Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8676 del 04/04/2017


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Cassazione civile, sez. III, 04/04/2017, (ud. 26/01/2017, dep.04/04/2017),  n. 8676

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 11386/2015 proposto da:

S.P.G., M.G., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA SISTINA 121, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE

PANUCCIO, che li rappresenta e difende giusta procura in calce al

ricorso;

nonchè da:

REGIONE CALABRIA in persona del legale rappresentante pro tempore il

Presidente della Giunta Regionale elettivamente domiciliato in ROMA,

VIALE GIULIO CESARE 61, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE

MARIA TOSCANO, rappresentato e difeso dall’avvocato DOMENICO GULLO

giusta procura speciale a margine del controricorso;

– ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 399/2014 della CORTE D’APPELLO di REGGIO

CALABRIA, depositata il 14/11/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/01/2017 dal Consigliere Dott. GIUSEPPINA LUCIANA BARRECA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARDINO Alberto, accoglimento del 3^ motivo di ricorso che assorbe i

successivi e assorbe il ricorso incidentale;

udito l’Avvocato GIUSEPPE PANUCCIO;

udito l’Avvocato ANGELA FATTORUSSO per delega.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con la sentenza impugnata, pubblicata il 14 novembre 2014, la Corte di Appello di Reggio Calabria ha accolto l’appello principale proposto dalla Regione Calabria nei confronti di M.G. e P.G.S. avverso la sentenza del Tribunale di Reggio Calabria del 30 settembre 2013.

Il giudice di secondo grado, ritenuto il difetto di legittimazione passiva della Regione Calabria, ha rigettato, in riforma della sentenza di primo grado, le domande proposte da M. e P. contro la Regione Calabria, quale soggetto succeduto ex lege all’Azienda Regionale per il Diritto allo Studio Universitario (ARDIS) di Reggio Calabria, relativamente al contratto di locazione in essere tra quest’ultima come conduttrice ed i predetti in qualità di locatori. Ha inoltre rigettato l’appello incidentale. Ha compensato le spese dei due gradi.

2. M.G. e P.G.S. propongono ricorso per cassazione con sette motivi, illustrati da memoria.

La Regione Calabria si difende con controricorso e propone ricorso incidentale con un motivo.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo del ricorso principale si deduce “violazione ed errata applicazione dell’art. 416 c.p.c., richiamato dall’art. 447 bis, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, con riferimento all’affermazione che la legittimazione passiva, che valuta il merito, possa essere dichiarata d’ufficio”.

I ricorrenti deducono che l’eccezione con la quale la Regione Calabria ha eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva, per non essere succeduta all’ARDIS nella titolarità del rapporto di locazione, è stata sollevata tardivamente in primo grado, poichè la Regione si è costituita alla prima udienza. Sostengono che, attenendo detta eccezione al merito della controversia, non sarebbe stata rilevabile d’ufficio ed avrebbe perciò dovuto essere sollevata, a pena di decadenza, con la comparsa di costituzione e risposta da depositarsi almeno dieci giorni prima dell’udienza fissata dal giudice per la comparizione delle parti, ai sensi dell’art. 416 c.p.c..

Censurano perciò la sentenza d’appello che ha ritenuto che l’eccezione di difetto di legittimazione passiva non soggiace alla disciplina ed alle preclusioni relative alle eccezioni riservate alle parti, ma si tratta di mera deduzione difensiva diretta a contrastare la sussistenza del fatto costitutivo del diritto azionato dall’attore, il cui difetto è rilevabile d’ufficio.

1.1.Questa statuizione è corretta, poichè conforme al principio di diritto per il quale “la carenza di titolarità, attiva o passiva, del rapporto controverso è rilevabile di ufficio dal giudice se risultante dagli atti di causa” affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza del 16 febbraio 2016 n. 2951, chiamata a dirimere il contrasto esistente sulla questione.

Il primo motivo del ricorso principale va perciò rigettato.

