Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8632 del 03/04/2017


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Cassazione civile, sez. I, 03/04/2017, (ud. 07/02/2017, dep.03/04/2017),  n. 8632

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

Azienda Agricola Le Sorgenti s.r.l., Edilfonte Costruzioni s.p.a. in

liq. in persona del l.r.p.t. e, rispettivamente, del liq. p.t.,

rappr. e dif. dall’avv. Marco Fiscal, elett. dom. in Gallarate, via

Torino n. 8 presso lo studio dello stesso, come da procura in calce

all’atto;

– ricorrenti –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore p.t., rappr. e dif.

dall’Avvocatura dello Stato, presso i cui uffici, in Roma, via

Portoghesi n.12, è domiciliata;

– controricorrente –

Equitalia Nord s.p.a., in persona del l.r.p.t., rappr. e dif.

dall’avv. Andrea Romano, come da procura notaio C. di

(OMISSIS), elett.dom. presso lo studio dell’avv. Lidia Ciabattini,

in Roma, piazzale Clodio n.32, come da procura in calce all’atto;

– controricorrente –

Concordato preventivo Edilfonte costruzioni s.p.a. in liq., in

persona del comm. giud.;

– intimato –

per la cassazione del decreto App. Milano 23 gennaio 2013, n.

312/2013 in R.G. 780/2012 e del decreto Trib. Milano 20.7.2012, n.

8920/2012 in R.G. 28980/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

giorno 7 febbraio 2017 dal Consigliere relatore dott. Massimo Ferro;

udito l’avvocato Sgotto Ciabattini per il controricorrente Equitalia

Nord s.p.a.;

udito il P.M. in persona del sostituto procuratore generale dott.

SALVATO Luigi, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Azienda Agricola Le Sorgenti s.r.l. (Azienda agricola) ed Edilfonte Costruzioni s.p.a. in liquidazione (Edilfonte) impugnano il decreto App. Milano 23.1.2013, n. 312/2013 in R.G. 780/2012 e il decreto Trib. Milano 20.7.2012, n. 8920/2012 in R.G. 28980/2011, con il primo dei quali era stato dichiarato inammissibile il proprio reclamo avverso il secondo provvedimento citato, che a sua volta aveva omologato il concordato preventivo proposto dalla società Edilfonte Costruzioni s.p.a. in liquidazione.

2. Rilevò la corte territoriale che il primo giudice aveva omologato detto concordato con una variante rispetto alla formulazione originaria, in punto di soddisfacimento integrale dei crediti IVA e delle ritenute d’acconto, così stabilendo il termine di 30 giorni dalla comunicazione dell’omologazione stessa perchè la società Azienda Agricola assolvesse all’impegno a versare la somma di Euro 330.000 e parimenti disponendo che, in difetto di soluzione nei 60 giorni dalla pubblicazione del decreto, fosse il liquidatore giudiziale a dover agire verso la debitrice principale, altresì escutendo le fidejussioni rilasciate dai soci, così procedendo al recupero del credito. Le due sopramenzionate società avevano impugnato la decisione del primo giudice invocandone l’erroneità per quattro errori ivi ravvisati: l’eccessività della obbligazione posta a carico di Azienda agricola, che si era impegnata per la minor somma di 302.694 Euro; il riconoscimento ai creditori in classe terza del 25% del soddisfacimento, contro la proposta che lo aveva fissato al 20%; la fissazione tout court del termine di 30 giorni dato ad Azienda agricola, omettendo il riferimento all’acquisto del credito cui la proposta era condizionata; l’omessa considerazione degli sgravi fiscali, e dunque del minor credito di Agenzia delle Entrate, con conseguente riduzione della somma d’impegno in capo ad Azienda agricola.

3. Ritenne la corte d’appello che il reclamo fosse inammissibile, così accogliendo l’eccezione preliminare della Agenzia delle Entrate, non avendo alcun creditore svolto opposizione avverso l’omologazione del concordato e prevedendo l’art. 183 L. Fall. un’impugnativa contro il solo decreto di non omologazione; quanto ad “eventuali errori materiali o di calcolo”, la pronuncia ne aggiunse la possibile correzione, “su istanza delle interessate”, da parte dello stesso organo giudiziario che aveva proceduto all’omologazione.

4. Il ricorso congiunto di Edilfonte e Azienda agricola è su due motivi, ai quali resistono con controricorso Agenzia delle Entrate ed Equitalia Nord s.p.a..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo viene dedotta la violazione degli artt. 180 e 183 L. Fall., avendo erroneamente la corte escluso l’ammissibilità del reclamo avverso il decreto di omologazione che invece era stato opposto da Agenzia delle Entrate ed Equitalia, che poi vi avevano rinunciato prima della decisione, dopo che in virtù del loro atto era stata attuata un’istruttoria.

