Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8662 del 15/04/2011

Cassazione civile sez. trib., 15/04/2011, (ud. 18/01/2011, dep. 15/04/2011), n.8662

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. FERRARA Ettore – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 16928-2006 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

S.A., B.S., B.A.J.,

B.L.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 45/2005 della COMM. TRIBUTARIA 2^ GRADO di

BOLZANO, depositata il 16/02/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/01/2011 dal Consigliere Dott. ANTONIO VALITUTTI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO Immacolata, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

1. Con sentenza n. 45/1/05, depositata il 16.2.06, la Commissione Tributaria Regionale di Bolzano accogliendo l’appello proposto da S.A., B.A., B.L. e B. S., avverso la decisione dalla Commissione Tributaria Provinciale di Bolzano, in riforma dell’impugnata sentenza, accoglieva l’opposizione proposta dai contribuenti avverso l’avviso di liquidazione dell’imposta principale di successione, notificato loro il 15.5.03, in conseguenza della dichiarazione di successione di Ba.Ad., presentata il 29.9.00.

2. Il giudice di appello riteneva fondate le allegazioni degli eredi B., circa il fatto che all’azienda individuale relitta dal loro dante causa andasse attribuito un valore negativo per complessive L. 141.000.000, previo scorporo, dall’attivo dello stato patrimoniale dell’azienda, degli immobili strumentali all’attività, che venivano dichiarati separatamente, al fine di evitare una duplicazione di imposizioni, e valutati in base alla rendita catastale.

La CTR riteneva, pertanto, che – al fine di evitare una doppia tassazione dei beni caduti in successione, per l’importo suindicato – il valore da sottoporre ad imposizione fosse quello risultante dalla somma algebrica tra il valore catastale degli immobili strumentali e quello patrimoniale, artificiosamente negativo, della ditta individuale caduta in successione.

3. Per la cassazione della sentenza n. 45/1/05, ha proposto ricorso l’Agenzia delle Entrate, articolando un unico motivo. I resistenti non hanno svolto attività difensiva.

Diritto

1. Con l’unico motivo di ricorso, l’Agenzia delle Entrate deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 346 del 1990, artt. 14, 15, 21, 22 e 23 e dei principi generali in materia di imposte di successione, nonchè la motivazione omessa, insufficiente e contraddittoria su un punto decisivo della controversia.

1.1. L’amministrazione ricorrente allega, invero, l’erroneità dell’impugnata sentenza, laddove afferma che il valore da sottoporre ad imposizione è quello risultante dalla somma algebrica tra il valore catastale degli immobili strumentali e quello patrimoniale negativo – che la stessa Commissione Tributaria Regionale definisce “fittizio” – della ditta individuale caduta in successione. Tale valore negativo, per un importo di complessive L. 141.000.000, era stato, infatti, ottenuto dagli eredi B. mediante lo scorporo, dall’attivo dello stato patrimoniale dell’azienda, degli immobili strumentali all’attività, che venivano dichiarati separatamente al fine di evitare una duplicazione di imposizioni, e valutati in base alla loro rendita catastale.

Ne era derivato che, nella dichiarazione di successione, l’azienda del defunto Ba.Ad. era stata riportata con un valore patrimoniale negativo (L. 141.000.000), ancorchè nell’avviso di liquidazione dell’imposta – oggetto di impugnativa da parte degli eredi B. – l’Ufficio finanziario (Agenzia delle Entrate di Bressanone) avesse già attribuito a detta azienda un valore pari a zero.

Deduce, pertanto, l’amministrazione ricorrente la violazione, da parte del giudice a quo, dei criteri normativi dettati, in tema di determinazione della base imponibile nell’imposta sulle successioni, dal D.Lgs. n. 346 del 1990, art. 15 e ss..

1.2. Il motivo di ricorso è fondato e va accolto. Osserva, invero, la Corte che, a norma del D.Lgs. n. 346 del 1990, art. 15 la base imponibile da assumere, ai fini della liquidazione dell’imposta sulle successioni, con riferimento all’azienda caduta nell’asse ereditario, è determinata dalla somma dei valori dei beni e dei diritti che la costituiscono, “al netto della passività risultanti a norma dall’art. 21 all’art. 23”, che disciplinano le condizioni di deducibilità dei debiti del defunto.

Se ne deve necessariamente inferire che l’azienda costituisce – alla stregua delle disposizioni suindicate – un cespite patrimoniale che concorre a determinare la base imponibile dell’imposta sulle successioni, e – come tale – essa non può mai avere un valore inferiore a zero. Ed invero, una volta effettuato dall’azienda lo scorporo dei beni immobili strumentali (D.Lgs. n. 346 del 1990, ex art. 14), onde sottrarli ad una doppia imposizione, quel che resta dell’azienda non potrà che avere, o un valore positivo, nella misura risultante dalla deduzione dei debiti ereditar, o – al più – un valore pari a zero, qualora – per effetto delle passività dedotte – l’attivo aziendale venga ad essere del tutto abbattuto. Per converso, è del tutto evidente che – una volta attribuito all’azienda un valore pari a zero, non è in alcun modo possibile abbassare ulteriormente detto valore, fino a portarlo ad una cifra negativa. Ed invero, per effetto di tale operazione le passività aziendali, delle quali l’Ufficio finanziario abbia già tenuto conto per azzerare il valore del cespite, verrebbero ad essere – in maniera del tutto incongrua ed illegittima – ulteriormente computabili, in palese violazione del disposto del D.Lgs. n. 346 del 1990, artt. 15, 21 e 23 (conf. Cass. 10956/07). Ed è ciò che è accaduto nel caso di specie, nel quale all’azienda relitta dal de cuius è stato illegittimamente attribuito un valore negativo, pure in presenza di una valutazione pari a zero, effettuata dall’amministrazione finanziaria.

2. L’accoglimento della censura comporta la cassazione della sentenza impugnata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la Corte, nell’esercizio del potere di decisione nel merito di cui all’art. 384 c.p.c., comma 2, rigetta l’opposizione proposta dai contribuenti.

3. Le spese del presente giudizio e dei gradi di merito vanno poste a carico degli intimati soccombenti, nella misura di cui in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’opposizione proposta dai contribuenti; condanna gli intimati al pagamento delle spese dei gradi di merito, che liquida in Euro 350,00 per diritti e Euro 700,00 per onorari, e Euro 50,00 per le spese per ciascun grado di merito, nonchè delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 1.500,00, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Tributaria, il 14 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 15 aprile 2011

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA