazione nelle forme di legge, essendo sufficiente che la copia della parte del ruolo relativa al contribuente sia munita della dichiarazione di conformità all’originale resa dal collettore delle imposte, atteso che quest’ultimo esercita le stesse funzioni dell’esattore, di cui è coadiutore D.P.R. n. 858 del 1963, ex art. 130 (Sez. 1, Ordinanza n. 23576 del 09/10/2017).

Senza tralasciare che la scelta di considerare probanti i documenti prodotti in copia informale appartiene al giudice di merito e non è sindacabile in sede di legittimità, a meno che no si dimostri la difformità rispetto agli originali.

2.2. Avuto riguardo alla censura concernente l’avvenuta produzione della fotocopia delle relazioni di notificazione (peraltro, fotoriprodotte), la ricorrente mostra di non aver colto la ratio decidendi della pronuncia impugnata, la quale si sostanzia nell’attribuire, in assenza di specifiche contestazioni in ordine alla loro conformità, alle copie la medesima valenza degli originali. In tema di contenzioso tributario, ai sensi del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 22, comma 4, la produzione, da parte del ricorrente, di documenti in copia fotostatica costituisce un mezzo idoneo per introdurre la prova nel processo, incombendo alla parte l’onere di contestarne la conformità all’originale, come previsto dall’art. 2712 c.c., ed avendo il giudice l’obbligo di disporre, solo in tal caso, la produzione del documento in originale, ai sensi del citato art. 22, comma 5 (Cass. n. 8446 del 27/04/2015; Cass. n. 22770 del 23/10/2006).

3. Con il terzo motivo la ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26 e art. 60, comma 1, lett. b-bis), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per aver la CTR ritenuto regolare la notifica delle cartelle di pagamento, nonostante la mancanza di prova dell’invio delle raccomandate informative prescritte.

3.1. Il motivo è fondato.

Fermo restando che dolersi del mancato invio della lettera raccomandata ai sensi dell’art. 139 c.p.c. (in primo grado) e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60 (in grado di appello) non sposta all’evidenza i termini della questione (recte, del thema decidendum), spettando in ogni caso al giudice di merito (in applicazione del principio generale iura novit curia) l’inquadramento sul piano giuridico della doglianza, va detto che quest’ultima disposizione, pur rinviando alla disciplina del codice di procedura civile, richiede, a differenza di quanto disposto dall’art. 139 c.p.c., comma 2, anche ove l’atto sia consegnato nelle mani di persona di famiglia, l’invio della raccomandata informativa quale adempimento essenziale della notifica che sia eseguita dai messi comunali o dai messi speciali autorizzati dall’ufficio delle imposte (Sez. 5, Sentenza n. 2868 del 03/02/2017).

La CTR ha, pertanto, errato allorquando ha individuato l’unica fonte dell’invio della raccomandata informativa nell’art. 139 c.p.c., comma 4, escludendo il relativo obbligo, nel caso di specie, per non essere la notifica stata eseguita al portiere o al vicino.

Non incide sull’applicabilità dell’art. 60 la circostanza, dedotta dalla resistente (pag. 8 del controricorso), secondo cui le notifiche sono state effettuate al figlio del socio accomandatario della contribuente o a soggetti addetti alla ricezione degli atti presso la sede della società, atteso che il comma 1, alla lettera b-bis, prescrive l’inoltro della raccomandata informativa ogni qual volta il consegnatario non è il destinatario dell’atto (da identificarsi, nel caso di specie, nel legale rappresentante – socio accomandatario – della società).

D’altra parte, anche a voler in astratto condividere la tesi della controricorrente (secondo cui la raccomandata informativa non sarebbe necessaria allorquando la notifica, ai sensi dell’art. 145 c.p.c., comma 1, viene eseguita nelle mani di una persona addetta alla ricezione degli atti), si lascerebbe preferire una interpretazione (che trarrebbe fondamento dal testo dell’art. 145 c.p.c. -“in mancanza” – e troverebbe un suo precedente in Cass. n. 11702/02 in tema di notifica ai sensi dell’art. 660 c.p.c., u.c.), alla stregua della quale la distinzione corretta da effettuare sarebbe la seguente: a) se la notificazione viene eseguita a mani del legale rappresentante dell’ente o della persona incaricata a ricevere le notificazioni (nozione allargata di destinatario; soggetti da equipararsi al destinatario della persona giuridica in base al principio dell’immedesimazione organica), non occorrerebbe la raccomandata informativa, in quanto sarebbe configurabile una notifica a mani proprie (solo il portinaio non dipendente, e che non si qualifichi incaricato alla ricezione, non ha, infatti, alcun rapporto con l’organizzazione collettiva); b) la notificazione effettuata alla persona addetta alla sede o al portiere dello stabile richiederebbe, invece, la successiva spedizione della ulteriore raccomandata (così come richiede l’avviso di cui all’art. 660 c.p.c., u.c.).

