Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8677 del 04/04/2017


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Cassazione civile, sez. III, 04/04/2017, (ud. 08/02/2017, dep.04/04/2017),  n. 8677

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. SESTINI Danilo – rel. Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15754/2015 proposto da:

CASSA ITALIANA PREVIDENZA ASSISTENZA GEOMETRI LIBERI PROFESSIONISTI

CIPAG, in persona del Presidente e legale rappresentante pro

tempore, Geom. A.F., elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA DI SANTA COSTANZA 13, presso lo studio dell’avvocato STEFANIA

CAVALLARO, rappresentata e difesa dall’avvocato GIUSEPPE MAZZARELLA

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), in persona dell’amministratore Geom. P.G.P.,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BARTOLOMEO CAPASSO 7, presso

lo studio dell’avvocato CLAUDIO GARBARINO, rappresentata e difesa

dall’avvocato GIOVANNI TONINI, giusta procura in calce al

controricorso;

GARAGE S TERESA D.V.R. & P. SNC IN LIQUIDAZIONE, in

persona del legale rappresentante sig.ra V.B.,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA COSSERIA 5, presso lo studio

dell’avvocato ORLANDO SIVIERI, che la rappresenta e difende

unitamente agli avvocati ANTONELLA DALLAVALLE, FERNANDO FIGONI,

giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 477/2015 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 18/03/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

08/02/2017 dal Consigliere Dott. DANILO SESTINI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Soc. Garage S. Teresa s.n.c. in liquidazione, conduttrice di un immobile adibito ad autorimessa di proprietà della Cassa Italiana di Previdenza e Assistenza dei Geometri Liberi Professionisti (C.I.P.A.G.), agì per sentir dichiarare la risoluzione del contratto per grave inadempimento della locatrice che, non provvedendo ai necessari interventi di manutenzione straordinaria, aveva provocato l’ammaloramento delle strutture portanti, determinando il mancato rinnovo del certificato di agibilità e, con esso, l’impossibilità per la conduttrice di continuare la propria attività; chiese altresì il risarcimento dei danni e il pagamento dell’indennità per la perdita dell’avviamento commerciale.

La C.I.P.A.G. resistette alla domanda e chiamò in manleva il (OMISSIS), individuato come effettivo responsabile delle infiltrazioni che avevano danneggiato la struttura.

Alla causa venne riunito il giudizio di sfratto per morosità successivamente proposto dalla C.I.P.A.G. (nell’ambito del quale era stata emessa ordinanza non impugnabile di rilascio).

Il Tribunale rigettò le domande proposte dalla società attrice, con condanna della stessa al pagamento della somma di oltre 65.000,00 Euro per canoni insoluti.

La Corte di Appello di Bologna ha riformato la sentenza, dichiarando la risoluzione del contratto di locazione per fatto e colpa della locatrice e condannando quest’ultima a corrispondere alla soc. Garage S. Teresa l’indennità per la perdita dell’avviamento, oltre alla restituzione del deposito cauzionale (detratto l’importo di Euro 300,00 per il ripristino di un portone) e al pagamento delle spese di lite; ha rigettato, invece, l’appello incidentale della C.I.P.A.G. in punto di manleva nei confronti del Supercondominio, con compensazione delle spese fra tali parti.

Ha proposto ricorso per cassazione la Cassa Italiana di Previdenza ed Assistenza dei Geometri Liberi Professionisti, affidandosi a cinque motivi; hanno resistito, con separati controricorsi, la soc. Garage S. Teresa d.V.R. & P. s.n.c. in liquidazione (che ha depositato memoria) e la (OMISSIS) (già (OMISSIS)).

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo (che denuncia la violazione e falsa applicazione della L. n. 392 del 1978, art. 34), la ricorrente censura la sentenza in punto di indennità per la perdita dell’avviamento, assumendo che l’indennità non avrebbe potuto essere riconosciuta a fronte di un provvedimento della Pubblica Amministrazione che aveva determinato l’inutilizzabilità dell’immobile locato; evidenzia che l’inutilizzabilità del bene aveva fatto venir meno la funzione riequilibratrice sottesa all’istituto dell’indennità (ossia l’esigenza che il locatore non si avvantaggi dell’incremento di valore creato dal conduttore) e richiama la sentenza n. 542/1989 con cui la Corte Cost. ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della L. n. 392 del 1978, art. 34 “nella parte in cui non prevede i provvedimenti della pubblica Amministrazione tra le cause di cessazione del rapporto di locazione che escludono il diritto del conduttore alla indennità per la perdita dell’avviamento”.

1.1. Il motivo è infondato in quanto l’ipotesi di cui si tratta non corrisponde a quella considerata dalla Corte Cost., che ha avuto riguardo al caso del provvedimento amministrativo che “privi sine die l’immobile dell’utilizzabilità economica, sia da parte del conduttore (…) sia da parte del locatore, che inutilmente ne riottiene la disponibilità”, ipotesi in cui viene meno la possibilità che il locatore “si arricchisca, senza causa propria, dell’incremento di valore incorporatosi nell’immobile per l’attività ivi svolta dal conduttore”, giacchè il recupero della disponibilità dell’immobile risulta “meramente astratto e formale, risolvendosi nella conservazione del titolo di proprietà spogliato del suo contenuto economico”.

