Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8692 del 08/05/2020

Cassazione civile sez. I, 08/05/2020, (ud. 31/01/2020, dep. 08/05/2020), n.8692

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3879/2019 proposto da:

O.A., elettivamente domiciliato in Roma V.luigi

Pirandello 67 Pal A presso lo studio dell’avvocato Belmonte Sabrina

che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato Fedeli Bruno,

giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso la sentenza n. 47/2019 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 08/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

31/01/2020 dal Cons. Dott. FIDANZIA ANDREA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte d’Appello di Milano, con sentenza depositata in data 8.01.2019, ha confermato il provvedimento di primo grado di rigetto della domanda di O.A., cittadino della (OMISSIS), volta ad ottenere il riconoscimento della protezione internazionale o, in subordine, della protezione umanitaria.

E’ stato, in primo luogo, ritenuta la mancanza dei presupposti per il riconoscimento in capo al ricorrente dello status di rifugiato, difettando la prova di una vera e propria persecuzione personale ai sensi della Convenzione di Ginevra (il richiedente aveva riferito di non voler far ritorno in (OMISSIS) per il timore che il proprio orientamento omosessuale lo discrimini dal punto di vista sociale e familiare, esponendolo a conseguenze di natura penale, essendo la manifestazione di condotta omosessuale prevista come reato in (OMISSIS)).

Inoltre, con riferimento alla richiesta di protezione sussidiaria, la Corte d’Appello di Milano ha evidenziato l’insussistenza del pericolo del ricorrente di essere esposto a grave danno in caso di ritorno nel paese d’origine.

Infine, il ricorrente non è stato altresì ritenuto meritevole del permesso per motivi umanitari, non essendo stata allegata una specifica situazione di vulnerabilità personale.

Ha proposto ricorso per cassazione O.A. affidandolo a tre motivi. Il Ministero dell’Interno non ha svolto difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo è stata dedotta la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, comma 1, lett. e), artt. 3, 5, 7 e 8 relativi alla concessione dello status di rifugiato.

Lamenta il ricorrente che in (OMISSIS) la legislazione qualifica come reato punito con pena detentiva gli atti omossessuali.

2. Il motivo è inammissibile.

Va preliminarmente osservato che, in ordine alla domanda per il riconoscimento dello status di rifugiato, la Corte d’Appello ha rigettato il gravame sulla base di due autonome rationes decidendi, avendo ritenuto, da un lato, la mancanza di credibilità della vicenda narrata dal richiedente, e, dall’altro, che comunque l’atto sessuale asseritamente posto in essere dal medesimo dà luogo solo ad una riprovazione sociale, senza che vi sia una vera e propria persecuzione.

Orbene, la prima ratio decidendi (non credibilità del narrato) non è stato oggetto di censura da parte del ricorrente.

Ne consegue che la mancata impugnazione di una ratio decidendi rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitività delle altre, alla cassazione della decisione stessa (vedi Cass. n. 11493 del 11/05/2018).

3. Con il secondo motivo è stata dedotta la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, comma 1, lett. g) e art. 14 in tema di riconoscimento della protezione sussidiaria, anche in relazione al combinato disposto dell’art. 4 par. 3 d) dir. 2004/83/CE e dell’art. 13 par. 3 lett. a) dir. 2005/85/CE.

4. Il motivo è inammissibile.

Va preliminarmente osservato che, anche recentemente, questa Corte ha statuito che, ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, a norma del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), la nozione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato, interno o internazionale, deve essere interpretata, in conformità con la giurisprudenza della Corte di giustizia UE (sentenza 30 gennaio 2014, in causa C-285/12), nel senso che il grado di violenza indiscriminata deve avere raggiunto un livello talmente elevato da far ritenere che un civile, se rinviato nel Paese o nella regione in questione correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio, un rischio effettivo di subire detta minaccia (Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 13858 del 31/05/2018, Rv. 648790).

Nel caso di specie, la Corte territoriale ha accertato l’insussistenza di una situazione di violenza indiscriminata nella zona sud della (OMISSIS) ((OMISSIS)), essendo solo la parte nord-est occupata dal gruppo (OMISSIS), ed il relativo accertamento costituisce apprezzamento di fatto di esclusiva competenza del giudice di merito non censurabile in sede di legittimità (Cass. del 12/12/2018 n. 32064).

Ne consegue che le censure del ricorrente sul punto si configurino come di merito, e, come tali inammissibili in sede di legittimità, essendo finalizzate a sollecitare una rivalutazione del materiale probatorio già esaminato dal giudice di merito.

5. Con il terzo motivo è stata dedotta la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 e D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 in materia di protezione umanitaria.

6. Il motivo è inammissibile.

Il ricorrente rivendica il diritto al permesso umanitario senza neppure allegare nè in che cosa consisterebbe la sua situazione di vulnerabilità nè quali sarebbero gli eventuali diritti fondamentali che potrebbero essere oggetto di compromissione in caso di suo rientro nel paese d’origine.

La declaratoria di inammissibilità del ricorso non comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, in conseguenza dell’inammissibilità della costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, se dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 31 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 8 maggio 2020

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