Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8699 del 04/04/2017

Cassazione civile, sez. II, 04/04/2017, (ud. 23/02/2017, dep.04/04/2017),  n. 8699

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. CORRENTI Vincenzo – rel. Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 4499/2014 proposto da:

S.S., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, L.G.

FARAVELLI 22, preso lo studio dell’avvocato ARTURO MARESCA,

rappresentato e difeso dall’avvocato ALFREDO CORTESI;

– ricorrente –

contro

S.G., nella qualità di erede universale di S.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1641/2012 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 26/11/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/02/2017 dal Consigliere Dott. VINCENZO CORRENTI;

udito l’Avvocato GAETANO GIANNINI, con delega orale dell’Avvocato

ALFREDO CORTESI difensore del ricorrente, che si è riportato agli

scritti depositati;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Rosario Giovanni, che ha concluso per l’inammissibilità o per

la manifesta infondatezza del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con atto notificato il 8.5.2002 S.S. conveniva in giudizio il proprio genitore S.A., in proprio e quale titolare della ditta Cesap, al fine di ottenerne la condanna al pagamento di compensi dovutigli per prestazioni professionali e personali in suo favore rese dal 1980 al 1999.

Si costituiva il convenuto, assumendo infondata la pretesa e, comunque, eccependo la intervenuta prescrizione.

All’esito dell’istruzione, rigettata la richiesta di prova testimoniale, il Tribunale di Parma, con sentenza n. 73/2006, rigettava la domanda.

Avverso la sentenza proponeva appello S.S., riassumendo nei confronti di S.G. il processo interrotto per il decesso del padre A. e lamentando l’immotivato rigetto della richiesta di ammissione di prova testimoniale sui 51 capitoli articolati. Si costituiva l’erede universale dell’appellato, chiedendo la conferma della sentenza impugnata. La Corte d’Appello di Bologna, con sentenza del 26.11.2012, ha rigettato l’appello sulla base, per quanto qui ancora rileva, delle seguenti considerazioni:

1) la prospettazione attorea era estremamente generica, in quanto riferita ad incarichi non specifici, bensì determinati mediante il mero inquadramento nel contesto di una asserita collaborazione ventennale prestata senza soluzione di continuità dal figlio a favore del padre e della ditta individuale di questi, in forza di un’intesa generale che lo avrebbe reso partecipe di quasi tutti i più importanti affari immobiliari nel territorio della provincia;

2) andava esclusa la rilevanza probatoria delle parcelle pro forma allegate da S.S., in quanto dal medesimo predisposte;

3) non era dato ravvisare la pertinenza delle plurime circostanze capitolate avuto riguardo all’asserito rapporto professionale intercorso, all’uopo essendo insufficiente il riferimento, anch’esso generico, alla copiosa documentazione, in relazione alla quale l’attore-appellante – era onerato della specifica corrispondente illustrazione argomentativa, invece del tutto mancata”.

Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso S.S., sulla base di due motivi. S.G. non ha svolto difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia la – violazione e falsa applicazione di legge”, l'”indebita compressione del diritto di difesa con violazione del principio dispositivo”, la violazione del disposto di cui all’art. 115 c.p.c. e la mancata motivazione in ordine alla non ammissione delle prove dedotte, per avergli la corte d’appello, condividendo la decisione del tribunale di non ammettere la prova per testi articolata nei capitoli 8) e da 32) a 49) della memoria ex art. 184 c.p.c. del 15.10.2003, precluso la possibilità di dimostrare il conferimento e l’esecuzione degli incarichi professionali per conto di S.A. e della Cesap.

1.1. Il motivo è inammissibile, in quanto il ricorrente, in palese violazione del principio di specificità del ricorso, ha omesso di trascrivere il contenuto dei capitoli di prova orale, nonchè l’ordinanza con la quale il Tribunale di Parma ne aveva escluso l’ammissibilità o la rilevanza, in tal guisa precludendo a questa Corte qualsivoglia valutazione sul punto.

Invero, allorchè sia denunziato, con il ricorso per cassazione, un vizio della sentenza impugnata della quale si deducano l’incongruità e/o l’insufficienza delle argomentazioni svoltesi in ordine alle prove, per asserita omessa od erronea valutazione delle risultanze processuali o, come nel caso di specie, mancata ammissione di mezzi istruttori, è necessario, al fine di consentire al giudice di legittimità il controllo sulla decisività degli elementi di giudizio assuntivamente non valutati od erroneamente valutati o non consentiti, che il ricorrente indichi puntualmente ciascuna delle risultanze o richieste istruttorie alle quali fa riferimento e ne specifichi il contenuto mediante loro sintetica, ma esauriente esposizione ed, all’occorrenza, integrale trascrizione nel ricorso, non essendo idonei all’uopo il semplice richiamo ai documenti prodotti ed alle richieste formulate nella fase di merito e, tanto meno, i richiami per relationem agli atti della precedente fase del giudizio, inammissibili in sede di legittimità, laddove il giudice dev’essere posto in grado di compiere il controllo demandatogli sulla base delle sole deduzioni contenute nel ricorso, alle cui lacune non gli è consentito di sopperire con indagini integrative (neppure attraverso la lettura della stessa sentenza impugnata). In particolare, per quanto attiene alle questioni relative alla mancata ammissione delle prove testimoniali nella fase di merito, deve il ricorrente per Cassazione indicare i testi e riportare l’oggetto dei capitoli di prova e le ragioni per le quali ciascuno dei testi indicati sarebbe stato qualificato a riferire sugli argomenti dedotti nelle domande da rivolgergli ai fine di consentire, anche in questo caso, il vaglio di decisività del mezzo istruttorio in discussione. In definitiva, ove sia denunciato in sede di legittimità il difetto di motivazione su un’istanza di ammissione di un mezzo istruttorio o sulla valutazione di un documento o di risultanze probatorie o processuali, il ricorrente deve, alla luce del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, indicare specificamente le circostanze oggetto della prova o il contenuto del documento trascurato od erroneamente interpretato dal giudice di merito, provvedendo alla loro trascrizione, in maniera da permettere il controllo della decisività dei fatti da provare, e, quindi, delle prove stesse (cfr. Cass., Sez. 6-L, ordinanza n. 17915 del 30 luglio 2010, Rv. 614538).

2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce la carenza, contraddittorietà ed errore di motivazione relativamente ad un punto decisivo della controversia (con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 5), per esser limitata la corte territoriale, con motivazione incongrua e carente, ad – etichettare – come non pertinenti le “plurime circostanze capitolate all’asserzione relativa al rapporto professionale intercorso”.

2.1. Il motivo è parimenti inammissibile.

Essendo stata la sentenza impugnata depositata il 26.11.2012, il ricorrente avrebbe dovuto far riferimento al novellato n. 5 dell’art. 360 c.p.c., applicabile ai ricorsi per cassazione proposti contro sentenze pubblicate a partire dall’11.9.2012 (d.l. 83/12, conv. in L. n. 134 del 2012).

In quest’ottica, non si sarebbe potuto limitare a denunciare la carenza o contraddittorietà della motivazione, bensì avrebbe dovuto dolersi dell’omesso esame circa un fatto decisivo che fosse stato oggetto di discussione tra le parti. Invero, nel vigore del nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), non è più configurabile il vizio di contraddittoria motivazione della sentenza, atteso che la norma suddetta attribuisce rilievo, come detto, solo all’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti, non potendo neppure ritenersi che il vizio di contraddittoria motivazione sopravviva come ipotesi di nullità della sentenza ai sensi del n. 4) del medesimo art. 360 c.p.c. (Sez. 6-3, Ordinanza n. 13928 del 06/07/2015).

Inoltre, è deducibile come vizio della sentenza soltanto l’omissione e non più l’insufficienza o la contraddittorietà della motivazione, salvo che tali aspetti, consistendo nell’estrinsecazione di argomentazioni non idonee a rivelare la ratio decidendi, si risolvano (ma non è il caso di specie) in una sostanziale mancanza di motivazione (Sez. 1, Sentenza n. 7983 del 04/04/2014).

Da ultimo, va ricordato che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014).

Nel caso di specie, la corte d’appello ha motivato, sia pure in modo succinto, la condivisione della scelta del giudice di prime cure di non ammettere la prova testimoniale, affermando che non era dato ravvisare la pertinenza delle plurime circostanze capitolate avuto riguardo all’asserito rapporto professionale intercorso, all’uopo essendo insufficiente il riferimento, anch’esso generico, alla copiosa documentazione, in relazione alla quale l’attore-appellante -era onerato della specifica corrispondente illustrazione argomentativa, invece del tutto mancata.

3. In definitiva, il ricorso non è meritevole di accoglimento.

In considerazione della mancata resistenza da parte dell’intimata, va dichiarato il nulla sulle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte rigetta il ricorso dando atto dell’esistenza dei presupposti ex D.P.R. n. 115 del 2002, per il versamento dell’ulteriore contributo unificato.

Ha collaborato alla stesura il Dott. P.A..

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, della Corte Suprema di Cassazione, il 23 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 4 aprile 2017

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