Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8628 del 07/05/2020

Cassazione civile sez. un., 07/05/2020, (ud. 21/05/2019, dep. 07/05/2020), n.8628

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Primo Presidente f.f. –

Dott. MANNA Francesco – Presidente di Sez. –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 20023/2016 proposto da:

HERA S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CASSIODORO 1/A, presso lo

studio dell’avvocato MARCO ANNECCHINO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

SOCIETA’ UNIPERSONALE I.C.A. – IMPOSTE COMUNALI AFFINI S.R.L., in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIALE TIZIANO 110, presso lo studio

dell’avvocato SIMONE TABLO’, rappresentata e difesa dall’avvocato

ALESSANDRO CARDOSI;

– controricorrente –

e contro

COMUNE DI LONGIANO;

– intimato –

al quale è stato riunito il ricorso 20026-2016 proposto da:

HERA S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CASSIODORO 1/A, presso lo

studio dell’avvocato MARCO ANNECCHINO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

SOCIETA’ UNIPERSONALE I.C.A. – IMPOSTE COMUNALI AFFINI S.R.L., in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIALE TIZIANO 110, presso lo studio

dell’avvocato SIMONE TABLO’, rappresentata e difesa dall’avvocato

ALESSANDRO CARDOSI;

– controricorrente –

e contro

COMUNE DI LONGIANO;

– intimato –

avverso le sentenze nn. 224/2016 (r.g.n. 20023/16) e n. 226/2016

(r.g.n. 20026/16) entrambe della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE

dell’EMILIA ROMAGNA, depositate il 29/01/2016.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/05/2019 dal Consigliere Dott. ROBERTA CRUCITTI;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. ZENO Immacolata, che ha concluso per il rigetto dei

ricorsi;

uditi gli Avvocati Marco Annecchino per la ricorrente ed Alessandro

Cardosi per la controricorrente.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Hera S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, impugnò, con autonomi ricorsi innanzi la Commissione tributaria provinciale di Forlì, gli avvisi di accertamento, notificatile dalla società unipersonale ICA-Imposte Comunali Affini s.r.l., in recupero, per conto del Comune di Longiano, della tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (TOSAP), per gli anni di imposta 2009 e 2010, in relazione alle condutture dalla stessa utilizzate, per il servizio di erogazione idrica (ricorso n. r.g. 20023/2016) e del gas (ricorso r.g.n. 20026/2016).

La Società eccepì, tra l’altro, l’assenza di soggettività passiva essendo, nella qualità di gestore del servizio idrico integrato e del gas di quel Comune, mero utilizzatore, in virtù di un contratto di affitto di azienda, delle condutture di proprietà di altro soggetto giuridico, la Unica Reti s.p.a., titolare della relativa concessione per l’occupazione di suolo pubblico.

Nei giudizi si costituì la società unipersonale I.C.A. – Imposte Comunali Affini s.r.l., in qualità di concessionaria del servizio di accertamento e riscossione della TOSAP per il Comune di Longiano, sostenendo la legittimità degli avvisi di accertamento e, chiedendo, quindi, il rigetto dei ricorsi.

La Commissione tributaria provinciale, con autonome sentenze, rigettò, ritenendole infondate, tutte le doglianze della contribuente, ad eccezione di quella relativa all’applicazione del cumulo giuridico delle sanzioni.

Le decisioni, appellate da Hera S.p.A., sono state integralmente confermate dalla Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna, con le sentenze n. 224/2016 e n. 226/2016, entrambe depositate il 29 gennaio 2016.

La Commissione tributaria regionale (d’ora in poi, per brevità, C.T.R.), per quello che ancora qui rileva, ha ritenuto che la pretesa impositiva fosse stata, correttamente, rivolta a Hera S.p.A., posto che:

tutte le concessioni relative allo svolgimento del servizio pubblico del ciclo idrico integrato e dell’erogazione del gas, già rilasciate a nome della proprietaria Unica Reti S.p.A., erano state da quest’ultima trasferite a Hera S.p.a. in forza del contratto di affitto di azienda;

la legittimazione passiva tributaria doveva, dunque, individuarsi in capo a quest’ultima perchè “di fatto” titolare anche della concessione per la gestione delle reti idriche integrate e del gas, in perfetta aderenza con quanto stabilito dal D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 39, disciplinante la tassa per l’occupazione di suolo pubblico.

Per la cassazione delle sentenze Hera s.p.a. ha proposto autonomi ricorsi, affidati a due motivi.

La società unipersonale ICA – Imposte Comunali Affini s.r.l. ha resistito con autonomi controricorsi, mentre nessuna attività difensiva è stata posta in essere dal Comune di Longiano, pure intimato.

La ricorrente, con istanza del 14 febbraio 2018, ha chiesto l’assegnazione dei ricorsi alle Sezioni Unite, ex art. 376 c.p.c., attesa l’affermata sussistenza di un contrasto giurisprudenziale interno alla Sezione tributaria della Corte di cassazione, in ordine all’esatta interpretazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 39, concernente l’individuazione del soggetto (concessionario ovvero utilizzatore materiale dello spazio pubblico) tenuto al pagamento della TOSAP.

All’esito dell’adunanza camerale del 4 dicembre 2018, la Sezione quinta-tributaria di questa Corte, previa riunione dei ricorsi, ha emesso l’ordinanza interlocutoria n. 2008/19, con la quale ha rimesso la causa al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, rilevando l’esistenza di un contrasto interpretativo in ordine alla questione, introdotta con il primo motivo di ricorso, relativa all’esatta interpretazione del D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, art. 39 e segnatamente, all’estensione della soggettività passiva Tosap, a seconda che l’occupante di fatto di suolo pubblico possa essere chiamato a rispondere anche in presenza – ovvero soltanto in mancanza – di soggetto titolare di concessione o autorizzazione occupativi. Il Collegio rimettente ha, poi, nel caso di ritenuta responsabilità debitoria dell’occupante di fatto, anche in presenza di soggetto titolare di concessione o autorizzazione, posto l’ulteriore quesito di stabilire se tale responsabilità operi in via esclusiva ed assorbente, ovvero solidale.