2. Con i motivi secondo, terzo e quarto i ricorrenti censurano la ratio decidendi della sentenza in merito al ritenuto difetto della titolarità passiva del rapporto controverso in capo alla Regione Calabria, per essere stato trasferito – a detta del giudice d’appello – dall’Azienda Regionale per il Diritto allo Studio Universitario (ARDIS) di Reggio Calabria all’Università Mediterranea di Reggio Calabria.

2.1. La Corte di Appello è pervenuta a questa conclusione sulla base del seguente ragionamento (che si espone riportando i testi di legge corretti, quali risultanti dal B.U. della Regione Calabria):

– con la L.R. 11 maggio 2007, n. 9 furono soppresse le Aziende regionali per il diritto allo studio (istituite con la L.R. 10 dicembre 2001, n. 34); della L. n. 9 del 2007, art. 11, comma 3 (come modificato dalla L.R. 13 giugno 2008, n. 15, art. 40) prevede:

“Fermo restando il sostegno finanziario della Regione, le funzioni svolte dalle Aziende regionali per il diritto allo studio istituite ai sensi della L.R. 10 dicembre 2001, n. 34 e successive modifiche ed integrazioni, sono trasferite alle Università territorialmente competenti sulla base di apposite convenzioni sottoposte all’approvazione della Giunta regionale su proposta dell’Assessore competente”;

– in base alla stessa norma, le convenzioni avrebbero dovuto “prevedere la rendicontazione annuale degli obiettivi e dei risultati raggiunti da trasmettere al competente Dipartimento regionale”;

– ed, ancora, “con la conseguente estinzione delle Aziende regionali” sarebbero cessati “gli effetti dei contratti e di ogni altra convenzione stipulata dalle soppresse Aziende Regionali, eccetto quelli fatti salvi nelle suddette convenzioni”;

– la sottoscrizione delle convenzioni avrebbe reso effettiva la soppressione delle ARDIS (a decorrere dalla data di ciascuna convenzione, ai sensi della L.R. n. 9 del 2007, art. 11, comma 4, non espressamente richiamato in sentenza);

– in attuazione di tale normativa, la Regione Calabria e l’Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria stipularono la convenzione (atto n. 3841 rep.) in data 29 ottobre 2009, che prevedeva (art. 12) la cessazione degli effetti dei contratti e di ogni altra convenzione di cui fosse parte l’ARDIS (con decorrenza dal 1 gennaio 2010), fatta eccezione per una serie di rapporti specificamente indicati per i quali era pattuito il subentro dell’Università (tra cui non vi era quello oggetto del presente giudizio), mentre restava a carico della Regione il contenzioso già pendente alla data della stipula della convenzione, come individuato in una tabella allegata alla convenzione, o che fosse scaturito da “rapporti anteriori alla sua stipula”;

– in tale quadro interveniva la L.R. 11 agosto 2010, n. 23 (“Assestamento del bilancio di previsione della Regione Calabria per l’esercizio finanziario 2010 e del bilancio pluriennale 2010-2012 a norma della L.R. 4 febbraio 2002, n. 8, art. 22”), della quale in sentenza viene trascritto per intero l’art. 12 e viene valorizzata la destinazione all’Università Mediterranea di Reggio Calabria, tra l’altro, della somma di Euro 1.392.814,51 “per far fronte agli oneri derivanti dal contenzioso già pendente alla data di completamento delle operazioni di liquidazione dell’ARDIS di Reggio Calabria o che trovi comunque fondamento nelle attività pregresse dell’Agenzia”;

– la legge, secondo la Corte di Appello, fornirebbe “”copertura” normativa al subentro dell’Università Mediterranea nel contenzioso scaturente dai rapporti instaurati in precedenza dall’ARDIS” (pag. 7 della sentenza), quale è il presente, scaturito da contratto di locazione del 30 dicembre 2005;

