Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8634 del 12/04/2010

Cassazione civile sez. I, 12/04/2010, (ud. 15/01/2010, dep. 12/04/2010), n.8634

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PANEBIANCO Ugo Riccardo – rel. Presidente –

Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere –

Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 23092/2008 proposto da:

R.R. (C.F. (OMISSIS)), vedova di V.

F., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIULIA DI

COLLOREDO 46/48, presso l’avvocato DE PAOLA Gabriele, che la

rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente pro

tempore, MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del

Ministro pro tempore, domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrenti –

sul ricorso 23291/2008 proposto da:

O.E. (C.F. (OMISSIS)), elettivamente domiciliato

in ROMA, VIA GIULIA DI COLLOREDO 46/48, presso l’avvocato DE PAOLA

GABRIELE, che lo rappresenta e difende, giusta procura speciale in

calce;

– ricorrente –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, MINISTERO DELL’ECONOMIA E

DELLE FINANZE;

– intimati –

sul ricorso 23293/2008 proposto da:

S.G. (C.F. (OMISSIS)), vedova di

F.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIULIA DI

COLLOREDO 46/48, presso l’avvocato DE PAOLA GABRIELE, che lo

rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, MINISTERO DELL’ECONOMIA E

DELLE FINANZE;

– intimati –

sul ricorso 23295/2008 proposto da:

T.L. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA GIULIA DI COLLOREDO 46/48, presso l’avvocato

DE PAOLA GABRIELE, che lo rappresenta e difende, giusta procura in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, MINISTERO DELL’ECONOMIA E

DELLE FINANZE;

– intimati –

sul ricorso 23298/2008 proposto da:

R.C. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliato

in ROMA, VIA GIULIA DI COLLOREDO 46/48, presso l’avvocato DE PAOLA

GABRIELE, che lo rappresenta e difende, giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente pro

tempore,domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE;

– intimato –

sul ricorso 23436/2008 proposto da:

V.R. (C.F. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliato in ROMA, V. GIULIA DI COLLOREDO 46-48, presso l’avvocato

DE PAOLA GABRIELE, che lo rappresenta e difende, giusta procura in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, MINISTERO DELL’ECONOMIA E

DELLE FINANZE;

– intimati –

sul ricorso 23440/2008 proposto da:

R.L. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA GIULIA DI COLLOREDO 46/48, presso l’avvocato

DE PAOLA GABRIELE, che lo rappresenta e difende, giusta mandato in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, MINISTERO DELL’ECONOMIA E

DELLE FINANZE;

– intimati –

sul ricorso 23443/2008 proposto da:

G.S. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliato

in ROMA, VIA GIULIA DI COLLOREDO 46/48, presso l’avvocato DE PAOLA

GABRIELE, che lo rappresenta e difende, giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, MINISTERO DELL’ECONOMIA E

DELLE FINANZE;

– intimati –

sul ricorso 23447/2008 proposto da:

P.L. (C.F. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA GIULIA DI COLLOREDO 46/48, presso l’avvocato

DE PAOLA GABRIELE, che lo rappresenta e difende, giusta procura in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, MINISTERO DELL’ECONOMIA E

DELLE FINANZE;

– intimati –

sul ricorso 23449/2008 proposto da:

V.G. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA GIULIA DI COLLOREDO 46/48, presso l’avvocato

DE PAOLA GABRIELE, che lo rappresenta e difende, giusta procura in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, MINISTERO DELL’ECONOMIA E

DELLE FINANZE;

– intimati –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositato il

07/08/2007; n. 702/06 V.G.;

si da atto che in udienza vengono riuniti i ricorsi dal n. 123 al n.

132 (n. d’ordine del ruolo);