Nel caso sottoposto all’esame di questa Corte, difetta invero tale inutilizzabilità sine die giacchè l’agibilità dell’immobile -sospesa a causa della mancata esecuzione di lavori di manutenzione straordinaria – era suscettibile di essere ripristinata con l’esecuzione degli interventi individuati come necessari dal c.t.u., con conseguente possibilità della locatrice di avvalersi del valore aggiunto costituito dall’avviamento creato dalla precedente conduttrice.

A ciò deve aggiungersi che la Corte Cost. ha sottolineato come la causa di forza maggiore determinante la fine alla locazione debba porsi “al di fuori dell’area di responsabilità del locatore”, facendo pertanto riferimento a quei provvedimenti amministrativi che non trovano causa nella responsabilità del locatore ed escludendo dunque – dall’area di operatività della pronuncia di incostituzionalità le ipotesi in cui – come nel caso in esame – sia stato lo stesso locatore a determinare la situazione che ha comportato l’inutilizzabilità dell’immobile.

2. Col secondo motivo (che deduce la violazione e falsa applicazione della L. n. 392 del 1978, art. 34 e degli artt. 1456 e 1460 c.c.), la ricorrente censura la Corte per non avere considerato che alla data della proposizione della domanda della conduttrice (28.6.2007) il contratto era già risolto di diritto per fatto e colpa della conduttrice ai sensi degli artt. 5 e 20 del contratto, contenenti una clausola risolutiva espressa correlata al “mancato pagamento anche di una sola rata del canone entro i primi venti giorni del mese”, e ciò in quanto la conduttrice non aveva pagato il canone a far data dal mese di aprile 2007; evidenzia come tale sospensione del pagamento non fosse giustificata dato che la conduttrice continuava a detenere l’immobile (che era stato rilasciato soltanto a seguito dell’ordinanza non impugnabile emessa dal Tribunale nel maggio 2008).

2.1. A prescindere dalla novità della questione (giacchè nelle fasi di merito era stata richiesta la risoluzione del contratto per morosità della conduttrice, ma non era stato dedotto che il contratto fosse cessato per effetto dell’esercizio di una clausola risolutiva espressa in data anteriore alla proposizione della domanda di risoluzione avanzata dalla società conduttrice), il motivo è infondato in quanto non risulta che, alla data in cui la conduttrice propose la domanda di risoluzione per inadempimento della locatrice, quest’ultima avesse dichiarato di volersi avvalere della clausola risolutiva espressa (dichiarazione necessaria – ex art. 1456 c.c., comma 2 – perchè possa prodursi l’effetto risolutivo).

Deve inoltre considerarsi che ogni questione concernente gli effetti della sospensione del pagamento dei canoni risulta preclusa a seguito della mancata impugnazione della sentenza di appello nella parte in cui ha escluso che potesse trovare accoglimento la domanda di pagamento dei canoni scaduti, in considerazione del fatto che la locatrice non aveva reso il bene fruibile per lo scopo cui era destinato; statuizione che vale a giustificare la sospensione totale del pagamento per essere venuta completamente a mancare la controprestazione della locatrice.

3. Il terzo motivo (che prospetta la violazione degli artt. 1456 e 1577 c.c.) censura la Corte laddove ha ritenuto non condivisibile l’affermazione che la conduttrice avrebbe dovuto, a proprie spese, sostenere le spese urgenti, anche se eccedenti la manutenzione straordinaria, salvo rivalsa nei confronti della proprietà; a dire della ricorrente sarebbe stato violato il principio di c.d. vicinanza della res (che “induce a ravvisare la concreta estensione soggettiva ed oggettiva dell’obbligo di vigilanza in ragione dell’interesse giuridico più direttamente coinvolto”) in quanto il soggetto maggiormente interessato, e quindi tenuto ad eseguire “in prima battuta” gli interventi necessari sull’immobile, era proprio la conduttrice.

3.1. Il motivo è manifestamente infondato se solo si considera che è il locatore ad essere tenuto a conservare la cosa in stato da servire all’uso convenuto (art. 1575 c.c.) e che l’art. 1577 c.c., prevede che il conduttore possa (e non anche debba) effettuare le riparazioni urgenti; peraltro, nel caso, non si trattava neppure di effettuare mere riparazioni, ma di compiere interventi di natura strutturale, rispetto ai quali non è certamente predicabile alcun obbligo di attivazione del conduttore diverso da quello di avviso al locatore.

4. Il quarto motivo investe (sotto il titolo “violazione e falsa applicazione… della L. n. 392 del 1978, art. 34 – ulteriori profili”) le statuizioni della sentenza che concernono gli interessi legali.

Sotto un primo profilo, la ricorrente censura la sentenza nella parte in cui ha dichiarato dovuti “dalla domanda al saldo” gli interessi legali sulla somma liquidata a titolo di indennità di avviamento; assume che, al contrario, gli interessi non iniziano a decorrere se non dal momento in cui è avvenuto il rilascio (effettuato, nel caso, a circa un anno di distanza dall’introduzione del giudizio).

