Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 862 del 14/01/2011

Cassazione civile sez. II, 14/01/2011, (ud. 22/06/2010, dep. 14/01/2011), n.862

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – rel. Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

AZIENDA AGRARIA MEDITERRANEA s.r.l., in persona del legale

rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa, giusta procura

speciale a margine del ricorso, dall’Avvocato Galassi Eugenio,

elettivamente domiciliata in Roma, via A. Saffi n. 95, presso lo

studio dell’Avvocato Coppacchioli Claudio;

– ricorrente –

contro

EDILFONDIARIA s.r.l., in persona del legale rappresentante pro-

tempore, rappresentata e difesa, per procura speciale a margine del

controricorso, dagli Avvocati Emanuele Squarcia e Fabio M. Ventura,

elettivamente domiciliata presso lo studio del primo in Roma, via P.

Mercuri n. 8;

– controricorrente –

per la revocazione della sentenza della Corte di cassazione n. 24837

del 2008, depositata in data 8 ottobre 2008;

udita, la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22 giugno 2010 dal Consigliere relatore Dott. Stefano Petitti;

sentiti gli Avvocati Eugenio Galasso e Emanuele Squarcia;

sentito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

Carestia Antonietta, che ha chiesto la dichiarazione di

inammissibilità del ricorso.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Ritenuto che la Corte d’appello di Roma, con sentenza n. 1136 del 2003, depositata in data 11 marzo 2004, ha rigettato l’appello proposto da Azienda Agraria Mediterranea s.r.l. avverso la sentenza del Tribunale di Civitavecchia del 9 novembre 1994, che, in accoglimento della domanda di Edilfondiaria s.r.l., aveva disposto, ex art. 2932 cod. civ., il trasferimento di un terreno sito in agro di Civitavecchia per il prezzo di L. 3.850.000.000, in esecuzione specifica del contratto preliminare di compravendita, stipulato il 29 agosto 1990;

che il ricorso per cassazione proposto da Azienda Agraria Mediterranea s.r.l. è stato rigettato dalla Corte di cassazione con sentenza n. 24837, depositata in data 8 ottobre 2008;

che, nel giudizio conclusosi con tale sentenza, la ricorrente aveva dedotto, con un primo motivo, “erronea e contraddittoria motivazione, lamentandosi che i giudici di merito, “nel ritenere che l’appellante non abbia fornito alcuna prova documentale per dimostrare la simulazione del contratto preliminare”, non avrebbero tenuto conto dei “documenti societari e camerali prodotti, dai quali si evince che i rispettivi amministratori delle due società non hanno mai avuto poteri di straordinaria amministrazione, e che in prosieguo di tempo mai è intervenuta alcuna ratifica del loro operato”;

che tali censure sono state respinte “ancor prima che per difetto di specificità (…), per palese inconferenza ai fini della tesi della simulazione, assoluta o relativa, del negozio, risultando al riguardo irrilevanti le dedotte circostanze che il “preliminare” sarebbe stato stipulato da soggetti privi di potere rappresentativo delle società nominate nella scrittura. Tale carenza di potere, per essere stato l’atto stipulato da falsus procurator, al più avrebbe comportato l’inefficacia del contratto non ancora ratificato dalle rispettive società, ma non anche la mancanza o diversità di effetti in relazione alla sottostante diversa ed effettiva volontà degli stipulanti, che caratterizza la figura della simulazione, rispettivamente, assoluta o relativa”;

che, con il secondo motivo, la ricorrente aveva dedotto violazione e falsa applicazione degli artt. 342 e 345 cod. proc. civ., assumendo che “contrariamente a quanto sostenuto dal Tribunale, l’eccezione di nullità del contratto preliminare … per essere stato sottoscritto da soggetti privi di poteri … non sarebbe stata sollevata solo nella comparsa conclusionale ma sin dalla costituzione del secondo difensore, dal quale la censura sarebbe stata proposta e documentalmente provata”, con l’ulteriore precisazione che detta eccezione … riguardando la nullità del contratto stesso … ben avrebbe potuto “essere rilevata anche d’ufficio ai sensi dell’art. 1421 c.c.”;

che, con riferimento a tale motivo, nella sentenza n. 24837 del 2008 si è rilevato che “le censure esposte nella prima parte difettano di “autosufficienza”, non specificando in quale atto processuale e con quali documenti la surriferita eccezione sia stata proposta dal secondo difensore della convenuta” e, quanto al potere di rilevare d’ufficio la carenza di potere rappresentativo degli stipulanti, che, a parte l’opinabilità del principio, “tale rilievo avrebbe potuto essere compiuto solo in base alle risultanze degli atti già acquisiti – che non vengono precisati – non potendosi anche il giudice sostituire alla parte nella relativa produzione o comunque svolgere indagini finalizzate alla individuazione di una causa di invalidità negoziale meramente asserita”;