Fissata l’udienza innanzi a questo Collegio, in vista di essa, la ricorrente e la controricorrente hanno depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo dei ricorsi riuniti (di identico contenuto) Hera s.p.a. deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, artt. 38,39 e 46, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

La ricorrente – premesso di gestire il servizio di erogazione del gas e il servizio idrico integrato nel Comune di Longiano, utilizzando le condutture di proprietà di altro soggetto giuridico (Unica Reti s.p.a.), titolare della concessione per l’occupazione di suolo pubblico, in virtù di contratto di affitto di ramo di azienda – deduce l’errore in diritto in cui sarebbe incorsa la C.T.R., nelle due sentenze impugnate, nell’affermare la legittimazione tributaria passiva, ai fini della TOSAP, di Hera s.p.a., nonostante quest’ultima non fosse nè la proprietaria della rete idrica e di erogazione del gas, nè la titolare della concessione di occupazione del suolo pubblico; qualità, queste, entrambe sussistenti in capo a Unica Reti s.p.a..

In particolare, secondo la prospettazione difensiva, la Commissione tributaria regionale avrebbe erroneamente identificato la concessione di occupazione del suolo pubblico (atto amministrativo rilasciato dal Comune o dalla Provincia) nella concessione per la gestione delle reti idriche integrate (atto privatistico di natura meramente obbligatoria, in quanto tale inidoneo a trasferire la legittimazione tributaria passiva D.Lgs. n. 507 del 1993, ex art. 39).

In sintesi, viene censurato l’assunto del Giudice di merito secondo cui sarebbe tenuto al pagamento dell’imposta colui che, senza essere titolare della concessione di occupazione di suolo pubblico, nè tanto meno il proprietario delle condutture, ne faccia uso in virtù di un negozio di diritto privato di natura obbligatoria con il titolare dell’atto concessorio, che è anche il proprietario dell’oggetto dell’occupazione.

2. Con il secondo motivo (anch’esso di identico contenuto per entrambi i ricorsi) la Società lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che ha formato oggetto di discussione tra le parti. La Commissione tributaria regionale, secondo l’assunto difensivo, non avrebbe considerato che la ricorrente non era la titolare della concessione di occupazione di suolo pubblico, erroneamente individuandola nella diversa concessione del servizio idrico e di distribuzione del gas, invece, irrilevante ai fini di causa.

3. Nel resistere, con controricorsi, la Società Unipersonale I.C.A. – Imposte Comunali Affini s.r.l. ha ribadito la correttezza delle sentenze impugnate fondate sul presupposto, in fatto, che con il contratto di affitto di ramo di azienda, sarebbero state trasferite da Unica Reti S.p.A., proprietaria delle infrastrutture, a Hera S.p.a. tutte le relative concessioni e autorizzazioni.

In memoria, la Società ha, poi, incentrato la sua difesa facendo leva sul principio ispiratore dell’imposta (di cui alla Legge Delega 23 ottobre 1992, n. 421, art. 4, comma 1) che sarebbe quello di soddisfare, in ogni caso, le esigenze di reperimento delle risorse in capo a Comuni e Province, laddove, seguendo una diversa interpretazione, tale soddisfacimento si renderebbe del tutto aleatorio nelle ipotesi di insolvenza del soggetto titolare della concessione, ovvero di suo assoggettamento ad una procedura concorsuale, magari anche in presenza di un soggetto occupante di fatto.

Secondo la prospettazione difensiva l’argomentazione contenuta nell’orientamento, consolidato di recente e fatto proprio da Cass.n. 11882/2017, secondo cui l’occupazione del suolo pubblico è effettuata nell’interesse proprio del contribuente sarebbe coerente con l’ulteriore principio contenuto nella legge delega (L. n. 421 del 1992 cit.) che all’art. 4, comma 4, individua come metro di determinazione della tassa il cosiddetto “beneficio economico ritraibile” ossia il vantaggio economico che il soggetto occupante trae per effetto dell’occupazione del suolo pubblico a fronte del sacrificio imposto alla collettività per effetto dell’uso esclusivo.

4. Con l’ordinanza interlocutoria la Sezione tributaria – dopo avere riunito i ricorsi, e ritenuta l’inopponibilità all’Amministrazione finanziaria di qualsiasi eventuale trasferimento in via negoziale dell’atto amministrativo, in generale, e delle facoltà riconducibili al godimento di un’area pubblica in regime di concessione, in particolare – ha rilevato, e rimessi al vaglio di queste Sezioni Unite, il contrasto giurisprudenziale, e, comunque, la questione di massima di particolare importanza, relativi all’interpretazione del D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, art. 39, in materia di tassa per l’occupazione degli spazi ed aree pubbliche (d’ora in poi, per brevità, TOSAP) nella parte in cui prevede che la tassa è dovuta al comune o alla provincia dal titolare dell’atto di concessione o di autorizzazione o, in mancanza, dall’occupante di fatto anche abusivo. In particolare, si chiede l’intervento di queste Sezioni Unite sull’esatta interpretazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 39 e, segnatamente, sull’estensione della soggettività passiva TOSAP, a seconda che l’occupante di fatto di suolo pubblico possa essere chiamato a rispondere del tributo anche in presenza – ovvero soltanto in mancanza – di soggetto titolare di concessione o autorizzazione occupativa. Nel caso di ritenuta responsabilità debitoria dell’occupante di fatto anche in presenza di quest’ultimo, si chiede, poi, di stabilire se tale responsabilità operi in via esclusiva ed assorbente ovvero solidale.

5. Il quadro normativo di riferimento.

5.1 La tassa per l’occupazione degli spazi e aree pubblici è un tributo che trova origine e prima formulazione organica nel R.D. n. 1175 del 1931 (Testo unico della finanza locale). La disciplina è stata, poi, modificata e trova, ancora oggi, disciplina del D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, artt. da 38 a 57.

La TOSAP, infatti, abolita, a seguito dell’introduzione del canone di occupazione di spazi ed aree pubbliche (COSAP), dal D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 51, è stata, successivamente, reintrodotta dalla L. 23 dicembre 1998, n. 448, art. 31, comma 14. L’abrogazione della tassa (nuovamente disposta dalla L. 27 dicembre 2019, art. 1, comma 847) non ha effetto per l’anno 2020, in virtù del D.L. 30 dicembre 2019, n. 162, art. 4, comma 3 quater, convertito con modificazioni dalla L. 28 febbraio 2020, n. 8.