– la Delib. Giunta 24 gennaio 2011, (n. 27), che ha approvato lo schema di patto integrativo della convenzione del 29 ottobre 2009, e la stipula di questo patto integrativo il 23 febbraio 2011 (atto n. 162 rep.) avrebbero consentito, secondo la Corte di Appello, il subentro “sostanziale e processuale” dell’Università contestualmente alla sottoscrizione dell’accordo e, modificando la convenzione del 2009, avrebbero attuato “il subentro dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria, tanto sul versante sostanziale che su quello processuale, negli oneri derivanti dal contenzioso scaturito dai pregressi rapporti dell’ARDIS, peraltro in coerenza con il passaggio delle funzioni previsto dalla legge di soppressione del 2007” (pag. 8 della sentenza);

– pertanto, essendo stato il presente giudizio introdotto con ricorso dell’8 marzo 2011, i ricorrenti, titolari di un rapporto di locazione fondato su un contratto stipulato dall’ARDIS in qualità di conduttrice il 30 dicembre 2005, avrebbero dovuto proporre le domande giudiziali relative a questo rapporto nei confronti dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria, e non della Regione Calabria.

2.2.- Col secondo motivo di ricorso si censura questa conclusione, deducendo violazione ed errata applicazione dell’art. 1268 c.c., anche in correlazione con l’art. 1406 c.c.. I ricorrenti premettono che, rispetto alle obbligazioni nascenti dal contratto stipulato dalla propria Azienda (ARDIS), la Regione Calabria, dopo la soppressione di questa, avrebbe assunto la qualità di debitore nei confronti dei locatori M. e P., sia in forza della legge n. 9 del 2007 che in forza della convenzione 29 ottobre 2009. Sostengono quindi che l’ente regionale non si sarebbe potuto liberare delle proprie obbligazioni cedendo i debiti, sorti dal contratto, all’Università Mediterranea in forza di una convenzione con quest’ultima (in particolare, il patto n. 162 rep. del 23 febbraio 2011, definito “integrativo” della precedente convenzione), a cui i creditori non hanno partecipato e che non hanno accettato (che perciò potrebbe avere rilevanza soltanto interna).

2.3.- Col terzo motivo si deduce violazione ed errata applicazione dell’art. 1273 c.c., perchè il patto integrativo del 23 febbraio 2011 (indicato in ricorso anche con la data della Delib. Giunta 24 gennaio 2011), ove non rientrante nelle previsioni di cui al precedente motivo, sarebbe disciplinato dall’art. 1273 c.c.. La RegioneCalabria avrebbe convenuto con un soggetto terzo, l’Università Mediterranea, che questi avrebbe assunto i debiti nei confronti dei terzi creditori, M. e P., i quali però non hanno liberato la Regione nè hanno aderito alla convenzione.

2.4.- Col quarto motivo si deduce violazione ed errata applicazione dell’art. 117 Cost., con riferimento alla L.R. 11 agosto 2010, n. 23, art. 12, ritenuta prevalente agli artt. 1268, 1273 e 1406 c.c. e pertanto del precetto costituzionale in relazione al quale non è consentito al legislatore regionale di modificare la normativa statale.

I ricorrenti censurano l’affermazione del giudice d’appello secondo cui la legge regionale indicata in rubrica avrebbe fornito “copertura” normativa al subentro dell’Università Mediterranea alla Regione Calabria. Evidenziano come, così interpretata, la legge si porrebbe in contrasto col precetto costituzionale che riserva allo Stato la potestà legislativa in materia di diritto privato (nella specie, le norme che prevedono l’autonomia contrattuale, i suoi limiti in riferimento ad un contratto tipico quale è il contratto di locazione nonchè le obbligazioni ed i relativi modi di estinzione e di cessione).

In subordine, è sollevata questione di legittimità costituzionale della legge regionale come interpretata dalla Corte di Appello di Reggio Calabria.

