Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8636 del 15/04/2011

Cassazione civile sez. trib., 15/04/2011, (ud. 11/01/2011, dep. 15/04/2011), n.8636

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIVETTI Marco – Presidente –

Dott. PARMEGGIANI Salvatore – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – rel. Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 11143/2006 proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12 presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrenti –

contro

M.P., IL GRANAIO DI MARAGNI PATRIZIO & C SNC,

R.

D.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 7/2005 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

BRESCIA, depositata il 22/02/2005;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

11/01/2011 dal Consigliere Dott. CAMILLA DI IASI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

APICE Umberto, che ha concluso per il rigetto.

Fatto

IN FATTO E IN DIRITTO

1. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate propongono ricorso per cassazione nei confronti della s.n.c. Il Granaio di Maragni Patrizio e C., nonchè di M.P. e R.D. – soci della medesima – (che non hanno resistito) e avverso la sentenza con la quale, in controversia concernente impugnazione di avvisi di accertamento per Irpef e Ilor relativi al 1992, la C.T.R. Lombardia confermava la sentenza di primo grado, che aveva accolto i ricorsi introduttivi affermando che l’erogazione di compensi in nero ai lavoratori dipendenti non costituiva valido elemento da cui far discendere presuntivamente la percezione, da parte del datore di lavoro, di corrispondenti ricavi in nero.

2. Deve preliminarmente essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso proposto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, posto che dalla sentenza impugnata risulta che l’appello, depositato il 31.01.2001, fu proposto dalla sola Agenzia delle Entrate e che, secondo la giurisprudenza di questo giudice di legittimità, quando la successione ex lege dell’Agenzia delle Entrate al Ministero delle Finanze si sia realizzata, in ragione della riforma dell’A.F. ai sensi del D.Lgs. n. 300 del 1999, dopo la conclusione del giudizio di primo grado e l’appello sia stato proposto esclusivamente dall’Agenzia (ovvero dalla relativa articolazione periferica di essa), si verifica l’estromissione implicita del Ministero sicchè quest’ultimo non può più essere considerato parte in causa (v. tra numerose altre Cass. n. 3557 del 2005). In assenza di attività difensiva, nessuna decisione va assunta in ordine alle relative spese.

3. Con un unico motivo, deducendo nullità della sentenza per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, vizio di motivazione nonchè violazione dell’art. 112 c.p.c., oltre che violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39 e art. 2697 c.c., l’Agenzia ricorrente rileva: che non si rinviene nè nella sentenza di primo grado nè nella sentenza d’appello alcuna argomentazione utile a sostenere l’annullamento dell’avviso opposto con riguardo alle riprese a tassazione per costi non documentati; che i giudici d’appello avevano in ogni caso omesso di statuire sul motivo di appello col quale si era contestato analogo vizio della sentenza di primo grado; che è pacifico che, con riguardo alla determinazione del reddito di impresa, l’onere della prova circa l’esistenza di fatti che danno luogo ad oneri e costi deducibili incombe sul contribuente che invoca la deducibilità, mentre il suddetto contribuente non aveva nella specie fornito in proposito alcuna prova.

La censura è fondata, nei limiti e nei termini che seguono.

Premesso che quando l’omissione (anche totale) della motivazione riguardi (come nella specie) solo uno o più punti decisivi e non tutta la decisione, non è configurabile error in procedendo ma solo vizio di motivazione, occorre rilevare che dal contenuto degli atti di parte riportato nella stessa sentenza impugnata risulta che gli avvisi opposti riguardavano anche il recupero di costi (pure per interessi passivi) non documentati, tuttavia sul punto la sentenza impugnata, limitandosi ad affrontare la questione dei maggiori ricavi desunti da compensi erogati in nero, non motiva in alcun modo la conferma della decisione di primo grado.

Sempre nella sentenza impugnata si da atto che l’Ufficio aveva appellato la sentenza di primo grado anche perchè i primi giudici, pur accogliendo i ricorsi dei contribuenti, avevano preso in considerazione solo le riprese riguardanti i ricavi non contabilizzati desunti da compensi in nero e relativi all’autoconsumo, non quelle relative ai costi non documentati, ma su questo motivo di impugnazione i giudici d’appello omettono ogni pronuncia.

3. Il ricorso dell’Agenzia deve essere pertanto accolto e la sentenza impugnata deve essere conseguentemente cassata con rinvio ad altro giudice che provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità. Atteso il tenore dei vizi per i quali la sentenza è stata cassata (omessa motivazione e omessa pronuncia), implicanti la necessità di ulteriori accertamenti in fatto, non sussistono i presupposti per l’invocata decisione nel merito.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso del Ministero dell’Economia e delle Finanze. Accoglie nei sensi di cui in motivazione il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese a diversa sezione della C.T.R. Lombardia.

Così deciso in Roma, il 11 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 15 aprile 2011

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