Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8634 del 15/04/2011
Cassazione civile sez. trib., 15/04/2011, (ud. 05/01/2011, dep. 15/04/2011), n.8634
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PIVETTI Marco – Presidente –
Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –
Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –
Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –
Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 17250/2006 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro
tempore, elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e
difende ope legis;
– ricorrenti –
contro
CAMUZZI GAZOMETRI SPA (per ENEL RETE GAS Spa – atto notarile Notaio
MATILDE ATLANTE di ROMA REP. 108070 in persona del Dott. C.
F.), elettivamente domiciliato in ROMA VIA SICILIA 66 presso lo
studio dell’avvocato GIULIANI Francesco, che lo rappresenta e difende
giusta delega in atti;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 63/2005 della COMM. TRIB. REG. di MILANO,
depositata il 13/04/2005;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del
05/01/2011 dal Consigliere Dott. FRANCESCO TERRUSI;
udito per il ricorrente l’Avvocato ZERMAN, che ha chiesto
l’accoglimento;
udito per il resistente l’Avvocato RUFFINI per delega Avv. GIULIANI,
che ha chiesto il rigetto;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
BASILE Tommaso, che ha concluso per l’inammissibilità in subordine
il rigetto.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Camuzzi-Gasometri s.p.a. (oggi Enel Rete Gas s.p.a.) impugnò, dinanzi alla commissione tributaria provinciale di Milano, un silenzio rifiuto relativo a istanza di rimborso di importi versati per imposta patrimoniale dell’anno 1997.
Tale ricorso venne accolto.
Propose appello la locale agenzia delle entrate.
Con sentenza 13.4.2005, la commissione tributaria regionale della Lombardia dichiarò l’appello inammissibile. Osservò che, a fronte del deposito del relativo atto in data 11.2.2002, al fine di verificarne la tempestività, l’amministrazione appellante era stata inutilmente invitata a produrre l’originale della documentazione attestante la notifica. In difetto di simile produzione, l’appello venne dichiarato inammissibile in quanto tardivo.
Per la cassazione di questa sentenza hanno proposto ricorso il Ministero dell’economia e finanze e l’agenzia delle entrate.
Resiste con controricorso Enel Rete Gas s.p.a..
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. – Va ritenuta l’inammissibilità del ricorso proposto dal Ministero dell’economia e finanze, stante che questo non fu parte del giudizio di merito, nel quale invece risulta avere assunto in via esclusiva la gestione del contenzioso l’agenzia delle entrate.
2. – Con due motivi di ricorso, suscettibili di unitario esame in ragione della stretta loro connessione, l’agenzia delle entrate censura la sentenza: (a) per insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5; (b) per violazione e falsa applicazione dell’art. 327, comma 1, e della L. n. 742 del 1969, art. 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.
Entrambi i motivi sono infondati.
3. In contrario rispetto a quanto si sostiene nel primo motivo – che la motivazione del giudice di appello non spiega cosa egli abbia inteso dire con la formula “verificare la tempestività dell’appello” – osservasi che è ben chiaro, in base al testo della impugnata sentenza, che l’inammissibilità venne dichiarata per intempestività della notifica dell’appello, non avendo l’amministrazione appellante – benchè al riguardo espressamente sollecitata dal giudice del merito – adempiuto all’onere di deposito della documentazione attestante la avvenuta notifica.
A fronte di simile affermazione, si palesa del tutto irrilevante quanto dalla ricorrente sostenuto nel secondo motivo, a proposito dell’asserita prova della spedizione dell’atto contenente il gravame in data 24.1.2002.
E difatti la condizione previa, per potersi apprezzare la tempestività dell’impugnazione in rapporto al momento di spedizione dell’atto, è che la notificazione si sia comunque successivamente perfezionata presso il destinatario.
Secondo la corretta esegesi delle previsioni del procedimento notificatorio, conseguente a C. cost. 2002/477 e a C. cost. 2004/28, risulta presente, nell’ordinamento, il principio secondo il quale – relativamente alla funzione propria della sequenza in cui il procedimento si sostanzia – il momento in cui la notificazione si perfeziona per il notificante devesi mantenere distinto da quello in cui essa si perfeziona per il destinatario. E tuttavia questa scissione rileva alla specifica condizione che vi sia stata la ricezione dell’atto, nel senso che resta comunque fermo che la produzione degli effetti, che alla notificazione sono collegati, è condizionata dalla constatazione di avvenuto perfezionamento del procedimento notificatorio.
L’esatto contrario risulta dalla sentenza qui impugnata. Giacchè codesta esplicitamente afferma essere rimasto inevaso l’invito a produrre l’originale attestante la notifica dell’atto di impugnazione: id est, il perfezionamento della notifica presso il destinatario.
A fronte di simile incontrastata risultanza, la conclusione in ordine all’inammissibilità del gravame si pone nel solco della giurisprudenza di questa Corte, stante il principio che, attribuendo alla produzione dell’avviso di ricevimento del piego raccomandato la funzione di documento di prova dell’avvenuto perfezionamento della notifica (da ultimo sez. un. 2008/627), associa l’onere dimostrativo all’impugnante. La ricorrente si limita, a questo riguardo, a genericamente affermare – in seno a censura formulata ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, rispetto alla quale è notoriamente inibito a questa Corte qualsivoglia apprezzamento al di fuori degli atti interni propri del giudizio di legittimità – un fatto contrario all’accertamento risultante dalla sentenza; che, cioè, l’atto, spedito in notifica il 24.1.2002, sarebbe stato ricevuto dalla società contribuente “entro il termine del 3.2.2002”.
Discende la manifesta infondatezza di entrambe le censure e la conseguente necessità di rigettare il ricorso.
Spese alla soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente alle spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 6.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Quinta Civile, il 5 gennaio 2011.
Depositato in Cancelleria il 15 aprile 2011