Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8686 del 29/03/2021

Cassazione civile sez. trib., 29/03/2021, (ud. 13/12/2019, dep. 29/03/2021), n.8686

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino L – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –

Dott. D’AURIA Giusep – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7246-2013 proposto da:

SAN GIOVANNI BATTISTA 2 SRL SOCIO UNICO, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA VOLUSIA 27, presso lo studio dell’avvocato MICHELE MERLA,

rappresentato e difeso dall’avvocato VITTORIO DI MARTINO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempere,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

EQUITALIA NORD SPA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ANTONIO

MORDINI 14, presso lo studio dell’avvocato ANTONINO V.E. SPINOSO,

che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato CARLO

DALL’ASTA;

– controricorrenti –

E contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, DIREZIONE PROVINCIALE DI BRESCIA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 93/2012 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

BRESCIA, depositata il 17/09/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

13/12/2019 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE D’AURIA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La vicenda giudiziaria trae origine dalla impugnazione proposta dalla società San Giovanni Battista 2 srl avverso la cartella n. (OMISSIS) emessa da Equitalia Nord, per la riscossione dell’importo di 949.036,15 Euro.

In particolare il contribuente, avendo appreso della esistenza della cartella di pagamento solo a seguito di pignoramento presso terzi, deduceva di non aver ricevuto la notifica della cartella nè dell’accertamento antecedente e neppure dell’avviso bonario ai sensi della L. n. 212 del 2000, art. 6.

Assumeva, inoltre, la pretesa decadenza dalla riscossione ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1972, art. 25 e nel merito l’intervenuta estinzione del debito a seguito del pagamento effettuato da Telefuturo srl, appartenente allo stesso gruppo societario.

La commissione provinciale di Brescia dichiarava inammissibile il ricorso perchè fuori termine e nel merito lo riteneva infondato. L’appello pienamente devolutivo svolto dal contribuente era respinto dalla Commissione Regionale di Milano sez. di Brescia (sent. 93/66/12), la quale oltre a dichiarare inammissibile il ricorso originario, respingeva nel merito le eccezioni sollevate circa la legittimità della pretesa fiscale.

Propone ricorso in Cassazione la San Giovanni Battista 2 srl, che si affidava a 5 motivi così sintetizzabili:

1) Violazione dell’art. 2712 c.c., degli artt. 214 e 215 c.p.c., del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 1, comma 2, della L. n. 890 del 1992, artt. 3, 4,7,8 e del D.Lgs. n. 261 del 1999, art. 1, comma q) e art. 4, degli artt. 2714 e 2716 c.c. e del D.P.R. n. 445 del 2000, art. 18, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonchè omessa motivazione su un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per non aver la Ctr esaminato le argomentazioni dell’appellante in merito alla eccepita inesistenza, inservibilità, inutilizzabilità del c.d. avviso di ricevimento asseritamente prodotto in copia conforme all’originale;

2) Violazione e comunque falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26 del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, comma 1, lett. B bis, degli artt. 145, 148,149 e 140 c.p.c., della L. n. 890 del 1982, artt. 3, 4 ed art. 7, comma 6 e del D.Lgs n. 261 del 1999, art. 1, comma q) e art. 4, del D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 50 e della L. n. 56 del 1951 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

3) Violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, comma 1, lett. b-bis e della L. n. 890 del 1982, art. 7, comma 6, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 3, n. 1;

4) Violazione degli artt. 145,148 e 140 c.p.c. della L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 5 e del D.Lgs. n. 462 del 1997, artt. 2 e 3, della L. n. 890 del 1982, art. 8, comma 2; del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, comma 1, lett. B-bis e del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3;

5) Violazione della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 6, commi 2 e 5 e n. 7, del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, dell’art. 24 Cost., del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 54 e 54 bis, del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 60 comma 6, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Si costituiva sia l’Agenzia delle Entrate, che Equitalia Nord che chiedeva il rigetto del ricorso.

La ricorrente presentava memorie ex art. 380 bis c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo in sostanza deduce che non sia stata rilevata, nella sentenza impugnata, l’eccepita inesistenza, inservibilità, inutilizzabilità dell’avviso di ricevimento, e con il motivo 2 e 3 si duole che il giudice non abbia rilevato nullità insanabile del procedimento notificatorio eseguito.

Tali motivi vanno esaminati congiuntamente stante la stretta connessione, sia da un punto di vista logico che giuridico.

Per quello che qui interessa il giudice di appello ha considerato che era stato depositato sia la copia conforme che l’originario della ricevuta attestante la notifica. Una volta prodotto l’originale, peraltro già in primo grado, il giudice non poteva disconoscere tale atto,alla luce della normativa vigente trattandosi di atto pubblico e quindi dotato di fede privilegiata. Poichè il concessionario in applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, poteva eseguire la notificazione mediante invio di lettera raccomandata con avviso di ricevimento, la notifica doveva ritenersi avvenuta alla data indicata nell’avviso di ricevimento sottoscritto dal ricevente o dal consegnatario, senza che vi fosse la necessità di redigere un’apposita relata di notifica, come risulta confermato per implicito dal cit. art. 26, penultimo comma, secondo il quale l’esattore è obbligato a conservare per cinque anni la matrice o la copia della cartella con la relazione dell’avvenuta notificazione o l’avviso di ricevimento in ragione della forma di notificazione prescelta, al fine di esibirle su richiesta del contribuente o dell’Amministrazione.