5.2. Il D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, art. 38, intitolato “oggetto della tassa”, indica analiticamente tutti i tipi di occupazione la cui esistenza fa sorgere in capo al soggetto passivo l’obbligo di versare il tributo e dispone: 1. Sono soggette alla tassa le occupazioni di qualsiasi natura, effettuate, anche senza titolo, nelle piazze e, comunque, sui beni appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile dei comuni e delle province. 2. Sono, parimenti, soggette alla tassa le occupazioni di spazi soprastanti il suolo pubblico, di cui al comma 1, con esclusione dei balconi, verande, bow-windows e simili infissi di carattere stabile, nonchè le occupazioni sottostanti il suolo medesimo, comprese quelle poste in essere con condutture ed impianti di servizi pubblici gestiti in regime di concessione amministrativa.

5.3 Il successivo art. 39, intitolato “soggetti attivi e passivi”, prevede che: la tassa è dovuta al comune o alla provincia dal titolare dell’atto di concessione o di autorizzazione o, in mancanza, dall’occupante di fatto, anche abusivo, in proporzione alla superficie effettivamente sottratta all’uso pubblico nell’ambito del rispettivo territorio.

5.4. Dall’entrata in vigore del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 63 e a partire dal gennaio 1999, la TOSAP può essere sostituita, con apposito regolamento comunale o provinciale, dal canone per l’occupazione di spazi e aree pubbliche (COSAP), prelievo di natura patrimoniale di natura sinallagmatica, rimesso alla giurisdizione ordinaria, che, come evidenziato nell’ordinanza interlocutoria, della TOSAP mutua finalità sostanziale e, in gran parte, disciplina.

5.5. Il citato art. 63, al comma 1, stabilisce che l’occupazione di suolo pubblico possa dalle Province e dai comuni essere assoggettata al pagamento di un canone “da parte del titolare della concessione, determinato nel medesimo atto di concessione in base a tariffa”, salva la facoltà degli enti impositori di provvedere con regolamento (articolo citato lett. g) alla “equiparazione, ai soli fini del pagamento del canone, delle occupazioni abusive, risultanti da verbale di constatazione redatto da competente pubblico ufficiale, a quelle concesse…”.

5.6 Sempre la stessa disposizione normativa (D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 63, comma 2, lett. f), come sostituito dalla L. n. 488 del 1999, art. 18) ha apportato, a partire dal gennaio 2000, modifiche nella determinazione della tassa per l’occupazione di spazi e aree pubbliche dovuta da aziende di erogazione dei pubblici servizi e da quelle strumentali ai medesimi, estendendo alla TOSAP il criterio di determinazione del COSAP che, per tali tipologie di occupazioni, è ora parametrato al numero di utenze servite.

6. Gli indirizzi emersi nella giurisprudenza della Sezione quinta – tributaria della Corte di Cassazione in merito alla legittimazione passiva della TOSAP.

Nella giurisprudenza della Sezione tributaria di questa Corte si ravvisano, in ordine alla legittimazione passiva della TOSAP, orientamenti non univoci che, sostanzialmente, possono ricondursi a due filoni interpretativi.

6.1 La soluzione della legittimazione passiva graduata tra concessionario e occupante di fatto è quella adottata dal primo orientamento, più risalente.

Si è statuito che, ai fini della legittimazione passiva dell’imposta, deve attribuirsi valore alla sussistenza di concessione o autorizzazione, essendo rilevante l’occupazione di fatto soltanto quando sia constatato che l’occupazione del suolo sia avvenuta in assenza di titolo abilitativo, in via di mero fatto, e sia, quindi, abusiva.

Si pone, in detti termini, la sentenza del 7 marzo 2005 n. 4896 la cui massima, è così fissata: “In tema di tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (TOSAP), la legittimazione passiva del rapporto tributario, in presenza di un atto di concessione o di autorizzazione rilasciato dall’ente locale, spetta, ai sensi del D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, art. 39, esclusivamente al soggetto titolare di tale atto e non ad altri soggetti ai quali sia stata successivamente affidata, dal primo o da suoi incaricati, la realizzazione delle opere alla quale l’occupazione è finalizzata”.

Nella fattispecie, la Corte ha rigettato il ricorso avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale, la quale, con riferimento alla occupazione di aree comunali per la realizzazione di lavori ferroviari per la cosiddetta alta velocità, aveva ritenuto che il soggetto passivo del tributo andasse individuato esclusivamente nella società TAV, che, in qualità di concessionaria delle Ferrovie dello Stato s.p.a., aveva ottenuto dal Comune l’autorizzazione all’occupazione delle aree, e non nella società a cui, in veste di cosiddetto general contractor, la TAV aveva affidato la realizzazione delle opere, nè nella società a sua volta incaricata dal “general contractor” della esecuzione dei lavori.

Si legge, in motivazione, che il criterio di tassazione, previsto dall’art. 39 citato, in capo all’occupante di fatto, anche abusivo, rappresenta chiaramente un’ipotesi residuale che ricorre nel solo caso in cui vi sia “mancanza” di un provvedimento concessorio o autorizza torio. La sua previsione deve, infatti, leggersi in combinato disposto con quella contenuta nel precedente art. 38, comma 1, che sancisce che “sono soggette alla tassa le occupazioni di qualsiasi natura, effettuate anche senza titolo…”, nel senso che la tassa è dovuta in ogni caso, vale a dire sia che l’occupante sia legittimato da titolo valido, quali appunto l’autorizzazione o la concessione, sia se l’occupante sia abusivo, ma non già in via alternativa, indifferentemente l’uno dall’altro, bensì secondo un ordine di graduazione prestabilito, per il quale la tassa grava, innanzitutto, sul soggetto legittimato, e quindi in linea subordinata, “in mancanza” del titolo di legittimazione espressamente previsto, sul soggetto che di fatto occupa gli spazi pubblici. Ne consegue che la presenza del primo tipo di occupazione esclude la rilevanza dell’altra, con la conseguenza che se esiste un soggetto legittimato, il tributo non può essere imposto all’occupante di fatto”.