che Azienda Agraria Mediterranea s.r.l. impugna la richiamata sentenza per revocazione, ex art. 391-ter cod. proc. civ., in relazione all’art. 395 c.p.c., n. 1, per dolo della controparte, con ricorso notificato a Edilfondiaria s.r.l., ai sensi dell’art. 140 cod. proc. civ., il 28 settembre 2009;

che la ricorrente, dopo aver succintamente richiamato il contenuto della sentenza impugnata, e dopo aver ricordato che tra le pacarti era intervenuta una promessa di vendita nella quale si era previsto che il pagamento della somma di L. 3.235.000.000 da parte di Edilfondiaria “sarebbe avvenuto mediante accollo di pari importo di debiti contratti dalla promittente con terzi come da elenco allegato”, ricorda che all’udienza del giudizio di appello del 29 marzo 1999 era venuta a conoscenza di un elenco di passività che, oltre ad essere incompleto, non era mai stato sottoscritto dal proprio legale rappresentante;

che, ad avviso della ricorrente, nella condotta della controparte, la quale sin dall’atto introduttivo del giudizio di primo grado aveva sostenuto di avere adempiuto a tutte le obbligazioni derivanti dal contratto preliminare, e di essere comunque pronta ad adempiere tutte le ulteriori obbligazioni conseguenti all’adempimento di quelle a carico della promittente venditrice, era ravvisabile malafede processuale, della quale nè il Tribunale di Civitavecchia, nè la Corte d’appello di Roma, nè la Corte di cassazione avevano tenuto conto;

che, in sostanza, ad avviso della ricorrente, il contegno processuale, “deliberatamente fraudolento, tenuto nella circostanza da controparte – la quale ha falsamente sostenuto di aver adempiuto, tacendo la reale situazione; manipolando viepiù una scrittura privata al fine di ottenere una pronuncia favorevole, effettivamente intervenuta, e confermata pure in sede di legittimità, grazie al documento apocrifo – si concreta indubbiamente in un atteggiamento tale da sviare il giudicante, impedendogli in tal modo l’accertamento della verità facendo apparire una situazione certamente diversa da quella reale, e per questi motivi valutabile ai fini della revocatoria di cui all’art. 365 c.p.c., n. 1 (recte: art. 395), riguardante l’ipotesi di sentenza emessa per effetto del dolo di una delle parti in danno dell’altra;

che Edilfondiaria s.r.l. ha resistito con controricorso, la cui notifica è stata richiesta il 16 aprile 2010, chiedendo contestualmente di essere rimessa in termini, assumendo di non avere ricevuto la notificazione del ricorso per revocazione;

che la controricorrente rileva in proposito di non avere mai ricevuto la notificazione del ricorso per revocazione, essendole stata notificata, in data 24 marzo 2010, ai sensi dell’art. 372 cod. proc. civ., unicamente una memoria integrativa con allegati documenti, la cui produzione peraltro doveva ritenersi inammissibile;

che pertanto, ad avviso della Edilfondiaria s.r.l., sussistevano le condizioni per la sua rimessione in termini quanto alla proposizione del controricorso;

che è stata redatta relazione ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., che è stata notificata alle parti e comunicata al pubblico ministero.

Rilevato che il relatore designato, nella relazione depositata il 21 aprile 2010, ha formulato la seguente proposta di decisione: “II ricorso appare inammissibile.

L’impugnazione delle sentenze della Corte di cassazione per revocazione ai sensi dell’art. 391-ter cod. proc. civ., per i motivi di cui all’art. 395, comma 1, nn. 1, 2, 3 e 6, è ammessa nel caso in cui si sia in presenza di una sentenza che decide nel merito;

locuzione, questa, che va chiaramente riferita alla disposizione di cui all’art. 384 c.p.c., comma 2, a norma del quale “la Corte, quando accoglie il ricorso, cassa la sentenza rinviando ad altro giudice, il quale deve uniformarsi al principio di diritto e comunque a quanto statuito dalla Corte, ovvero decide la causa nel merito qualora non siano necessari ulteriori accertamenti di fatto”.

Nel caso di specie, la sentenza impugnata ex art. 391-ter ha rigettato il ricorso e già per questo solo motivo nei suoi confronti non è quindi ammissibile il rimedio straordinario proposto.

