Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8672 del 04/04/2017


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Cassazione civile, sez. III, 04/04/2017, (ud. 19/01/2017, dep.04/04/2017),  n. 8672

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 15684-2015 proposto da:

C.E., C.G., C.F.,

C.C., C.M.R., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA G

MAZZINI 11, presso lo studio dell’avvocato PASQUALE DI RIENZO,

rappresentati e difesi dall’avvocato STANISLAO DE SANTIS giusta

procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

REGIONE CALABRIA, in persona del Presidente della Giunta Regionale

On.le O.G.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

SABOTINO 12, presso lo studio dell’avvocato GRAZIANO PUNGI’,

rappresentata e difesa dall’avvocato ANTONELLA COSCARELLA giusta

procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 87/2015 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 13/02/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/01/2017 dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA CIRILLO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE Tommaso, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato STANISLAO DE SANTIS;

udito l’Avvocato ANTONELLA COSCARELLA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il Tribunale di Catanzaro ingiunse alla Regione Calabria il pagamento della somma di Euro 109.747,70 in favore di F., C., M.R., E. e C.G., a titolo di occupazione ed oneri condominiali per l’anno 2008, relativi ad un immobile condotto in locazione e non restituito nonostante il recesso anticipato.

Avverso il decreto propose opposizione la Regione Calabria e nel giudizio si costituirono i C., chiedendo il rigetto della stessa e la conferma del decreto.

Il Tribunale rigettò l’opposizione e condannò la Regione al pagamento delle spese di lite.

2. La pronuncia è stata impugnata dalla Regione soccombente e la Corte d’appello di Catanzaro, con sentenza del 13 febbraio 2015, in riforma di quella di primo grado, ha accolto l’opposizione, ha revocato il decreto ingiuntivo ed ha compensato integralmente tra le parti le spese dei due gradi di giudizio.

Ha osservato la Corte territoriale che doveva ritenersi non in contestazione la circostanza secondo cui la comunicazione, in data 30 agosto 2007, con la quale la Regione aveva invitato i locatori a riprendere il possesso dell’immobile non era stata da loro ricevuta. Ai fini della valutazione della regolarità della restituzione, quindi, l’attenzione andava concentrata sul telegramma, inviato in data 17 dicembre 2007, con cui la Regione conduttrice dell’immobile aveva invitato i C. a presentarsi il successivo 19 dicembre presso i locali in questione “per la constatazione dello stato d’uso e la riconsegna”. A quel telegramma i locatori avevano dato riscontro, dichiarandosi non disponibili a causa della impossibilità di far presenziare alla riconsegna un tecnico di loro fiducia per la verifica dello stato dell’immobile locato.

Poichè il decreto ingiuntivo era stato emesso ai sensi dell’art. 1591 c.c., doveva essere stabilito se l’offerta di restituzione compiuta dalla Regione potesse ritenersi idonea ai sensi dell’art. 1220 c.c., cioè come offerta non formale. Richiamata la giurisprudenza di legittimità sulle condizioni affinchè simile offerta possa essere tale da evitare la mora del debitore (conduttore), la Corte calabrese ha osservato che il termine di preavviso di soli due giorni poteva tuttavia, in considerazione della globalità del quadro probatorio esistente, essere considerato idoneo, mentre il comportamento non collaborativo dei locatori era da ritenere contrario al principio di buona fede di cui all’art. 1375 c.c.. Da un lato, infatti, l’offerta di riconsegna era stata formalizzata in termini corretti; dall’altro i locatori “avrebbero potuto invitare altro tecnico a presenziare sui luoghi, ovvero accettare l’immobile con riserva di valutazione circa il suo stato”. La non disponibilità dei locatori alla riconsegna, del resto, non era stata affiancata da alcuna diversa proposta, nè gli stessi, nel riscontrare il suindicato telegramma, avevano ipotizzato l’esistenza di sicuri danni all’immobile.

Alla luce di tale quadro la Corte ha considerato irrilevante l’ulteriore circostanza, pure di per sè significativa, per cui l’effettiva disponibilità dell’immobile in capo ai locatori risultava dall’apposizione di un cartello con la scritta “vendesi” collocato su di un balcone.

In conclusione, quindi, la Corte d’appello ha ritenuto che l’offerta non formale della Regione fosse idonea e sufficiente ad evitare la mora del debitore, con conseguente revoca dell’opposto decreto ingiuntivo.

3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Catanzaro propongono ricorso F., C., M.R., E. e C.G., con unico atto affidato a sei motivi.

Resiste la Regione Calabria con controricorso.

I ricorrenti hanno depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione degli artt. 1591, 1216, 1220 e 1375 c.c. e dei principi in tema di offerta non formale.

Osservano i ricorrenti che, una volta comunicata alla Regione la indisponibilità dei locatori alla restituzione del bene per la data del 19 dicembre 2007, la parte conduttrice non aveva dato alcun seguito alla vicenda, omettendo di riconsegnare il bene in seguito; tanto che alla data del 2 maggio 2009, quando fu presentato il ricorso per ingiunzione, la Regione Calabria continuava a detenere l’immobile. La sentenza, facendo confusione tra la tempestività e la puntualità, non avrebbe valutato che, essendo stato comunicato il recesso anticipato in data 5 febbraio 2007, l’offerta avrebbe dovuto essere fatta entro il mese di agosto, non potendosi ritenere tempestiva un’offerta compiuta a quattro mesi di distanza dalla scadenza di quel termine.

