Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8680 del 12/04/2010

Cassazione civile sez. I, 12/04/2010, (ud. 04/03/2010, dep. 12/04/2010), n.8680

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – rel. Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

D.G., con domicilio eletto in Roma, via Nomentana n. 905,

presso l’Avv. Valerio Antimo Di Rosa, rappresentato e difeso

dall’Avv. D’Avini Francesco, come da procura in atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO e QUESTORE DELLA PROVINCIA DI BOLZANO;

– intimati –

per la cassazione del decreto del Giudice di pace di Bolzano

depositato in data 25 luglio 2008;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

giorno 4 marzo 2010 dal Consigliere relatore Dott. Vittorio

Zanichelli.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

D.G. ricorre per cassazione avverso il decreto in epigrafe con il quale è stata respinta l’opposizione proposta avverso il decreto di espulsione emesso in data 8.5.2008 dal Questore di Bolzano D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 13.

Resiste l’Amministrazione con controricorso.

La causa è stata assegnata alla camera di consiglio in esito al deposito della relazione redatta dal Consigliere Dott. Vittorio Zanichelli con la quale sono stati ravvisati i presupposti di cui all’art. 375 c.p.c..

Il ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il primo motivo di ricorso con cui si deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, comma 2, lett. b) e art. 9, comma 10, lett. c), è manifestamente infondato.

Deduce il ricorrente che l’assunto del giudice a quo secondo il quale il D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 9, comma 10, lett. c) a mente del quale può procedersi all’espulsione dello straniero titolare del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo (quale è il D.) nel caso in cui il medesimo sia appartenente ad una delle categorie indicate alla L. n. 1423 del 1956, art. 1 senza che sia necessaria la presenza dell’ulteriore requisito costituito dall’avvenuta applicazione di una delle misure di cui alla L. 19 marzo 1990, n. 55, art. 14 pure prevista dalla stessa disposizione ma solo per gli appartenenti alle associazioni mafiose, sarebbe errata in quanto la norma in questione dovrebbe invece essere interpretata nel senso che l’adozione delle misure cautelari citate costituisca in ogni caso il presupposto per l’espulsione dei titolari del particolare permesso di soggiorno di lungo periodo.

Il motivo è manifestamente infondato.

Premesso che la norma citata prevede che: “Nei confronti del titolare del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, l’espulsione può essere disposta: … c) quando lo straniero appartiene ad una delle categorie indicate alla L. 27 dicembre 1956, n. 1423, art. 1 ovvero alla L. 31 maggio 1965, n. 575, art. 1 sempre che sia stata applicata, anche in via cautelare, una delle misure di cui alla L. 19 marzo 1990, n. 55, art. 14 poichè detto misure possono essere applicate “ai soggetti indiziati di appartenere alle associazioni indicate nell’art. 1 della predetta Legge o a quelle previste dalla L. 22 dicembre 1975, n. 685, art. 75, ovvero ai soggetti indicati nella L. 27 dicembre 1956, n. 1423, art. 1, comma 1, nn. 1) e 2)” è chiaro che la condizione in discorso cui è subordinata l’espulsione non può riferirsi ai soggetti indicati nella L. n. 1423 del 1956, art. 1, comma 1, n. 3) in quanto si tratterebbe di condizione impossibile, non essendo applicabili ai medesimi le misure di prevenzione di cui al citato art. 14.

Con il secondo motivo di ricorso si censura l’impugnato provvedimento per carenza di motivazione in ordine al fatto controverso costituito dall’individuazione e valutazione degli elementi idonei a fondare un giudizio di pericolosità sociale.

Il motivo è manifestamente infondato dal momento che, contrariamente all’assunto del ricorrente, la motivazione in ordine alla legittimità del provvedimento di espulsione non è costituita solo dall’affermazione riportata in ricorso secondo cui “La motivazione addotta, comunque, è fondata e provata da nutrita documentazione dimessa” ma anche dai rilievo secondo cui “che D.G. sia socialmente pericoloso è dimostrato dalle reiterate denunce-querele nell’ultimo semestre e da gravi manifestazioni di insofferenza sociale” costituenti “prova che D.G. non sia riuscito ad integrarsi nel tessuto sociale” nonchè dal richiamo ad una “aggressività non … giustificabile con compensi psichici da curare in (OMISSIS)”. Ne consegue una motivazione immune da vizi logici o da incongruità e come tale non censurabile in questa sede.

Il ricorso deve dunque essere respinto. Non si deve provvedere in ordine alle spese stante l’assenza di attività difensiva da parte dell’intimata Amministrazione.

PQM

la Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 4 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 12 aprile 2010

 

 

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