3. I motivi, che vanno esaminati congiuntamente per evidenti ragioni di connessione, sono fondati.

La Corte d’appello ha errato nell’interpretare la legislazione regionale (alla quale d’ora innanzi si farà riferimento, tenendo presente il testo delle norme sopra riportato).

La L.R. Calabria 11 maggio 2007, n. 9, art. 11, comma 3, così come modificato dalla L.R. 13 giugno 2008, n. 15, art. 40, comma 1, detta la disciplina che sarebbe seguita alla soppressione delle Aziende Regionali per il Diritto allo Studio Universitario (ARDIS), in correlazione col comma 4. Quest’ultimo, a sua volta, prevedeva la soppressione delle Aziende (istituite per ciascuna delle Università aventi sede nella Regione) come decorrente, per ogni Azienda, dalla sottoscrizione della convenzione tra la Regione e le Università territorialmente competenti.

Per comprendere e completare il quadro normativo di riferimento va, inoltre, richiamata la legge regionale istitutiva delle ARDIS, del 10 dicembre 2001, n. 34 (e succ. mod.), il cui art. 4 definiva le Aziende come “organismi regionali di gestione” ed i cui articoli successivi ne dettavano regime giuridico e compiti.

Essendo state le Aziende così istituite dalla Regione Calabria onde perseguire finalità e prestare servizi di interesse regionale, con il sostegno economico della Regione, non può che essere questo l’ente pubblico di riferimento anche per le vicende seguite alla loro soppressione.

Si vuole con ciò significare che la legge regionale non avrebbe mai potuto prevedere in via autoritativa alcun subentro o successione delle Università alla Regione Calabria, attesa l’autonomia dei rispettivi ambiti istituzionali ed ordinamentali.

La L. n. 9 del 2007 e succ. mod., infatti, si è limitata a prevedere, all’art. 11, comma 3, che le “funzioni”, già affidate alle ARDIS dalla Regione Calabria, ma facenti capo alla Regione medesima, dopo la soppressione delle Aziende sarebbero state “trasferite” alle Università territorialmente competenti sulla base di convenzioni. Trattandosi, come detto, di compiti e servizi di interesse regionale, la stessa legge ha previsto che restasse fermo il sostegno finanziario della Regione; che le convenzioni fossero approvate dalla Giunta regionale; che vi fosse una rendicontazione annuale (di obiettivi e risultati raggiunti) a carico delle Università, da concordare in sede di convenzione.

Pertanto, solo appositi accordi tra Regione e singola Università avrebbero potuto attribuire alle Università convenzionate, oltre ed in correlazione alle dette funzioni, anche facoltà ed obblighi, che la Regione non avrebbe potuto certo imporre loro per legge.

Coerentemente, nella sua prima versione, la L. n. 9 del 2007, non prevedeva alcunchè in merito ai rapporti pendenti (fatti salvi quelli del personale impiegato a tempo indeterminato). Soltanto con la modifica apportata dalla L. n. 15 del 2008, art. 40, si è aggiunta dell’art. 11, comma 3, la previsione della cessazione degli “effetti dei contratti” stipulati dalle ARDIS, eccetto quelli fatti salvi nelle convenzioni (ciò, evidentemente al fine di consentire alle parti in sede di convenzione di individuare i rapporti nei quali le Università avrebbero avuto interesse a succedere).

Nulla, invece, è detto nella legge in merito al contenzioso futuro od in corso alla data di soppressione di ciascuna ARDIS.

Va perciò escluso che ci sia una previsione delle leggi regionali fin qui esaminate che consenta di affermare che le Università territorialmente competenti siano subentrate, per legge, sia nelle funzioni, sia nei contratti e nei rapporti pendenti di cui fossero parte le ARDIS ovvero nel contenzioso pendente o futuro avente ad oggetto questi rapporti.

3.1. La Corte d’appello ha rinvenuto una siffatta “copertura” normativa nella L.R. 11 agosto 2010, n. 23, art. 12 (“Destinazione delle somme restituite dall’ARDIS di Reggio Calabria”), laddove prevede la destinazione dell’importo sopra specificato, per fare fronte agli oneri derivanti dal contenzioso già pendente alla data di completamento delle operazioni di liquidazione dell’ARDIS di Reggio Calabria o che trovi comunque fondamento nelle attività pregresse dell’Agenzia.

La norma fornisce indubbiamente una “copertura” all’operato dell’Università, ma di carattere squisitamente economico, in ossequio alla previsione di cui all’incipit della L. n. 9 del 2007, art. 11, comma 3, ed in coerenza con le finalità della L.R. n. 23 del 2010 (che riguarda i bilanci regionali). D’altronde, anche l’interpretazione letterale è coerente con la dichiarata ratio legis.

Si tratta della quantificazione (nel dettaglio) dell’impegno preso dalla Regione Calabria (in via di principio già contenuto nella legge del 2007), per sostenere economicamente l’Università Mediterranea di Reggio Calabria se ed in quanto si fosse fatta carico di assumere su di sè il contenzioso predetto.

A conferma di questa conclusione sta il comma 2, dell’art. 12 della Legge del 2010 che subordina l’erogazione dell’importo all'”adozione degli atti necessari a formalizzare l’impegno da parte dello stesso Ateneo a subentrare sostanzialmente e processualmente nel contenzioso in argomento”.

Va infatti ricordato che, alla data di approvazione della legge regionale del 2010, era ancora in vigore la prima delle due convenzioni stipulate tra la Regione Calabria e l’Università Mediterranea (n. 3841 rep. del 29 ottobre 2009), in forza della quale il detto contenzioso era stato lasciato a carico della Regione.

Quando col c.d. patto integrativo n. 162 rep. del 23 febbraio 2011 si stabilì che l’Università Mediterranea sarebbe “subentra(ta) sostanzialmente e processualmente nel contenzioso (…)” già pendente o fondato sulle attività pregresse dell’Azienda, le parti si accordarono riproducendo, anche letteralmente, quanto previsto dalla legge regionale di recente approvazione. Tuttavia, non fu questa legge a disciplinare il subentro, ma soltanto la convenzione, nel presupposto che, accollandosi l’onere del contenzioso, l’Università sarebbe stata comunque “coperta” dallo stanziamento inserito nella legge di bilancio.

Si sono già dette le ragioni per le quali l’ente regionale non avrebbe potuto prevedere in una propria legge oneri a carico di un soggetto estraneo all’ordinamento regionale, come l’Università.

A quelle ragioni vanno aggiunte – nella prospettiva ulteriore dei terzi coinvolti in quel contenzioso, in quanto parti dei rapporti controversi, cui la seconda convenzione riferisce il subentro “sostanziale” oltre che processuale dell’Università – le ragioni esposte nel quarto motivo di ricorso. L’ordinamento di diritto privato si pone come limite alla legislazione regionale, ai sensi dell’art. 117 Cost., lett. l). Su questa disposizione costituzionale si è ripetutamente espressa la Consulta, sia al fine di precisare, in generale, lo scopo del limite (fondato sull’esigenza, sottesa al principio costituzionale di uguaglianza, di garantire nel territorio nazionale l’uniformità della disciplina dettata per i rapporti fra privati) sia al fine di escludere dalla legislazione regionale specialmente la disciplina dei rapporti contrattuali (fatto salvo qualche adattamento in ambito regionale, in casi eccezionali e nel rispetto del criterio della ragionevolezza).

Comunque, nel caso di specie, in riferimento alla L.R. n. 23 del 2010, art. 12, commi e 2, non è nemmeno necessario ricorrere al criterio dell’interpretazione costituzionalmente orientata (ed, a maggior ragione, nessuna questione di legittimità costituzionale è prospettabile), atteso quanto detto sopra sull’effettiva portata delle norme.