2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione degli artt. 1590 e 1591 in relazione all’art. 1216 c.c., in ordine all’efficacia liberatoria dell’offerta non formale.

Ritengono i ricorrenti che la sentenza in esame abbia violato i principi in tema di restituzione dell’immobile locato, in quanto la presunta idoneità dell’offerta non formale non avrebbe considerato che, per costante giurisprudenza, l’obbligazione di restituzione può considerarsi adempiuta quando il locatore sia stato messo nel pieno possesso dell’immobile. Diversamente, mancando una valida offerta non formale, il conduttore avrebbe dovuto compiere, per essere liberato, un’offerta formale ai sensi dell’art. 1216 c.c..

3. Con il terzo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione dell’art. 75 disp. att. c.c., comma 1 nonchè dell’art. 12 preleggi.

Osservano i ricorrenti che la sentenza in esame avrebbe affermato in modo errato che non vi sono criteri oggettivi per valutare l’idoneità del termine offerto per la riconsegna del bene. L’art. 75 cit., da assumere, almeno in via mediata, come norma di riferimento, stabilisce invece che l’intimazione, per essere valida ai fini dell’offerta e della mora, deve concedere al creditore un termine non minore di tre giorni, mentre nella specie ne erano stati concessi soltanto due, con evidente invalidità dell’offerta non formale.

4. Con il quarto motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione dell’art. 1220 c.c., u.c..

I ricorrenti rilevano che la Corte di merito avrebbe errato nel negare applicazione al principio giurisprudenziale secondo cui il locatore può rifiutarsi di ricevere il bene locato quando vi siano danni a carico dello stesso. La risposta inviata al telegramma del 17 dicembre 2007, infatti, faceva un chiaro riferimento alla necessità che alla riconsegna del bene fosse presente un tecnico di fiducia dei locatori, proprio allo scopo di accertare la situazione e l’esistenza dei danni lamentati da costoro.

5. Con il quinto motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, che sono stati oggetto di discussione tra le parti.

Osservano i ricorrenti che la Corte d’appello non avrebbe tenuto nella dovuta considerazione una serie di circostanze documentate dal carteggio intercorso tra le parti. In particolare, risulta che i C. inviarono alla Regione Calabria alcune comunicazioni (23 febbraio 2009, 26 gennaio 2010 e 3 marzo 2010) con le quali, nel lamentare la mancata restituzione effettiva dell’immobile, invitarono la controparte a fissare un’altra data, minacciando azioni legali. L’effettiva reimmissione in possesso avvenne soltanto il successivo 29 gennaio 2012, tramite ufficiale giudiziario, e in quell’occasione risultò evidente il grave degrado dell’immobile. Ne consegue, secondo i ricorrenti, che essi legittimamente avevano rifiutato l’offerta non formale del dicembre 2007.

6. Con il sesto motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione degli artt. 1175 e 1375 c.c., dell’art. 115 c.p.c., comma 2, e del principio di buona fede nell’esecuzione dei contratti.

Osservano i ricorrenti che la sentenza impugnata avrebbe errato nel muovere a carico dei locatori un addebito di violazione delle regole della buona fede contrattuale. Risulta da quanto detto, infatti, che il bene immobile fu restituito solo dietro attivazione di un’iniziativa giudiziaria culminata nell’accesso forzoso nell’immobile; non si comprende, quindi, quale mancanza di spirito di cooperazione possa essere mossa ai proprietari.

7. I sei motivi di ricorso, nonostante siano tra loro differenti, possono essere trattati congiuntamente, con le specificazioni necessarie in relazione alle singole doglianze, posto che essi ruotano tutti intorno all’unica questione che è realmente da affrontare, e cioè la validità o meno dell’offerta non formale del 17 dicembre 2007, cui fece seguito la risposta negativa dei locatori.

7.1. Ritiene la Corte che i motivi siano tutti privi di fondamento.

Giova innanzitutto premettere che la costante giurisprudenza di questa Corte, cui l’odierna pronuncia intende dare continuità, ha più volte affermato che, in tema di riconsegna dell’immobile locato, mentre l’adozione della complessa procedura di cui all’art. 1216 c.c. e art. 1209 c.c., comma 2, rappresenta l’unico mezzo per la costituzione in mora del creditore e per provocarne i relativi effetti (art. 1207 c.c.), l’adozione da parte del conduttore di altre modalità aventi valore di offerta reale non formale (art. 1220 c.c.), purchè serie, concrete e tempestive e semprechè non sussista un legittimo motivo di rifiuto da parte del locatore, pur non essendo sufficiente a costituire in mora il locatore, è tuttavia idonea ad evitare la mora del conduttore nell’obbligo di adempiere la prestazione, anche ai fini dell’art. 1591 c.c. (sentenza 3 settembre 2007, n. 18496, ordinanza 20 gennaio 2011, n. 1337, e sentenza 27 novembre 2012, n. 21004). La valutazione circa l’idoneità di tale offerta è rimessa al giudice di merito e non è sindacabile in questa sede in presenza di congrua ed adeguata motivazione.

