Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8687 del 08/05/2020

Cassazione civile sez. I, 08/05/2020, (ud. 31/01/2020, dep. 08/05/2020), n.8687

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3585/2019 proposto da:

Z.A., elettivamente domiciliato in Roma Via F Tamagno 3

presso lo studio dell’avvocato Olmi Benedetta che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato Abbondanza Umberto Massimo

Francesco, giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso la sentenza n. 5689/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 19/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

31/01/2020 dal Cons. Dott. FIDANZIA ANDREA

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte d’Appello di Milano, con sentenza depositata il 19.12.2018, ha confermato il provvedimento di primo grado di rigetto della domanda di Z.A., cittadino del (OMISSIS), volta ad ottenere il riconoscimento della protezione internazionale o, in subordine, della protezione umanitaria.

E’ stato, in primo luogo, ritenuto che difettassero i presupposti per il riconoscimento in capo al ricorrente dello status di rifugiato, non essendo le sue dichiarazioni state ritenute attendibili (costui, di religione (OMISSIS), aveva riferito di essere fuggito dal (OMISSIS) per le minacce di morte e per il timore di essere nuovamente aggredito da ragazzi sciiti del suo villaggio che precedentemente avevano usato nei suoi confronti tanta violenza da ridurlo in coma).

Inoltre, con riferimento alla richiesta di protezione sussidiaria, il giudice di merito ha evidenziato l’insussistenza del pericolo del ricorrente di essere esposto a grave danno in caso di ritorno nel paese d’origine.

Infine, il ricorrente non è stato comunque ritenuto meritevole del permesso per motivi umanitari, non essendo stata allegata una sua specifica situazione di vulnerabilità personale.

Ha proposto ricorso per cassazione Z.A. affidandolo a tre motivi.

Il Ministero dell’Interno non ha svolto difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo è stata dedotta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1, lett. A), punto 2 della Convenzione di Ginevra, del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3, 5, 7, dell’art. 10 Cost., il travisamento dei fatti e la carenza motivazionale.

Lamenta il ricorrente che la Corte d’Appello non ha considerato che lo stesso era stato costretto a scappare perchè l’autorità del suo villaggio era stata incapace di proteggerlo dalle persecuzioni di alcuni (OMISSIS).

2. Il motivo è inammissibile.

Va osservato che, anche recentemente, questa Corte ha statuito che la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c). Tale apprezzamento di fatto è censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito. (Cass. n. 3340 del 05/02/2019).

Nel caso di specie, la Corte d’Appello di Milano ha valutato le dichiarazioni del ricorrente tenendo ben presenti i parametri previsti dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5 essendo state specificamente indicate le ragioni della ritenuta non plausibilità e coerenza del suo racconto, consistenti, in primo luogo, nel rilievo che il ricorrente non rivestiva nessun particolare ruolo nella comunità (OMISSIS) tale da giustificare un simile livore nei suoi confronti da parte di un gruppo di ragazzi (OMISSIS). Inoltre, non era credibile che il ricorrente, che si era rivolto al capo del villaggio solo per aver sentito proferire insulti ai profeti sunniti, non si fosse rivolto nè al capo villaggio nè alle autorità (OMISSIS) quando era stato aggredito e selvaggiamente picchiato.

Infine, era inverosimile che, una volta fuggito il ricorrente, i suoi aguzzini, apparentemente potenti e pericolosi, non avessero rivolto le loro minacce nei confronti dei suoi familiari.

Il ricorrente ha genericamente contestato la valutazione di (non) credibilità del ricorrente, effettuata dal giudice di merito, non confrontandosi minimamente con le precise ed articolate argomentazioni del provvedimento impugnato e non allegando eventuali gravi anomalie motivazionali del provvedimento impugnato (nei termini sopra illustrati dalla giurisprudenza di questa Corte), che sono le uniche attualmente denunciabili nei ristretti limiti consentiti dall’attuale formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Inoltre, il ricorrente, con l’apparente censura della violazione da parte del Tribunale di norme di legge, ovvero il D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5 e il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 ha, in realtà, svolto delle censure di merito, in quanto finalizzate a prospettare una diversa lettura delle sue dichiarazioni.

3. Con il secondo motivo è stata dedotta la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, 3, 4,5 e 7, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8.

Contesta il ricorrente la valutazione da parte della Corte d’Appello di insussistenza di una situazione di violenza generalizzata derivante da conflitto armato, reiterando le proprie censure in ordine al timore di subire un danno grave da parte dei ragazzi (OMISSIS) che lo avevano già aggredito.

4. Il motivo è inammissibile.

Quanto al timore del ricorrente di grave danno ad opera dei ragazzi (OMISSIS), va ribadito quanto già osservato al punto 2 in ordine alla inverosimiglianza del suo racconto, ritenuta dalla Corte d’Appello.

Quanto alla fattispecie di cui al D.Lgs. n. 2512 del 2007, art. 14, lett. c) il motivo è inammissibile, va preliminarmente osservato che, anche recentemente, questa Corte ha statuito che, ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, a norma del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), la nozione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato, interno o internazionale, deve essere interpretata, in conformità con la giurisprudenza della Corte di giustizia UE (sentenza 30 gennaio 2014, in causa C-285/12), nel senso che il grado di violenza indiscriminata deve avere raggiunto un livello talmente elevato da far ritenere che un civile, se rinviato nel Paese o nella regione in questione correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio, un rischio effettivo di subire detta minaccia (Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 13858 del 31/05/2018, Rv. 648790).

Nel caso di specie, la Corte territoriale ha accertato l’insussistenza di una situazione di violenza indiscriminata in (OMISSIS) e il relativo accertamento costituisce apprezzamento di fatto di esclusiva competenza del giudice di merito non censurabile in sede di legittimità (Cass. del 12/12/2018 n. 32064).

Ne consegue che le censure del ricorrente sul punto si configurano come di merito, e, come tali inammissibili in sede di legittimità, essendo finalizzate a sollecitare una rivalutazione del materiale probatorio già esaminato dal giudice di merito.

5. Con il terzo motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, comma 2.

Lamenta il ricorrente che la Corte di merito ha omesso il vaglio dei presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria, non considerando la situazione di violazione dei diritti fondamentali in (OMISSIS), tra cui il diritto all’accesso dei mezzi di giustizia e alla salute.

7. Il motivo è inammissibile.

Va preliminarmente osservato che questa Corte ha già affermato che pur dovendosi partire, nella valutazione di vulnerabilità del richiedente, dalla situazione oggettiva del paese d’origine, questa deve essere necessariamente correlata alla condizione personale, atteso che, diversamente, si finirebbe per prendere in considerazione non già la situazione particolare del singolo soggetto, ma piuttosto quella del suo paese d’origine in termini del tutto generali ed astratti, e ciò in contrasto con il parametro normativo di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 (in questi termini sez. 1 n. 4455 del 23/02/2018).

Nel caso di specie, il ricorrente non ha minimamente correlato la dedotta violazione dei diritti umani alla sua condizione personale se non per il tramite della sua vicenda narrata, ritenuta non attendibile dalla Corte di Appello.

La declaratoria di inammissibilità del ricorso non comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, non essendosi il Ministero costituito in giudizio.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, se dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 31 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 8 maggio 2020

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