Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 865 del 17/01/2020

Cassazione civile sez. I, 17/01/2020, (ud. 26/11/2019, dep. 17/01/2020), n.865

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Nel procedimento n. 30279/18 RG, proposto da:

B.A., rappresentato e difeso dall’avv. Rosaria Impaglione di

Caltanissetta per procura speciale in atti; domicilio PEC;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, (cf (OMISSIS)), domiciliato in Roma, Via dei

Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato;

-intimato –

avverso il decreto n. 2881/17 del Tribunale di Caltanissetta,

depositato il 12.9.18;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26/11/2019 dal consigliere Dott. Giacomo Maria Stalla.

Fatto

OSSERVA

p. 1. B.A., n. a (OMISSIS), propone tre motivi di ricorso per la cassazione del decreto n. 1664 del 12.9.18, con il quale il tribunale di Caltanissetta, sezione specializzata in materia di immigrazione e protezione internazionale, ha rigettato (nella costituzione in giudizio del Ministero degli Interni) il ricorso da lui proposto contro la decisione con la quale la competente Commissione Territoriale aveva respinto la sua istanza di protezione internazionale (status di rifugiato ovvero, in subordine, protezione sussidiaria o rilascio di permesso di soggiorno per ragioni umanitarie).

Il Tribunale, previa ricostruzione dei tratti salienti della disciplina giuridica della protezione internazionale nelle sue varie articolazioni, ha in particolare rilevato che:

infondata era la domanda principale di riconoscimento dello status di rifugiato (art. 10 Cost.; L. n. 722 del 1954 di ratifica della Conv.Ginevra 28.7.51; Dir.CE 2004/83; D.Lgs. n. 251 del 2007), dal momento che i fatti narrati dal richiedente (ancorchè probatoriamente valutati secondo i criteri di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 1 e 2, cit.) non riguardavano persecuzioni per motivi di razza, nazionalità, religione, opinioni politiche o appartenenza ad un gruppo sociale, sicchè non potevano integrare gli estremi di cui all’art. 1 Conv. cit. ed al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, comma 1, lett. e);

neppure sussistevano i presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria (D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c)), dal momento che: a) il richiedente aveva dichiarato di essere fuggito dal paese d’origine perchè minacciato dalla comunità sciita del suo villaggio la quale, dopo aver imposto alla sua famiglia la chiusura dell’attività commerciale in concomitanza con le preghiere rituali che si svolgevano in un luogo vicino, aveva ucciso il padre ed incendiato il negozio; a seguito di che, egli aveva presentato denuncia alla polizia. Questo racconto (pur dopo la personale audizione del richiedente a chiarimenti nel corso dell’udienza 9 maggio 2018) permaneva tuttavia generico e complessivamente inattendibile circa, in particolare: le ragioni per cui la comunità sciita avrebbe dovuto continuare a minacciarlo pur dopo l’incendio del negozio di famiglia e l’interruzione dell’attività commerciale presso il luogo di culto; le ragioni per cui la comunità sciita avrebbe dovuto continuare a minacciarlo per l’avvenuta denuncia dei fatti alla polizia, nonostante che quest’ultima non avesse dato alcun seguito all’esposto; gli altri motivi di rancore, non meglio precisati, che avrebbero potuto indurre la comunità sciita a perseguitarlo; le condizioni tranquille di vita che la sua famiglia aveva ottenuto pur continuando a vivere nella regione d’origine, salvo spostarsi in una città distante appena due ore di pullman; b) da primarie fonti informative internazionali (EASO 2017) risultava che la regione di provenienza del richiedente ((OMISSIS)) non si caratterizzasse per alcuna ipotesi di conflitto armato interno o violenza generalizzata, risultando anzi negli ultimi tempi la più efficace repressione del fenomeno terroristico e la diminuzione degli attentati e delle vittime per effetto dell’incrementarsi delle operazioni di sicurezza;

quanto alla protezione mediante permesso di soggiorno per ragioni umanitarie (D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 30, e D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6), il richiedente non aveva dedotto alcuna condizione personale di effettiva privazione dei diritti umani, nè la domanda poteva trovare fondamento nella sola prospettiva di un’esistenza migliore nel paese di accoglienza; tanto più considerando che il richiedente aveva già presentato domanda di protezione in altri paesi Europei, essendo giunto in Italia, dopo aver vissuto in Grecia e in Francia, per timore di essere rimpatriato; situazione non concretante effettiva vulnerabilità soggettiva.