7.2. Ciò premesso per il corretto inquadramento giuridico, il Collegio rileva che la Corte di merito ha costruito la propria motivazione principalmente sulle seguenti considerazioni: 1) in data 17 dicembre 2007 la Regione Calabria, conduttrice dell’immobile, aveva invitato i locatori C. a presentarsi il successivo 19 dicembre presso i locali in questione, per la constatazione dello stato d’uso e la riconsegna dell’immobile; 2) i locatori avevano riscontrato negativamente quel telegramma, dichiarando di non essere disponibili a causa dell’assenza del loro tecnico di fiducia, necessario per l’accertamento delle condizioni dell’immobile; 3) il rifiuto opposto dai locatori doveva ritenersi non ispirato a correttezza e buona fede, posto che essi avrebbero potuto accettare la restituzione con riserva, facendosi affiancare da altro tecnico; 4) ciò era confermato anche dal fatto che i locatori non avevano più sollecitato la Regione per la fissazione di una nuova data di consegna.

7.3. Tale ricostruzione, indubbiamente motivata, resiste alle censure di cui ai motivi di ricorso.

Ed infatti, infondato è il primo motivo, in quanto pretendere che l’offerta non formale del 17 dicembre 2007 sia tardiva perchè successiva di oltre sei mesi rispetto alla data di comunicazione del recesso anticipato (5 febbraio 2007) non trova alcun riscontro nella L. n. 392 del 1978, art. 27 il quale impone che il recesso anticipato venga comunicato almeno sei mesi prima; il che evidentemente non significa che la riconsegna avvenuta dopo il decorso del semestre non possa essere valida ed efficace.

La necessità di un’offerta formale, di cui al secondo motivo di ricorso, viene evidentemente meno nel momento in cui sia stata accertata la serietà e conseguente validità di quella non formale (com’è avvenuto nel nostro caso); così come non giova il richiamo all’art. 75 disp. att. c.c., comma 1 dov’è previsto il rispetto del termine minimo di tre giorni, dal momento che questa disposizione è dettata per l’offerta formale, mentre nel caso in esame si trattava di un’offerta non formale (terzo motivo).

Quanto al carteggio successivo intercorso tra le parti, di cui specificamente al quinto motivo di ricorso – punto che, peraltro, non è chiaro se e come sia stato posto all’attenzione della Corte di merito resta il fatto che esso riguarda comunque un lasso di tempo che parte dal febbraio 2009 e va in avanti, mentre l’offerta non formale è del dicembre 2007. Ciò comporta che rimane insuperata la semplice considerazione della Corte calabrese secondo cui i locatori nessuna iniziativa intrapresero, subito dopo il loro rifiuto, per la fissazione di un’ulteriore data di consegna. Ritiene al riguardo questa Corte di dover affermare che, nel caso di specie, il dubbio relativo a chi dovesse assumere l’iniziativa per la fissazione di una diversa data di rilascio – questione sulla quale le parti discutono – va risolto ponendo tale obbligo a carico dei locatori. Poichè, infatti, il fallimento della consegna per la data indicata dalla Regione conduttrice era dovuto alla risposta negativa dei locatori, erano evidentemente loro a dover assumere l’iniziativa per la fissazione di una successiva nuova data, tanto più che essi si erano limitati ad indicare la necessità della presenza di un tecnico, ma senza aggiungere nulla di specifico circa l’esistenza (effettiva o presunta) di danni all’immobile (il che vale anche a superare le doglianze del quarto motivo). Il che è tanto più significativo ove si rifletta sul fatto che la controparte era la Regione, cioè un ente pubblico di grandi dimensioni i cui tempi di gestione delle singole pratiche implicano di necessità una certa lentezza e difficoltà.

Sono da porre, infine, alcune ulteriori considerazioni. Da un lato, il fatto che la Corte d’appello – pur dichiarando “irrilevante” la circostanza ha dato atto che sull’immobile risultava comunque apposto un cartello con la scritta “vendesi”, il che significa che probabilmente i proprietari ne avevano comunque acquisito la disponibilità. Da un altro lato, poi, l’idoneità del termine di soli due giorni e la violazione delle regole della buona fede rappresentano, per la Corte d’appello, il punto di approdo di una valutazione globale dell’intero quadro probatorio esistente; per cui la doglianza di cui al sesto motivo di ricorso, avente ad oggetto proprio le norme sulla buona fede, si risolve nell’evidente tentativo di sollecitare questa Corte ad un nuovo e non consentito giudizio di merito.

8. Il ricorso, pertanto, è rigettato.

A tale esito segue la condanna dei ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate ai sensi del D.M. 10 marzo 2014, n. 55.

Sussistono inoltre le condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 7.200, di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza delle condizioni per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 19 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 4 aprile 2017

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