Tale orientamento risulta seguito da Cass. 26 giugno 2005 n. 13497 nella quale – in fattispecie relativa a concessione di occupazione di suolo pubblico rilasciata, per lavori di ristrutturazione di un immobile, a soggetto che poi aveva trasferito il diritto di proprietà del fabbricato con la relativa concessione a edificare – si è ritenuto che soggetto passivo d’imposta rimanesse, malgrado l’occupazione fosse stata materialmente effettuata da altro soggetto, il titolare della concessione, sul rilievo che il citato art. 39 in primo luogo prevede come soggetto passivo della Tosap il titolare della concessione.

A analoga conclusione giunge, poi, Cass. 6 dicembre 2016 n. 24920 (in fattispecie di occupazione di suolo pubblico affidato dal concessionario ad impresa appaltatrice) la quale, riafferma, in tema di legittimazione passiva di imposta, il principio secondo cui “rilievo decisivo va, quindi, attribuito alla sussistenza di un atto di concessione o di autorizzazione, venendo in rilievo l’occupazione di fatto soltanto quando sia constatato che l’occupazione del suolo si avvenuta in assenza (di titolo) abilitativo in via di mero fatto e, quindi, abusivamente.

In motivazione, tra gli altri precedenti in termini, viene richiamata anche Cass. 10/05/2005 n. 9695 la quale, pur ribadendo il principio sopra esposto, introduce un elemento di novità argomentando che l’affidamento in appalto dell’esecuzione dei lavori per i quali è stata chiesta l’autorizzazione e l’effettiva occupazione del suolo pubblico da parte dell’impresa appaltatrice non rilevano se non nel senso di una eventuale responsabilità solidale dell’impresa quale occupante di fatto.

Infine, va segnalata, seppur in fattispecie diversa ma in termini, Cass. 21 dicembre 2007 n. 27049, ripresa anche dalla ricorrente a sostegno della sua tesi difensiva, la cui massima è così fissata: “in tema di tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (TOSAP), il soggetto passivo del tributo è colui che ha costruito il passo carrabile, in quanto egli pone in essere l’occupazione del suolo pubblico; ne discende che non può essere tale il terzo locatario dell’immobile, poichè acquisisce il diritto d’uso del passaggio solo in via derivativa, con l’ulteriore conseguenza che non possono avere rilievo per l’erario le interne pattuizioni intercorse tra il locatore ed il conduttore, anche se questi è una Pubblica Amministrazione”.

6.2. Per il secondo orientamento, più recente, inaugurato dalle sentenze coeve del 12 maggio 2017 n. 11882 e n. 11884 (rese tra le stesse parti e nelle medesime fattispecie del presente giudizio, ma per annualità di imposta differenti), invece, la TOSAP deve essere pagata da chi occupa materialmente il suolo pubblico, anche in presenza (e a prescindere) dell’esistenza del titolare della concessione o autorizzazione.

Nelle suddette decisioni, rese tutte in fattispecie relative a occupazioni del sottosuolo poste in essere mediante condutture e impianti di servizi pubblici gestiti in regime di concessione amministrativa, è stato affermato, con ulteriori richiami, che “il presupposto impositivo della tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (TOSAP) è costituito, ai sensi del D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, artt. 38 e 39, dalle occupazioni, di qualsiasi natura, di spazi e aree, anche soprastanti e sottostanti il suolo appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile dei comuni e delle province, mentre sono irrilevanti gli atti di concessione o di autorizzazione relativi all’occupazione, atteso che la tassa colpisce anche le occupazioni senza titolo (Cass. n. 2555 del 2002; Cass. n. 4820 del 2002)”.

Si ritiene, in sintesi, che la disposizione dell’art. 39 (relativa al profilo soggettivo dell’imposizione), vada coordinata con quella del precedente art. 38, che individua l’oggetto della tassa nell’occupazione di qualsiasi natura, anche senza titolo, di suolo demaniale o appartenente al patrimonio indisponibile di comuni e province.

Atteso che l’occupazione del suolo pubblico rileva ex se, indipendentemente dalla concessione, e visto che lo stesso regime impositivo viene dal legislatore (art. 38, comma 2) applicato anche alle occupazioni del sottosuolo “comprese quelle poste in essere con condutture ed impianti di servizi pubblici gestiti in regime di concessione amministrativa” si afferma, in dette decisioni, che, in base alla ratio impositiva, lo stato di occupazione esaurisca al contempo tanto il presupposto oggettivo quanto soggettivo del tributo.

Così le sentenze, sopra citate, impongono il pagamento dell’imposta alla società ricorrente perchè utilizzatrice del suolo, attraverso i cavi, gli impianti e le condutture e in quanto azienda fornitrice di un servizio ai fini propri, anche se rivolti ad una platea di utenti. Infatti la titolarità in capo a altro soggetto delle infrastrutture non esclude l’attualità della occupazione che realizza il soggetto mediante l’utilizzo dell’area nel proprio esclusivo interesse economico, perseguendo un fine lucrativo, cosi sottraendola all’uso pubblico.

Negli stessi termini si sono espresse, sempre tra le stesse parti del presente giudizio, con riferimento al servizio di erogazione del gas Cass. Sez. 6-5 9 settembre 2017 n. 21698, Cass. Sez. 6-5 ord. 26 settembre 2017 n. 21907, Cass. sez. 6-5 11 settembre 2018n. 22097 e, con riferimento questa volta all’occupazione realizzata mediante le condutture utilizzate per il servizio idrico, Cass. sez. 6-5 ord. 20 settembre 2017 n. 21980.

Si afferma, nelle decisioni sopra indicate, che il tributo trova la sua ratio nell’utilizzazione che il singolo faccia, nel proprio interesse di un suolo altrimenti destinato all’uso della generalità dei cittadini, così che l’identificazione del presupposto impositivo nell’occupazione di spazio pubblico, di qualsiasi natura anche senza titolo (contando unicamente la mera relazione materiale instaurata con la cosa), basta a privare di ogni rilevanza l’indagine non solo sul contenuto ma sull’esistenza stessa di eventuali atti di concessione o autorizzazione.