2. Con il secondo motivo si censura la violazione dell’art. 180 L. Fall. e art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, avendo il decreto del tribunale omologato una proposta concordataria modificandola e dunque ciò giustificando l’impugnabilità, stante il relativo contenuto decisorio, posto che: l’impegno di Azienda agricola era per somma inferiore, subordinato all’acquisto di un credito di Edilfonte e condizionato nell’ammontare – nel frattempo diminuito dell’effettivo carico fiscale; la percentuale attribuita ai creditori di classe terza (tra cui Erario ed enti previdenziali) era del 20 e non del 25%; la dazione della somma da parte di Azienda agricola era sottoposta alla condizione dell’acquisto di un credito di Edilfonte.

3. La trattazione dei motivi va attuata congiuntamente, stante l’indubbia connessione, conducendo essa al loro accoglimento avuto riguardo all’impugnativa avverso il decreto della corte d’appello, mentre è inammissibile – in questa sede – il ricorso svolto contro il decreto del tribunale. Osserva in primo luogo il Collegio che appare pacifico, anche nella ricostruzione del fatto processuale ad opera delle parti, che: a) nel corso del giudizio di omologazione avanti al Tribunale di Milano vi era stata opposizione di Agenzia delle Entrate e di Equitalia Nord s.p.a., poi rinunciata prima della decisione; b) lo stesso tribunale omologò una proposta di concordato preventivo, strutturato mediante pagamento dei creditori suddivisi in classi ed aggiunta di impegno di terzo, sovrapponendo – già in quella sede – clausole adempitive di natura sostanziale (per entità del debito, tempi di pagamento), così introducendo nuovi obblighi a carico dei proponenti. La corte d’appello ha escluso la reclamabilità di quel decreto perchè le opposizioni, in quanto rinunciate, non le risultavano più ai sensi dell’art. 180, comma 3 L. Fall., divenendo pertanto il decreto del primo giudice “non soggetto a gravame”. Contestualmente essa ha ipotizzato di erroneità (materiale o di calcolo) le citate aggiunte, ma da correggersi da parte del tribunale medesimo.

4. L’art. 183, comma 1 L. Fall. afferma una generale reclamabilità avanti alla corte d’appello del decreto del tribunale sull’omologazione del concordato preventivo, dovendosi intendere la preclusione di cui all’art. 180, comma 3 L. Fall. di stretta interpretazione, posto che, nell’escludere il gravame, ne circoscrive il presupposto alla mancata proposizione di opposizioni, per come essa si traduce in una concentrazione del controllo giudiziale sulla proposta, circoscritto alla verifica della regolarità della procedura e all’esito della votazione. Se nessuna questione, nella vicenda, si pone quanto all’esito del voto, il dubbio che sia stata integrata pienamente la fattispecie in esame sovviene per due circostanze: l’iniziale opposizione dei creditori e il contenuto di merito del decreto omologatorio. Sul primo punto, effettivamente la venuta meno delle opposizioni – perchè rinunciate – delimita l’esito decisorio del giudizio, ancorchè nel frattempo la contestazione introdotta possa avere, come accaduto nella vicenda, originato acquisizioni istruttorie esplicitamente previste dal comma 4 art. cit.. Ma in ogni caso, il tribunale non potrebbe più pronunciare su quei vizi della proposta che attengano ad uno specifico interesse veicolato dalle opposizioni, aggiungendosi cioè alla ordinaria verifica – da compiersi invece e comunque d’ufficio – sulla permanenza delle condizioni di ammissibilità del concordato (Cass. 2227/2017). Nè a maggior ragione il tribunale potrebbe condurre il cram down ove introdotto da un creditore dissenziente di classe dissenziente o qualificato (secondo il regime ratione temporis vigente), ma poi desistente. E’ però altrettanto necessario che il decreto di omologazione, per quanto pronunciato senza più opposizioni pendenti e dunque non anche più “su una opposizione”, si estrinsechi in modo diretto e fedele esattamente sulla proposta del debitore, per come da questi aggiornata e successivamente votata (secondo un vincolo già individuato in Cass. 4068/1985). Nella omologazione assunta con il decreto di cui all’art. 180, comma 3 L. Fall. l’oggetto dunque non può che essere quel concordato (proposta, piano), così come pervenuto (dalla domanda del debitore) ai citati minori poteri valutativi del tribunale. Per questa ragione, un decreto di omologazione che invece, come avvenuto, innovi nel proprio oggetto esattamente la proposta e dunque integrando altresì una violazione del corrispondente principio della domanda ex art. 112 c.p.c., non appare in grado di integrare appieno la fattispecie di limitata impugnabilità disegnata dal legislatore e manifestamente circoscritta a casi di assenza di conflitto, non solo per difetto di opposizioni di terzi, ma ovviamente (ed ancor prima) per mancanza di dubbi circa la corrispondenza fra il progetto di ristrutturazione del passivo proposto dal debitore e quello che, omologato dal tribunale, costituirà titolo per il proponente ed altresì i creditori ex art. 184 L. Fall..