4. Con il quarto motivo la ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione della L. n. 241 del 1990, art. 21-spties, del D.L.. n. 78 del 2009, art. 15 (conv. in L. n. 102 del 2009) e della L. n. 212 del 2000, artt. 7 e 17, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per aver la CTR ritenuto la validità della cartelle di pagamento, nonostante fossero prive di sottoscrizione e difettassero di motivazione.

4.1. Il motivo è inammissibile e, comunque, infondato.

L’indicazione del responsabile del procedimento negli atti dell’Amministrazione finanziaria non è richiesta, dalla L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7 (c.d. Statuto del contribuente), a pena di nullità, in quanto tale sanzione è stata introdotta per le sole cartelle di pagamento dal D.L. 31 dicembre 2007, n. 248, art. 36, comma 4-ter, convertito, con modificazioni, nella L. 28 febbraio 2008, n. 31, applicabile soltanto alle cartelle riferite ai ruoli consegnati agli agenti della riscossione a decorrere dall’1 giugno 2008 (Sez. U, Sentenza n. 11722 del 14/05/2010); con la conseguenza che, sulle 22 cartelle di pagamento (cfr. pag. 3 del ricorso) solo 11 sarebbero, a tutto concedere, affette da nullità per l’omissione della prescritta formalità.

In ogni caso, la doglianza non attinge la ratio decidendi sottesa alla pronuncia, la quale si sostanzia nell’evidenziare la sufficienza dell’indicazione a stampa del nominativo del soggetto responsabile, in luogo della sua sottoscrizione, allorquando l’atto di riscossione sia, come nel caso di specie, prodotto da sistemi automatizzati (D.L. n. 78 del 2009, art. 15, comma 7).

Del resto, in tema di riscossione delle imposte, la mancanza della sottoscrizione della cartella di pagamento da parte del funzionario competente non comporta l’invalidità dell’atto, quando non è in dubbio la riferibilità di questo all’Autorità da cui promana, giacchè l’autografia della sottoscrizione è elemento essenziale dell’atto amministrativo nei soli casi in cui sia prevista dalla legge, mentre, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25, la cartella va predisposta secondo il modello approvato con decreto del Ministero competente, che non prevede la sottoscrizione dell’esattore ma solo la sua intestazione (Sez. 5, Ordinanza n. 21290 del 29/08/2018). In particolare, la cartella esattoriale, prevista dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 25, quale documento per la riscossione degli importi contenuti nei ruoli, dev’essere predisposta secondo il modello approvato con decreto del Ministero delle Finanze che non prevede la sottoscrizione dell’esattore, essendo sufficiente la sua intestazione per verificarne la provenienza nonchè l’indicazione, oltre che della somma da pagare, della causale tramite apposito numero di codice (Sez. 5, Sentenza n. 14894 del 05/06/2008). Pertanto, l’omessa sottoscrizione della cartella di pagamento da parte del funzionario competente non comporta l’invalidità dell’atto, la cui esistenza non dipende tanto dall’apposizione del sigillo o del timbro o di una sottoscrizione leggibile, quanto dal fatto che tale elemento sia inequivocabilmente riferibile all’organo amministrativo titolare del potere di emetterlo, tanto più che, a norma del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 25, la cartella, quale documento per la riscossione degli importi contenuti nei ruoli, deve essere predisposta secondo il modello approvato con decreto del Ministero competente, che non prevede la sottoscrizione dell’esattore, ma solo la sua intestazione e l’indicazione della causale, tramite apposito numero di codice (Sez. 5, Sentenza n. 25773 del 05/12/2014).

In violazione del principio di autosufficienza, la ricorrente ha omesso di trascrivere gli atti impugnati, onde verificare l’assenza di indicazione del nominativo del responsabile, non potendosi valorizzare in tal senso le controdeduzioni formulate dalla controparte nel corso del primo grado di giudizio (pag. 27 del ricorso), dalle quali si evince unicamente che la concessionaria contestava la necessità di una firma autografa. Contraddittoria e, comunque, non accompagnata dalla indicazione della fase e dell’atto processuale con la quale la relativa questione, di cui non vi è cenno nella sentenza impugnata, sarebbe stata tempestivamente sollevata è la doglianza avente ad oggetto l’asserita non coincidenza tra la figura del “responsabile del procedimento” e quella del “responsabile dell’adozione dell’atto”.

4.2. Per quanto concerne la censura relativa al profilo motivazionale, la ricorrente, in violazione del principio di specificità, ha omesso di trascrivere, almeno nei loro passaggi maggiormente significativi, le cartelle di pagamento, in tal guisa precludendo a questa Corte ogni valutazione sul punto.

D’altra parte, la cartella contenente l’intimazione ad adempiere l’obbligo risultante dal ruolo ha un contenuto vincolato, in quanto deve essere redatta in conformità al modello approvato con decreto del Ministero dell’Economia, sicchè è sufficiente che la motivazione faccia riferimento alla cartella di pagamento in precedenza notificata (Sez. 5, Ordinanza n. 28689 del 09/11/2018).

5. Con il quinto motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per aver la CTR escluso l’invalidità del preavviso di fermo amministrativo, nonostante allo stesso non fossero state allegate le cartelle di pagamento nello stesso richiamate.

5.1. Il motivo è inammissibile, in quanto non si confronta con la ratio decidendi sottesa alla pronuncia impugnata, limitandosi a reiterare le considerazioni formulate dalla ricorrente già in primo grado, senza considerare la motivazione resa sul punto dalla CTR.

Invero, l’avviso deve ritenersi adeguatamente motivato, ove contenga la riproduzione del contenuto essenziale dell’atto utilizzato per la comparazione, e cioè delle parti utili a far comprendere il parametro utilizzato per la rettifica, essendo anche in questo modo adempiuto l’obbligo di allegare all’avviso l’atto utilizzato per la comparazione (tra le tante, Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 21066 del 11/09/2017 e Sez. 5, Sentenza n. 3388 del 06/02/2019).

Senza tralasciare che il difetto di motivazione della cartella esattoriale, che faccia rinvio ad altro atto costituente il presupposto dell’imposizione senza indicarne i relativi estremi di notificazione o di pubblicazione, non può condurre alla dichiarazione di nullità, allorchè la cartella sia stata impugnata dal contribuente il quale abbia dimostrato in tal modo di avere piena conoscenza dei presupposti dell’imposizione, per averli puntualmente contestati, ma abbia omesso di allegare e specificamente provare quale sia stato in concreto il pregiudizio che il vizio dell’atto abbia determinato al suo diritto di difesa (Sez. U, Sentenza n. 11722 del 14/05/2010; conf. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 15580 del 22/06/2017).

6. Con il sesto motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 117 Cost. e della Dir. n. 2004/18/CE, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), nonchè la insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) o, in subordine, al n. 3) della stessa disposizione, per non aver la CTR rilevato la carenza assoluta di potere della Serit Sicilia s.p.a., nonostante quest’ultima non avesse, alla stregua della normativa comunitaria (come interpretata dalla Corte di giustizia CE), i requisiti per ricevere l’affidamento diretto di servizi pubblici senza il previo esperimento di un’apposita procedura ad evidenza pubblica.

6.1. Il motivo è inammissibile, atteso che non attinge la principale ratio decidendi posta alla base della sentenza impugnata, la quale si sostanzia nella mancata abrogazione e/o impugnazione dell’atto di affidamento del servizio di riscossione dei tributi nel territorio regionale (cfr. pagg. 11-12 della sentenza impugnata).

6.2. In ogni caso, a decorrere dall’1.9.2012, in attuazione di quanto previsto dal decreto assessoriale del 28.9.2011 ed a seguito di atto di fusione del 18.7.2012, la Serit Sicilia s.p.a. ha incorporato la controllante Riscossione Sicilia s.p.a., assumendone al contempo la denominazione, e quest’ultima ha altresì mutato la compagine sociale, divenendo a totale partecipazione pubblica (90% alla Regione siciliana e 10% alla Equitalia s.p.a.), ed ha cessato di riscuotere le entrate anche in favore degli enti locali minori.

