Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8624 del 09/04/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 8624 Anno 2013
Presidente: LA TERZA MAURA
Relatore: MAROTTA CATERINA

ORDINANZA
sul ricorso 17063-2011 proposto da:
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA
SOCIALE 80078750587, in persona del Presidente e legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
DELLA FREZZA 17, presso l’AVVOCATURA CENTRALE
DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati MAURO
RICCI, PULLI CLEMENTINA, VALENTE NICOLA giusta
mandato speciale in calce al ricorsO;”

CantIV

FORNARO FRANCESCA;

intimata

avverso la sentenza n. 631/2010 della CORTE D’APPELLO di
MESSINA del 15/04/2010, depositata il 03/07/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
28/02/2013 dal Consigliere Relatore Dott. CATERINA MAROTTA;

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Data pubblicazione: 09/04/2013

udito l’Avvocato Capannolo Emanuela (delega Ricci) difensore del
ricorrente che si riporta agli scritti.
E’ presente il P.G. in persona del Dott. MARIO FRESA che si
riporta alla relazione.
1 – Il Consigliere relatore nominato ai sensi dell’art. 377 cod. proc.

cod. proc. civ.:
“Con sentenza n. 631 del 2010 depositata in data 3 luglio 2010, la
Corte di appello di Messina, pronunciando sull’appello proposto
dall’I.N.P.S., nei confronti di Francesca Fornaro, avverso la sentenza n.
624/05 del Tribunale di Messina, confermava la pronuncia di primo
grado relativamente alla declaratoria del diritto della Fornaro alla
conversione della pensione di invalidità in quella di vecchiaia. Con
riguardo agli interessi la Corte di appello, nel riformare la sentenza di
primo grado, affermava che gli stessi decorrevano dal 121mo giorno
successivo alla data di presentazione della domanda. La Corte,
richiamando la pronunzia a SS.UU. della Cassazione n. 8433 del 4
maggio 2004, riteneva che sussistesse l’idoneità dell’unica posizione
assicurativa a realizzare nel corso del tempo i presupposti per
l’attribuzione dell’una o dell’altra prestazione. Sulla scorta di tale
principio generale (la portata del quale non era ridotta dalla sua
enunciazione per il solo assegno ordinario di inabilità, e non anche per
la pensione di inabilità di cui all’art. 2 della legge n. 222 del 1984)
riteneva che sussistesse il diritto alla trasformazione non ostandovi una
differenziazione concettuale tra le prestazione in godimento e quella
che la legge considera trasformabile e trovando applicazione la regola,
prevista dall’art. 1, comma 10, della legge n. 222/84, sulla
computabilità come periodi di contribuzione di quelli di godimento

Ric. 2011 n. 17063 sez. ML – ud. 28-02-2013
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civ., ha depositato la seguente relazione ai sensi degli artt. 380 bis e 375

dell’assegno di invalidità, pur se non vi era stata prestazione di attività
lavorativa.
Avverso tale pronuncia propone ricorso l’I.N.P.S. lamentando
violazione o falsa applicazione dell’art. 10 del R.D.L. 14 aprile 1939, n.
636 convertito nella legge 6 luglio 1939, n. 1272 e dell’art. 1, commi 6 e

settembre 1983, n. 463, convertito nella legge 11 novembre 1983, n.
638, dell’art. 60 del R.D.L. n. 1827 del 1935, dell’art. 9 del R.D.L. n.
636 del 1939, dell’art. 2 della legge n. 218 del 1952, degli artt. 1, 2, 5 e 6
del d. lgs. n. 503 del 1992, in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ..
In particolare rileva che, non essendo applicabile in via analogica la
disposizione di cui all’art. 1, comma 10, della legge n. 222 del 1984, che
prevedeva la trasformazione automatica dell’assegno di invalidità in
pensione di vecchiaia, erroneamente la Corte territoriale aveva
affermato l’avvenuto mutamento del titolo pensionistico assumendo
che i periodi di godimento della pensione di invalidità fossero utili ai
fini del diritto alla pensione di vecchiaia.
E’ rimasta solo intimata la Fornaro.
Il ricorso è qualificabile come manifestamente fondato.
Ed invero, in ordine alla problematica concernente il diritto al
mutamento della pensione di invalidità in pensione di vecchiaia, la
giurisprudenza di questa Corte, correggendo un precedente diverso
orientamento (Cass. n. 2875 del 7 febbraio 2008), ha affermato che la
trasformazione della pensione di invalidità in pensione di vecchiaia al
compimento dell’età pensionabile è possibile ove di tale ultima
pensione sussistano i requisiti propri anagrafico e contributivo, non
potendo essere utilizzato, ai fini di incrementare l’anzianità
contributiva, il periodo di godimento della pensione di invalidità.
Infatti, deve escludersi la possibilità di applicare alla pensione di
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10, della legge 12 giugno 1984, n. 222, nonché dell’art. 8 del D.L. 12

