Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8685 del 29/03/2021

Cassazione civile sez. trib., 29/03/2021, (ud. 13/12/2019, dep. 29/03/2021), n.8685

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino L – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –

Dott. D’AURIA Giusep – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23161-2012 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

I.E., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI VIGNA

FABBRI 29, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCANTONIO BORELLO,

che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato MARA ARGENTA

VURCHIO;

– controricorrente –

E contro

EQUITALIA NOMOS SPA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 22/2012 della COMM. TRIB. REG. di TORINO,

depositata il 07/03/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

13/12/2019 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE D’AURIA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

A seguito del mancato perfezionamento dell’accordo per adesione per omesso deposito della fideiussione comeò richiesto dalla normativa, l’Agenzia delle Entrate iscriveva a ruolo le somme dovute da I.E., per l’accertamento divenuto definitivo per non essere stato impugnato. Alla iscrizione a ruolo seguiva la cartella di pagamento n. (OMISSIS), avverso la quale proponeva ricorso la intimata deducendo l’inesistenza della notifica, e la illegittima iscrizione a ruolo per le somme indicate nell’accertamento essendosi concluso il procedimento per adesione che aveva modificato la pretesa fiscale.

Si costituivano in giudizio sia l’agente per la riscossione che l’Agenzia delle Entrate. Quest’ultima ribadiva il mancato perfezionamento dell’accordo per adesione, non essendo stata presentata la fideiussione a garanzia del pagamento rateale del dovuto.

La Commissione tributaria di Torino respingeva il ricorso una volta accertato che la documentazione presentata non era idonea a determinare il perfezionamento dell’accordo, mancando la fideiussione.

A seguito di appello da parte del contribuente, la CTR del Piemonte, premesso che l’Agenzia aveva l’obbligo di avvertire la parte circa l’inidoneità dei documenti, e considerato che non vi era stato alcun danno per l’erario essendo state nelle more pagate le rate, accoglieva l’appello.

Propone ricorso in Cassazione l’Agenzia Delle Entrate, che si affidava a 2 motivi così sintetizzabili:

1) Violazione e/o falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 2 e art. l0, comma 1, nonchè violazione del D.Lgs. n. 218 del 1997, artt. 8 e 9, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

2) Violazione e /o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 18, comma 2, lett. E) e art. 57, in relazione all’art. 360 c.p.c., commi 1 e 3. Vizio di extrapetizione della sentenza per aver disposto l’annullamento sulla base di motivi nuovi non ritualmente avanzati mediante l’atto introduttivo del giudizio in relaziona all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

Si costituiva l’intimata che chiedeva il rigetto del ricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la ricorrente Agenzia delle Entrate si duole della erronea interpretazione della normativa applicata, avendo il giudice fatto discendere dal mancato avviso della inidoneità dei documenti da parte della Agenzia, presentati a seguito dell’accordo per adesione, il perfezionamento del predetto accordo. Secondo il giudice di appello quindi l’Agenzia una volta constatato che i documenti presentati a supporto dell’accordo per adesione non fossero idonei, avrebbe dovuto comportarsi secondo quanto prevede come prescrive la L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 2 (“l’amministrazione deve ò informare il contribuente di ogni fatto o circostanza a sua conoscenza dai quali possa derivare il mancato riconoscimento di un credito ovvero l’irrogazione di una sanzione, richiedendogli di integrare o correggere gli atti prodotti che impediscono il riconoscimento, seppure parziale, di un credito”).

In realtà il mancato perfezionamento dell’accertamento con adesione per non avere la contribuente onorato i termini dello stesso (la stessa sentenza impugnata riconosce che non era stata prestata la richiesta garanzia), non ha inciso sulla efficacia dell’originario accertamento. Il D.Lgs. n. 218 del 1997, all’art. 8, comma 1, applicabile ratione temporis con riferimento all’anno di imposta 2003, dispone che “il versamento delle somme dovute per effetto dell’accertamento con adesione è eseguito entro venti giorni dalla redazione dell’atto”, ed il comma 2 consente il versamento rateale delle somme dovute e prevede, in tal caso, che l’importo della prima rata vada versato entro il termine indicato nel comma 1, e il contribuente è tenuto a prestare garanzia per il versamento di tali somme, e a far pervenire, entro dieci giorni dal versamento, la quietanza dell’avvenuto pagamento della prima rata e la documentazione relativa alla prestazione della garanzia all’ufficio, che “rilascia al contribuente copia dell’atto di accertamento con adesione” (comma 3).

