Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8668 del 08/05/2020

Cassazione civile sez. I, 08/05/2020, (ud. 14/01/2020, dep. 08/05/2020), n.8668

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2552/2019 proposto da:

C.D., elettivamente domiciliato in Macerata, via Morbiducci

21, presso lo studio dell’avv. L. Froldi, che lo rappresenta e

difende, per procura speciale in calce al ricorso.

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 1062/2018 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 26/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

14/01/2020 dal Dott. SOLAINI LUCA.

Fatto

RILEVATO

che:

La Corte d’Appello di Ancona ha respinto il gravame proposto da C.D. cittadino della (OMISSIS) (nella quale era rientrato proveniente dal Ghana), avverso l’ordinanza del Tribunale di Ancona che confermando il provvedimento della competente Commissione territoriale aveva negato al richiedente asilo il riconoscimento della protezione internazionale anche nella forma sussidiaria e di quella umanitaria.

La Corte distrettuale, premessa la vicenda privata narrata dal ricorrente – nella quale quest’ultimo ha riferito di essersi allontanato dalla Liberia (nel quale era rientrato proveniente dal Ghana, doveva aveva lasciato la fidanzata e un figlio piccolo) perchè in questo paese avrebbe subito la discriminazione della propria famiglia cristiana (in particolare da parte del padre che lo aveva cacciato di casa) e che, lasciata, pertanto, la casa paterna aveva trovato rifugio presso un Iman in una moschea nella quale però una notte avrebbe subito una non meglio precisata aggressione dovuta a motivi da lui stesso ritenuti “religiosi” – ha rilevato che nella vicenda non si riscontrava il requisito della gravità della persecuzione, tale non potendosi ritenere la decisione di un padre di non tenere più in casa un figlio maggiorenne, mentre, il riferito episodio della aggressione nella moschea era da considerare estremamente generico e impreciso e privo di riscontri tale da non giustificare l’esercizio di alcun potere di cooperazione istruttoria. Infine, la Corte ha rilevato che nel paese di provenienza non sussistono conflitti tra i diversi gruppi religiosi, sulla base della consultazione delle fonti informative. Anche in riferimento alla protezione umanitaria, l’istante non aveva neppure dedotto l’esistenza di specifiche situazioni di vulnerabilità, ed il giudizio comparativo tra l’integrazione raggiunta e le condizioni di vita nel paese d’origine (Cass. n. 4455/18) volgeva a sfavore del richiedente.

Contro la sentenza della medesima Corte d’Appello è ora proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi.

Il Ministero dell’Interno non ha spiegato difese scritte.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Il ricorrente censura la decisione della Corte d’Appello: (i) sotto un primo profilo, per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto, la Corte territoriale, in violazione dell’obbligo di cooperazione istruttoria, non ha chiesto alcun chiarimento al ricorrente nè sono state approfondite le dichiarazioni del medesimo rese in sede amministrativa ed ha omesso di verificare la veridicità dei fatti, in violazione del ruolo attivo del giudice attraverso la cooperazione istruttoria; (ii) sotto un secondo profilo, per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), in quanto, erroneamente, la Corte d’Appello ha ritenuto che in Liberia non sussistesse alcun pericolo di grave persecuzione religiosa, in caso di rientro in patria, infatti, dalle fonti vengono segnalati episodi d’intolleranza tra appartenenti a fedi diverse.

Il primo e secondo profilo, che possono essere oggetto di un esame congiunto sono inammissibili, perchè le censure formulate in modo generico e astratto non colgono le rationes decidendi della pronuncia impugnata fondata precipuamente sull’estrema genericità della narrazione e sul difetto dell’ulteriore elemento della mancanza e/o indisponibilità di una protezione da parte dell’Autorità del paese di provenienza.

La mancata predisposizione di difese scritte da parte dell’amministrazione statale esonera il collegio dal provvedere sulle spese.

PQM

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Dichiara il ricorso inammissibile.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 14 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 8 maggio 2020

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