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

15/01/2010 dal Presidente Dott. UGO RICCARDO PANEBIANCO;

udito, per i ricorrenti, l’Avvocato GABRIELE DE PAOLA che ha chiesto

l’accoglimento dei ricorsi;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO Federico, che ha concluso per l’accoglimento dei ricorsi.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con decreto depositato in data 7.8.2007 la Corte d’Appello di Firenze – pronunciando sulle domande di equa riparazione ex L. n. 89 del 2001, proposte dai ricorrenti sopra indicati (ad eccezione di S.G. subentrata in sede di legittimità quale vedova di F.L. nel frattempo deceduto) nei confronti della Presidenza del Consiglio in relazione al giudizio promosso con ricorso depositato il 14.2.1996 avanti alla sezione giurisdizionale della Toscana della Corte dei Conti al fine di ottenere il riconoscimento del diritto al trattamento dell’ausiliaria nella misura dell’80% del personale di pari grado e comunque alla ricostruzione della carriera con riconoscimento retroattivo dei benefici di cui al D.Lgs. n. 198 del 1995, e deciso con sentenza del 30.4.2003 riteneva che la durata del procedimento, protrattosi per oltre sette anni, fosse ragionevole nella misura di anni tre e determinava in anni quattro la durata non ragionevole, liquidando a titolo di indennizzo per il danno non patrimoniale la somma di Euro 2.000,00 tenuto conto del valore economicamente modesto della pretesa fatta valere nel giudizio presupposto, dell’esito del giudizio, negativo per i ricorrenti nonchè del fatto che il giudizio era volto non già ad evitare un esborso ma ad ottenere una somma di denaro.

Avverso detto decreto i ricorrenti propongono ricorso per cassazione con atti separati notificati alla Presidenza del Consiglio ed al Ministero dell’Economia e delle Finanze, deducendo, tutti, tre analoghi motivi di censura.

Resistono con controricorsi in alcuni di detti giudizi la Presidenza del Consiglio ed il Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Pregiudizialmente i ricorsi vanno riuniti ai sensi dell’art. 335 c.p.c., riguardando lo stesso decreto.

Del pari pregiudizialmente deve essere dichiarata l’inammissibilità dei ricorsi proposti nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze nonchè dei relativi controricorsi, fermi restando sia i ricorsi che i controricorsi riguardanti la Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Non può trovare applicazione infatti la L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 1224, che, modificando la previsione della L. n. 89 del 2001, art. 3, comma 3, ha attribuito al Ministero dell’Economia e delle Finanze la legittimazione nelle cause per equa riparazione relative a giudizi presupposti diversi da quelli promossi avanti al giudice ordinario ed al giudice militare, avendo la norma transitoria di cui al successivo comma 1225 previsto espressamente la sua applicazione ai procedimenti iniziati dopo l’entrata in vigore di detta legge, ed essendo stati i ricorsi introduttivi di cui al procedimento in esame proposti nel 2003 e riassunti, dopo la decisione sulla competenza territoriale, nel 2006. Conseguentemente rimane ferma la legittimazione passiva della Presidenza del Consiglio, mentre va esclusa quella del Ministero dell’Economia e delle Finanze con compensazione delle relative spese.

Con il primo motivo i ricorrenti denunciano violazione dell’art. 6 paragrafo 1 della C.E.D.U. nonchè della L. n. 89 del 2001, art. 2 e dell’art. 36 Cost.. Lamentano che la Corte d’Appello, dopo aver individuato nell’importo di Euro 1.000,00 la misura media per ogni anno di durata non ragionevole, abbia ridotto l’indennizzo del 50%, senza considerare che secondo i parametri fissati dalla Corte europea l’indennizzo debba essere determinato in una somma oscillante da Euro 1.000,00 ad Euro 1.500,00 e senza tener conto, oltre tutto, che riguardando il giudizio presupposto una causa in materia di lavoro, doveva essere riconosciuta una maggiorazione di Euro 2.000,00, come affermato dalla Corte di Strasburgo alla cui giurisprudenza il giudice nazionale non può sottrarsi.

Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano ancora le stesse norme, sostenendo che erroneamente la Corte d’Appello, nel determinare l’indennizzo, abbia tenuto conto dell’esito del giudizio e del valore, ritenuto modesto, della causa nonchè del fatto che la stessa non era volta ad evitare un danno ma a procurare un vantaggio.

Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano difetto di motivazione nonchè violazione dell’art. 96 c.p.c.. Deducono che erroneamente la Corte d’Appello ha ritenuto di modesto valore il giudizio presupposto, non considerando che la richiesta di indennità avanzata nel giudizio presupposto costituiva una posta retributiva rilevante.

Gli esposti motivi di ricorso sono fondati nei limiti che qui di seguito saranno precisati.

