Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8676 del 12/04/2010

Cassazione civile sez. I, 12/04/2010, (ud. 26/11/2009, dep. 12/04/2010), n.8676

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – rel. Consigliere –

Dott. FITTIPALDI Onofrio – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

C.L., elettivamente domiciliato in Roma, via Clitunno 51, presso

l’avv. ONGARO FRANCO, che lo rappresenta e difende, insieme con

l’avv. Giancarlo Tonetto, del Foro di Venezia, giusta procura in

atti;

– ricorrente –

contro

S.L., elettivamente domiciliata in Roma, via Tagliamento

55, presso l’avv. DI PIERRO NICOLA, che la rappresenta e difende

insieme con l’avv. Alessandro Piergiovanni, del Foro di Venezia,

giusta procura in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte di appello di Venezia n. 1195/07, in

data 18 settembre 2007;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26 novembre 2009 dal relatore, cons. Dott. Stefano Schirò;

alla presenza del Pubblico Ministero, in persona del sostituto

procuratore generale, Dott. PIVETTI Marco, che nulla ha osservato.

LA CORTE:

A) rilevato che è stata depositata in cancelleria, ai sensi

dell’art. 380 bis c.p.c., la seguente relazione, comunicata al

Pubblico Ministero e notificata agli avvocati delle parti:

– IL CONSIGLIERE RELATORE, letti gli atti depositati.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. C.L. ha proposto ricorso per cassazione, sulla base di tre motivi, nei confronti di S.L. avverso la sentenza n. 1195/07 del 18 settembre 2007, con la quale la Corte di appello di Venezia ha respinto l’appello dal medesimo proposto avverso la sentenza del Tribunale di Venezia in data 22 gennaio 2007, che lo aveva condannato a corrispondere alla S. un assegno di divorzio nella misura mensile di Euro 1.000,00 ed un contributo per il mantenimento della figlia minore nella misura mensile di Euro 1.000,00, imponendo altresì al C. di sostenere nella misura di due terzi le spese straordinarie riguardanti la minore;

1.1. l’intimata S.L. ha resistito con controricorso.

Diritto

OSSERVA IN DIRITTO

2. con i tre motivi di censura il C., denunciando violazione di legge e vizio di motivazione, censura la sentenza impugnata;

2.1. per aver posto a suo carico, in misura prevalente, le spese straordinarie di mantenimento della figlia minore; al riguardo il ricorrente formula il quesito se, tenuto conto del contributo già dovuto per il mantenimento della figlia e delle sue attuali condizioni economiche, sia da lui dovuto, e in misura prevalente, il concorso nel sostenere le spese straordinarie per la figlia, come deciso dalla Corte Veneta (primo motivo);

2.2. per avere la Corte di merito escluso il diritto del padre non affidatario di interloquire sulle decisioni comportanti l’assunzione di spese straordinarie per la figlia minore; al riguardo si chiede alla Corte se il genitore non affidatario, onerato delle spese straordinarie da sostenere per la figlia, per di più in via prevalente, abbia diritto di concordare preventivamente con il coniuge affidatario la natura e l’ammontare degli oneri straordinari (secondo motivo);

2.3. per aver riconosciuto alla S. l’assegno di divorzio e per averlo comunque determinato in misura eccessiva; al riguardo si chiede se, alla luce delle risultanze processuali, sia dovuto l’assegno di mantenimento in favore della ex moglie e se il relativo importo, come determinato in sentenza, sia corretto (terzo motivo);

3. va premesso che la sentenza impugnata è stata pubblicata il 18 settembre 2007; di conseguenza il giudizio di cassazione cade sotto il regime processuale introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, ai sensi dell’art. 27, comma 2, del citato D.Lgs.; trova in particolare applicazione il disposto dell’art. 366 bis c.p.c., in forza del quale, nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4, l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere, a pena d’inammissibilità, con la formulazione di un quesito di diritto, mentre, nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena d’inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione;

4. ciò considerato, il primo motivo appare inammissibile, in quanto il quesito di diritto formulato si risolve nella mera richiesta di accoglimento del motivo, o comunque nell’interpello della Corte in ordine alla fondatezza della censura così come illustrata, ma non contiene la sintetica indicazione della regola di diritto applicata dal giudice di merito e della diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie (Cass. S.U. 2008/2658; Cass. 2008/19769; 208/24339); la censura svolta consiste comunque in una critica attinente al merito della controversia e all’apprezzamento, congruamente motivato, delle risultanze di causa compiuto dalla Corte di appello; inoltre, quanto al dedotto vizio di motivazione, il ricorrente non ha illustrato il motivo di censura con la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione, attraverso un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità e da evitare che all’individuazione di detto fatto controverso possa pervenirsi solo attraverso la completa lettura della complessiva illustrazione del motivo e all’esito di un’attività di interpretazione svolta dal lettore (Cass. S.U. 2007/20603; Cass. 2007/16002; 2008/8897);

4.1. il secondo motivo appare inammissibile, quanto alla formulazione del quesito di diritto e alla prospettazione del vizio di motivazione, per le medesime considerazioni svolte con riferimento al primo motivo; la doglianza appare comunque manifestamente infondata, in quanto, non avendo il ricorrente censurato la statuizione sull’affidamento esclusivo della figlia alla madre, deve ritenersi che l’esercizio della potestà genitoriale sia attribuito in via esclusiva al genitore affidatario, ai sensi della L. n. 898 del 1970, art. 6, comma 4, comprese le decisioni sulle spese di carattere straordinario (che non necessariamente coincidono con quelle di maggiore interesse, come riconosciuto dallo stesso ricorrente), in ordine alle quali il genitore non affidatario non ha pertanto diritto di interloquire, a meno che non attengano in concreto – ma sul punto il ricorrente nulla ha dedotto – a questioni di particolare interesse;

4.2. il terzo motivo appare inammissibile, quanto alla formulazione del quesito di diritto e alla prospettazione del vizio di motivazione, per le medesime considerazioni svolte con riferimento al primo motivo; la censura svolta consiste comunque in una critica attinente al merito della controversia e all’apprezzamento, congruamente motivato, delle risultanze di causa compiuto dalla Corte di appello;

5. alla stregua delle considerazioni che precedono e qualora il collegio condivida i rilievi in precedenza formulati, si ritiene che il giudizio possa essere trattato in camera di consiglio ai sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c.;

B) osservato che il ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., e che, a seguito della discussione sul ricorso tenuta nella camera di consiglio, il collegio ha condiviso le considerazioni esposte nella relazione, non inficiate dalle argomentazioni svolte dal C. nella memoria difensiva, non specificamente attinenti alle ragioni d’inammissibilità del ricorso per cassazione rilevate nella relazione stessa;

considerato che le osservazioni che precedono conducono alla dichiarazione d’inammissibilità del ricorso e che le spese del giudizio di cassazione, da liquidarsi come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, che si liquidano in Euro 2.100,00, di cui Euro 2.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 26 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 12 aprile 2010

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