Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8680 del 29/04/2015


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Civile Sent. Sez. L Num. 8680 Anno 2015
Presidente: STILE PAOLO
Relatore: MANNA ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso 27156-2012 proposto da:
DELL’AGLI

CARLO

EUGENIO

C.F.

DLLCLG46M15D9711,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CHIANA 48,
presso lo studio dell’avvocato ANTONIO PILEGGI, che
lo rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– ricorrente contro

2015
167

INTESA SAN PAOLO S.P.A.;
– intimata –

A

avverso

la

sentenza n.

7396/2011

della CORTE

D’APPELLO di ROMA, depositata il 19/11/2011 R.G.N.

Data pubblicazione: 29/04/2015

7869/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 14/01/2015 dal Consigliere Dott. ANTONIO
MANNA;
udito l’Avvocato PILEGGI ANTONIO;

Generale Dott. MARCELLO MATERA che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso per quanto di ragione.

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

R.G. n. 27156/12
Ud. 14.1.2015
Dell’Agli c. Intesa Sanpaolo S.p.A.
Estensore: dott. Antonio Manna

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza depositata il 19.11.11 la Corte d’appello di Roma, in totale riforma
della pronuncia n. 15213/07 del Tribunale della stessa sede, rigettava la domanda

con cui Carlo Eugenio dell’Agli — quadro direttivo di 10 livello – aveva chiesto
dichiararsi l’illegittimità del licenziamento intimatogli il 1 0 .3.2004 da Intesa
Sanpaolo S.p.A. nel quadro di una procedura di riduzione di personale ex lege n.
223/91 ed avente efficacia dal 31.3.04.
Per la cassazione della sentenza ricorre Carlo Eugenio dell’Agli affidandosi a
quattro motivi, poi ulteriormente illustrati con memoria ex art. 378 c.p.c.
Intesa Sanpaolo S.p.A. è rimasta intimata.

MOTIVI DELLA DECISIONE
1- Con il primo motivo il ricorso lamenta violazione e falsa applicazione dell’art.
4 legge n. 223/91 per mancato controllo, da parte della Corte territoriale, della
specificità, completezza, veridicità, esattezza ed effettività delle ragioni addotte
nella comunicazione inviata da Intesa Sanpaolo S.p.A. ex art. 4 cit., comunicazione
che si limitava a parlare di un’esigenza di riduzione di personale contenuta in un
piano di riorganizzazione di impresa in realtà volto solo ad un generale
svecchiamento degli organici, atteso che i licenziamenti collettivi erano stati seguiti
da migliaia di assunzioni di giovani nuovi lavoratori.
Con il secondo motivo il ricorso deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 4
co. 9 0 legge n. 223/91 per non contestualità fra il licenziamento (intimato il 1°.3.04)
e la comunicazione relativa alle modalità di applicazione dei criteri di scelta del
personale da licenziare, inviata solo il 26.3.04.
Con il terzo motivo il ricorso si duole di violazione e falsa applicazione dell’art.
112 c.p.c. per omessa pronuncia sull’autonoma ragione di illegittimità del
licenziamento consistente nella dedotta violazione dei criteri di scelta e nell’essere
stato il ricorrente licenziato nonostante che fosse stato già superato il numero di
esuberi programmati.

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Con il quarto motivo il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell’art.
112 c.p.c. per omessa pronuncia sulla domanda di accertamento della nullità del

licenziamento per discriminazione in ragione dell’età.

2- Il secondo motivo — da esaminarsi preliminarmente perché di per sé idoneo a
determinare l’inefficacia del licenziamento per cui è causa— è fondato.
In forza di giurisprudenza ormai da tempo consolidata in tema di adempimento
dell’onere di cui all’art. 4 co. 9 0 legge n. 223/91 (cfr., e pluribus, Cass. n. 7490/11;
Cass. n. 7407/10; Cass. n. 16776/09; Cass. n. 1722/09; Cass. n. 15898/05), il
requisito della contestualità fra comunicazione del recesso al lavoratore e
comunicazione alle organizzazioni sindacali e ai competenti uffici del lavoro
dell’elenco dei dipendenti licenziati e delle modalità di applicazione dei criteri di
scelta, contestualità richiesta a pena d’inefficacia del licenziamento, deve essere
valutato – in una procedura temporalmente cadenzata in modo rigido, analitico e con
termini molto ristretti – nel senso di una indispensabile contemporaneità delle due
comunicazioni, la cui mancanza può non determinare l’inefficacia del recesso solo
se sostenuta da giustificati motivi di natura oggettiva, della cui prova è onerato il
datore di lavoro.
La sentenza impugnata si è discostata da tale insegnamento rilevando che nel caso
di specie la lettera di licenziamento era sì stata inviata il 1°.3.04, ma con
individuazione dell’efficacia del recesso a partire dal 31.3.04, sicché rispetto a tale
ultima data la comunicazione alle organizzazioni sindacali e agli uffici del lavoro,
inviata solo il 26.3.04, si sarebbe dovuta considerare come sostanzialmente
contestuale al licenziamento medesimo.
Ma a ciò va obiettato che l’avverbio “contestualmente” viene adoperato in
relazione alla data di comunicazione del licenziamento, il che è cosa diversa dalla
data della sua efficacia.
Ciò è confermato dalla ratio della disposizione in commento.
Infatti, essendo sufficiente che il licenziamento venga comunicato per iscritto
senza necessità di ulteriore motivazione (nel regime vigente prima della legge n.
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92/2012, che è quello che viene in rilievo nel caso in esame), solo attraverso le
comunicazioni di cui all’art. 4 co. 9 0 cit. l’interessato può apprendere, seppur in via
indiretta, le ragioni della sua messa in mobilità (cfr. Cass. n. 11258/2000; Cass. n.

