Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8618 del 26/03/2021

Cassazione civile sez. III, 26/03/2021, (ud. 06/10/2020, dep. 26/03/2021), n.8618

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 32034/19 proposto da:

-) D.M.M., elettivamente domiciliato a Cesena, v.le

Giacomo Matteotti n. 60, difeso dall’avvocato Maurizio Sottile, in

virtù di procura speciale apposta in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

-) Ministero dell’Interno;

– resistente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Bologna 9.4.2019 n.

1184;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 6

ottobre 2020 dal Consigliere relatore Dott. Marco Rossetti.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. D.M.M., cittadino (OMISSIS), chiese alla competente commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 4:

(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato politico, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 7 e ss.;

(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;

(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6 (nel testo applicabile ratione temporis).

2. A fondamento dell’istanza dedusse di avere lasciato il proprio Paese in quanto, essendo attivista e dirigente del partito di opposizione, era ricercato dalla polizia e rischiava “una condanna da scontare in carcere”.

3. La Commissione Territoriale rigettò l’istanza.

Avverso tale provvedimento D.M.M. propose, ai sensi del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35 ricorso dinanzi al Tribunale di Bologna, che la rigettò con ordinanza 19.6.2017.

Tale ordinanza, appellata dal soccombente, è stata confermata dalla Corte d’appello di Bologna con sentenza 9.4.2019.

Quest’ultima ritenne che:

-) lo status di rifugiato e la protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b) non potessero essere concessi perchè il racconto del richiedente era inattendibile;

-) la protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) non potesse essere concessa, perchè non solo nel Paese d’origine del richiedente non esisteva una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato, ma anzi era uno dei più stabili e pacifici dell’area;

-) la protezione umanitaria di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5 non potesse essere concessa in quanto il richiedente non presentava alcun profilo di “vulnerabilità”.

4. Il provvedimento della Corte d’appello è stato impugnato per cassazione da D.M.M. con ricorso fondato su tre motivi.

Il Ministero dell’Interno non si è difeso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo il ricorrente lamenta sia il vizio di violazione di legge, sia l’omesso esame di fatti decisivi.

Il motivo, formalmente unitario, contiene più censure così riassumibili:

-) la Corte d’appello ha omesso di accertare ex officio la situazione sociopolitica del paese di origine, obbligo che incombeva su essa a prescindere dalla inattendibilità del richiedente;

-) la Corte d’appello ha errato nel ritenere che il richiedente non avesse allegato i fatti costitutivi della propria pretesa;

-) la Corte d’appello ha trascurato di considerare la situazione generalizzata di violenza in (OMISSIS) e la mancanza di protezione da parte della polizia, inefficace e corrotta;

-) la Corte d’appello ha violato il D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, nel formulare il giudizio di inattendibilità.

A sostegno di queste deduzioni il ricorrente trascrive un ampio brano di un rapporto di Amnesty International sul (OMISSIS), e richiama le massime di due precedenti di merito.

1.1. La prima censura è infondata con riferimento alla domanda di asilo e a quella di protezione per l’ipotesi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b).

La ritenuta inattendibilità soggettiva del richiedente, infatti, esonerava la Corte d’appello dal dovere di cooperazione istruttoria.

Per quanto attiene la domanda di protezione sussidiaria per l’ipotesi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), la censura è invece fondata.

La Corte d’appello infatti ha completamente trascurato di indicare le fonti dalle quali ha tratto la conclusione che in (OMISSIS) non ci sia una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato, limitandosi a richiamare genericamente “il sito del ministero degli esteri”.

1.2. La seconda censura (erronea affermazione della violazione dell’onere di allegazione da parte dell’appellante) è inammissibile, dal momento che la Corte d’appello in nessun punto della propria decisione ha ravvisato una violazione dell’onere di allegazione.

1.3. La terza censura (omesso esame del fatto decisivo costituito dalla violenza generalizzata e dalla corruzione della polizia in (OMISSIS)) resta assorbita dall’accoglimento della prima censura.

1.4. La quarta censura è infondata.

La Corte d’appello, infatti, ha ritenuto di non dare credito al racconto del richiedente in base al presupposto della carenza di qualsiasi riscontro oggettivo; della incertezza circa la stessa identità personale del richiedente; della implausibilità del fatto che il richiedente ricevette denaro dalla propria famiglia di origine, e non potè fare altrettanto per i documenti di identità.

Si tratta di un apprezzamento di fatto, non irrispettoso dei precetti di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, e incensurabile in sede di legittimità.

1.5. Deve tuttavia essere corretta l’affermazione compiuta dalla Corte d’appello a pagina 3, primo capoverso, della sentenza impugnata, in quanto erronea in punto di diritto: e cioè che sarebbe “ingiustificata la decisione del richiedente protezione di lasciare il proprio paese pur non avendo mai ricevuto concrete minacce, persecuzioni o violenze per motivi politici”.

