Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8652 del 08/05/2020

Cassazione civile sez. VI, 08/05/2020, (ud. 24/10/2019, dep. 08/05/2020), n.8652

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25602-2018 proposto da:

GE.BAR. SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BARNABA TORTOLINI 29, presso

lo studio dell’avvocato VALERIA MARSANO, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato ALESSANDRO TOMMASEO PONZETTA;

– ricorrente –

contro

VENEZIANA ENERGIA RISORSE IDRICHE TERRITORIO AMBIENTE SERVIZI –

V.E.R.I.T.A.S. SPA, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA UGO DE CAROLIS 34-B,

presso lo studio dell’avvocato MAURIZIO CECCONI, che la rappresenta

e difende unitamente all’avvocato ANDREA PASQUALIN;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 111/2018 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 22/01/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 24/10/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIETTA

SCRIMA.

Fatto

CONSIDERATO

che:

Ge.Bar. S.r.l. ha proposto ricorso per cassazione, basato su due motivi e illustrato da memoria, nei confronti di VENEZIANA ENERGIA RISORSE IDRICHE TERRITORIO AMBIENTE SERVIZI – V.E.R.I.T.A.S. S.p.a. (di seguito indicata VERITAS per brevità) e avverso la sentenza n. 111/2018 della Corte di appello di Venezia, pubblicata il 22 gennaio 2018, che, in accoglimento dell’appello proposto da VERITAS avverso la sentenza del Tribunale di Venezia emessa nel procedimento 3453/2016, con la quale era stata accolta la domanda avanzata da Ge.Bar. S.p.a. nei confronti di VERITAS e volta alla condanna di quest’ultima alla restituzione dell’IVA pagata sulla tariffa ambientale di cui al D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 49 (TIA1) in relazione ad immobili siti nel Comune di Venezia, ha rigettato tale domanda e ha compensato le spese del doppio grado del giudizio di merito;

VERITAS ha resistito con controricorso;

la proposta del relatore è stata ritualmente comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

Diritto

RILEVATO

che:

con il primo motivo, rubricato “Violazione o falsa applicazione dell’art. 2033 c.c. e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19 e comunque della normativa concernente la detrazione dell’I.V.A. nonchè dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., commi (recte nn.) 1 e 3”, come sintetizzato dalla stessa ricorrente (v. p. 2 del ricorso), si censura la decisione impugnata per aver la Corte territoriale “erroneamente ritenuto che l’asserita detrazione dell’I.V.A. pagata (dalla ricorrente, Ge. Bar. S. r. l.) sulla Tariffa di Igiene Ambientale di cui al D.lgs. n. 22 del 1997, art. 49, faccia venir meno la natura di pagamento rilevante ai sensi dell’art. 2033 c.c. del pagamento di tale I.V.A. e/o comunque precluda la ripetibilità della stessa e per aver deciso in assenza di elementi probatori”;

con il secondo motivo, rubricato “Violazione o falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma (recte n.) 3”, si deduce che la Corte di merito avrebbe erroneamente statuito la compensazione delle spese di lite in relazione ad entrambi i gradi del giudizio di merito, ritenendo sussistente un contrasto giurisprudenziale sulla questione esaminata;

ritenuto che:

il primo motivo è fondato;

in tema di IVA, questa Corte ha chiarito che, ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19 e in conformità con l’art. 17 della direttiva del Consiglio del 17 maggio 1977, n. 77/388/CEE, nonchè con gli artt. 167 e 63 della successiva direttiva del Consiglio del 28 novembre 2006 n. 2006/112/CE, non è ammessa la detrazione dell’imposta pagata a monte per l’acquisto o l’importazione di beni o servizi ovvero per conseguire la prestazione di servizi necessari all’impresa per il solo fatto che tali operazioni attengano all’oggetto dell’impresa stessa e siano fatturate, poichè è, invece, indispensabile che esse siano effettivamente assoggettabili all’IVA, nella misura dovuta, sicchè, ove l’operazione sia stata erroneamente assoggettata all’IVA, restano privi di fondamento il pagamento dell’imposta da parte del cedente, la rivalsa da costui effettuata nei confronti del cessionario e la detrazione da quest’ultimo operata nella sua dichiarazione IVA, con la conseguenza che il cedente ha diritto di chiedere all’Amministrazione il rimborso dell’IVA, il cessionario ha diritto di chiedere al cedente la restituzione dell’IVA versata in via di rivalsa, e l’Amministrazione ha il potere-dovere di escludere la detrazione dell’IVA pagata in rivalsa dalla dichiarazione IVA presentata dal cessionario (Cass. 2/12/2014″n. 25531; Cass. 15/05/2015, n. 9946; Cass., ord., 13/06/2018, n. 15536; Cass., ord., 19/02/2019, n. 4874);

stante quanto sopra, non rileva che l’Amministrazione non abbia previamente proceduto a rettifica negando la detrazione, posto che:

a) il pagamento indebito dev’essere come visto “neutralizzato” in modo circolare, coerentemente al regime dell’imposta in questione;

b) nessuna rettifica potrebbe farsi a fronte di un pagamento del tributo effettuato in ragione della rivalsa, mentre è a seguito della pronuncia in esame che dovrà, invece, procedersi alla richiamata neutralizzazione;

l’IVA sulla c.d. TIA 1 non è dovuta trattandosi di tributo (Cass., sez. un., 15/03/2016, n. 5078; Cass., sez. un., ord., 10/04/2018, n. 8822; Cass., ord., 21/06/2018, n. 16332), come non più in discussione neppure tra le parti dell’odierno giudizio;

l’erroneo assoggettamento ad IVA esclude la sussistenza di base legale per il relativo pagamento, per la rivalsa e per la detrazione, proprio in applicazione della circolarità correlata alla neutralità dell’imposta indiretta in parola;

la circostanza che l’attuale ricorrente non abbia contestato di aver portato in detrazione l’IVA erroneamente corrisposta sulla TIA1, affermata nella sentenza impugnata (v. p. 7, e da cui la Corte di merito fa discendere, espressamente ad abundatiam, che la pretesa restitutoria “avrebbe dovuto essere respinta per carenza di interesse”), deve – come pure sostenuto dalla ricorrente – reputarsi irrilevante, in base all’indirizzo ermeneutico sopra richiamato, che nega in radice la possibilità di detrazione per le operazioni in origine non assoggettabili all’imposta (Cass., ord.,25/07/2019, n. 11330; Cass. 12706/2018, n. 15348);

dall’accoglimento del primo motivo del ricorso resta assorbito l’esame del secondo motivo;

alla luce di quanto sopra evidenziato, va accolto il primo motivo del ricorso, dichiarato assorbito il secondo motivo, la sentenza impugnata va cassata e la causa va rinviata, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Venezia, in diversa composizione;

stante l’accoglimento del ricorso, va dato atto della insussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo del ricorso; dichiara assorbito il secondo motivo; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Venezia, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3 della Corte Suprema di Cassazione, il 24 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 8 maggio 2020

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