5. In questo senso, la fattispecie in esame supera altra vicenda, diversamente affrontata in – Cass. 2689/1994, nella quale la Corte disconobbe il carattere decisorio di atti assunti dal giudice dopo la omologazione del concordato e dunque integranti altrettanti “atti ordinatori e gestori della fase meramente esecutiva che segue l’omologazione del concordato preventivo”, negandone, con la decisorietà, la possibile ricorribilità in cassazione. E parimenti il Collegio ritiene di poter evolvere anche quanto più di recente statuito con riguardo al regime impugnatorio, secondo l’indirizzo per cui “il reclamo alla corte d’appello può proporsi allorchè l’omologazione sia respinta, ovvero sia accolta nonostante la presenza di opposizioni, mentre, se nessun creditore abbia proposto opposizione (…) è ammissibile il ricorso immediato per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 7, trattandosi di decreto dotato dei caratteri della decisorietà e della definitività, in quanto obbligatorio per i creditori rispetto ai quali determina una riduzione delle rispettive posizioni creditorie” (Cass.1237/2013). Invero, nella controversia in esame, l’innovazione sui termini adempitivi della proposta è stata assunta già con il decreto di omologazione e non rinviata ad atti successivi. Dall’altro lato, e diversamente altresì da quanto presupposto nel secondo precedente citato, nel corso del giudizio di omologazione erano state introdotte opposizioni (poi rinunciate), ma il decreto di omologazione aveva espresso già di per sè un contenuto che parte debitrice assumeva sostanzialmente diverso rispetto all’oggetto della sua proposta, sottoposta ad omologazione, dunque – semmai e all’evidenza ponendo in luce non tanto l’interesse dei creditori a dolersene, bensì al contrario quello del solo debitore a disconoscere, sin da subito, la portata obbligante dell’omologazione medesima, per deviazione diretta della pronuncia dalla tipologia normativa del decreto di cui all’art. 180 L. Fall..

6. Tra le due astratte soluzioni, prevedere che un decreto di omologazione giudiziale di una proposta diversa da quella depositata e modificata dal debitore, nonchè votata dai creditori, abbia nel solo ricorso straordinario per cassazione ex art. 111 Cost. il mezzo giudiziale di controllo ovvero conservi un’impugnazione ancora di merito, destinata a conformare, su quel piano, le definitive obbligazioni oggetto della proposta, è preferibile la seconda soluzione – si aggiunge – anche per ragioni di economia processuale. Infatti, proprio la corte d’appello ha dato atto che gli interessati avrebbero dovuto seguire un iter ancora diverso, mediante un generico procedimento correttivo da esperire davanti al tribunale, per conseguire la rettifica di quegli errori, soluzione che, sulla scorta di Cass. 2689/1994, sarebbe stata acconcia (in astratto) al caso di modifiche posteriori all’omologazione.

7. Vale la pena allora dare atto, invertendo l’ordine di priorità delle questioni per come affrontate in decreto, che l’esame critico di quelle clausole aggiuntive fissate d’imperio dal Tribunale di Milano, già in sede di omologazione e nel decreto, può condurre ad un apprezzamento diverso, almeno in thesi, trattandosi di addizioni – per come prospettate – non solo in apparenza estranee alla proposta concordataria (inclusiva degli obblighi del terzo) ma del tutto riconfigurative dello stesso progetto di concordato, senza integrare mere formule organizzative per un più ordinato svolgimento attuativo del concordato. Ed è comunque ad un nuovo dibattito sulla loro dimensione e natura che le parti dovranno avere modo di confrontarsi, come invece erroneamente escluso dalla corte d’appello. Per questa ragione, come anticipato, in questa sede è inammissibile il ricorso avverso il decreto del primo giudice.

Il ricorso va dunque accolto, nei limiti di cui in motivazione e cioè quanto al solo decreto della corte d’appello, con cassazione e rinvio alla Corte d’appello di Milano, anche per la liquidazione delle spese.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso avverso il decreto del Tribunale di Milano; accoglie il ricorso con riguardo al decreto della corte d’appello, cassa e rinvia alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 7 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 3 aprile 2017

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