L’affermazione è erronea in quanto quel che giustifica la domanda di protezione è il rischio di subire minacce o persecuzioni, e non certo il fatto di averle già subite.

2. Col secondo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2 e 14.

Deduce che la Corte d’appello ha erroneamente rigettato la domanda di protezione sussidiaria, senza alcun approfondimento istruttorio officioso.

2.1. Il motivo è infondato con riferimento alle ipotesi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), in quanto come già detto l’inattendibilità del richiedente esonerava la Corte d’appello da ulteriori accertamenti. E’, invece, fondato con riferimento all’ipotesi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), in quanto come già detto la Corte d’appello ha trascurato di indicare in modo chiaro ed inequivoco da quali fonti di informazione, tra quelle indicate dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 abbia tratto la conclusione dell’inesistenza, nella regione di provenienza dell’odierno ricorrente, d’una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato.

3. Col terzo motivo il ricorrente lamenta il vizio di violazione di legge e quello di omesso esame di fatti decisivi.

Il motivo investe la sentenza di merito nella parte in cui ha rigettato la domanda di protezione umanitaria.

Nella illustrazione del motivo si sostiene che la Corte d’appello avrebbe erroneamente trascurato di considerare la situazione del ricorrente in Italia; che in Italia il ricorrente aveva frequentato un corso di italiano con proficui risultati; aveva svolto diversi lavori con contratto a tempo determinato; aveva lavorato come volontario per lo svolgimento di lavori socialmente utili.

Aggiunge il ricorrente che in ogni caso la Corte d’appello non aveva valorizzato le condizioni di vulnerabilità “da tutelare a priori”, e cioè il fatto che il ricorrente “è in giovane età, ha timore di trovarsi, rientrando nel suo paese, senza alcuna prospettiva di vita e tantomeno lavorativa, sottoposto ad una situazione di estrema difficoltà per le persecuzioni subite”.

3.1. Il motivo è fondato.

La Corte d’appello ha rigettato la domanda di rilascio del permesso di soggiorno sul presupposto in iure che tale forma di protezione possa essere accordata solo a chi si trovi in condizioni personali “suscettibili di modifica in tempi relativamente brevi”.

Quindi, ritenuto in facto che tale ipotesi non ricorresse nel caso di specie, ha rigettato la domanda.

Questa statuizione non è conforme a diritto.

Come stabilito dalle Sezioni Unite di questa Corte, il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari (secondo la disciplina applicabile ratione temporis), può fondarsi tanto su circostanze soggettive (condizioni di salute, età, insuperati traumi psichici), quanto su circostanze oggettive dipendenti dal luogo di provenienza del richiedente.

Le circostanze oggettive che giustificano il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, in particolare, consistono nel concreto rischio che, in caso di rimpatrio, il richiedente possa subire gravi violazioni dei propri diritti fondamentali della persona (ad esempio vita, salute, libertà personale).

Da ciò consegue che il giudice investito della domanda di rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari deve accertare comunque – e farlo d’ufficio – se nel Paese e nella regione di provenienza del richiedente sussistano o meno sistematiche violazioni dei diritti fondamentali della persona, tali da esporre quella particolare persona al rischio di una grave violazione dei suddetti diritti.

Pertanto la Corte d’appello, una volta esclusa la sussistenza di ragioni soggettive giustificatrici del rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, non avrebbe potuto arrestare la propria indagine, ma avrebbe dovuto accertare d’ufficio, avvalendosi di fonti attendibili ed aggiornate, se il contesto di provenienza del richiedente fosse o meno tale da esporlo ad una grave violazione dei diritti fondamentali della persona in caso di rimpatrio. Resta solo da aggiungere che, ovviamente, a tal fine non era sufficiente accertare l’insussistenza di un conflitto armato, circostanza ostativa soltanto alla concessione della protezione sussidiaria per l’ipotesi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c).

Ed infatti anche un Paese che non sia in guerra potrebbe teoricamente essere funestato da carestie, epidemie o regimi di governo che violino sistematicamente i diritti fondamentali della persona.

Pertanto l’accertata insussistenza nel paese di provenienza del richiedente di una situazione di conflitto non esaurisce il dovere di cooperazione istruttoria da parte dell’organo giudicante.

La sentenza impugnata va dunque cassata con rinvio alla Corte d’appello di Bologna, in diversa composizione, affinchè proceda al suddetto accertamento officioso, con limitato riferimento all’esame della domanda di rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari.

4. La sentenza va dunque cassata con rinvio alla Corte d’appello di Bologna, la quale esaminerà ex novo le domande di protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c) e – in caso di rigetto della prima – di rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, compiendo gli accertamenti indicati in precedenza.

5. Le spese del presente giudizio di legittimità saranno liquidati dal giudice di rinvio.

P.Q.M.

la Corte di cassazione:

(-) accoglie il ricorso nei sensi e nei limiti di cui in motivazione; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Bologna, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Terza civile della Corte di cassazione, il 6 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 26 marzo 2021

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