5718/99).
Dunque, la comunicazione ex art. 4 co. 9° legge n. 223/91 risponde alla funzione
di rendere visibile – e, quindi, controllabile dalle organizzazioni sindacali (e, tramite
queste, anche dai singoli lavoratori) – la correttezza del datore di lavoro in relazione
alle modalità di applicazione dei criteri di scelta.
La concreta possibilità di tale controllo è l’indispensabile presupposto affinché il
lavoratore possa motivatamente sollecitare il datore di lavoro a revocare il
licenziamento (magari evidenziando la violazione dei criteri di scelta) e poi, se del
caso, impugnare in sede giudiziaria il recesso.
In tale ottica è pur consentito che le comunicazioni precedano l’intimazione dei
licenziamenti, così meglio assolvendosi quella funzione di garanzia e controllo di
cui s’è detto, il che permette al datore di lavoro di attenuare la rigidità degli oneri
posti a suo carico.
Non è — invece – possibile ritenere il contrario, a meno che tale contestualità sia
stata resa impossibile per caso fortuito o forza maggiore da dimostrarsi ad iniziativa
del datore di lavoro (il che non risulta essere avvenuto nella vicenda in oggetto).
Infatti, decorrendo il termine per impugnare il recesso, secondo il chiaro dettato
normativo, in ogni caso dalla sua comunicazione per iscritto, la mancanza delle
contestuali comunicazioni già attribuisce all’interessato il diritto di ottenere
l’accertamento dell’inefficacia del licenziamento, di guisa che la tardiva
comunicazione non può eliminare una situazione di vantaggio per lui già
consolidatasi.
A ciò si aggiunga un’ulteriore considerazione: il licenziamento, in quanto negozio
unilaterale recettizio, si perfeziona nel momento in cui la manifestazione di volontà
del datore di lavoro giunge a conoscenza del dipendente, sicché il termine di
decadenza previsto dall’art. 6 legge n. 604/66 decorre dalla comunicazione del

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licenziamento e non dal momento, eventualmente successivo, di cessazione del
rapporto di lavoro (cfr. Cass. n. 6845/2014).
Pertanto, collegare la contestualità della comunicazione di cui all’art. 4 co. 90 ,

secondo periodo, legge n. 223/91 non all’intimazione del licenziamento, ma alla
data di sua efficacia – efficacia che può risultare posticipata anche di qualche mese indurrebbe il lavoratore o a dover attendere la suddetta comunicazione alle
organizzazioni sindacali e ai competenti uffici del lavoro per poter apprendere
compiutamente le modalità di applicazione dei criteri di scelta del personale
licenziato, con il rischio di consumare nel frattempo in tutto o in gran parte l’arco
dei 60 giorni entro cui adempiere l’onere previsto dall’art. 6 legge n. 604/66, oppure
procedere in via prudenziale sempre e comunque all’impugnativa extragiudiziale
del licenziamento anche quando, all’esito della successiva verifica delle suddette
modalità, esso si riveli senza dubbio alcuno legittimo.
In breve, una nozione elastica del requisito della contestualità contraddice la
funzione di garanzia dei lavoratori licenziati attribuita alle comunicazioni da inviare
alle organizzazioni sindacali e ai competenti uffici del lavoro e si rileva incoerente
con il disegno normativo contenuto nella legge n. 223/91.
La riscontrata violazione determina di per sé, ai sensi dell’art. 5 co. 3° legge n.
223/1991, l’inefficacia del licenziamento dell’odierno ricorrente.
Per l’effetto, rimangono assorbite le ulteriori doglianze formulate in ricorso.

3- In conclusione, deve accogliersi il secondo motivo, con conseguente
assorbimento delle restanti censure.
Ne consegue la cassazione della sentenza impugnata in relazione al motivo
accolto, con rinvio, anche per le spese, alla Corte d’appello di Roma in diversa
composizione che, stante la sopra accertata inefficacia del licenziamento, dovrà
pronunciarsi soltanto sulle relative conseguenze ex art. 18 legge n. 300/70.

P.Q.M.
La Corte

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accoglie il secondo motivo di ricorso, dichiara assorbiti i restanti e cassa la sentenza
impugnata in relazione al motivo accolto con rinvio, anche per le spese, alla Corte
d’appello di Roma in diversa composizione.

Così deciso in Roma, in data 14.1.2015.

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