Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8698 del 04/04/2017


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Cassazione civile, sez. II, 04/04/2017, (ud. 14/02/2017, dep.04/04/2017),  n. 8698

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente –

Dott. PROTO Cesare Antonio – Consigliere –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – rel. Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 2287-2013 proposto da:

F.P., (OMISSIS), + ALTRI OMESSI

– ricorrenti –

contro

F.A., (OMISSIS), nonchè per gli eredi di F.G. di

seguito elencati: FR.GI. (OMISSIS), + ALTRI OMESSI

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 674/2012 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 03/10/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/02/2017 dal Consigliere Dott. CORRENTI VINCENZO;

udito l’Avvocato MARCO SERRA, con delega orale dell’avvocato ANTONIO

DE GIORGI difensore dei ricorrenti, che ha chiesto l’accoglimento

del ricorso;

udito l’Avvocato ALESSANDRO COLUZZI, difensore dei controricorrenti,

che ha chiesto l’inammissibilità o il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SERVELLO Gianfranco, che ha concluso per l’inammissibilità o, in

subordine per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza non definitiva n. 69 del 2009 il Tribunale di Lecce, sezione di Casarano, in accoglimento della domanda proposta da F.A., + ALTRI OMESSI

La Corte territoriale riteneva provati il godimento esclusivo inconciliabile con la possibilità di utilizzo degli altri coeredi e la inequivoca volontà di possedere uti domini e non più uti condomini.

Ricorrono i soccombenti con unico motivo, illustrato da memoria, resistono le controparti.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Si denunzia violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., artt. 714, 1100, 1102 1140, 1141, 1144, 1164, 1158 e 2721 c.c. e nullità della sentenza per vizi di motivazione sotto tre distinti profili sia in relazione all’accordo del 1978-1979 posto che la relazione con la cosa non è stata conseguenza di un atto volontario d’apprensione del bene sia in relazione alla circostanza che tutti gli eredi con atto 22/8/1987 hanno dichiarato di essere comproprietari delegando il fratello P. per l’esercizio del diritto di voto nell’assemblea dei soci del consorzio di bonifica sia perchè nel ricorso al Tar del 1990 F.G. ha dichiarato di essere proprietario pro indiviso e da certificazione del Comune tutti gli eredi, anche i resistenti, quali comproprietari e compossessori hanno pagato l’ICI.

Le censure, non risolutive, non meritano accoglimento.

Per la configurabilità del possesso “ad usucapionem”, è necessaria la sussistenza di un comportamento continuo, e non interrotto, inteso inequivocabilmente ad esercitare sulla cosa, per tutto il tempo all’uopo previsto dalla legge, un potere corrispondente a quello del proprietario o del titolare di uno “ius in re aliena” (“ex plurimis” Cass. 9 agosto 2001 n. 11000), un potere di fatto, corrispondente al diritto reale posseduto, manifestato con il compimento puntuale di atti di possesso conformi alla qualità e alla destinazione della cosa e tali da rilevare, anche esternamente, una indiscussa e piena signoria sulla cosa stessa contrapposta all’inerzia del titolare del diritto (Cass. 11 maggio 1996 n. 4436, Cass. 13 dicembre 1994 n. 10652).

Nè è denunciabile, in sede di legittimità, l’apprezzamento del giudice di merito in ordine alla validità degli eventi dedotti dalla parte, al fine di accertare se, nella concreta fattispecie, ricorrano o meno gli estremi di un possesso legittimo, idoneo a condurre all’usucapione (Cass. 1 agosto 1980 n. 4903, Cass. 5 ottobre 1978 n. 4454), ove, come nel caso, sia congruamente logica e giuridicamente corretta.

Alla cassazione della sentenza si può giungere solo quando la motivazione sia incompleta, incoerente ed illogica e non quando il giudice del merito abbia valutato i fatti in modo difforme dalle aspettative e dalle deduzioni di parte (Cass. 14 febbraio 2003 n. 2222) e, comunque, il nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5 non consente l’impugnazione sul vizio di motivazione.

La domanda di usucapione è stata correttamente accolta sulla scorta delle circostanze acquisite.

Non si ignora la giurisprudenza secondo la quale tra coeredi la prova deve essere più rigorosa posta la presumibile tolleranza circa uno stato di fatto concretamente esercitato (in generale cfr. Cass. 8.5.2013 n. 10894, Cass. 1.8.2008 n. 21016, Cass. 20.2.2008 n. 4327, Cass. 20.9.2007 n. 19478) ma, nella specie. la sentenza ha fatto riferimento a risultanze non concretamente contestate quali il godimento esclusivo, inconciliabile con il godimento altrui, e la volontà di possedere uti dominus e non più uti con dominus, mentre l’unico articolato motivo, in violazione della specificità della impugnazione, valorizza singoli elementi equivoci, difetta di autosufficienza non riportando il contenuto dell’accordo e dei documenti invocati e si diffonde in generiche argomentazioni inidonee a superare la sufficiente motivazione della sentenza, essendo logico e plausibile che l’accordo avesse un rilievo interno mentre nei rapporti esterni risultava formalmente una comunione.

In definitiva, il ricorso va interamente rigettato, con la conseguente condanna alle spese.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti alle spese, liquidate in Euro 3200 di cui Euro 3000 per compensi, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 14 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 4 aprile 2017

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