7. L’ordinanza interlocutoria n. 2008/2019.

Il Collegio remittente, dopo avere dato atto dell’assenza, all’interno della Sezione tributaria di un orientamento interpretativo non univoco, ha evidenziato come la questione possa ritenersi anche massima di particolare importanza in considerazione del fatto che l’avanzamento tecnologico nel settore dei servizi di pubblica utilità (trasporti, telecomunicazioni, energia etc…), consente che una medesima infrastruttura comportante occupazione di suolo o sottosuolo pubblico sia dalla società proprietaria della rete (normalmente anche concessionaria) contrattualmente affidata alla simultanea gestione, in regime concorrenziale, di plurime società erogatrici-occupanti di fatto e che si tratti di situazioni di fatto che non trovano una specifica disciplina legislativa, nè in ordine alla imputazione soggettiva del dovuto per Tosap o Cosap. Si cita, al proposito, la circolare MEF del 20 gennaio 2009, n. 1/DF nella quale, al fine di superare le indicate lacune legislative, vengono prospettate da un lato, l’interpretazione dinamica ed estensiva del criterio del “numero di utenze” ad altro fine recepito dal D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 63, comma 2, lett. f), (come sostituito della L. n. 488 del 1999, art. 18) e, sotto altro profilo, l’insorgenza dell’obbligazione di pagamento direttamente in capo a ciascun operatore-occupante, salva diversa regolazione economica del costo nel rapporto interno con la società proprietaria della rete.

8. La soluzione del contrasto.

8.1. Queste Sezioni Unite ritengono di dare continuità all’indirizzo ermeneutico che, riguardo alla legittimazione passiva di imposta, ravvisa, nel D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 39, un ordine di graduazione, con individuazione del soggetto passivo della TOSAP, nel titolare dell’atto di concessione o di autorizzazione e, solo in mancanza di questo, nell’occupante di fatto.

8.2. Giova, all’uopo, premettere che, seguendo la lettera della legge, l’impianto normativo di riferimento, costituito dal D.Lgs. n. 507 del 1993, artt. da 38 a 57, distingue e individua, in maniera netta, il presupposto impositivo oggettivo della Tosap da quello passivo-soggettivo.

Dal complesso normativo si ricava che il primo, ossia il presupposto oggettivo, è rappresentato principalmente dalla superficie occupata e non prende, mai, in considerazione, il soggetto di imposta, se non per individuarlo, nel successivo art. 39, nel titolare dell’atto di concessione o di autorizzazione, o, in mancanza, nell’occupante di fatto, anche abusivo.

Il D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 38, intitolato “oggetto della tassa”, indica, come già detto, analiticamente tutti i tipi di occupazione, la cui esistenza determina l’insorgenza dell’obbligo di versare il tributo, precisando, al comma 1, che oggetto della tassa sono le occupazioni di qualsiasi natura anche sine titulo, di aree pubbliche di comuni e province e, al secondo, che sono, parimenti, soggette alla tassa…le occupazioni sottostanti il suolo medesimo, comprese quelle poste in essere con condutture ed impianti di servizi pubblici gestiti in regime di concessione amministrativa. L’art. 42, comma 3, ancora, dispone che la tassa è graduata a seconda dell’importanza dell’area occupata e, il comma 4, individua il criterio di determinazione della tassa nell’estensione dell’area occupata.

Non ha, invece, trovato espressa trasfusione, nel testo normativo, l’intenzione espressa dal legislatore delegante, nella L. 23 ottobre 1992, n. 421, art. 4, comma 4, di connettere il presupposto oggettivo della tassa all’effettivo beneficio economico ritraibile dal privato per via dell’occupazione di suolo del demanio comunale e provinciale.

Gli orientamenti giurisprudenziali, susseguitesi nel tempo, hanno, peraltro, fatto perdere alla TOSAP, rispetto alla sua istituzione, il carattere di “tassa”, esaltandone sempre più l’effettiva funzione di “imposta”, atteso che il tributo non sarebbe propriamente commisurato al pagamento della fruizione di un servizio pubblico (Cass. 8 luglio 1998 n. 6666; 6 dicembre 2016 n. 24920; 14 settembre 2016 n. 18108) ma l’obbligazione tributaria sorgerebbe per il mero fatto della sottrazione del suolo comunale o provinciale al libero uso collettivo, effettuata con “le occupazioni di qualsiasi natura”.

A tale elemento oggettivo, costituito dalla relazione materiale instaurata dal privato con la cosa pubblica, alcuni arresti giurisprudenziali della Sezione tributaria hanno, poi, correlato, quale ulteriore presupposto applicativo, il vantaggio esclusivo (Cass. 12.01.2004 n. 238; Cass. 1.06.2016 n. 11450), o il beneficio economico che il privato ritragga dall’occupazione di spazio pubblico (Cass. n. 11882/17 cit.).

Può, quindi, affermarsi, alla luce della normativa di riferimento come costantemente interpretata da questa Corte, che, ai fini del sorgere dell’obbligazione tributaria ovvero della sussistenza del presupposto oggettivo di imposizione, la Tosap, benchè, connessa principalmente al provvedimento di concessione emesso dall’Amministrazione comunale o provinciale, è dovuta, anche per l’occupazione avvenuta senza titolo, perchè l’obbligo contributivo sorge, nel suo presupposto oggettivo, quando vi sia stata limitazione o sottrazione all’uso normale e collettivo di suolo, nell’interesse proprio del singolo.

8.3 Il soggetto passivo di imposta trova, invece, specifica e chiara individuazione solo nell’art. 39, del citato D.Lgs., intitolato “soggetti attivi e passivi” il quale, come già detto, prevede che la tassa è dovuta al comune o alla provincia dal titolare dell’atto di concessione o di autorizzazione o, in mancanza, nell’occupante di fatto, anche abusivo, in proporzione alla superficie effettivamente sottratta all’uso pubblico nell’ambito del rispettivo territorio.

8.4 La lettura combinata delle due disposizioni di legge (D.Lgs. n. 507 del 1993, artt. 38 e 39), quale risulta dal contesto, attraverso una piana interpretazione letterale e alla luce della sottesa ratio legis, non può che condurre a ritenere, con riferimento ai presupposti oggettivi applicativi di imposta e in continuità con l’orientamento giurisprudenziale, consolidato e indiscusso sul punto, che la TOSAP colpisce tutte le occupazioni di spazio e aree pubbliche, non solo quelle fatte espressamente oggetto di concessione o autorizzazione da parte dell’ente territoriale ma, anche (ovvero in assenza di tali atti), quelle poste in essere di fatto, anche abusivamente.