Quanto alla censura con cui si contesta l’entità dell’indennizzo riguardante il danno non patrimoniale, si rileva che la Corte d’Appello, liquidando una somma complessiva di Euro 2.000,00 a favore di ciascuno dei ricorrenti, pari ad Euro 500,00 per ogni anno di durata non ragionevole complessivamente determinata in anni quattro, non si è adeguata ai parametri fissati dalla Corte europea e recepiti dalla giurisprudenza di questa Corte la quale ha chiarito come una tale valutazione non possa prescindere, in considerazione del rinvio operato dalla L. n. 89 del 2001, art. 2, dall’interpretazione della Corte di Strasburgo e debba pertanto uniformarsi, per quanto possibile, alla liquidazione effettuata in casi simili dal giudice europeo, sia pure con possibilità di apportare, purchè in misura ragionevole, le deroghe suggerite dalla singola vicenda. Dalle decisioni adottate a carico dell’Italia (vedi in particolare la pronuncia sul ricorso n. 62361/01 proposto da Riccardi Pizzati e sul ricorso n. 64897/01 proposto da Zullo) risulta infatti che la Corte europea ha individuato nell’importo compreso fra Euro 1.000,00 ed Euro 1.500,00 il parametro medio annuo per la quantificazione dell’indennizzo, salvo, ripetesi, la possibilità di oscillazioni in più od in meno in relazione alla particolarità della fattispecie ed all’indubbia progressività dello stato d’ansia correlata alla maggiore o minore durata del procedimento.

Orbene, nel caso in esame, esclusa la congruità dell’indennizzo liquidato dalla Corte d’Appello per il notevole divario rispetto ai richiamati parametri europei e considerato che ricorrano le condizioni per una decisione nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 1, si ritiene, in considerazione del modesto valore del giudizio presupposto cui ha fatto riferimento il decreto impugnato, di determinare l’indennizzo complessivamente in Euro 3.250,00, pari ad Euro 750,00 per i primi tre anni e ad Euro 1.000,00 per il restante periodo di anni uno, non potendosi negare, come si è già sottolineato, che lo stato d’ansia aumenti con l’ulteriore protrarsi del procedimento e che debba quindi riconoscersi un importo maggiore dopo un certo periodo.

Non può trovare accoglimento invece la richiesta di riconoscimento di un “bonus” di Euro 2.000,00 in relazione alla natura della controversia vertente in materia di lavoro, non essendo previsto dalla legislazione nazionale e non potendo comunque considerarsi un effetto automatico, slegato dalla particolarità della fattispecie sulla quale nulla è stato però detto al di la di un generico richiamo al carattere della controversia.

Quanto infine al terzo motivo – che, pur richiamando espressamente l’art. 366 bis c.p.c., seconda parte, non contiene un vero e proprio quesito ma solo la mera individuazione del “fatto controverso”, cui fa riferimento la norma, nella mancanza di riferimenti nel decreto del valore della controversia – i ricorrenti contestano l’assunto circa la modesta entità di un tale valore, sostenendo che il giudizio presupposto riguardava “la ricostruzione della carriera”.

Una tale deduzione è però del tutto generica e manca pertanto della necessaria decisività, non essendone precisati i riflessi economici.

L’impugnato decreto deve essere pertanto cassato in relazione alle censure accolte.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo, integralmente quanto al giudizio di merito e, nella misura del 50%, relativamente al giudizio di legittimità in considerazione dell’accoglimento solo parziale del ricorso.

PQM

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Riunisce i ricorsi. Dichiara inammissibili i ricorsi proposti nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze nonchè i relativi controricorsi e compensa le spese fra le parti. Accoglie nei limiti di cui in motivazione i ricorsi proposti nei confronti della Presidenza del Consiglio. Cassa il decreto impugnato in relazione alle censure accolte e, decidendo nel merito, condanna la Presidenza del Consiglio dei Ministri al pagamento di Euro 3.250,00 oltre agli interessi dalla domanda a favore di ciascuno dei ricorrenti. Condanna inoltre la Presidenza del Consiglio al pagamento delle spese processuali che liquida, quanto al giudizio di merito, in Euro 2.700,00 per diritti, in Euro 3.300,00 per onorario ed in Euro 600,00 per spese oltre accessori di legge e, nella misura del 50% quanto al giudizio di legittimità, in Euro 1.000,00 per onorario ed in Euro 100,00 per spese oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 15 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 12 aprile 2010

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