Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8665 del 15/04/2011

Cassazione civile sez. trib., 15/04/2011, (ud. 01/02/2011, dep. 15/04/2011), n.8665

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – Consigliere –

Dott. POLICHETTI Renato – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 2859-2006 proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12 presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrenti –

contro

STORO PRODUCTIONS SRL IN LIQUIDAZIONE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 27/2004 della COMM. TRIBUTARIA 2^ GRADO di

TRENTO, depositata il 26/11/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

01/02/2011 dal Consigliere Dott. ANTONELLO COSENTINO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

APICE Umberto che ha concluso per il rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

A seguito di processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di Finanza il 20.11.02 a carico della società Storo Productions srl – sottoposta a verifica della Guardia di Finanza per gli anni di imposta 1999/2000/2001 – l’Amministrazione finanziaria presentava alla Commissione Tributaria di primo grado di Trento istanza di iscrizione ipotecaria D.Lgs. n. 472 del 1997, ex art. 22. Il giudice adito respingeva l’istanza, sull’argomento che il processo verbale di constatazione non sarebbe stato notificato alla contribuente.

La Commissione Tributaria di secondo grado di Trento, adita dall’Amministrazione con l’appello, affermava l’erroneità della motivazione della sentenza di primo grado in punto di notifica del processo verbale di constatazione, ma tuttavia rigettava l’appello accogliendo l’eccezione di decadenza dell’Amministrazione dal diritto alla tutela cautelare, svolta dalla contribuente nella memoria di costituzione nel giudizio di secondo grado. A fondamento della propria decisione la Commissione Tributaria di secondo grado – richiamato il D.Lgs. 472 del 1991, art. 22, comma 7 che sancisce l’inefficacia delle misure cautelari non seguite nel termine di 120 giorni dall’atto di contestazione o di irrogazione – affermava che detta disposizione, ancorchè riferita all’ipotesi di concessione della misura cautelare, avrebbe comunque richiesto l’emissione degli atti impugnabili entro 120 giorni dalla notifica del processo verbale di constatazione; ciò perchè, venuta meno l’urgenza, l’Ufficio avrebbe dovuto “assumere criticamente il processo verbale di constatazione e, se del caso fatto proprio, adottare gli atti formali di contestazione”.

Avverso la sentenza della Commissione Tributaria di secondo grado propongono ricorso per cassazione il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate, entrambi rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, sulla scorta di due motivi.

La resistente non si è costituita nel giudizio di cassazione. IL ricorso è stato discusso alla pubblica udienza dell’ 1.2.2011, in cui il PG ha concluso come in epigrafe.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente si rileva l’inammissibilità del ricorso proposto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze. Quest’ultimo non è stato parte del giudizio di secondo (nè di primo) grado, cosicchè non ha alcun titolo che lo legittimi a partecipare al presente giudizio. Non vi è luogo alla regolazione delle spese del giudizio di legittimità tra il Ministero e l’intimata, non essendosi questa costituita davanti alla Corte di cassazione.

Quanto al ricorso dell’Agenzia, esso è affidato a due motivi.

Col primo motivo – rubricato Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 54 e 57 (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4) – la ricorrente censura la sentenza della Commissione Tributaria di secondo grado per non aver dichiarato inammissibile l’eccezione di decadenza dell’ Amministrazione dal diritto di chiedere la misura cautelare, in quanto sollevata dalla contribuente per la prima volta nel giudizio di appello (con conseguente violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57); giudizio nel quale, peraltro, la stessa contribuente si era costituita tardivamente (con conseguente violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 54).

Col secondo motivo – rubricato Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 22, (art. 360 c.p.c., n. 3) – la ricorrente censura la sentenza della Commissione Tributaria di secondo grado per aver erroneamente ritenuto che l’emissione delle misure cautelari di cui al D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 22 (e non il mantenimento di efficacia delle misure emesse) fosse condizionato alla notificazione dell’atto di contestazione o di irrogazione.

Osserva la Corte che ai fini della decisione sul primo motivo di ricorso è necessario accertare se la decadenza dell’Amministrazione su cui si basa la pronuncia della Commissione Tributaria di secondo grado sia o meno rilevabile di ufficio; ma per condurre tale accertamento è preliminarmente necessario stabilire se tale decadenza sia prevista dalla legge. Si deve pertanto esaminare per primo il secondo motivo di ricorso.

I primi due periodi del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 22, comma 7 recitano: “I provvedimenti cautelari perdono efficacia se, nel termine di centoventi giorni dalla loro adozione, non viene notificato atto di contestazione o di irrogazione. In tal caso, il presidente della commissione tributaria provinciale ovvero il presidente del tribunale dispongono, su istanza di parte e sentito l’ufficio o l’ente richiedente, la cancellazione dell’ipoteca”.

Dalla piana lettura del testo della legge – che sancisce l’inefficacia delle misure cautelari non seguite nel termine di 120 giorni dall’atto di contestazione o di irrogazione – emerge il completo travisamento del relativo significato compiuto dalla sentenza impugnata. L’affermazione del giudice di merito secondo cui il D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 22, comma 7 porrebbe a carico dell’Amministrazione finanziaria l’onere di emettere gli atti di contestazione o irrogazione entro 120 giorni dalla data del processo verbale di constatazione e sanzionerebbe la mancata osservanza di tale onere con la decadenza della stessa Amministrazione dal diritto di chiedere le misure cautelari di cui allo stesso art. 22, comma 1 risulta del tutto privo di supporti testuali.

Il D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 22, comma 7, dispone che l’Amministrazione notifichi gli atti di contestazione o irrogazione entro un termine di 120 giorni che decorre non dalla data del processo verbale di constatazione, ma dall’adozione del provvedimento cautelare; e collega a tale termine non una (inesistente) decadenza dell’amministrazione dal diritto di ottenere remissione di un provvedimento cautelare, ma la perdita di efficacia del provvedimento cautelare emesso.

La ratio legis della disposizione in commento è evidentemente individuabile nella inopportunità che il vincolo dell’ipoteca o del sequestro sui beni di un contribuente permanga più di 120 giorni senza che costui riceva un atto contestazione o irrogazione che lo investa formalmente di ciò di cui viene chiamato a rispondere e contro il quale possa reagire con una impugnativa giudiziale. Nessuna riconoscibile ratio legis potrebbe invece individuarsi in una disposizione che limitasse il diritto di azione cautelare dell’Amministrazione finanziaria entro un termine decorrente dalla data de processo verbale di constatazione. Una simile disposizione limiterebbe il tempo a disposizione dell’Ufficio per compiere le verifiche e gli approfondimenti che esso ritenga necessari prima di avanzare un’istanza cautelare, senza che a tale limitazione del diritto di azione dell’Ufficio faccia riscontro alcuna esigenza di tutela dei diritti del contribuente, il quale, fino all’eventuale adozione di un provvedimento cautelare, resta nella piena disponibilità dei propri beni.

Il secondo motivo di ricorso va pertanto accolto e pertanto – assorbito il primo motivo – la sentenza impugnata va cassata e la causa rimessa alla Commissione Tributaria di secondo grado di Trento, che si pronuncerà sull’istanza cautelare attenendosi ai principi sopra esposti e regolerà anche le spese sostenute dall’Agenzia per il giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso proposto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze.

In accoglimento del ricorso proposta dall’Agenzia delle Entrate cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa ad altra sezione della Commissione Tributaria di secondo grado di Trento, che regolerà anche le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 1 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 15 aprile 2011

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