Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8640 del 07/05/2020

Cassazione civile sez. II, 07/05/2020, (ud. 13/11/2019, dep. 07/05/2020), n.8640

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 27409-2017 proposto da:

FALLIMENTO SOCIETA’ (OMISSIS) IN LIQUIDAZIONE, in persona del

Curatore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, CORSO

VITTORIO EMANUELE II 141, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO

CONSOLO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente e controricorrente all’atto di intervento volontario –

contro

C.G. USA INC, C.G. PICTURES INC, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliate in ROMA, V.LE

M.LLO PILSUDSKI, 118, presso lo studio dell’avvocato EDOARDO

ALBANESE GINAMMI, che le rappresenta e difende unitamente

all’avvocato TIZIANA POLVERARI;

– controricorrenti –

e contro

C.G.V., elettivamente domiciliato in ROMA, C.SO

VITTORIO EMANUELE II 269, presso lo studio dell’avvocato ROMANO

VACCARELLA, che lo rappresenta e difende;

– interveniente volontario –

avverso la sentenza n. 4167/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 21/06/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/11/2019 dal Consigliere Dott. ELISA PICARONI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MISTRI CORRADO, che ha concluso per l’inammissibilità del secondo,

quinto e sesto motivo del ricorso, per il rigetto del primo, terzo e

quarto motivo del ricorso e per l’inammissibilità dell’opposizione

C.G.;

udito l’Avvocato Claudio Consolo, difensore del ricorrente, che ha

chiesto l’accoglimento delle conclusioni in atti depositati;

udito l’Avvocato Tiziana Polverari anche in sostituzione

dell’Avvocato Edoardo Ginammi Albanese, difensore dei resistenti,

che ha chiesto il rigetto del ricorso principale.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello di Roma, con la sentenza n. 4167 del 2017, pubblicata il 21 giugno 2017, ha accolto l’appello proposto dalle società C.G. USA Inc. e C.G. Pictures Inc. avverso la sentenza del Tribunale di Roma n. 10923 del 2016, e nei confronti del Fallimento della Società (OMISSIS), e per l’effetto ha rigettato la domanda di pagamento proposta dal Fallimento.

1.1. Il giudizio di primo grado era stato introdotto con citazione del 13 giugno 2013 dalla Curatela fallimentare per ottenere la condanna delle società C.G. USA inc. e C.G. Pictures inc. al pagamento, rispettivamente, di Euro 21.485.735,00 e di Euro 1.126.381,00, oltre interessi.

L’attrice aveva allegato che gli importi indicati, relativi ad altrettanti finanziamenti, risultavano dall’ultimo bilancio al 31 dicembre 2005. Le convenute avevano eccepito la prescrizione dei relativi crediti, appostati già nel bilancio del 2001.

1.2. Il Tribunale aveva ritenuto generica l’eccezione di prescrizione e condannato le società convenute al pagamento degli importi indicati.

2. Per quanto ancora di rilievo in questa sede, la Corte d’appello ha riformato la decisione, ritenendo i crediti prescritti al momento dell’introduzione della domanda giudiziale, in assenza di precedenti atti di interruzione della prescrizione decennale, che aveva iniziato a decorrere dalla stipula del mutuo.

2.1. Più nel dettaglio, la Corte territoriale ha rilevato che era provata documentalmente, e comunque non contestata, la circostanza che nel bilancio del 2001 della società poi fallita fosse appostato un credito complessivo in tutto sovrapponibile a quello risultante dal bilancio 2005, e ciò portava a concludere che la posizione creditoria fosse maturata già nell’anno 2000, e che non risultavano atti interruttivi precedenti alla notifica dell’atto di citazione del 2013.

2.2. Non era condivisibile, d’altra parte, la tesi della Curatela, che escludeva l’operatività della prescrizione in ragione del fatto che le somme erano state mutuate senza fissazione del termine per la restituzione, sicchè il credito restitutorio non sarebbe stato esigibile prima della richiesta del creditore. La Corte territoriale ha richiamato il principio secondo il quale la prescrizione del credito decorre anche quando il relativo diritto non sia ancora esigibile per la mancata fissazione del tempo dell’adempimento – posto che il creditore può fare ricorso al giudice per la fissazione del termine – con la conseguenza che la prescrizione del diritto alla restituzione della somma mutuata, in assenza di termine pattuito, decorre dalla stipula del mutuo.

3. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso il Fallimento della Società (OMISSIS) in liquidazione sulla base di sei motivi, ai quali resistono con controricorso le società C.G. USA Inc. e C.G. Pictures Inc.

C.G.V. ha depositato atto di intervento in opposizione per chiedere il rigetto del ricorso.

Il Fallimento ricorrente ha depositato controricorso all’atto di intervento per eccepirne l’inammissibilità nonchè memoria illustrativa del ricorso, ai sensi dell’art. 378 c.p.c.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Preliminarmente si deve dichiarare l’inammissibilità dell’intervento svolto nel giudizio di legittimità da C.G.V., che non ha partecipato alle pregresse fasi di merito del giudizio.