Poichè non è stata mai presentata querela di falso, la prova della notifica era validamente attestata da tale documento. Nè poteva incidere sulla validità del documento postale depositato la circostanza che l’attività materiale (consegna all’ufficio postale in nome del concessionario e la raccolta delle ricevute postali) fosse stata svolta da soggetto incaricato dal concessionario, non essendo stata modificata l’imputabilità giuridica della notifica a favore del concessionario. Nè si rilevano vizi della notifica visto che la ricevuta postale depositata era sufficiente per ritenere che la notifica si era perfezionata. Una volta, ammessa la facoltà del concessionario di eseguire la notifica mediante il servizio postale e cioè “mediante invio di raccomandata con avviso di ricevimento”, ne consegue, in base alle norme sul servizio postale, che la raccomandata ordinaria si debba considerare come ricevuta, all’atto della consegna al domicilio del destinatario, senza che a tal fine sia prescritta nessuna particolare formalità da parte dell’Ufficiale postale se non quella di curare che, la persona che egli abbia individuato come legittimata a ricevere, apponga la propria firma sull’avviso di ricevimento da restituire al mittente. Nessuna norma dispone in particolare che l’avviso di ricevimento debba contenere le generalità della persona alla quale l’atto sia stato consegnato, come viceversa sembrerebbe pretendere nel caso di specie il ricorrente, e neanche la relazione esistente tra la predetta persona e il destinatario della raccomandata, che costituisce oggetto di un preliminare accertamento di competenza dell’ufficiale postale, eventualmente impugnabile nelle forme di legge.

Giova rammentare che, ai sensi dell’art. 145 c.p.c., comma 1, la notificazione alle persone giuridiche si esegue nella loro sede, mediante consegna di copia dell’atto al rappresentante o alla persona incaricata di ricevere le notificazioni o, in mancanza, ad altra persona addetta alla sede stessa; sicchè in applicazione delle disposizioni concernenti il servizio postale ordinario, in caso di consegna a persona diversa dal destinatario la quale si sia dichiarata “addetto alla casa, ufficio, o azienda “deve presumersi che la qualità indicata, sostanzialmente equivalente a quella di “incaricato”, sia stata dichiarata proprio da chi ha ricevuto l’atto (cfr. Cass., ord., 3 aprile 2019, n. 9240; Cass., ord., 30 dicembre 2018, n. 32981),Infatti, ai fini della regolarità della notificazione di atti a persona giuridica mediante consegna a persona addetta alla sede è sufficiente che il consegnatario si trovi presso la sede della persona giuridica destinataria non occasionalmente, ma in virtù di un particolare rapporto che, non dovendo essere necessariamente di prestazione lavorativa, può risultare anche dall’incarico, pur se provvisorio e precario, di ricevere le notificazioni per conto della persona giuridica, con la conseguenza che, qualora dalla relazione dell’ufficiale giudiziario risulti la presenza di una persona che si trovava nei locali della sede, è da presumere che tale persona fosse addetta alla ricezione degli atti diretti alla persona giuridica, anche se da questa non dipendente, laddove la società, per vincere la presunzione in parola, ha l’onere di provare che la stessa persona, oltre a non essere una sua dipendente, non era neppure addetta alla sede per non averne mai ricevuto incarico alcuno (così, Cass., ord., 20 novembre 2017, n. 27420; Cass., ord., 5 settembre 2012, n. 14865). Poichè nella sentenza non vengono in rilievo elementi idonei a superare tale presunzione, nè la parte ha indicato quali prove avesse fornito sul punto, ed in considerazione che per tale forma di notificazione non è necessario l’ulteriore adempimento dell’avviso al destinatario, a mezzo lettera raccomandata, dell’avvenuta notificazione, come è invece previsto, allo stesso art. 139, comma 4, in caso di consegna al portiere o al vicino di casa” (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 16164 del 28/10/2003 e ordinanza n. 12181 del 17/05/2013), i motivi in questione vanno rigettati.

Con i motivi 4, 5, il ricorrente deduce che l’avviso bonario ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis, non le era stato inviato prima della emissione della cartella esattoriale, che l’agenzia non aveva tenuto conto che il debito iva, contenuto nella pretesa fiscale era stato adempiuto da terzi.

Occorre premettere che nel caso la cartella esattoriale, emessa a seguito di liquidazione automatica del D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 54, costituisce il primo ed unico atto con il quale l’ente impositore esercita la pretesa tributaria. In questo caso la cartella assolve due funzioni: la prima, equivalente a quella dell’accertamento, avente carattere necessario, consiste nell’accertare il mancato pagamento del debito tributario e la seconda nell’intimare al contribuente l’effettuazione del versamento dovuto entro un termine ristretto, con l’avvertenza che in mancanza si procederà ad esecuzione forzata.

La comunicazione prevista dal D.P.R. n. 633 del 1962, art. 54 bis, comma 3, non era necessaria, trattandosi di liquidazione. Poichè la cartella è stata regolarmente notificata, e non impugnata, le questioni sollevate non possono essere oggi esaminate, essendo divenuta definitiva la cartella. Vero è che il giudice di secondo grado ha esaminato anche tali profili, oggetto del ricorso in cassazione, ma a tal fine è opportuno specificare, in conformità dell’univoco indirizzo giurisprudenziale, che il giudice di appello una volta accolto il motivo sulla inammissibilità del ricorso originario, in quanto proposto oltre i termini perentori, si è spogliato della propria potestas iudicandi con una pronuncia in rito completamente definitiva della causa dinanzi a sè, sicchè la motivazione sulle questioni di diritto sostanziale è resa soltanto ad abundantiam e quindi le relative argomentazioni devono ritenersi ininfluenti e prive di effetti giuridici, ai fini della decisione, (tra le altre, Cass. n. 19754/2011 e Cass. n. 3229/2012).

Pertanto il ricorso va respinto e le spese seguono la soccombenza nei confronti di ciascun intimato costituito.

PQM

Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali del grado di legittimità liquidate in Euro 10000,00 oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussitenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 13 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 29 marzo 2021

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