invalidità la diversa regola prevista dalla legge n. 222 del 1984, art. 1,
comma 10, in riferimento all’assegno di invalidità – secondo cui i
periodi di godimento di detto assegno nei quali non sia stata prestata
attività lavorativa si considerano utili ai fini del diritto alla pensione di
vecchiaia – giacché ostano a siffatta interpretazione ermeneutica la

invalidità, della utilizzazione del periodo di godimento ai fini
dell’incremento dell’anzianità contributiva, il carattere eccezionale delle
previsioni che nell’ordinamento previdenziale attribuiscono il
medesimo incremento in mancanza di prestazione di attività lavorativa
e di versamento dei contributi, nonché le differenze esistenti fra la
disciplina sulla pensione di invalidità e quella sull’assegno di invalidità,
là dove quest’ultimo, segnatamente, è sottoposto a condizioni più
rigorose, anche e soprattutto rispetto al trattamento dei superstiti (così
Cass. n. 18580 del 7 luglio 2008, ribadita da Cass. n. 5646 del 9 marzo
2009, Cass. n. 21292 del 6 ottobre 2009 n. 21292; Cass. n. 24772 del 25
novembre 2009, Cass. n. 6434 del 17 marzo 2010; Cass. n. 3855 del 17
febbraio 2011, Cass. n. 29015 del 27/12/2011; più in generale si veda
Cass., SS.UU., n. 9492 del 19 maggio 2004, la quale afferma il principio
generale che è consentita la conversione della pensione di invalidità in
pensione di vecchiaia solo nel caso che di questa siano maturati tutti i
requisiti anagrafici e contributivi). Deve, pertanto, ritenersi che
erroneamente il giudice di merito abbia esteso alla titolare di pensione
di invalidità ottenuta nel regime precedente, in base al R.D.L. 14 aprile
1939, n. 636, il beneficio contributivo previsto dall’art. 1, comma 10,
della legge n. 222 del 1984, per i titolari dell’assegno di invalidità. Ed
invero la Corte di merito ha ritenuto che l’assicurata avesse raggiunto il
requisito contributivo (780 contributi settimanali, pari a quindici anni
di contribuzione) con l’accredito dei contributi figurativi per il periodo
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mancanza di ogni previsione, nella normativa sulla pensione di

di fruizione della pensione di invalidità, sebbene a siffatta operazione
ermeneutica ostassero, per come detto, la mancanza di ogni previsione,
nella normativa sulla pensione di invalidità, della utilizzazione del
periodo di godimento ai fini dell’incremento dell’anzianità contributiva,
nonché il carattere eccezionale delle previsioni che nell’ordinamento

prestazione di attività lavorativa e di versamento dei contributi.
Per tutto quanto sopra considerato, si propone, in accoglimento del
proposto ricorso, la cassazione dell’impugnata sentenza e, non essendo
necessari ulteriori accertamenti di fatto, la decisione della causa nel
merito a norma dell’art. 384, commi 1 e 2, cod. proc. civ., con il rigetto
della domanda proposta dalla lavoratrice, con ordinanza, ai sensi
dell’art. 375, n. 5, cod. proc. civ.”.
2 – Ritiene questa Corte che le considerazioni svolte dal relatore
siano del tutto condivisibili, siccome coerenti alla consolidata
giurisprudenza di legittimità in materia. Ricorre con ogni evidenza il
presupposto dell’art. 375, n. 5, cod. proc. civ. per la definizione
camerale del processo, soluzione non contrastata da parte ricorrente che non ha depositato memoria – e condivisa dal Procuratore generale,
che ha aderito alla relazione.
3 – Conseguentemente, il ricorso va accolto e la sentenza cassata.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, ex art. 384,
comma 2, cod. proc. civ., la causa può decidersi nel merito, rigettando
la domanda.
4 – Nulla deve disporsi per le spese del presente giudizio, ai sensi
dell’art. 152 disp. att. cod. proc. civ., nel testo anteriore all’entrata in
vigore del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 42, comma 11, conv. in
legge 24 novembre 2003, n. 326, nella specie applicabile

P.Q.M.
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ratione tem
. poris.

previdenziale attribuiscono il medesimo incremento in mancanza di

LA CORTE accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e,
decidendo nel merito, rigetta la domanda di cui al ricorso introduttivo.
Nulla per le spese dell’intero giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 28 febbraio 2013

Il Presidente

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