Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8635 del 15/04/2011

Cassazione civile sez. trib., 15/04/2011, (ud. 05/01/2011, dep. 15/04/2011), n.8635

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIVETTI Marco – Presidente –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 20158/2006 proposto da:

MINISTERO DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro tempore, AGENZIA

DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente

domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12 presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope legis;

– ricorrenti –

contro

M.A.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 59/2005 della COMM. TRIB. REG. di MILANO,

depositata il 26/05/2005;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

05/01/2011 dal Consigliere Dott. FRANCESCO TERRUSI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE Tommaso, che ha concluso per l’inammissibilità, in subordine

il rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La commissione tributaria di primo grado di Como, con sentenza 11.11.1992, accolse un ricorso di M.A. avverso un avviso di irrogazione di sanzioni emesso dal locale Ufficio Iva, relativo all’anno 1989, per inosservanza dell’obbligo di versamento dell’imposta.

L’ufficio Iva di Como, in data 4.5.1993, propose appello che la commissione regionale della Lombardia, con sentenza 21.5.1999, dichiarò inammissibile per tardività.

La decisione venne cassata, con rinvio alla medesima commissione regionale, giusta sentenza 2001/10340 di questa Corte, per omessa considerazione dell’avvenuta proroga del termine di impugnazione, di cui alla L. 30 dicembre 1991, n. 413, art. 48.

Riassunse, del D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 63, il locale ufficio di Cantù dell’agenzia delle entrate, con ricorso 18.2.2002.

Nel contraddittorio con l’appellato, la commissione regionale della Lombardia, con sentenza 26.5.2005, respinse il gravame osservando che l’agenzia aveva sollevato eccezioni generiche e imprecisate, non proposte nè documentate in primo grado, in violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57.

Rilevò inoltre, d’ufficio, che l’istanza di riassunzione era priva dell’autorizzazione della direzione regionale delle entrate di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 52, comma 2, condicio sine qua non per il valido esercizio della legittimazione in sede di appello da parte dell’ufficio periferico.

Propongono ora ricorso per cassazione il Ministero delle finanze e l’agenzia delle entrate. L’intimato non ha svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Parte ricorrente muove alla sentenza due censure.

La prima, rubricata come violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 57 e 79, nonchè omessa o insufficiente motivazione su punto decisivo, evidenzia, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5, che il giudice d’appello non ha indicato quali presunte eccezioni in senso stretto sarebbero state per la prima volta dedotte in appello; e che in ogni caso ha errato nel considerare applicabile al giudizio de quo l’art. 57, comma 2, contravvenendo in tal modo al regime transitorio dettato per i giudizi in corso alla data di entrata in vigore del citato D.Lgs. (art. 79, comma 1).

La seconda censura, rubricata come violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 52 e 63 (in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4), deduce che l’autorizzazione mentovata in sentenza (art. 52 D.Lgs. cit.) non è richiesta ai fini della prosecuzione del processo dinanzi al giudice di rinvio.

2. – Va dichiarata l’inammissibilità del ricorso proposto dal Ministero, che non fu parte del giudizio di merito.

Risulta dalla sentenza esservi stata assunzione in via esclusiva, da parte dell’agenzia delle entrate, della gestione del contenzioso nelle predette fasi di merito, con conseguente spettanza a essa soltanto dell’esercizio dei correlati poteri processuali in ordine all’impugnazione in sede di legittimità (per tutte, sez. un. 2006/3116).

3. – Il ricorso dell’agenzia delle entrate è fondato sotto entrambi i profili denunciati.

Il primo motivo induce la preliminare constatazione che nel processo de qua, rileva, in ragione della litispendenza in appello al 1.4.1996, il regime transitorio dettato dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 79, comma 1.

Consegue che non è applicabile, per disposizione espressa, la previsione richiamata dalla commissione regionale lombarda (art. 57, comma 2) al fine di sostenere la violazione del divieto di nuove eccezioni.

Tanto appare dirimente onde sostenere il fondamento della doglianza di falsa applicazione di norma di diritto.

A ogni modo il motivo è a sua volta fondato nel riferimento al vizio di motivazione che inficia la sentenza.

Questa difatti nulla evidenzia riguardo al tipo e alla consistenza delle eccezioni che sarebbero state sollevate dall’amministrazione appellante in asserita violazione del divieto di nova. La sintesi che si rinviene nell’unico periodo motivante dedicato alla questione (“l’agenzia delle entrate infatti solleva eccezioni generiche ed imprecisate non proposte e documentate in primo grado (..)”) appare del tutto apodittica e non soddisfa l’onere argomentativo minimo richiesto dal tipo di decisione adottata, al fine di potersi apprezzare il fondamento dell’iter logico che ha condotto a ricusare l’esame dei motivi di censura pur nella narrativa della medesima sentenza riportati.

4. – Quanto al secondo motivo, devesi osservare che la sentenza impugnata ha respinto il gravame sul rilievo di una carenza di legittimazione dell’amministrazione riassumente. Ha invero ritenuto l’ufficio periferico dell’agenzia delle entrate carente di legittimazione a riassumere in difetto di autorizzazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 52, comma 2.

Ciò, peraltro, ha affermato in netta dissociazione rispetto al regime processuale disciplinante il rinvio. E in tal senso è incorsa in una falsa applicazione della disposizione richiamata, che difatti è riferita all’appello.

Nè la sentenza impugnata ha rapportato la mancanza di autorizzazione dell’ufficio periferico all’esito della sentenza di primo grado (del novembre 1992), ai fini della proposizione dell’appello avverso quella sentenza ai sensi di cui all’art. 52, comma 2, D.Lgs. cit..

E’ noto, al punto da dispensare la Corte da superflui riferimenti, che il giudizio di rinvio (nella specie di tipo prosecutorio, stante l’avvenuta cassazione della sentenza 21.5.1999 per vizio ex art. 360 c.p.c., n. 3) è strutturato come mera fase conseguente. La funzione prosecutoria della quale, in quanto preordinata alla (nuova) definizione della controversia (in senso propriamente rescissorio), postulava che si dovesse attribuire rilevanza solo alle doglianze di cui ai motivi di appello e alle relative (originarie) condizioni di ammissibilità.

L’impugnata sentenza va dunque cassata anche su questo punto, in ragione del principio di diritto – che qui si enuncia – per cui, agli specifici fini della riassunzione di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 63, da parte dell’ufficio periferico del dipartimento delle entrate, non è necessaria autorizzazione ex art. 52, comma 2, citato D.Lgs..

La commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, provvederà a nuovo esame nel merito della regiudicanda, oltre che alla definizione della sorte delle spese processuali comprensive di quelle del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso del Ministero dell’economia e finanze. Accoglie il ricorso dell’agenzia delle entrate. Cassa l’impugnata sentenza e rinvia ad altra sezione della commissione tributaria regionale della Lombardia anche per le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Quinta Civile, il 5 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 15 aprile 2011

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