In tali termini, vanno lette anche le pronunce (Cass. 22.02.2002 n. 2555 e Cass. 4.04.2002 n. 4820, pure richiamate dall’indirizzo giurisprudenziale più recente) laddove, nella individuazione del presupposto oggettivo dell’imposta, affermano che l’obbligazione tributaria relativa discende, quindi, direttamente dalla legge – la quale ne determina rigidamente il contenuto sulla base di criteri oggettivi prestabiliti, senza lasciare alcun margine di discrezionalità all’ente impositore e senza riconnettere alcuna importanza ai motivi che determinano l’occupazione – e non dal provvedimento comunale di concessione.

8.5 Ciò posto in punto di individuazione del presupposto applicativo che determina oggettivamente il momento genetico dell’obbligazione tributaria e venendo, ora, all’individuazione del soggetto sul quale grava tale obbligazione, il successivo art. 39, non può essere letto altrimenti, se non nel senso che il soggetto passivo di imposta è, in primo luogo, il soggetto titolare dell’atto di concessione o di autorizzazione o, qualora questo manchi, l’occupante di fatto, ovvero, in altri termini, che il criterio di tassazione che legittima la richiesta del tributo a carico dell’occupante di fatto rappresenta, nel testo e secondo la ratio della legge, chiaramente un’ipotesi residuale, che ricorre, nel solo caso, in cui vi sia “mancanza” di un provvedimento concessorio o autorizzazione.

8.6 Tale opzione ermeneutica, che si condivide, è espressa chiaramente dalla citata sentenza n. 4896/2005. Afferma, condivisibilmente, quel Collegio che la previsione dell’art. 39 cit., laddove prevede quale soggetto passivo di imposta, o in mancanza (del titolare della concessione) l’occupante di fatto, anche abusivo, vada letta in combinato disposto con quella contenuta nel precedente art. 38, comma 1, (che sancisce che sono soggette alla tassa le occupazioni di qualsiasi natura, effettuate anche senza titolo…”), nel senso che la tassa è dovuta in ogni caso, vale a dire sia se l’occupante sia legittimato da titolo valido, quali per l’appunto l’autorizzazione o la concessione, sia se l’occupante sia abusivo, ma non già in via alternativa, indifferentemente l’uno dall’altro, bensì secondo un ordine di graduazione prestabilito, per il quale la tassa grava innanzi tutto sul soggetto legittimato, e quindi, in linea subordinata, “in mancanza” del titolo di legittimazione espressamente previsto, sul soggetto che di fatto occupa gli spazi pubblici.

8.7. Tale indirizzo interpretativo, peraltro, è stato ulteriormente recepito e confermato dal legislatore il quale, nell’istituire, a partire dal gennaio 1999, il canone di occupazione del suolo pubblico (Cosap), che della Tosap mutua finalità sostanziale e in gran parte disciplina, ha previsto, con il D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 63, comma 1, come sopra illustrato, un regime complessivo in forza del quale il canone è dovuto dal concessionario e, solo in ipotesi di occupazione abusiva (cioè in mancanza di concessione), dall’occupante di fatto.

8.8. La soluzione, della legittimazione passiva graduata tra il titolare dell’atto di concessione e l’occupante di fatto va, quindi, preferita perchè, in ossequio ai canoni interpretativi fissati dall’art. 12 disp. gen., comma 1, è coerente al dettato e alla ratio della normativa regolante l’imposta in esame e rispettosa del principio, desumibile dall’art. 23 Cost., di tassatività e determinatezza delle norme impositive il quale impone che “nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge”.

Questa stessa Corte, infatti, ha già avuto modo di affermare, sempre in materia di TOSAP che quando la lettera della legge non è ambigua nè vaga non c’è bisogno di ricorrere a criteri ermeneutici sussidiari e che, in ogni caso, le norme che definiscono oggetti e soggetti imponibili sono complete per loro natura, non essendo prospettabile nelle fattispecie impositive l’esistenza di lacune tecniche da risolvere con una interpretazione estensiva o analogica e non potendo le norme tributarie impositrici colpire soggetti non precisamente e specificamente individuate (cfr. Cass. n.ri 11936, 11937 del 13 luglio 2012).

8.9 Le considerazioni che precedono portano, consequenzialmente, se non specularmente, a disattendere il contrapposto orientamento, portatore della soluzione della legittimazione dell’occupante di fatto, per la quale è soggetto passivo di imposta, anche a prescindere da un atto di concessione e di autorizzazione e, pur, in presenza di questo, il soggetto che occupi, di fatto, anche in via mediata, lo spazio pubblico e da questa occupazione tragga un beneficio economico.

Come si è già sopra rassegnato, tutte le decisioni, espressione di tale indirizzo interpretativo, sono state rese in controversie aventi ad oggetto TOSAP relativa a occupazione del sottosuolo realizzata attraverso condutture e impianti di servizi pubblici gestiti in regime di concessione amministrativa. Pur dandosi atto, in quelle pronunce, che la disposizione del D.Lgs. n. 507, art. 39, individua nella persona dell’occupante di fatto il soggetto passivo d’imposta, in mancanza di atti di concessione o autorizzazione, per tale particolare tipologia di occupazione, si è ritenuto che, alla luce della ratio impositiva, la mera disponibilità, anche mediata, del sottosuolo pubblico, unita alla ritrazione di un personale beneficio economico, esaurisca, al contempo, tanto il presupposto oggettivo quanto quello soggettivo di imposta, rimanendo irrilevante l’eventuale titolarità di un atto di concessione o di autorizzazione in capo a altro soggetto.

