Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8639 del 12/04/2010

Cassazione civile sez. I, 12/04/2010, (ud. 09/03/2010, dep. 12/04/2010), n.8639

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARNEVALE Corrado – Presidente –

Dott. RORDORF Renato – Consigliere –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – rel. Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 29460-2008 proposto da:

D.M.F. (c.f. (OMISSIS)), + ALTRI OMESSI

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA VALADIER

43, presso l’avvocato LIZZA EGIDIO, rappresentati e difesi

dall’avvocato PORTOGHESE ANTONIO, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA;

– intimato –

avverso l’ordinanza della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il

24/10/2007; n. 52581/06 R.G.;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/03/2010 dal Consigliere Dott. VITTORIO RAGONESI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO Federico che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

La Corte osserva quanto segue:

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

D.M.F. e + ALTRI OMESSI hanno proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi, avverso il decreto in materia di equa riparazione emesso della Corte d’appello di Roma, depositato in data 24.10.07, con cui venivano dichiarati improponibili i ricorsi da essi proposti e successivamente riuniti, in quanto proposti oltre il termine di sei mesi di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 4.

Non ha resistito il Ministero della Giustizia.

Con il primo motivo di ricorso i ricorrenti si dolgono, sotto il profilo della omessa motivazione, della mancata presa in esame delle circostanze da essi presentate nei rispettivi ricorsi e, in particolare, sostengono il permanere della loro natura di creditori anche dopo la chiusura del piano di riparto fino alla chiusura del fallimento.

Il motivo è inammissibile.

Lo stesso è dedotto sotto il profilo della erronea motivazione anche se nella sostanza deduce una violazione di legge contestando la corretta applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 4.

Osserva la Corte che al ricorso per cassazione in questione devono essere applicate le disposizioni di cui al capo 1^ del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 (in vigore dal 2.3.2006) e, per quel che occupa, quella contenuta nell’art. 366 bis c.p.c., alla stregua della quale l’illustrazione del motivi di ricorso, nei casi di cui all’art. 360 c.p.c., nn. 1, 2, 3 e 4, deve concludersi, a pena di inammissibilità, con la formulazione di un quesito di diritto;

mentre per l’ipotesi di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 il ricorso deve contenere la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione per cui la relativa censura ;in altri termini deve cioè contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità.

(Cass. sez. un 20603/07).

Nel caso in questione il motivo è del tutto sprovvisto di motivo sia che lo stesso lo si voglia intendere proposto sotto il profilo della violazione di legge che della omessa motivazione.

Il motivo stesso non può ,pertanto, essere suscettibile di scrutinio in questa sede di legittimità.

Il secondo motivo, con cui si assume la violazione della L. n. 89 del 2001, art. 4 dovendo decorrere il termine per proporre l’azione di equo indennizzo dalla chiusura del fallimento, è fondato.

Questa Corte ha, infatti, già avuto occasione di affermare che la violazione del diritto alla ragionevole durata del processo, riconosciuto dal paragrafo 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e dalla L. 24 marzo 2001, n. 89, va accertata, riguardo alla procedura fallimentare tenendo conto che il “dies a quo” coincide con la data della sentenza di fallimento ed il “dies ad quem” con il momento in cui diviene definitivo il decreto di chiusura della procedura concorsuale. Deve, pertanto,escludersi che la valutazione del termine di ragionevole durata vada effettuata con esclusivo riferimento al tempo impegnato nella distribuzione dell’attivo ai creditori, senza tener conto di quello oggettivamente trascorso nella definizione dei procedimenti incidentali o, comunque, connessi, avviati dal curatore per il recupero di attività alla massa e quindi dell’intera procedura. (Cass. 24040/06).

Pertanto erroneamente il giudice di merito ha computato il termine semestrale per proporre il ricorso per equo indennizzo dalla data di esecuzione del piano di riparto finale anzichè da quella di chiusura del fallimento.

Il motivo va pertanto accolto.

La sentenza impugnata va di conseguenza cassata con rinvio alla Corte d’appello di in diversa composizione che si atterrà nel decidere al principio di diritto dianzi enunciato e che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di cassazione.

PQM

Accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 9 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 12 aprile 2010

 

 

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