Il successivo art. 9 (nel testo, qui applicabile, antecedente il D.L. n. 98 del 2011, convertito, con modificazioni nella L. n. 11 del 2011), ribadisce, che “la definizione si perfeziona con il versamento di cui all’art. 8, comma 1, ovvero con il versamento della prima rata e con la prestazione della garanzia previsti dall’art. 8, comma 2”.

Dalla lettura sistematica della norma, ed in base al chiaro tenore letterale della stessa, emerge chiaramente che la prestazione della garanzia, nel caso che la parte abbia optato per il pagamento rateale, costituisce presupposto fondamentale ed imprescindibile per l’efficacia della procedura, e non una mera modalità esecutiva (vedi cass n. 26681/2009).

In definitiva quando sia stata omessa la prestazione della garanzia prevista dalla legge, la procedura del concordato con adesione non può dirsi perfezionata, e dunque permane, nella sua integrità, l’originaria pretesa tributaria (cfr. Cass. n. 13750/2013, n. 8628/2012).

Il richiamo alla norma di cui alla L. n. 212 del 1990, art. 6, comma 2, appare fuorviante in quanto tale disposizione non vale a rendere valido ed efficace l’accordo per adesione, o a derogare i termini essenziali previsti dalla norma, ma pone solo un obbligo di informazione per vicende in itinere, ed inoltre l’obbligo di informazione della necessità della garanzia fideiussoria era stato sostanzialmente già adempiuto dall’ufficio, visto che era indicato nelle avvertenze dell’accordo sottoscritto come precisato dalla Agenzia (circostanza non contrastata dalla controparte).

Pertanto poichè la fattispecie in esame è nettamente distinta rispetto all’ambito di applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 6, in quanto, con l’emissione della cartella, l’amministrazione erariale ha agito per riscuotere un credito e non, invece, per irrogare una sanzione o per determinare crediti (L. n. 212 del 2000, v. art. 6, comma 2), nè, d’altro canto, v’è incertezza “su aspetti rilevanti della dichiarazione” (v. L. cit., art. 6, comma 5), non discutendosi affatto dell’omessa comunicazione al contribuente dell’esito dei controlli, la tesi giuridica affermata è errata. In definitiva l’affermazione che la mancata comunicazione del completamento degli oneri posti a carico del contribuente sebbene specificati sia nella normativa che nell’accordo sottoscritto, impediva l’iscrizione a ruolo della pretesa contenuta nell’atto di accertamento, costituisce violazione di legge.

Con l’accoglimento del primo motivo, rimane assorbito il secondo motivo, circa la violazione del principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato.

Essendo, quindi, individuata dal collegio la corretta interpretazione del D.Lgs. n. 218 del 1997, artt. 8 e 9, L. 30 dicembre 1991, n. 413, n. 49, e, in ragione della funzione nomofilattica affidata alla Suprema Corte dall’ordinamento, nonchè dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo, la Corte ha il potere, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., di decidere nel merito la lite, non occorrendo nel caso ulteriori accertamenti, essendo stata la cartella emessa legittimamente per il recupero della pretesa contenuta nell’accertamento divenuto definitivo, per il mancato perfezionamento dell’accordo per adesione, il ricorso originariamente proposto dal contribuente contro la cartella va, quindi, rigettato.

Per quanto riguarda le spese tenuto conto delle diverse decisioni di merito, sintomatiche di una questione dubbia, e del fatto che il contribuente ha versato le rate per il preteso accordo per adesione, si reputa di compensare le spese di tutti i gradi.

PQM

Accoglie il ricorso e decidendo nel merito, respinge il ricorso originariamente proposto e compensa le spese processuali.

Così deciso in Roma, il 13 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 29 marzo 2021

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