8.10 Tale soluzione interpretativa, in parte coerente a quella prospettata, per tali tipologie di occupazione, nella prassi (circolare MEF n. 1/DF del 20 gennaio 2009, citata), viene, però, raggiunta attraverso un percorso ermeneutico, che, al di là della piana interpretazione letterale della normativa di riferimento, non si confronta, se non per superarli, con il dettato normativo e con la previsione, all’interno di questo, di una norma espressamente dedicata alla legittimazione passiva e, al contrario, si fonda, nell’individuare il soggetto passivo di imposta, sul rilievo preminente e assorbente attribuito, unicamente, all’oggetto di imposta (occupazioni di qualsiasi natura) come individuato dal citato art. 38, al suo comma 1 e, poi, particolarmente specificato, con riguardo alle occupazioni del sottosuolo poste in essere con condutture e impianti di servizi pubblici gestiti in regime di concessione amministrativa, nel comma 2.

8.11 Anche l’argomentazione, richiamata nella sentenza che ha inaugurato il secondo indirizzo (Cass. n. 11882/2017 cit.), secondo cui per il legislatore fiscale sono irrilevanti gli atti di concessione va, infatti, riferita, pur sempre e unicamente, alla individuazione del presupposto oggettivo del tributo, come emergente anche dai precedenti, citati da quella pronuncia a conforto, (Cass. n. 2555/2002 e Cass. n. 4820/2002) i quali, tutti, in controversie promosse da titolari di atti concessori o di autorizzazione, hanno espresso tale principio con riferimento all’individuazione del presupposto oggettivo della TOSAP, della determinazione della base imponibile e della correlata applicazione dell’importo tariffario.

8.12 Per altro verso, non si rinvengono riferimenti normativi che consentano, anche solo per tale particolare tipologia di occupazione, di disancorare la legittimazione passiva di imposta, dal chiaro disposto dell’art. 39 e dall’ordine di graduazione ivi previsto, rinvenendola esclusivamente nella mera relazione materiale della cosa unita al beneficio economico da questa conseguente.

L’impianto normativo disciplinante la legittimazione passiva della TOSAP, infatti, è rimasto immutato e non risulta essere stato attinto dagli interventi normativi che, susseguitisi nel tempo, hanno comportato, unitamente all’avanzamento tecnologico nel settore dei servizi di pubblica utilità (come anche evidenziato dall’ordinanza remittente), che una medesima infrastruttura comportante occupazione di suolo o sottosuolo pubblico sia contrattualmente affidata dalla società proprietaria della rete, normalmente anche concessionaria, alla simultanea gestione, in regime concorrenziale, di plurime società erogatrici-occupanti di fatto.

Non risulta dirimente, al proposito, neppure il riferimento alla L. n. 488 del 1999, art. 18 (che sostituendo del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 63, comma 2, la lett. f), recante la disciplina del Cosap), ha introdotto una particolare modalità di determinazione del canone per tale tipo di occupazione permanente, basata sul numero di utenze attivate e che ha esteso l’applicazione di tale criterio di calcolo anche alla TOSAP dovuta sulla medesima tipologia di occupazioni.

La disposizione – che pur facendo espresso riferimento alle “aziende di erogazione dei pubblici servizi” potrebbe far ritenere che la tassa sia dovuta da tali soggetti (come da interpretazione dinamica prospettata nella circolare MEF 1/DF del 2009 citata) – è stata, infatti, introdotta, come già pure affermato da questa Corte (cfr. Cass. 20 maggio 2015 n. 10345),, allo scopo di semplificare il criterio di determinazione della TOSAP, ritenendosi il metodo basato sulle utenze attive di più facile applicazione rispetto al precedente metodo incentrato sulla superficie effettivamente occupata, senza che il legislatore sia intervenuto, neppure questa volta, per apportare variazioni in punto di soggettività passiva.

Nè tanto meno un tale aggancio normativo può essere rinvenuto nel D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 149, comma 3, il quale nell’assicurare agli enti locali potestà impositiva autonoma nel campo delle imposte, delle tasse e delle tariffe, ha consentito ai Comuni e alla Province di potere disciplinare con proprio regolamento le proprie entrate anche tributarie, ad eccezione, però, di quanto attiene all’individuazione e definizione delle fattispecie imponibili e dei soggetti passivi, oltre che dell’aliquota massima dei singoli tributi.

8.12 Sulla base delle considerazioni sin qui svolte, perde, altresì, rilevanza anche l’ulteriore elemento, posto in risalto., per l’orientamento più recente dalla sentenza n. 11882/2017 e da altre coeve, dato dalla ritrazione dalla relazione materiale con la cosa pubblica di un personale beneficio economico.

In aderenza al dettato normativo di cui all’art. 39, come sopra interpretato, in presenza di un atto di concessione o di autorizzazione per individuare il soggetto passivo della TOSAP diventa, infatti, irrilevante indagare a chi sia riconducibile l’interesse privato ritratto dall’occupazione, essendo sufficiente e, anzi, assorbente il rapporto esistente tra l’ente territoriale e il contribuente autorizzato, quale specifico destinatario dei provvedimenti con cui l’Amministrazione territoriale ha allo stesso trasferito, previo controllo della sussistenza dei necessari requisiti, facoltà e diritti sulla cosa pubblica alla stessa riservati.

8.13 Alla soluzione adottata, infine, consegue la negazione della tesi, sia pure incidentalmente affermata in alcune pronunce del primo indirizzo come sopra citate, della sussistenza di una responsabilità solidale tra il titolare dell’atto di concessione o di autorizzazione e l’occupante-utilizzatore materiale del suolo o sottosuolo pubblico.

Per le ragioni sopra svolte, infatti, al termine mancanza usato dall’art. 39 cit., non può essere attribuito altro significato che quello letterale, ovvero, in altri termini, lo stesso va inteso in senso ontologico (in assenza del titolare dell’atto di concessione) e non, come pure prospettato dalla resistente in memoria, satisfattivo, ossia in mancanza di pagamento della tassa da parte del concessionario onde soddisfare, in presenza di un occupante di fatto, le esigenze di reperimento delle risorse in capo a Comuni e province nelle ipotesi di insolvenza del soggetto titolare, ovvero di suo assoggettamento ad una procedura concorsuale.

A fronte del chiaro tenore del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 39, in mancanza di una norma speciale che preveda un beneficium excussionis e rimanendo inapplicabile, in via generale, l’art. 1294 c.c., che prevede una fattispecie co-debitoria originaria, una tale interpretazione si porrebbe, altresì, in contrasto con il principio, sopra citato, di tassatività e determinatezza della norma impositiva lasciando alla discrezionalità dell’ente impositore l’individuazione del soggetto passivo di imposta.