In conclusione, va escluso che le Università siano individuate per legge come soggetti succeduti alle ARDIS nei contratti e nel contenzioso pendenti alla data della soppressione delle Aziende. La Regione Calabria, una volta soppresse le proprie Aziende, è rimasto unico soggetto di riferimento quanto alla titolarità delle funzioni loro assegnate (tanto da poterle “trasferire” poi alle Università in forza di convenzioni), nonchè quanto alla successione nei contratti, nei rapporti e nel contenzioso pendenti (restando qui impregiudicata la questione interpretativa dell’art. 11, comma terzo, quanto alla previsione della “cessazione degli effetti” dei contratti in corso).

4.- Corollario di questa conclusione non può che essere l’inopponibilità ai terzi (già parti di rapporti contrattuali intrattenuti con le soppresse Aziende regionali) delle convenzioni stipulate dalla Regione con le Università.

Poichè si tratta di un corollario che prescinde dall’accertamento dei fatti, ed involge soltanto questioni di diritto, non coglie nel segno l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dalla resistente, sia sotto il profilo della novità della questione sia sotto il profilo del difetto di autosufficienza.

Ed invero, una volta esclusa la successione per legge, le convenzioni tra Regione ed Università, pur se stipulate tra due soggetti a natura pubblica e pur se previste da una legge regionale, restano accordi rilevanti ed efficaci soltanto nei rapporti tra le parti stipulanti. Fatti salvi l’intervento o la chiamata nei giudizi pendenti dell’Università, nei limiti consentiti dall’art. 111 c.p.c., le convenzioni, per essere opposte ai terzi, debbono essere da questi conosciute ed accettate.

Gli effetti (della mancanza) di questa accettazione da parte del terzo contraente, in riferimento al contenuto ed agli effetti della convenzione del 23 febbraio 2011 stipulata inter alios – quindi la riconducibilità della fattispecie alla prospettazione fatta col secondo ovvero, in alternativa, col terzo motivo di ricorso – dipendono, caso per caso, dalla verifica delle pretese oggetto del contenzioso, rilevando la cessione del contratto (quindi, la successione nel rapporto) se si tratta di pretese che in questo trovano il loro fondamento ovvero rilevando, in alternativa, il solo accollo del debito, ove si prescinda dalla disciplina contrattuale. In entrambi i casi, comunque, è da escludere che il contraente e debitore principale, Regione Calabria, possa essere liberata dalle proprie obbligazioni senza il consenso del terzo, necessario sia ai sensi dell’art. 1406 c.c., che ai sensi dell’art. 1273 c.c..

In conclusione, rigettato il primo motivo, vanno accolti il secondo terzo e quarto.

La sentenza impugnata va cassata. Restano assorbiti i restanti motivi del ricorso principale (attinenti al merito delle domande dei ricorrenti) ed il ricorso incidentale (attinente alla domanda di restituzione alla Regione di quanto versato in esecuzione della sentenza di primo grado).

In particolare, resta demandata al giudizio di rinvio la questione interpretativa della L. n. 9 del 2007, art. 11, comma 3, ultimo inciso, riguardante la “cessazione degli effetti” dei contratti che, non previsti nelle convenzioni, hanno comunque dato adito al contenzioso relativo alle modalità di quella cessazione ed alle conseguenze sul rapporto. Questo è l’oggetto dei motivi dell’appello principale e dell’appello incidentale non esaminati dal giudice per l’infondata affermazione del difetto di legittimazione passiva della Regione Calabria.

Le parti vanno quindi rimesse dinanzi alla Corte d’appello di Reggio Calabria, in diversa composizione, che, ritenuta la legittimazione passiva della Regione Calabria, dovrà esaminare detti motivi.

Si rimette al giudice del rinvio anche la decisione sulle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte, decidendo sui ricorsi, principale ed incidentale, rigetta il primo motivo del ricorso principale; accoglie i motivi secondo, terzo e quarto; dichiara assorbiti i restanti motivi del ricorso principale ed il ricorso incidentale.

Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Reggio Calabria, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 26 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 4 aprile 2017

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