In particolare, con Decreto Assessoriale del 28 settembre 2011, pubblicato in G.U.R.S. il 14 ottobre 2011, l’Assessore per l’Economia ha stabilito che nell’area strategica “servizi di riscossione dei tributi” (L.R. 12 maggio 2010 n. 11, art. 20, comma 2, lett. h), la società Serit Sicilia s.p.a., mediante procedura di fusione cosiddetta “inversa”, incorporasse la controllante Riscossione Sicilia s.p.a., assumendo al contempo la denominazione di quest’ultima”.

Successivamente, con atto di cessione sottoscritto in data 28/02/2013, Equitalia S.p.A. ha ceduto al socio di maggioranza, Regione Siciliana, parte della propria quota azionaria e, pertanto, al momento attuale, la Regione Siciliana detiene il 99,885% delle azioni di Riscossione Sicilia S.p.A., mentre il restante pacchetto azionario, pari allo 0,115%, è detenuto da Equitalia S.p.A..

Per l’effetto delle modifiche esposte, da un lato, la società cui è stata affidata l’attività di riscossione presenta il requisito della partecipazione pubblica totalitaria e destina l’attività esclusivamente in favore dell’ente pubblico controllante e, dall’altro lato, non si rende più necessario che il regime del controllo esercitato dall’Agenzia delle entrate sulla Riscossione Sicilia s.p.a. sia analogo a quello dei propri uffici.

7. Con l’unico motivo del ricorso incidentale la Riscossione Sicilia s.p.a. deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per aver la CTR disposto la compensazione delle spese di lite in assenza di specifiche ed esaustive ragioni che la potessero giustificare.

Il motivo è infondato.

In tema di spese processuali, il sindacato della Corte di cassazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le stesse non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa, per cui vi esula, rientrando nel potere discrezionale del giudice di merito, la valutazione dell’opportunità di compensarle in tutto o in parte, sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca che in quella di concorso di altri giusti motivi (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 24502 del 17/10/2017).

Del resto, nel caso di specie, la CTR, in contrasto con quanto sostenuto dalla ricorrente in via incidentale, ha fondato la decisione di compensare per intero le spese processuali sulle “caratteristiche di particolare complessità ed in parte novità delle questioni oggetto del giudizio” e sulla “presenza di qualche precedente giurisprudenziale contrastante su alcune di esse”, oltre che sul rigetto dell’appello incidentale proposto dalla Serit Sicilia s.p.a. avverso il capo della sentenza di primo grado che aveva, a sua volta, disposto la compensazione delle spese.

8. In definitiva, il ricorso principale merita accoglimento limitatamente al terzo motivo, laddove quello incidentale va rigettato. Dall’accoglimento del primo deriva la cassazione della sentenza impugnata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito nel senso di accogliere il ricorso originario della contribuente. Sussistono giusti motivi, rappresentati dal consolidamento della giurisprudenza di questa Corte sulle varie questioni analizzate (in tema di valenza probatoria degli estratti di ruolo, di idoneità della relata di notifica apposta sul frontespizio, di equivalenza tra allegazione al preavviso di fermo delle cartelle e riproduzione del loro contenuto essenziale e di omessa sottoscrizione delle cartelle) in epoca successiva alla instaurazione del presente giudizio, per compensare per intero le spese del doppio grado di merito, laddove quelle relative al presente grado di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. Ricorrono i presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), per il raddoppio del versamento del contributo unificato nei confronti della ricorrente in via incidentale.

P.Q.M.

La Corte accoglie il terzo motivo del ricorso principale, rigetta i restanti motivi ed il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata con riferimento al motivo accolto e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso originario della contribuente; compensa per intero tra le parti le spese relative ai due gradi di merito e condanna la resistente al rimborso, in favore della ricorrente, delle spese del presente grado di giudizio, che liquida in complessivi Euro 7.000,00, oltre spese forfettarie ed accessori di legge.

Dichiara la parte ricorrente incidentale tenuta al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater.

Si dà atto che il presente provvedimento è sottoscritto dal solo presidente del collegio per impedimento dell’estensore, ai sensi del D.P.C.M. 8 marzo 2020, art. 1, comma 1, lett. a).

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della V Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 8 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 11 maggio 2020

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