La ricorrente, inoltre, specifica che il denunciato dolo della controparte sarebbe stato presente sin dall’inizio della controversia e deduce che la relativa situazione non è stata “presa in considerazione dai giudici di prima e seconda istanza, nonchè da codesto Ecc.mo Giudice di legittimità”, con ciò rendendo evidente che la situazione stessa sarebbe stata deducibile con il rimedio revocatorio sin dalla pronuncia della sentenza di primo grado.

Invero, il termine per la preposizione della revocazione per i casi di cui all’art. 395, nn. 1, 2, 3 e 6 decorre, ai sensi dell’art. 326 cod. proc. civ. “dal giorno in cui è scoperto il dolo o la falsità o la collusione o è stato recuperato il documento o è passata in giudicato la sentenza di cui all’art. 395, n. 6 o il pubblico ministero ha avuto conoscenza della sentenza”.

Il preteso dolo della controparte, dunque, avrebbe potuto e dovuto essere fatto valere dalla società ricorrente nei riguardi delle sentenze di merito, nei termini previsti per dette impugnazioni.

Da ultimo, si osserva che il ricorso non presenta la specifica formulazione di un motivo, necessaria, ai sensi dell’art. 366 cod. proc. civ., applicabile anche ai ricorsi per revocazione delle sentenze della Corte di cassazione.

Resta assorbita l’istanza di sospensione dell’esecuzione della sentenza impugnata”.

Considerato che il Collegio condivide la proposta di decisione ora richiamata, non apparendo le argomentazioni svolte dalla ricorrente nella memoria ex art. 380-bis c.p.c., comma 3, idonee ad indurre a diverse conclusioni;

che deve preliminarmente osservarsi che sussistono le condizioni per considerare tempestivo il controricorso;

che, invero, a prescindere dalla ragione indicata dalla resistente, consistente nella inesistenza o quanto meno nella nullità della notificazione del ricorso perchè eseguita presso la residenza privata del difensore della medesima resistente nel precedente giudizio di cassazione, occorre rilevare che il ricorso è stato notificato ai sensi dell’art. 140 cod. proc. civ., e che la ricorrente non ha prodotto l’avviso di ricevimento della comunicazione effettuata dall’ufficiale giudiziario di avvenuta notificazione del ricorso;

che, pertanto, la proposizione del controricorso successivamente alla notificazione della memoria integrativa, e nel termine di cui all’art. 370 cod. proc. civ. decorrente dalla notificazione di tale memoria, deve ritenersi tempestivamente effettuata;

che, ulteriormente, deve precisarsi che la ricorrente non ha sviluppato le proprie censure formulando uno specifico motivo, essendosi limitata a ripercorrere le vicende sostanziali e processuali, senza tuttavia individuare quale fosse lo specifico vizio revocatorio proprio della sola sentenza impugnata e non anche delle precedenti decisioni di merito intervenute nel corso del giudizio;

che, in proposito, deve osservarsi che, sebbene il quesito di diritto non sia indispensabile, il ricorso per revocazione è soggetto (Cass., n. 5076 del 2008) al disposto dell’art. 366 cod. proc. civ., il quale prevede che la formulazione del motivo deve risolversi nell’indicazione specifica, chiara e immediatamente intelligibile, del fatto che si assume avere costituito oggetto dell’errore e nell’esposizione delle ragioni per cui l’errore presenta i requisiti previsti dall’art. 395 cod. proc. civ.;

che tale principio, pur se riferito all’ipotesi di revocazione per errore di fatto, vale a maggior ragione anche ove si voglia sostenere la sussistenza di altre ipotesi di revocazione, sempre che la Corte possa darvi ingresso;

che va altresì ribadito che l’art. 391-ter cod. proc. civ. è applicabile alle decisioni con le quali la Corte di cassazione “ha deciso la causa nel merito”, espressione, questa, che non può riferirsi altro che alle pronunce nelle quali la medesima Corte faccia uso del potere di decidere la causa ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, e cioè nei casi in cui accolga il ricorso e decida nel merito, ritenendo non necessari ulteriori accertamenti di fatto;

che siffatta ipotesi non ricorre all’evidenza nel caso di specie, atteso che la sentenza impugnata ha rigettato il ricorso proposto da Azienda Agraria Mediterranea s.r.l. per le ragioni prima indicate, che non possono in alcun modo ritenersi frutto dell’affermata condotta dolosa della resistente;

che, d’altra parte, l’esclusione della impugnazione per revocazione per dolo della parte, ai sensi dell’art. 391-ter c.p.c. e art. 395 c.p.c., n. 1, con riguardo alle sentenza della Corte di cassazione di mera legittimità, discende dalla già rilevata lettera della norma;