Nessuna attività difensiva è stata svolta, in questa sede, dal Ministero degli Interni.

p. 2.1 Con il primo motivo di ricorso si lamenta – ex art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., nonchè D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 5. Per avere il tribunale ritenuto generiche e non credibili le affermazioni del richiedente, nonostante il principio dell’onere della prova attenuato vigente in materia; inoltre, il tribunale non aveva considerato la gravità della situazione sociopolitica del Pakistan, caratterizzata dalla tolleranza, se non dalla tacita approvazione, da parte delle autorità statuali di condizioni ordinarie di violenza e sopraffazione in danno di minoranze religiose e dei gruppi meno abbienti, con conseguente negazione dei diritti umani fondamentali.

Con il secondo motivo di ricorso si deduce – ex art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione e falsa applicazione degli artt. 112 c.p.c. e D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) e d). Per avere il tribunale erroneamente escluso la protezione sussidiaria per danno grave, nonostante il su richiamato pericolosissimo contesto sociopolitico caratterizzante il Pakistan e la regione di provenienza.

Con il terzo motivo di ricorso si deduce – ex art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. nonchè D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19 e D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) e d). Per non avere il tribunale considerato che, proprio in ragione della situazione di conflitto e violenza generalizzata, oltre che di negazione dei diritti umani, non sussistevano nel (OMISSIS) i presupposti per godere dei diritti fondamentali, con conseguente configurabilità di una situazione di vulnerabilità soggettiva.

p. 2.2 I tre motivi di ricorso sono infondati.

Per quanto concerne la prima doglianza, il tribunale si è fatto carico dei criteri D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, cit., argomentando il proprio convincimento di inattendibilità intrinseca ed estrinseca (su riportato) attraverso un articolato ragionamento critico, volto ad evidenziare gli specifici punti di radicale inverosimiglianza e contraddittorietà del racconto (pur dopo audizione a chiarimenti); tale ragionamento ha tenuto conto dei parametri normativi di valutazione della prova tipici del presente procedimento. Nè risulta violato l’obbligo di cooperazione istruttoria, in quanto non operante in caso – appunto – di ritenuta radicale inattendibilità e lacunosità di allegazione (Cass. nn. 16925/18; 11267/19; 4892/19 ed innumerevoli altre).

Piuttosto, si è trattato di una tipica valutazione di merito della situazione rappresentata dal richiedente e della sua incongruità logica, il cui esito – compiutamente motivato – non è rivedibile nella presente sede di legittimità (Cass. nn. 3340/19; 32064/18; 30105/18 ed innumerevoli altre); neppure, d’altra parte, essa è stata censurata ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Per quanto concerne la seconda doglianza sulla protezione sussidiaria, il ricorrente non ha tenuto in debito conto il fatto che, al contrario di quanto esposto, il giudizio del tribunale è stato reso in base a fonti informative specificamente indicate, concernenti la zona di provenienza del richiedente ((OMISSIS)). Il che ha indotto il tribunale ad escludere, anche qui all’esito di una delibazione fattuale, che fosse ravvisabile un reale pericolo per la sola presenza del richiedente sul territorio di origine.

Si richiama, in proposito, il costante orientamento di legittimità di cui (tra le innumerevoli) in Cass. 9090/19; 11103/19, con richiamo a CGUE 30 gennaio 2014, C-285/12; 18 dicembre 2014, C-542/13.

Per quanto concerne la terza doglianza, il fattore di rischio specifico e di vulnerabilità soggettiva viene qui individuato – ai fini della protezione umanitaria – nella stessa circostanza ritenuta inattendibile dal giudice di merito, in una con la valutazione della situazione della regione di appartenenza. Il convincimento in esame si è anche basato sull’avvenuta proposizione da parte del richiedente di altre analoghe istanze in Grecia e Francia, di cui la presente costituiva sostanziale reiterazione.

Dal decreto censurato si evince altresì la mancata allegazione da parte dell’istante di apprezzabili elementi di inserimento in Italia, nè di fattori suscettibili di valutazione comparativa diversi ed ulteriori dalla mera prospettiva di un’esistenza migliore.

Rileva, sul punto, la recente conferma di legittimità di cui in Cass. SSUU nn. 29459-60-61/2019 (sul punto specifico): “In tema di protezione umanitaria, l’orizzontalità dei diritti umani fondamentali comporta che, ai fini del riconoscimento della protezione, occorre operare la valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al paese di origine, in raffronto alla situazione d’integrazione raggiunta nel paese di accoglienza”.

Ne segue il rigetto del ricorso; nulla si provvede sulle spese, stante la mancata partecipazione al giudizio del Ministero.

P.Q.M.

LA CORTE

rigetta il ricorso;

v.to il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012;

– dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione prima civile, il 26 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 gennaio 2020

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