Come ripetutamente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, non è consentito nel giudizio di legittimità l’intervento volontario del terzo, in mancanza di un’espressa previsione normativa da ritenersi indispensabile nella disciplina di una fase processuale autonoma (ex multis, Cass. 10/10/2019, n. 25423; Cass. 07/08/2018, n. 20565; Cass. 17/05/2011, n. 10813).

2. Nel merito il ricorso è fondato nei termini di seguito precisati.

3. Con il primo motivo è denunciata violazione dell’art. 1817 c.c., comma 1, artt. 1183,2934 e 2935 c.c. e, di riflesso, degli artt. 41-42 Cost. e 1 del protocollo addizionale CEDU.

Il ricorrente Fallimento sollecita un ripensamento dell’orientamento di questa Corte sul tema della decorrenza del termine di prescrizione del diritto di credito restitutorio nel caso di contratto di mutuo senza termine convenzionale di restituzione.

4. Con il secondo motivo è denunciata – in subordine al mancato accoglimento del primo motivo – violazione degli artt. 2935,2364 e 2424 c.c. e si censura la sentenza d’appello nella parte in cui ha individuato nell’anno 2000 il dies a quo del termine di prescrizione dei crediti restitutori azionati dal Fallimento, coincidente con la conclusione del contratto di mutuo, nonostante fosse stato accertato che i crediti risultavano appostati nel bilancio al 31 dicembre 2001.

5. Con il terzo motivo, che denuncia ancora in subordine la nullità della sentenza in relazione all’art. 115 c.p.c. e art. 2697 c.c., il ricorrente lamenta che la Corte d’appello sarebbe incorsa in errore nel ritenere che gravasse sul Fallimento creditore l’onere di provare i fatti allegati a sostegno delle eccezioni di interruzione della prescrizione. Posto, infatti, che le società convenute-appellate non avevano contestato nè l’invio nè la ricezione delle lettere di intimazione e messa in mora datate 2008 e 2011, i fatti di interruzione non necessitavano di essere provati.

6. Con il quarto motivo è denunciata, in subordine al mancato accoglimento del primo e del terzo motivo, violazione degli artt. 1335,2943,2697 c.c. e si censura la decisione della Corte d’appello nella parte in cui ha ritenuto non provata l’avvenuta ricezione/conoscibilità delle lettere di messa in mora, a fronte della produzione da parte del Fallimento delle ricevute di invio a mezzo raccomandata e di quelle di consegna al destinatario.

7. Con il quinto motivo che denuncia, in subordine al mancato accoglimento del primo, del terzo e del quarto motivo, nullità della sentenza in relazione agli artt. 115 c.p.c. e 2697 c.c., il ricorrente lamenta che la Corte d’appello sarebbe incorsa in errore nel ritenere che gravasse sul Fallimento l’onere di provare l’allegato avvenuto riconoscimento del debito da parte delle società convenute, a mezzo dell’iscrizione in bilancio al 31 dicembre 2008 e al 31 dicembre 2009 dei rispettivi debiti. Si trattava di fatti non contestati, che pertanto non necessitavano di prova.

8. Con il sesto motivo è denunciata, in subordine al mancato accoglimento dei motivi primo, terzo, quarto e quinto, violazione dell’art. 2944 c.c. e si contesta che la Corte d’appello abbia escluso l’efficacia interruttiva della prescrizione all’appostazione dei debiti nel bilancio delle società appellate.

9. Il primo motivo, prospettato in via principale ed assorbente, non può essere accolto.

9.1. Esigenze di certezza dei rapporti giuridici, che sono alla base dell’istituto della prescrizione, inducono a ribadire il principio generale secondo il quale “condizione necessaria e sufficiente perchè la prescrizione decorra è che il titolare del diritto, pur potendo esercitarlo, si astenga da tale esercizio sicchè, anche quando il termine acceda al diritto di credito da far valere, la prescrizione decorre anche quando il diritto non sia esigibile per la mancata fissazione del tempo dell’adempimento, potendo il creditore ricorrere al giudice per la fissazione di un termine, ai sensi dell’art. 1183 c.c., comma 2, (ex multis, Cass. 19/11/2010, n. 23457; Cass. 19/06/2009, n. 14345, Cass. 10/12/2001 n. 15587; Cass. 6209 del 1999; Cass. 03/06/1997, n. 4939; Cass. 14/03/1086, n. 1731).

9.2. In senso contrario non è utile il richiamo a Cassazione 20 gennaio 2012, n. 788 che, in tema di decorrenza del termine di prescrizione dell’obbligo restitutorio nel contratto di deposito bancario, ha affermato che il diritto alla restituzione sorge (salvo il caso di previsione di un termine convenzionale di scadenza del contratto) solo a seguito della richiesta del cliente, con la conseguenza che l’inerzia non è interpretabile come manifestazione di disinteresse a far valere il diritto, cui possa collegarsi il decorso del termine prescrizionale.