8.14 In conclusione, quindi, deve necessariamente preferirsi, la soluzione che, sulla base dell’interpretazione letterale delle norme disciplinanti, nel D.Lgs. n. 507 del 1993, la TOSAP, individua nell’art. 39 del citato D.Lgs., un ordine di graduazione della legittimazione passiva di imposta, ravvisando nel criterio di tassazione che prevede quale soggetto passivo l’occupante di fatto, un’ipotesi residuale percorribile solo in assenza del titolare di atto di concessione o di autorizzazione. Tale indirizzo interpretativo è, inoltre, rispettoso del principio, sancito dall’art. 23 Cost., di tassatività e determinatezza della norma tributaria la quale, come già detto, non tollera interpretazioni estensive o analogiche.

8.15 Sulla base di tali premesse, va fissato il seguente principio di diritto: “In tema di tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (TOSAP), la legittimazione passiva del rapporto tributario, in presenza di un atto di concessione o di autorizzazione rilasciato dall’ente locale, spetta, ai sensi del D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, art. 39, esclusivamente al soggetto titolare di tale atto, e solo in mancanza di questo, all’occupante di fatto, rimanendo irrilevante, ai fini passivi di imposta, l’utilizzazione del suolo pubblico consentita a soggetti terzi in virtù di atto di natura privatistica”.

9. Passando, a questo punto, all’esame dei ricorsi riuniti, i due motivi proposti, strettamente connessi, possono trattarsi congiuntamente e sono fondati.

9.1 Ha errato la Commissione tributaria regionale nel ritenere che il tributo in oggetto dovesse essere corrisposto da Hera S.p.A. perchè concessionaria, in forza del contratto di affitto di ramo aziendale – della gestione della rete idrica e di quella di somministrazione del gas e che quest’ultima qualità di concessionaria fosse in perfetta aderenza con quanto stabilito dal D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 39, sulla legittimazione passiva.

9.2 Il D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 39, come sopra ribadito, nel delineare il presupposto soggettivo del tributo, fa riferimento al titolare dell’atto di concessione o di autorizzazione laddove la C.T.R., ha, indebitamente ed erroneamente, attribuito rilevanza dirimente alla diversa qualità soggettiva individuabile in capo al titolare della concessione della rete comunale idrica e del gas.

9.3 Non è contestato che quest’ultimo atto sia derivato in capo ad Hera S.p.a. per effetto del contratto di affitto di azienda (o di ramo di azienda) stipulato con la proprietaria della rete (Unica Reti S.p.A.) ma va escluso che con tale contratto fosse possibile trasferire a Hera s.p.a. anche la diversa concessione, ovvero autorizzazione, già rilasciata alla proprietaria delle reti, per l’occupazione del suolo pubblico.

9.4 Sul punto va condivisa, integralmente, l’ordinanza remittente la quale ha posto in rilievo che il trasferimento di tale concessione o autorizzazione, quale atto amministrativo emesso dall’ente locale a favore di un ben determinato soggetto, ritenuto in possesso di determinati requisiti di legge, avrebbe presupposto, non già un’attività meramente negoziale tra privati, bensì una vera e propria funzione provvedimentale della pubblica amministrazione attestante la volontà di quest’ultima, esternata nelle forme di legge, previa verifica ex novo di tutti i presupposti del caso, di individuare in un altro soggetto il titolare della concessione o autorizzazione occupativa (e tale non può ritenersi la Delib. 4 settembre 2002, n. 48, richiamata nel controricorso, adottata dal Consiglio comunale in occasione di operazioni straordinarie di scissione e fusione per incorporazione tra le varie società di gestione di servizi comunali, in quanto riferita alla concessione del servizio pubblico di fornitura acqua e gas, e non specificamente all’occupazione di suolo pubblico già in capo alla società proprietaria).

9.5 Ferma, quindi, l’intrasmissibilità per via negoziale dell’atto amministrativo abilitativo, va ribadito il costante orientamento della giurisprudenza di questa Corte secondo cui solo le facoltà riconducibili al godimento di un’area pubblica in regime di concessione possono essere fatte oggetto di trasferimento tra privati ma tale trasferimento, vincolante tra le parti e generatore in capo a queste ultime di diritti soggettivi perfetti, devolvibili al giudice ordinario, non è opponibile alla pubblica amministrazione che ad esso rimane del tutto estranea (cfr. Cass. 27/03/2009 n. 7532/2009 e, di recente, Cass. 23 agosto 2018 n. 20984).

9.6 Pertanto, se è pacifico che il contratto di affitto di azienda attribuì a Hera S.p.a. la gestione della rete idrica integrata e del gas e tutte le varie facoltà di esercizio a tale gestione riconducibili, va, al contrario, escluso che lo stesso fosse in grado, per le ragioni sopra svolte, di traferire all’affittuaria la concessione amministrativa o l’autorizzazione aventi ad oggetto l’occupazione di suolo pubblico, così come già rilasciata dal Comune alla società proprietaria della rete.

9.7 Ciò posto, ed escluso, quindi, che la ricorrente possa essere chiamata al versamento della TOSAP, in virtù del contratto di affitto di azienda posto in essere con Unica Reti s.p.a., va, altresì, escluso, alla luce del principio di diritto sopra fissato, che la stessa sia soggetto passivo di imposizione quale occupante di fatto, in via mediata, del suolo pubblico di insistenza della rete idrica e del gas dalla stessa gestita.

10. I riuniti ricorsi, pertanto, vanno accolti con cassazione delle sentenze impugnate. Non essendo necessario alcun ulteriore accertamento in fatto, le controversie possono essere decise nel merito con l’accoglimento dei ricorsi introduttivi proposti da Hera S.p.a..

11. Le spese dei gradi di merito e del giudizio di legittimità, atteso il contrasto interpretativo, vanno integralmente compensate tra le parti, mentre sono irripetibili nei confronti del Comune di Lodigiano.

P.Q.M.

Accoglie i ricorsi, cassa le sentenze impugnate e, decidendo nel merito, accoglie i ricorsi introduttivi proposti da Hera S.p.a..

Compensa integralmente tra le parti le spese processuali dei gradi di merito e del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 21 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 7 maggio 2020

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