che, al pari di quanto affermato dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 10867 del 2008, con riferimento alla revocazione per contrasto tra giudicati, deve evidenziarsi come la scelta del legislatore di non assoggettare a revocazione ex 391-ter anche le sentenze di mera legittimità oltre a quelle di merito ex art. 384, comma 2, seconda ipotesi, non comporti vizi di costituzionalità della norma, sia perchè l’estensione delle ipotesi di revocazione delle sentenze della Corte di cassazione può essere operata solo dal legislatore, nell’ambito delle valutazioni discrezionali di sua competenza, alle quali certamente non rimane estranea l’esigenza, costituzionalizzata dall’art. 111 Cost., comma 2, di evitare che i giudizi si protraggano all’infinito, sia perchè, in conformità con quanto già osservato da Corte cost. n. 305 del 2001, un’eventuale difforme interpretazione della norma richiederebbe al giudice delle leggi un’inammissibile addizione, ponendo in essere un significativo mutamento dell’intero sistema processuale vigente, che è invece riservato alla discrezionalità del legislatore;

che, da ultimo, va sottolineata la tardività del ricorso per revocazione, atteso che, dalla stessa esposizione della ricorrente, emerge come la asserita condotta dolosa della controparte sarebbe stata riconoscibile quanto meno dal giudizio di appello;

che, invero, nella giurisprudenza di legittimità si è chiarito che, con riferimento al rimedio straordinario della revocazione, “l’istanza di revocazione della sentenza d’appello, per dolo od errore, non è proponibile con riguardo a fatti e circostanze emersi nel procedimento di primo grado, e delle quali il secondo giudice non si sia occupato, in difetto di gravame sul punto” (Cass., n. 6157 del 1978);

che, più in generale, si è anche ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto dell’art. 395 c.p.c., n. 3, art. 398 c.p.c., comma 2, artt. 827 e 831 cod. proc. civ., in relazione agli artt. 325 e 326 cod. proc. civ. per assunto contrasto con l’art. 3 Cost., non sussistendo la violazione del canone di ragionevolezza nella previsione di termini per la proposizione di un rimedio impugnatorio di carattere straordinario, poichè la straordinarietà del mezzo non significa che lo stesso possa essere proposto in ogni momento e non entro un determinato termine dal momento del verificarsi dell’ipotesi che legittima la proposizione dell’impugnazione straordinaria; si deve, anzi, rilevare che la mancata sottoposizione anche del rimedio straordinario ad un termine, decorrente ragionevolmente dall’atto della cognizione della causa posta a fondamento della stessa impugnazione straordinaria, introdurrebbe un elemento di ingiustificata eccentricità nel sistema delle impugnazioni (Cass., n. 9826 del 2007);

che, pertanto il ricorso, per le concorrenti, evidenziate ragioni, deve essere dichiarato inammissibile;

che, in applicazione del principio della soccombenza, la ricorrente, stante la rilevata tempestività del controricorso, deve essere condannata al pagamento, in favore della resistente, delle spese del giudizio di legittimità, nella misura liquidata in dispositivo;

che non può invece essere accolta la domanda della Edilfondiaria s.r.l. di risarcimento dei danni da responsabilità aggravata ex art. 96 cod. proc. civ., prospettata genericamente e senza che sia stata fornita la prova certa e concreta del pregiudizio, del quale non sono stati identificati nè il tipo nè gli elementi costitutivi (in generale, sugli oneri di allegazione e prova relativamente alla domanda di danni ex art. 96 cod. proc. civ., v. Cass., n. 28226 del 2008);

che va invece accolta la richiesta della controricorrente di cancellazione della trascrizione della domanda di revocazione, atteso che al rigetto del ricorso proposto consegue, trovando applicazione anche nel giudizio di cassazione e con riferimento alle trascrizioni relative a detto giudizio, ivi compreso, quindi, il giudizio di revocazione di sentenza della Corte di cassazione, l’art. 2668 cod. civ. (sulla possibilità di adottare siffatta pronuncia con riferimento al ricorso per cassazione, v. Cass., n. 19498 del 2005);

che, nella specie, la Edilfondiaria s.r.l. ha documentato l’avvenuta trascrizione del ricorso notificato il 24 settembre 2009, con nota del 2 ottobre 2009.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 13.200,00, di cui Euro 13.000 per onorari, oltre alle spese generali e agli accessori di legge; ordina al Conservatore dei Registri Immobiliari di Roma, Sezione distaccata di Civitavecchia, la cancellazione della trascrizione del ricorso per revocazione sui beni di proprietà della resistente, di cui alla nota 2 ottobre 2009, reg.

gen. n. 11976, reg. part. n. 7074.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 22 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 14 gennaio 2011

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