La pronuncia citata ha definito il deposito bancario come “negozio complesso di durata, che costituisce un contratto d’impresa, caratterizzato da profili speculativi, nel quale l’interesse della banca alla raccolta ed alla gestione del risparmio concorre con quello del privato alla custodia ed alla rimuneratività delle somme”, ed ha poi rilevato che la mancata richiesta di restituzione da parte del depositante costituisce esercizio della facoltà insita nel contratto di deposito di mantenere in giacenza le somme. In definitiva, secondo Cassazione n. 788 del 2012, la circostanza che il danaro sia lasciato presso la banca costituisce situazione corrispondente all’interesse delle parti, che integra da ambo i lati adempimento del contratto di durata.

In questa prospettiva, risulta coerente l’affermazione secondo cui l’inerzia del depositante – il quale, pur non compiendo ulteriori operazioni, non chieda la restituzione delle somme depositate – non è interpretabile come manifestazione di disinteresse a far valere il diritto alla restituzione, cui possa collegarsi il decorso del termine prescrizionale.

9.3. Affatto diversa è la situazione nel mutuo, che nasce per garantire un’utilità temporanea e perciò necessita della fissazione del termine per la restituzione, come del resto reso evidente dalla previsione degli artt. 1816-1817 c.c., con la conseguenza che l’inerzia protratta del mutuante non può assumere alcun significato coerente con la struttura e con la funzione del contratto, e questo soltanto rileva ai fini del decorso del termine di prescrizione.

D’altra parte, la scelta del mutuo quale schema contrattuale accusale per realizzare un finanziamento infragruppo, come nella specie, espone le parti all’applicazione dell’art. 1817 c.c.

10. I motivi secondo e quarto, da esaminare congiuntamente per la connessione delle questioni prospettate, sono fondati.

10.1. La Corte d’appello ha individuato il dies a quo del termine di prescrizione decennale nell’anno 2000, ma l’affermazione è in contrasto con l’accertamento che i relativi crediti risultano appostati nel bilancio della società mutante al 31 dicembre 2001. Tale circostanza dimostra che i crediti “esistevano” nell’anno 2001 e pertanto, in base ai principi che sovrintendono alla redazione del bilancio (artt. 2423 c.c. e ss.), si deve escludere che i crediti fossero sorti nell’anno precedente.

10.2. L’errore in cui è incorsa la Corte territoriale assume decisività ai fini della verifica della tempestività degli atti interruttivi della prescrizione.

Come evidenziato dal Fallimento ricorrente nel quarto motivo di ricorso, la produzione documentale a corredo dell’eccezione di interruzione della prescrizione dimostra l’avvenuta ricezione delle richieste di pagamento, sicchè sul tema la Corte d’appello ha svolto un esame superficiale, con erronea applicazione del riparto dell’onere della prova. Con la produzione degli atti relativi all’invio e alla ricezione delle richieste di pagamento, il Fallimento aveva assolto l’onere probatorio riguardo all’eccezione do interruzione della prescrizione, e spettava alle controparti dimostrare che quegli atti non erano mai entrati nelle rispettive sfere di conoscibilità.

11. Sono infondati i rimanenti motivi di ricorso.

12. Non sussiste la prospettata nullità della sentenza in relazione all’art. 115 c.p.c. e art. 2697 c.c., per mancata applicazione del principio di non contestazione, denunciata nei motivi terzo e quinto.

12.1. Come emerge dalla stessa illustrazione del terzo motivo, le società convenute-appellate avevano contestato l’esistenza o, comunque, l’efficacia degli atti di interruzione della prescrizione, sia sul rilievo che i “presunti finanziamenti” risalivano a data antecedente all’anno 2000, sia contestando la prova dei fatti interruttivi, sicchè il tema era sicuramente controverso.

12.2. In termini analoghi è a dirsi con riferimento alla denuncia contenuta nel quinto motivo, e ciò a prescindere da eventuali profili di assorbimento nell’accoglimento del quarto motivo.

13. Infondato è anche il sesto motivo di ricorso.

13.1. La Corte d’appello ha ritenuto che l’iscrizione a bilancio dei debiti non soddisfacesse i requisiti dell’atto di riconoscimento, avente efficacia interruttiva della prescrizione e il ricorrente, che lamenta la violazione dell’art. 2944 c.c. sull’assunto dell’esistenza di idonea appostazione, ha richiamato nel ricorso documentazione che non dimostra l’assunto.

14. All’accoglimento del ricorso limitatamente ai motivi secondo e quarto, segue la cassazione in parte qua della sentenza impugnata, con rinvio al giudice designato in dispositivo, il quale provvederà anche sulle spese del presente giudizio.

15. Alla declaratoria di inammissibilità dell’atto di intervento segue la condanna dell’interveniente alle spese in favore della parte ricorrente, nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte accoglie per quanto di ragione i motivi secondo e quarto, rigetta i rimanenti, cassa la sentenza impugnata limitatamente ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione.

Dichiara inammissibile l’intervento di C.G.V., che condanna alla rifusione delle spese in favore del Fallimento ricorrente, liquidate in complessivi Euro 12.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione Seconda civile della Corte Suprema di Cassazione, il 13 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 7 maggio 2020

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