Sotto altro profilo, la Cassa si duole – in relazione alla condanna alla restituzione del deposito cauzionale – che la Corte abbia affermato che “nel calcolo del deposito cauzionale, occorrerà tener conto degli interessi nel frattempo maturati che, per comodità di esposizione e di calcolo, non vengono qui considerati”: assume, infatti, che nulla era “dovuto a titolo di interessi poichè annualmente restituiti dalla C.I.P.A.G. (circostanze tutte dedotte in memoria difensiva)”, in conformità a quanto previsto dall’art. 17 del contratto di locazione.

4.1. Il motivo è fondato in relazione al primo profilo, alla luce del consolidato orientamento di legittimità secondo cui “in tema di locazione di immobili urbani adibiti ad attività commerciale, gli interessi sulla somma dovuta a titolo di indennità per la perdita dell’avviamento non cominciano a decorrere finchè non sia avvenuto, da parte del conduttore, il rilascio dell’immobile” (Cass. n. 10962/2010; conforme Cass. n. 4443/2014).

La sentenza va dunque cassata sul punto; non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito statuendosi che gli interessi sull’indennità per la perdita dell’avviamento commerciale sono dovuti dalla data di rilascio dell’immobile, avvenuto il (OMISSIS).

4.2. Il motivo è, invece, inammissibile in relazione al secondo profilo in quanto presuppone un accertamento in fatto (circa l’avvenuta restituzione, con cadenza annuale, degli interessi maturati sul deposito cauzionale) di segno opposto a quello implicitamente compiuto dalla Corte, che non è consentito in sede di legittimità.

5. Il quinto motivo concerne le statuizioni relative alla domanda di manleva proposta dalla ricorrente nei confronti del Supercondominio e censura la Corte – sotto il profilo dell'”omesso esame dei fatti” – per non avere tenuto conto dell’inevitabile peggioramento delle condizioni strutturali dell’immobile intervenuto negli anni trascorsi fra l’inizio della causa e l’espletamento della consulenza tecnica e, altresì, per avere “del tutto omesso di valutare la circostanza che i pilastri, principale motivo di doglianza della conduttrice e dei rilievi dei c.t.u., sono ex lege di proprietà comune e pertanto la responsabilità della omessa manutenzione non può che ricadere sul (OMISSIS) a nulla rilevando le iniziative assunte, o meno, dalla CIPAG, in suo confronto”.

5.1. Il motivo è eccentrico rispetto alla ratio decidendi, che si sostanzia nell’affermazione che la domanda di manleva “non è stata sufficientemente provata”, ed è volto a sollecitare una non consentita rivalutazione del merito (segnatamente alla luce delle risultanze della c.t.u.), peraltro basata sul presupposto della comproprietà dei pilastri che è recisamente negata dal Supercondominio: va pertanto dichiarato inammissibile.

6. In punto di spese di lite (da liquidare anche in relazione ai precedenti giudizi, ex art. 385 c.p.c., comma 2):

– nei rapporti fra la Cassa e la soc. Garage S. Teresa, le spese del 1^ e del 2^ grado vanno confermate a carico della CIPAG e liquidate nelle misure stabilite dal giudice di appello, fatta salva tuttavia la compensazione nella misura di 1/5; le spese del presente giudizio vanno compensate nella misura di 4/5 e poste, per il restante quinto, a carico della soc. Garage S. Teresa, nell’importo liquidato in dispositivo;

– nei rapporti fra la CIPAG e il (OMISSIS) (oggi (OMISSIS)), va confermata la compensazione integrale disposta dal giudice di appello in relazione ai gradi di merito; quanto al giudizio di legittimità, le spese vanno compensate per 4/5 mentre, per il residuo, seguono la soccombenza.

PQM

La Corte accoglie, per quanto di ragione, il quarto motivo, cassa in relazione e, decidendo nel merito, dispone che gli interessi legali sulla somma liquidata a titolo di indennità per la perdita dell’avviamento commerciale decorrano dalla data di rilascio dell’immobile; rigetta per il resto.

disposta la compensazione nella misura di un quinto, conferma per il resto la liquidazione delle spese effettuata dal giudice di appello a carico della Cassa Italiana di Previdenza ed Assistenza dei Geometri Liberi Professionisti in favore della soc. Garage S. Teresa; compensate nella misura di quattro quinti le spese del giudizio di legittimità, condanna la soc. Garage S. Teresa d.V.R. & P. s.n.c. in liquidazione a rifondere alla Cassa il restante quinto, liquidato in Euro 1.160,00 (di cui Euro 40,00 per esborsi), oltre rimborso spese forfettarie e accessori di legge;

confermata la compensazione disposta dal giudice di appello fra la Cassa e il Supercondominio, compensa per quattro quinti le spese del presente giudizio e condanna la Cassa a rifondere alla (OMISSIS) il restante quinto, liquidato in Euro 1.160,00 (di cui Euro 40,00 per esborsi), oltre rimborso spese forfettarie e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 8 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 4 aprile 2017

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