Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8652 del 12/04/2010

Cassazione civile sez. lav., 12/04/2010, (ud. 25/02/2010, dep. 12/04/2010), n.8652

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE LUCA Michele – Presidente –

Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –

Dott. NOBILE Vittorio – rel. Consigliere –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 21643-2006 proposto da:

FANIMAR – FONDO ASSISTENZA NAZIONALE INTEGRATIVA MARITTIMI, in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA F. CORRIDONI 15 SC A 1, presso lo studio

dell’avvocato AGNINO PAOLO, che lo rappresenta e difende unitamente

all’avvocato DONGO CARLO, giusta mandato in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

I.E., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CAVOUR 221,

presso lo studio degli, avvocati FABBRINI FABIO e SPEDALIERE

LEOPOLDO, che lo rappresentano e difendono, giusta mandato a margine

del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2975/2005 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 22/07/2005 r.g.n. 2646/03;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

25/02/2010 dal Consigliere Dott. VITTORIO NOBILE;

udito l’Avvocato AGNINO PAOLO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FEDELI Massimo che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 13/27-5-2003 il Giudice del lavoro del Tribunale di Napoli accoglieva la domanda proposta con ricorso del 21-11-2001 da I.E. nei confronti del Fondo Assistenza Nazionale Integrativa Marittimi – FANIMAR – e condannava il convenuto al pagamento della somma di Euro 30.987,41 oltre accessori di legge a titolo di indennizzo per il ritiro del libretto di navigazione avvenuto in data (OMISSIS) a seguito dell’accertamento della inabilità al lavoro da parte della Commissione Medica Permanente di primo grado.

Avverso la detta sentenza con ricorso depositato il 20-11-2003 proponeva appello il FANIMAR deducendo che, non avendo sottoscritto l’accordo sindacale del 23-7-1997, non si era assunto l’accollo della obbligazione di pagamento dell’indennizzo in questione, mentre aveva semplicemente accettato un mandato alla stipula di contratti di assicurazione per il rischio del ritiro del libretto di navigazione.

L’appellante sosteneva, quindi, che, rispetto alla azione di adempimento promossa dall’ I., sul presupposto dell’esistenza di un siffatto accollo, andava dichiarato il difetto di legittimazione passiva del FANIMAR dovendo considerarsi legittimata passiva la Helvetia Assicurazioni s.p.a., con la quale era stata stipulata la polizza assicurativa.

Rispetto, poi, alla seconda azione, pure introdotta con il ricorso di primo grado, quella cioè di inadempimento del FANIMAR nell’obbligo di stipulare polizze assicurative, l’appellante precisava che il mandato ricevuto era limitato alle condizioni di uso o di mercato e che la malattia psichica che aveva determinato la inabilità al lavoro dell’ I. non rientrava tra quelle coperte dalle polizze normalmente stipulate dalle compagnie assicurative, considerato anche il premio annuo che i datori di lavoro si erano impegnati a versare in favore di ciascun marittimo. Non poteva, dunque, configurarsi un inadempimento da parte di esso appellante ed in ogni caso la patologia accusata dall’ I. era insorta in epoca precedente all’imbarco e non rientrava nelle fattispecie assicurate.

Infine l’appellante deduceva che il primo giudice erroneamente aveva ritenuto che il credito per l’indennizzo dovesse essere rivalutato secondo gli indici ISTAT e concludeva, quindi, per il rigetto della domanda dell’ I. e per la condanna dello stesso alla restituzione delle somme corrisposte in esecuzione della sentenza di primo grado.

L’appellato si costituiva resistendo al gravame e deducendo che l’accordo sindacale citato non conteneva alcun limite all’obbligo di stipulazione delle polizze assicurative e, dunque, la condotta del FANIMAR costituiva inadempimento che radicava la responsabilità risarcitoria. Del tutto contraria allo spirito dell’accordo risultava, poi, la disparità di trattamento connessa con le limitazioni delle polizze stipulate.

L’appellato, inoltre, ribadiva che il FANIMAR aveva assunto l’obbligo di previdenza integrativa già sussistente in capo all’armatore e che la circostanza che esso appellato soffrisse, già prima della sottoscrizione della polizza, di sindrome ansioso depressiva non poteva escludere il diritto all’indennizzo atteso che la patologia che aveva determinato il ritiro del libretto di navigazione era la assai più grave psicosi ansioso depressiva insorta durante la navigazione.

La Corte d’Appello di Napoli, con sentenza depositata il 22-7-2005, rigettava l’appello e condannava l’appellante al pagamento delle spese.

In sintesi la Corte territoriale respingeva la eccezione di carenza di legittimazione passiva del FANIMAR, riteneva non provato il preteso uso negoziale circa la esclusione della malattia psichica dal novero di quelle assicurabili e del pari riteneva non provata la dedotta insufficienza del premio rispetto al rischio che si intendeva assicurare.

La Corte di merito, poi, escludeva che la psicosi maniaco depressiva insorta durante l’imbarco del luglio 2000 potesse qualificarsi come malattia preesistente ed infine affermava la applicabilità nella fattispecie dell’art. 429 c.p.c., u.c..

Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso il FANIMAR con tre motivi. L’ I. ha resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il Fondo ricorrente, denunciando omessa motivazione circa il momento di insorgenza della malattia, in sostanza deduce che “trattandosi di fatto costitutivo del diritto invocato dall’attore”, quest’ultimo “avrebbe dovuto provare che la malattia fosse insorta durante il periodo di imbarco”, mentre la Corte d’Appello “avrebbe dovuto accertare e motivare” che la malattia che aveva cagionato l’inidoneità permanente ai servizi della navigazione fosse insorta durante il periodo di imbarco”, atteso che il momento di insorgenza della malattia era stato contestato da esso FANIMAR. Con il secondo motivo, il ricorrente, in via subordinata, lamenta omessa pronuncia sul punto.

I detti motivi, che in quanto connessi possono essere trattati congiuntamente, risultano infondati.

La sentenza impugnata, sul punto, non è incorsa nè nel vizio di omessa motivazione nè nel vizio di omessa pronuncia.

Nella specie, infatti, risultava pacifico che l’ I. era stato sbarcato per malattia e giudicato non idoneo alla navigazione dalla Commissione medica di primo grado in quanto affetto da “psicosi maniaco depressiva”, e il Fanimar con l’appello aveva ribadito che l’accordo del 1997 richiedeva che la malattia o l’infortunio fossero “insorti durante il periodo di imbarco o comandata” e non invece che si fossero aggravati durante tale periodo, affermando che nella specie la malattia era già esistente.

La Corte d’Appello, sul punto, ha affermato che “per malattia preesistente deve intendersi soltanto quella che sia suscettibile, per la sua gravità, di escludere ogni capacità residua di lavoro del marittimo come correttamente sostenuto dal Giudice di primo grado”, per cui “la circostanza che l’ I. abbia manifestato, nell’anno 1995, una sindrome ansioso depressiva che non impediva l’esercizio della attività professionale – tanto che la stessa è proseguita per ben cinque anni – non può consentire di qualificare come malattia preesistente la psicosi maniaco depressiva insorta durante l’imbarco nel (OMISSIS)”.

Tale motivazione congrua e priva di vizi logici, riguardante un accertamento di fatto, resiste alle censure del ricorrente, che del resto non può sollecitare in questa sede una “revisione del ragionamento decisorio” sul detto accertamento, attraverso la denuncia del vizio di motivazione (v. fra le altre Cass. 7-6-2005 n. 11789, Cass. 6-3-2006 n. 4766).

Con il terzo motivo il ricorrente, denunciando violazione dell’art. 1362 c.c. deduce che la Corte d’Appello avrebbe erroneamente interpretato l’accordo collettivo, in sostanza ritenendo che la malattia insorga solamente quando sia tale da escludere ogni capacità residua lavorativa del marittimo, così discostandosi dal significato letterale delle parole contenute nell’accordo stesso.

Il motivo è infondato.

Osserva il Collegio che la interpretazione adottata dalla Corte d’Appello di Napoli è stata ritenuta da questa Corte legittima e corretta sul piano ermeneutico in casi analoghi (v. fra le altre Cass. 22-12-2006 n. 27458, Cass. 2-3-2007 n. 4937).

In particolare, come ha affermato Cass. n. 27458/2006 “quello che rileva è una malattia o gli esiti di un infortunio di gravità tale da comportare il ritiro del libretto di navigazione, e cioè il momento in cui si realizzano le condizioni fisiche rilevanti ai fini della inidoneità alla navigazione. Nelle assicurazioni private è consentito alle parti convenire la copertura di aggravamenti di malattie preesistenti … . Anche nelle assicurazioni sociali la preesistenza della patologia non porta alla negazione della copertura assicurativa”, e come ha precisato Cass. 4937/2007 “quello che rileva, ai fini del rischio assicurato dal Fanimar, è il ritiro del libretto accompagnato da una patologia di gravità tale da comportare detto ritiro”.

In tali sensi, quindi, neppure può dirsi violato il criterio letterale di cui all’art. 1362 c.c., dovendo farsi riferimento all’insorgenza della malattia quale rilevante nel contesto dell’accordo.

Del resto, come questa Corte ha avuto occasione di precisare, l’elemento letterale “costituisce solo una preliminare presa di cognizione (di cui l’art. 1362 c.c. segnala l’insufficienza con la precisazione che l’interprete non deve “limitarsi al senso letterale delle parole”), che deve essere integrata attraverso gli ulteriori strumenti previsti dall’art. 1363 c.c., quali la connessione delle singole clausole ed il senso che risulta dal complesso dell’atto, atteso che la lettera (il senso letterale), la connessione (il senso coordinato) e l’integrazione (il senso complessivo) sono strumenti legati da un rapporto di necessità e sono tutti necessari all’esperimento del procedimento interpretativo della norma contrattuale”. (v. Cass. 8-3-2007 n. 5287, Cass. 27-6-1998 n. 6389).

Il ricorso va, pertanto respinto e il ricorrente va condannato al pagamento delle spese in favore dell’ I..

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore dell’ I., delle spese liquidate in Euro 15,00 oltre Euro 3.000,00 per onorari, oltre spese generali IVA e CPA, con attribuzione agli avv.ti Leopoldo Spedaliere e Fabio Fabbrini.

Così deciso in Roma, il 25 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 12 aprile 2010

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