Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8683 del 12/04/2010

Cassazione civile sez. I, 12/04/2010, (ud. 04/03/2010, dep. 12/04/2010), n.8683

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – rel. Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. FITTIPALDI Onofrio – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

A.A., F.A., C.A., F.

F., G.D., B.B., B.A.,

C.V., F.O., F.D., B.

R., D.C.L., G.N., L.M.,

con domicilio eletto in Roma, via Andrea Doria n. 48, presso l’Avv.

Abbate Ferdinando Emilio che li rappresenta e difende unitamente

all’Avv. Angelo Giuliani, come da procura in calce ricorso;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,

rappresentato e difeso, per legge, dall’Avvocatura generale dello

Stato, e presso gli Uffici di questa domiciliato in Roma, Via dei

Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

per la cassazione del decreto della Corte d’appello di Perugia

depositato il 21 novembre 2007.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

giorno 4 marzo 2010 dal Consigliere relatore Dott. Vittorio

Zanichelli.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

A.A. ed altri tredici ricorrono per cassazione nei confronti del decreto in epigrafe della Corte d’appello che ha accolto parzialmente i loro ricorsi riuniti con i quali è stata proposta domanda di riconoscimento dell’equa riparazione per violazione dei termini di ragionevole durata del processo svoltosi in primo grado avanti al giudice del lavoro di Viterbo dal gennaio 1996 all’aprile 2002 e in secondo grado dal giugno 2002 all’ottobre 2005.

Resiste l’Amministrazione con controricorso.

La causa è stata assegnata alla camera di consiglio in esito al deposito della relazione redatta dal Consigliere Dott. Vittorio Zanichelli con la quale sono stati ravvisati i presupposti di cui all’art. 375 c.p.c..

I ricorrenti hanno depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il primo motivo con il quale si censura t’impugnato decreto per avere il giudice di merito scomputato dalla durata del procedimento di primo grado rilevante per il giudizio relativo alla ragionevole durata il periodo di circa due anni e sei mesi conseguente a reiterati rinvii richiesti da tutte le parti è inammissibile per la sua genericità in quanto a fronte del giudizio di addebitabilità alle parti dei rinvii formulata dalla Corte d’appello i ricorrenti avrebbero quantomeno dovuto contrapporre elementi idonei a mettere in dubbio tale valutazione in quanto volti a dimostrare che le richieste di rinvio erano state contenute in termini inferiori.

Il secondo e il terzo motivo con i quali si deduce violazione della L. n. 89 del 2001 e della Convenzione nonchè difetto di motivazione in relazione alla quantificazione del danno non patrimoniale che il giudice del merito ha determinato in Euro 500 per ogni anno eccedente il periodo di cinque anni (oltre quello addebitarle) ritenuto ragionevole per i due gradi di giudizio e che per la loro connessione possono essere trattati congiuntamente, sono manifestamente fondati.

Le Sezioni Unite di questa Corte hanno chiarito come la valutazione dell’indennizzo per danno non patrimoniale resti soggetta – a fronte dello specifico rinvio contenuto nella L. n. 89 del 2001, art. 2 – all’art. 6 della Convenzione, nell’interpretazione giurisprudenziale resa dalla Corte di Strasburgo, e, dunque, debba conformarsi, per quanto possibile, alle liquidazioni effettuate in casi similari dal Giudice Europeo, sia pure in senso sostanziale e non meramente formalistico, con la facoltà di apportare le deroghe che siano suggerite dalla singola vicenda, purchè in misura ragionevole (Cass., Sez. Un., 26 gennaio 2004, n. 1340); in particolare, detta Corte, con decisioni adottate a carico dell’Italia il 10 novembre 2004 (v., in particolare, le pronunce sul ricorso n. 62361/01 proposto da R.P. e sul ricorso n. 64897/01 Z.), ha individuato nell’importo compreso fra Euro 1.000 ed Euro 1.500 per anno la base di partenza per la quantificazione dell’indennizzo, ferma restando la possibilità di discostarsi da tali limiti, minimo e massimo, in relazione alle particolarità della fattispecie, quali l’entità della posta in gioco e il comportamento della parte istante (cfr., ex multis, Cass., Sez. 1, 26 gennaio 2006, n. 1630).

Da tali principi consegue che non è giuridicamente rilevante, ai fini dell’attribuzione di una somma apprezzabilmente inferiore rispetto a detto standard minimo, il riferimento alla sola modestia della posta in gioco.

Il quarto motivo che attiene alla liquidazione delle spese è assorbito dovendosi procedere a nuova statuizione sul punto.

Il ricorso deve dunque essere accolto nei limiti di cui in motivazione. Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto la causa può essere decisa nei merito e pertanto, in applicazione della giurisprudenza della Corte (Sez. 1, 14 ottobre 2009, n. 21840) a mente della quale l’importo dell’indennizzo può essere ridotto ad una misura inferiore (Euro 750 per anno) a quella del parametro minimo indicato nella giurisprudenza della Corte Europea (che è pari a Euro 1.000 in ragione d’anno) per i primi tre anni di durata eccedente quella ritenuta ragionevole in considerazione del limitato patema d’animo che consegue all’iniziale modesto sforamento mentre solo per l’ulteriore periodo deve essere applicato il richiamato parametro, il Ministero della Giustizia deve essere condannato al pagamento di Euro 1.500, oltre interessi, per ciascuno dei ricorrenti a titolo di equo indennizzo per il periodo di anni due di irragionevole ritardo, oltre alle spese del primo grado.

Il parziale accoglimento del ricorso giustifica la compensazione per un mezzo delle spese di questa fase e l’addebito del residuo all’Amministrazione soccombente.

P.Q.M.

la Corte accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione; cassa in parte qua il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna il Ministero della Giustizia al pagamento in favore di ciascuno dei ricorrenti della somma di Euro 1.500,00, oltre interessi nella misura di legge dalla data della domanda, nonchè alle spese del giudizio di merito che liquida in complessivi Euro 3.661, di cui Euro 1.861 per diritti e Euro 1.700 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge; compensa per un mezzo le spese del giudizio di questa fase e condanna l’Amministrazione alla rifusione del residuo; liquida per l’intero le spese del giudizio di legittimità in complessivi Euro 1,600, di cui Euro 1.500 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge; spese di entrambi i gradi da distrarsi in favore dei difensori antistatari.

Così deciso in Roma, il 4 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 12 aprile 2010

 

 

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA