Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8672 del 09/04/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 8672 Anno 2013
Presidente: LA TERZA MAURA
Relatore: FILABOZZI ANTONIO

ORDINANZA
ul ricorso 6578-2011 proposto da:
AMOROSI MARCO MRSMRC75S02H501Y, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA POMPEO TROGO 21, presso lo studio
dell’avvocato FARAMONDI MARIO, che lo rappresenta e difende,
giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente contro
CURCIO MASSIMO;

– intimato avverso la sentenza n. 8392/2009 della CORTE D’APPELLO di
ROMA del 6.11.09, depositata 1’8/03/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
28/02/2013 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO FILABOZZI.

Data pubblicazione: 09/04/2013

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. MARIO

pu

FRESA.

Ric. 2011 n. 06578 sez. ML – ud. 28-02-2013
-2-

r.g. n. 6578/2011 Amorosi Marco c. Curcio Massimo
Oggetto: subordinazione

ORDINANZA
Atteso che è stata depositata relazione del seguente contenuto:
“1. Con sentenza del 8.3.2010 la Corte di Appello di Roma, riformando parzialmente la sentenza impugnata, ha riconosciuto l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra Massimo

Curcio e Marco Amorosi per il periodo 15.10.1999 al 23.6.2000 con mansioni di consegna
della merce ai clienti e vendita dei prodotti, condannando l’appellato al pagamento delle
somme dovute all’appellante a titolo di differenze retributive, mensilità aggiuntive e trattamento di fine rapporto. A tali conclusioni la Corte territoriale è pervenuta ritenendo che fosse
stato dimostrato lo stabile inserimento del lavoratore nell’organizzazione aziendale
dell’Amorosi, l’assenza di alcuna autonomia da parte del Curcio, la corresponsione di una retribuzione mensile, l’assenza di qualsiasi rischio d’impresa a carico del lavoratore e l’obbligo
di osservare un determinato orario di lavoro. Con la stessa sentenza la Corte d’appello ha respinto la domanda del lavoratore relativa al compenso del lavoro straordinario e alla mancata
fruizione di ferie e permessi ed ha confermato la statuizione del Tribunale con la quale era
stata accolta la domanda riconvenzionale proposta dall’Amorosi per ottenere la condanna del
Curcio al risarcimento del danno e al pagamento dell’indennità sostitutiva del preavviso;
2. Avverso tale sentenza ricorre per cassazione Marco Amorosi affidandosi a due motivi di
ricorso;
L’intimato non ha svolto attività difensiva;
3. Il ricorso va qualificato come inammissibile o manifestamente infondato, essendosi il ricorrente limitato a formulare una serie di critiche che – anche per quanto riguarda le denunciate
violazioni di norme di diritto – si risolvono sostanzialmente nella contestazione diretta della
valutazione delle prove fatta dalla Corte d’appello, ovvero in una mera contrapposizione rispetto alla valutazione di merito operata dal giudice di merito, inidonea a radicare un deducibile vizio di legittimità di quest’ultima; dovendo ricordarsi, al riguardo, che, come è stato più
volte affermato da questa Corte, la deduzione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata con ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale sottoposta al suo esame, bensì la sola facoltà di
controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito. Ciò comporta che il controllo sulla motivazione
non può risolversi in una duplicazione del giudizio di merito e che alla cassazione della sen-

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_
í tenza impugnata debba giungersi non per un semplice dissenso dalle conclusioni del giudice
di merito, ma solo in caso di motivazione contraddittoria o talmente lacunosa da risultare sostanzialmente incomprensibile o equivoca. Il vizio di omessa, insufficiente o contraddittoria
motivazione denunciabile con ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c., ricorre,
dunque, soltanto quando nel ragionamento del giudice di merito sia riscontrabile il mancato o
insufficiente esame di punti decisivi della controversia, prospettati dalle parti o rilevabili
d’ufficio, ovvero un insanabile contrasto tra le argomentazioni adottate, tale da non consentire

l’identificazione del procedimento logico-giuridico posto a base della decisione, mentre tale
vizio non si configura allorché il giudice di merito abbia semplicemente attribuito agli elementi valutati un valore e un significato diversi dalle aspettative e dalle deduzioni di parte
(cfr. ex plurimis Cass. n. 10657/2010, Cass. n. 9908/2010, Cass. n. 27162/2009, Cass. n.
16499/2009, Cass. n. 13157/2009, Cass. n. 6694/2009, Cass. n. 42/2009, Cass. n. 17477/2007,
Cass. n. 15489/2007, Cass. n. 7065/2007, Cass. n. 1754/2007, Cass. n. 14972/2006, Cass. n.
17145/2006, Cass. n. 12362/2006, Cass. n. 24589/2005, Cass. n. 16087/2003, Cass. n.
7058/2003, Cass. n. 5434/2003, Cass. n. 13045/97, Cass. n. 3205/95). E tutto ciò a prescindere dalla considerazione che, come questa Corte ha pure ripetutamente affermato, in tema di
prova spetta in via esclusiva al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio
convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere tra le complessive risultanze del processo quelle ritenute maggiormente idonee
a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, assegnando prevalenza all’uno o all’altro dei
mezzi di prova acquisiti, nonché di escludere anche attraverso un giudizio implicito la rilevanza di una prova, dovendosi ritenere, a tal proposito, che egli non sia tenuto ad esplicitare,
per ogni mezzo istruttorio, le ragioni per cui lo ritenga irrilevante ovvero ad enunciare specificamente che la controversia può essere decisa senza necessità di ulteriori acquisizioni (cfr. ex
plurimis, Cass. n. 16499/2009);
4. Nella specie, il ricorrente, lungi dal denunciare lacune o effettive contraddizioni logiche
nella motivazione che sorregge l’accertamento di fatto sul quale è fondata la decisione impugnata, si limita a prospettare – inammissibilmente – una diversa ricostruzione dei medesimi
fatti, proponendone un giudizio valutativo parimenti diverso; e tutto ciò a prescindere dalla
pur di per sé assorbente considerazione che nel ricorso non viene riportato il contenuto integrale delle deposizioni testimoniali che sarebbero state erroneamente o non adeguatamente interpretate dal giudice di merito (con violazione, quindi, del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, in forza del quale il ricorrente che deduca l’omessa o insufficiente motivazione della sentenza impugnata per mancata o erronea valutazione di alcune risultanze pro-

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batorie ha l’onere di specificare, trascrivendole integralmente, le prove non o male valutate,
nonché di indicare le ragioni del carattere decisivo delle stesse: cfr. ex plurimis Cass. n.
4205/2010, Cass. n. 3507/2010);
5. Del tutto inconferente è poi la censura relativa al rigetto della domanda risarcitoria, posto
che la sentenza impugnata, rigettando sul punto l’appello del Curcio, ha espressamente confermato la statuizione della sentenza di primo grado con cui è stata accolta (e non rigettata) la
domanda risarcitoria formulata in via riconvenzionale dall’Amorosi;

consiglio, ai sensi degli artt. 375 e 380 bis codice procedura civile, e dichiarato inammissibile
o manifestamente infondato”;
Atteso che il Collegio condivide e fa proprie le considerazioni svolte nella relazione che precede e
che, pertanto, il ricorso va rigettato ai sensi degli artt. 375 n. 5 e 380 bis c.p.c.:
Considerato, infine, che, non avendo l’intimato svolto attività difensiva, non vi è luogo a provvedere in ordine alle spese del giudizio di legittimità;

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso, nulla per le spese.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 28 febbraio 2013,

Il Presidente

6. Che ove si condividano i testé formulati rilievi, il ricorso può essere trattato in camera di

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